Art. 816 – Codice di procedura civile – Sede dell’arbitrato
Le parti determinano la sede dell'arbitrato nel territorio della Repubblica; altrimenti provvedono gli arbitri.
Se le parti e gli arbitri non hanno determinato la sede dell'arbitrato, questa e' nel luogo in cui è stata stipulata la convenzione di arbitrato. Se tale luogo non si trova nel territorio nazionale, la sede è a Roma.
Se la convenzione d'arbitrato non dispone diversamente, gli arbitri possono tenere udienza, compiere atti istruttori, deliberare ed apporre le loro sottoscrizioni al lodo anche in luoghi diversi dalla sede dell'arbitrato ed anche all'estero.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 22005/2024
Ove gli arbitri abbiano ritenuto, anche implicitamente, la natura rituale dell'arbitrato, avendo provveduto nelle forme di cui agli artt. 816 e ss. c.p.c., l'impugnazione del lodo, anche se diretta a far valere la natura irrituale dell'arbitrato ed i conseguenti errores in procedendo commessi dagli arbitri, va proposta davanti alla corte d'appello, ai sensi dell'art. 827 c.p.c. e ss., e non nei modi propri dell'impugnazione dell'arbitrato irrituale, ossia davanti al giudice ordinariamente competente facendo valere soltanto i vizi che possono inficiare qualsiasi manifestazione di volontà negoziale
Cass. civ. n. 18772/2023
Il procedimento arbitrale è improntato al principio di libertà delle forme, sicché, ove nulla sia stato previsto nella convenzione di arbitrato, spetta all'arbitro regolare lo svolgimento del giudizio, anche assegnando termini perentori per la produzione di mezzi di prova, purché ne abbia dato avviso alle parti, salvaguardando così il loro diritto di difesa.
Cass. civ. n. 17956/2015
In tema di arbitrato rituale, la previsione dell'art. 816 septies c.p.c., secondo cui gli arbitri possono subordinare la prosecuzione del procedimento al versamento anticipato delle spese prevedibili, pur dettata a tutela degli arbitri e fondata sui doveri di collaborazione scaturenti dal rapporto di mandato, non è ricollegabile ad una mera richiesta degli arbitri stessi, essendo necessaria - come ben evidenzia il termine "subordinare" usato dal legislatore - una specifica manifestazione di volontà diretta a condizionare la prosecuzione del procedimento al versamento delle somme dovute a titolo di anticipazione delle spese, la cui indicazione non può comprendere anche gli onorari, non essendo consentito agli arbitri procedere alla liquidazione del proprio compenso.
Cass. civ. n. 4808/2014
Nel procedimento arbitrale, ispirato al principio delle libertà delle forme, gli arbitri non sono tenuti all'osservanza delle norme del codice di procedura civile relative al giudizio ordinario di cognizione non espressamente richiamate all'atto del conferimento dell'incarico arbitrale, con il solo limite dell'osservanza delle norme di ordine pubblico, come il principio del contraddittorio. Ne consegue che l'omessa comunicazione al consulente tecnico di parte, già nominato, delle indagini predisposte dal consulente d'ufficio non é causa di nullità, ove il consulente della parte interessata avrebbe potuto essere informato di tali operazioni dal difensore della medesima, regolarmente avvisato.
Cass. civ. n. 1090/2014
La clausola compromissoria binaria, che devolva determinate controversie alla decisione di tre arbitri, due dei quali da nominare da ciascuna delle parti, può trovare applicazione in una lite con pluralità di parti quando, in base ad una valutazione da compiersi "a posteriori" - in relazione al "petitum" e alla "causa petendi" - risulti il raggruppamento degli interessi in gioco in due soli gruppi omogenei e contrapposti, sempre che tale raggruppamento sia compatibile con il tipo di pretesa fatta valere. (In applicazione di tale principio la S.C. ha riconosciuto la validità della clausola individuando un unico centro di interesse, pure in presenza di una pluralità di società obbligate alla liberazione di una stessa fideiussione, in quanto fra tali società si erano verificati fenomeni successori tali per cui la pluralità di parti risultava solo apparente).
