Art. 239 – Codice di procedura civile – Mancata prestazione
La parte alla quale il giuramento decisorio è deferito, se non si presenta senza giustificato motivo all'udienza all'uopo fissata, o, comparendo, rifiuta di prestarlo o non lo riferisce all'avversario [234 c.p.c.], soccombe rispetto alla domanda o al punto di fatto relativamente al quale il giuramento è stato ammesso; e del pari soccombe la parte avversaria, se rifiuta di prestare il giuramento che le è riferito.
Il giudice istruttore, se ritiene giustificata la mancata comparizione della parte che deve prestare il giuramento, provvede a norma dell'articolo 232 secondo comma.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 20059/2024
In tema di ammissibilità del concordato preventivo, il professionista designato ai sensi dell'art. 161, comma 3, l.fall. non è in possesso dei requisiti di indipendenza ex artt. 67, comma 3, lett. d), l.fall. e 2399 c.c., allorché abbia intrattenuto con il debitore un qualsivoglia rapporto, di durata o destinato a definirsi nel tempo di compimento di prestazione d'opera autonoma, sia in essere alla proposizione della domanda di concordato, sia esauritosi in epoca precedente, purché svoltosi nel quinquennio antecedente alla data di conferimento dell'incarico. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione impugnata, che, circoscrivendo la presunzione di non indipendenza ai casi di attività continuativa svolta in favore dell'imprenditore istante, aveva ritenuto irrilevante l'incarico anteriormente conferito all'attestatore di redigere una perizia giurata, trattandosi di prestazione d'opera una tantum).
Cass. civ. n. 10739/2024
In tema di responsabilità degli amministratori di società di capitali, gli amministratori privi di deleghe che, pur a fronte di segnali di allarme, abbiano omesso di attivarsi con la diligenza imposta dalla natura della carica, adottando o proponendo i rimedi giuridici più adeguati alla situazione, rispondono in solido con gli amministratori delegati del danno cagionato, poiché un comportamento inerte si pone in contrasto con il dovere di agire in modo informato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto responsabili gli amministratori non esecutivi, i quali, nonostante la mancata trasmissione delle relazioni informative periodiche, avevano negligentemente omesso di chiedere chiarimenti ai delegati, denunciando il loro inadempimento ed attivando i rimedi più adeguati, come la revoca della delega gestoria o dell'amministratore delegato, l'avocazione al consiglio delle operazioni rientranti nella delega, la proposizione delle necessarie iniziative giudiziali).
Cass. civ. n. 14647/2023
In tema di confisca di prevenzione, nel procedimento di opposizione allo stato passivo promosso dai creditori esclusi, l'iscrizione di riserve (per maggiori oneri e costi) nel registro di contabilità, da parte dell'appaltatore di lavori pubblici, pur avvenuta nel rispetto degli inderogabili oneri formali previsti dalla legge, è condizione necessaria, ma non sufficiente, ai fini del riconoscimento della relativa pretesa, il quale presuppone il previo accertamento giudiziale della sua fondatezza, secondo i criteri di ripartizione dell'onere probatorio di cui all'art. 2697 cod. civ., ove non ricorrano gli alternativi rimedi di cui agli artt. 204 e ss. d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. (Fattispecie in tema di rapporti tra consorzio appaltante e società consorziata esecutrice delle opere, in cui la Corte ha ritenuto doversi individuare un principio di prova nell'atto di riconoscimento di debito sottoscritto dal direttore dei lavori, nei limiti dell'importo dallo stesso asseverato).
Cass. civ. n. 7273/2023
Motivazione “per relationem” ad altra precedente autorizzazione - Possibilità - Sussistenza - Ragioni. L'autorizzazione dell'autorità di vigilanza all'esercizio dell'azione di responsabilità da parte del commissario liquidatore di compagnia di assicurazioni in l.c.a. può essere motivata "per relationem", con espresso rinvio ad una propria precedente autorizzazione, in quanto, ai sensi dell'art. 3 l. n. 241 del 1990, tale motivazione è legittima, ove siano indicati e resi disponibili gli atti cui si fa rinvio, non incidendo siffatto "modus operandi" sull'essenza dell'operazione valutativa, la quale non ne risulta sminuita.