Cass. civ. n. 17099/2013
In materia di arbitrato, l'indubbia natura negoziale dell'atto di nomina non esclude che esso produca anche gli effetti della "vocatio in ius"; infatti, nel quadro normativo formatosi con la legge 5 gennaio 1994, n. 25, la notifica della domanda di arbitrato segna l'inizio, a tutti gli effetti, del procedimento arbitrale.
Cass. civ. n. 3917/2011
Il procedimento arbitrale è ispirato alla libertà delle forme, con la conseguenza che gli arbitri non sono tenuti all'osservanza delle norme del codice di procedura civile relative al giudizio ordinario di cognizione, a meno che le parti non vi abbiano fatto esplicito richiamo, nel conferimento dell'incarico arbitrale. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso che avesse comportato una violazione del contraddittorio l'ammissione e l'espletamento della prova testimoniale richiesta dalla parte in una memoria istruttoria tardivamente depositata, senza concedere all'altra parte un termine per formulare controdeduzioni o per un differimento, avendo il suo difensore partecipato all'udienza di assunzione della prova senza opporsi al suo espletamento).
Cass. civ. n. 9761/2011
In tema di arbitrato, l'accordo delle parti sulle norme da osservare nel procedimento arbitrale - che, secondo il disposto dell'art. 816 cod. proc. civ. (nel testo anteriore all'entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), deve essere concluso prima dell'inizio dello stesso - può intervenire anche dopo tale inizio, purché ricorra, in tal caso, anche l'assenso degli arbitri; invero, la norma pone il limite temporale nel loro interesse, affinché possano conoscere, prima di accettare l'incarico (momento cui si collega l'inizio del procedimento arbitrale), le regole procedurali che saranno chiamati ad applicare e, pertanto, ha carattere dispositivo e derogabile con il consenso degli interessati. (Rigetta, App. Venezia, 25/11/2004).
Cass. civ. n. 27937/2010
In tema di impugnazione di lodo arbitrale che riguardi una pluralità di parti vincolate dalla medesima convenzione, è escluso che possa dichiararsi l'improcedibilità dell'arbitrato limitatamente ad alcune delle domande laddove vi sia dipendenza di cause, in relazione di inscindibilità, integrante una forma di litisconsorzio necessario processuale e non ricorra alcuna delle condizioni previste dall'art. 816 quater, comma 1, c.p.c. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 10/06/2013).
Cass. civ. n. 23670/2006
Nel giudizio arbitrale, qualora le parti non abbiano determinato nel compromesso o nella clausola compromissoria le regole processuali da adottare, gli arbitri sono liberi di regolare l'articolazione del procedimento nel modo che ritengano più opportuno, e quindi anche di discostarsi dalle prescrizioni dettate dal codice di rito, con l'unico limite del rispetto del principio inderogabile del contraddittorio, posto dall'art. 101 c.p.c., il quale, adattato al procedimento dinanzi agli arbitri, deve essere opportunamente riferito al momento della chiusura della trattazione, in modo da consentire alle parti non solo un'adeguata attività difensiva per tutto il corso del procedimento, pur dopo la chiusura dell'istruttoria, ma anche la possibilità di esercitare su un piano di eguaglianza le facoltà processuali loro attribuite, e quindi da assicurare – senza che ne risulti leso l'altro principio della libertà delle forme, posto dall'art. 816, secondo e terzo comma – l'osservanza della regola audiatur et altera pars secondo il precetto inderogabile di cui al quarto comma della medesima disposizione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva ritenuto che la produzione di documenti oltre il termine all'uopo fissato dagli arbitri non avesse comportato alcuna violazione del contraddittorio, essendo avvenuta comunque prima dell'udienza di discussione, e non avendo la controparte, che pure ne aveva avuto conoscenza, richiesto la concessione di un nuovo termine per produrre a sua volta ulteriore documentazione).
Cass. civ. n. 14526/2006
A seguito della nuova formulazione dell'art. 2504 bis cod. civ., introdotta per effetto del d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2004), in base al cui primo comma la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali anteriori alla fusione, la fusione configura una vicenda meramente evolutivo-modificativa del medesimo soggetto giuridico (allo stesso modo di quanto avviene con la trasformazione), senza la produzione di alcun effetto successorio ed estintivo, con la conseguenza che essa, implicando ora anche la continuità nei rapporti processuali, non comporta più, a norma degli artt. 110, 299 e 300 cod. proc. civ., interruzione del processo in cui sia parte una società partecipante, per l'appunto, ad una fusione. (Nella specie, la S.C., alla stregua del principio enunciato, ha rigettato l'eccezione della società assicuratrice resistente che aveva eccepito l'inammissibilità del ricorso per cassazione per essere stato lo stesso notificato, nella vigenza del nuovo art. 2504 bis cod. civ., alla società assicuratrice convenuta nel grado di merito quando ormai era estinta perché incorporata successivamente per fusione da altra società). (Rigetta, Giud. pace Rimini, 19 febbraio 2004).
Cass. civ. n. 18918/2004
In tema di arbitrato, a norma dell'art. 816 c.p.c., in mancanza di esplicita previa indicazione delle parti, gli arbitri hanno facoltà di regolare lo svolgimento del giudizio nel modo che ritengono più opportuno, ma debbono in ogni caso assegnare alle parti i termini per presentare documenti e memorie ed esporre le loro repliche onde assicurare il corretto svolgimento del procedimento con il pieno rispetto del principio della regolarità del contraddittorio, che presiede anche allo svolgimento del giudizio arbitrale. Da ciò consegue la tardività e l'inammissibilità di quesiti formulati per la prima volta con la comparsa conclusionale, che è destinata solo a illustrare le ragioni delle pretese e delle richieste delle parti, senza possibilità alcuna di ampliare l'oggetto della controversia poiché ciò comporterebbe violazione del diritto di difesa della controparte.
Cass. civ. n. 8296/2004
Per il combinato disposto del secondo comma dell'art. 814 c.p.c. e del secondo comma, prima ipotesi, dell'art. 810 c.p.c., la competenza in ordine alla liquidazione degli onorari e delle spese spettanti agli arbitri è attribuita al presidente del tribunale "nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato", sede che, ai sensi del successivo art. 816 c.p.c., è stabilita dalle parti ovvero, qualora queste non abbiano provveduto al riguardo, dagli stessi arbitri nella loro prima riunione. Per quanto concerne, invece, la nozione di "luogo di stipulazione del compromesso o della clausola compromissoria", di cui all'art. 810 c.p.c., secondo comma, seconda ipotesi, nella sua primitiva formulazione, ovvero di "luogo in cui è stato stipulato il compromesso o il contratto al quale si riferisce la clausola compromissoria", nell'attuale formulazione, essa non è pertinente in materia, avendo essa riguardo alla sola ipotesi di mancata determinazione della sede dell'arbitrato ad opera delle parti interessate, ed alla conseguente competenza del presidente del tribunale di quel luogo a conoscere della domanda della parte che ha preso l'iniziativa di promuovere il giudizio arbitrale, di nomina dell'arbitro per la controparte che non vi abbia provveduto in seguito a regolare invito a designare il proprio arbitro.
Cass. civ. n. 8532/2003
In tema di arbitrato, a seguito dell'entrata in vigore della legge di riforma n. 25 del 1994 il momento iniziale del giudizio arbitrale va determinato non più – come accadeva nella vigenza del precedente quadro normativo – con riguardo alla costituzione del collegio, bensì alla notificazione della domanda di accesso agli arbitri, in quanto idonea a costituire un rituale rapporto processuale: con tale notifica, infatti, vengono identificati dall'istante, sulla base della clausola compromissoria, tanto l'organo deputato a decidere la controversia, quanto la controparte, che è quella risultante dalla clausola stessa, nei confronti della quale il lodo deve essere pronunciato.