Cass. civ. n. 7272/2023
Ragioni - Configurabilità del concorso tra inadempimento della società e illecito dell’amministratore - Sussistenza. L'inadempimento contrattuale di una società di capitali non può, di per sé, implicare responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell'altro contraente ex artt. 2395 o 2476, comma 6, c.c., nella formulazione "ratione temporis" vigente, atteso che tale responsabilità, di natura extracontrattuale, postula fatti illeciti direttamente imputabili a comportamento colposo o doloso degli amministratori medesimi; laddove ne ricorrano tutti gli estremi può, peraltro, configurarsi un concorso tra l'inadempimento della società e l'illecito dell'amministratore.
Cass. civ. n. 6577/2023
In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta ex art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 non può essere disposto sulle somme di denaro confluite sul conto corrente intestato alla curatela fallimentare per effetto di transazione da quest'ultima stipulata con i sindaci e i revisori legali della società fallita, a seguito dell'azione di responsabilità ex art. 146, comma 2, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, posto che le predette somme non costituiscono profitto dei reati tributari precedentemente commessi dai legali rappresentanti della fallita.
Cass. civ. n. 4264/2023
In tema di società di capitali a partecipazione pubblica, prive dei requisiti per essere qualificate "in house", la giurisdizione della Corte dei conti sussiste solo qualora sia prospettato un danno arrecato dalla società partecipata al socio pubblico in via diretta, e non quale mero riflesso della perdita di valore della partecipazione sociale, o sia contestato al rappresentante del socio pubblico di aver colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti di socio, così pregiudicando il valore della partecipazione, o, infine, sia configurabile la speciale natura dello statuto legale di alcune società partecipate. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato il difetto di giurisdizione contabile, non essendosi prospettato lo sviamento ad altri fini del capitale pubblico, bensì il pregiudizio economico al patrimonio della società partecipata, che solo indirettamente si ripercuoteva sull'ente pubblico socio, attraverso la diminuzione del valore della quota di partecipazione).
Cass. civ. n. 3552/2023
L'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori ex art. 2394 c.c., esercitata dal curatore fallimentare a norma dell'art. 146 l. fall., è soggetta a prescrizione quinquennale che decorre dal momento dell'oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell'insufficienza dell'attivo a soddisfare i debiti; pertanto, in ragione dell'onerosità della prova gravante sul curatore, sussiste una presunzione "iuris tantum" di coincidenza tra il "dies a quo" di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, ricadendo sull'amministratore la prova contraria della diversa data, anteriore, di insorgenza e percepibilità dello stato di incapienza patrimoniale, con la deduzione di fatti sintomatici di assoluta evidenza, la cui valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
Cass. civ. n. 756/2023
I compensi dovuti a un professionista, facente parte di un'associazione professionale, possono essere pignorati nei confronti dei suoi clienti nelle forme del pignoramento presso terzi, a nulla rilevando che egli abbia delegato altri all'incasso, oppure si sia obbligato, nei confronti dell'associazione medesima, a riversare in un fondo comune i proventi della propria attività professionale, salvo che non vi sia stata una formale cessione dei suddetti crediti. (Principio affermato dalla S.C. con riguardo al pignoramento dei crediti vantati, da un commercialista membro di un'associazione professionale, a titolo di compenso per l'attività di membro del collegio sindacale di alcune società, sul presupposto che l'obbligo di riversare i rispettivi compensi in favore dell'associazione, contemplato dal relativo statuto, vincolasse i soli membri della stessa, e fosse pertanto inopponibile ai creditori del singolo associato).
Cass. civ. n. 11328/2017
Alla mancata prestazione del giuramento decisorio di cui all'art. 239 c.p.c. è legittimamente assimilabile l'ipotesi in cui il deferito presti il giuramento apportando modifiche alla formula ammessa dal giudice, tali da alterarne l'originaria sostanza; la relativa valutazione rientra nell'apprezzamento di fatto del giudice di merito e, ove congruamente motivata, non è censurabile in sede di legittimità. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che, con riguardo ad un giuramento deferito relativamente alla mancata soddisfazione di un credito, aveva ritenuto come ammessa la mancata estinzione dell'obbligazione, per avere il giurante reso una dichiarazione non conforme alla formula deferitagli, non avendo saputo indicare l'entità della somma asseritamente corrisposta al creditore a saldo del debito).