Cass. civ. n. 2472/2003
In tema di giudizio arbitrale, l'atto introduttivo del relativo procedimento può ritenersi soggetto alle disposizioni di cui all'art. 163 c.p.c. – dettate in tema di citazione dinanzi al giudice ordinario – soltanto nell'ipotesi in cui le parti o gli arbitri abbiano disposto che il procedimento stesso si svolga secondo la disciplina del processo ordinario, sicché, in mancanza di regole procedimentali stabilite dalle parti o dagli arbitri a pena di nullità, può denunciarsi l'invalidità del lodo soltanto se la formulazione dei quesiti, oggetto di giudizio, sia stata effettuata senza rispettare il principio del contraddittorio.
Cass. civ. n. 10192/1999
Il giudizio arbitrale è caratterizzato dal principio dell'assoluta libertà di forme, nel cui ambito gli arbitri adottano le regole da seguire, le quali, se opportuno, possono essere modificate (espressamente o implicitamente), ampliate o ristrette, con l'unico ineludibile limite dell'assoluto rispetto del principio del contraddittorio e sempre che le regole del giudizio non siano previste e determinate direttamente dalle parti in causa.
Cass. civ. n. 3006/1996
La norma contenuta nel terzo comma dell'art. 816 c.p.c. – in base al quale gli arbitri, anche quando hanno la facoltà di regolare lo svolgimento del giudizio arbitrale nel modo che ritengono più opportuno, debbono in ogni caso assegnare alle parti i termini per presentare documenti e memorie, e per esporre le loro repliche – ha carattere inderogabile e serve a far conoscere alle parti i risultati dell'istruttoria per le loro deduzioni e difese a seguito dell'istruttoria espletata. Il collegio arbitrale che, pur se autorizzato a decidere secondo equità, conceda alle parti un unico termine per presentare documenti e memorie, e per esporre le repliche, viola la norma suddetta, atteso che la facoltà di replica, per poter essere concretamente esercitata, postula che le parti, dopo la chiusura dell'istruttoria (orale o documentale che sia), abbiano a disposizione un lasso di tempo, in aggiunta a quello concesso per l'espletamento dell'istruttoria, per valutare gli elementi raccolti e (eventualmente) controdedurre.
Cass. civ. n. 6579/1994
Quando le parti compromittenti non hanno fissato regole procedimentali, gli arbitri del giudizio arbitrale possono regolare il procedimento nel modo ritenuto più opportuno purché, come è espressamente stabilito dall'art. 816 c.p.c., sia rispettato il principio del contraddittorio e perciò consentito alle parti il dialettico svolgimento delle rispettive deduzioni e controdeduzioni e la collaborazione nell'accertamento dei fatti o, in altri termini, di esporre i relativi assunti, di conoscere le prove e le risultanze del processo, di presentare entro i termini prefissati, a norma dell'art. 816, comma 3, c.c., memorie, repliche e documenti, di conoscere in tempo utile le istanze e richieste delle parti. Tale principio è pertanto violato, con conseguente nullità del lodo (art. 829 c.p.c.) e necessità di pronuncia nel merito da parte della corte d'appello presso la quale il lodo è stato impugnato (art. 830 c.p.c.), nel caso in cui, concessa ad una parte la facoltà di depositare memorie e documenti anche dopo la chiusura dell'istruttoria, non sia data comunicazione all'altra parte del deposito né assegnato termine per eventuali osservazioni.
Cass. civ. n. 12517/1993
Nell'arbitrato rituale, ove le parti non abbiano vincolato gli arbitri all'osservanza della procedura ordinaria, è consentito ai compromettenti, nell'ambito dei termini della clausola compromissoria, di modificare ed ampliare gli iniziali quesiti, senza possibilità di evocare il disposto degli artt. 183 e 184 c.p.c., ma sempre nell'osservanza del principio del contraddittorio, che attiene all'ordine pubblico. Ne consegue che non possono ritenersi ritualmente proposti agli arbitri quesiti indicati solo in una nota illustrativa presentata dopo che la controversia sia stata riservata in decisione, essendosi dato progressivamente atto della assenza di altre richieste.