Cass. civ. n. 1865/2001
Alle ipotesi di mancata prestazione del giuramento decisorio di cui all'art. 239 c.p.c. è legittimamente assimilabile quella dell'aver apportato il deferito modifiche della formula ammessa dal giudice tali da alterarne l'originaria sostanza e dell'aver su tale formula modificata prestato il proprio giuramento.
Cass. civ. n. 10628/1997
In materia di giuramento decisorio, è esente da vizi logici o giuridici il provvedimento del giudice di merito che, a seguito di richieste di rinvio formulate, dopo la fissazione dell'udienza per la prestazione del giuramento, dal procuratore del delato senza opposizione del difensore dell'altra parte, o addirittura da quest'ultimo nell'assenza della controparte, ritenga pacifico tra le parti l'impedimento del delato a comparire alle udienze di rinvio e quindi respinga l'opposizione alla prestazione del giuramento formulata solo in occasione della comparizione del delato sul presupposto della mancanza di prova dell'impedimento di quest'ultimo a comparire alle precedenti udienze. Del resto, l'ipotesi della ingiustificata mancata comparizione, da cui l'art. 239 c.p.c. fa dipendere la soccombenza, non è configurabile se manca la prova che, così come il provvedimento di ammissione del giuramento, anche i provvedimenti di rinvio della udienza fissata per la sua prestazione siano stati notificati personalmente al soggetto interessato.
Cass. civ. n. 5827/1996
L'art. 239, secondo comma, c.p.c. disponendo che nel caso di mancata comparizione della parte che deve prestare il giuramento il giudice istruttore provvede a norma del precedente art. 232 secondo comma, consente al detto giudice di rinviare ad altra udienza l'assunzione del giuramento ove egli, in base al suo discrezionale apprezzamento, ritenga fondati i motivi che hanno determinato l'assenza della parte, sicché qualora all'udienza fissata per il giuramento la parte non si sia presentata adducendo un impedimento ed il giudice abbia differito l'incombente ad altra udienza, deve ritenersi che egli abbia implicitamente considerato fondato il motivo dell'assenza facendo uso del potere conferitogli dal menzionato art. 239 c.p.c. Ne deriva che alla nuova udienza il giudice deve limitarsi ad accertare se il giuramento sia stato reso o no e decidere conformemente la causa, restandogli precluso di esaminare nuovamente la fondatezza della già ritenuta ragione giustificativa dell'assenza e di considerare quindi non prestato il giuramento per la mancata presenza della parte all'udienza originariamente fissata a tal fine. (Nella specie, ribadito il principio di cui alla massima la S.C. in applicazione dell'art. 384, c.p.c. novellato, ha deciso la causa nel merito rigettando la domanda proposta contro la parte che aveva prestato il giuramento nella nuova udienza).
Cass. civ. n. 598/1987
Ove il rappresentante legale di una società, cui sia stato deferito il giuramento decisorio in ordine ad una circostanza attinente al rapporto di lavoro dei dipendenti (nella specie, effettuazione di lavoro straordinario) si rifiuti di prestarlo dichiarando di non essere a conoscenza della circostanza suddetta, il giudice del merito deve preliminarmente indagare in ordine al tipo di giuramento deferito, atteso che il rappresentante suddetto può non essere l'autore o il partecipe di fatti che, pur riferentisi alla società, non promanano da lui personalmente. Pertanto, in tale ipotesi, se si tratta di un giuramento de veritate (perché avente ad oggetto un fatto proprio del rappresentante legale della società), al detto rifiuto consegue la soccombenza della società per la mancata prestazione del giuramento, se invece il giuramento è de scientia (perché avente ad oggetto la conoscenza che il rappresentante della società abbia del fatto di un terzo) soccombente è la controparte sempre che la riferita dichiarazione di non conoscere il fatto sia resa sotto vincolo di giuramento; ferma l'inammissibilità del giuramento ove, pur essendo nella sostanza de scientia, sia stato dedotto nella forma del giuramento de veritate.
Cass. civ. n. 5118/1984
Il giuramento decisorio deferito al legale rappresentante di una società si considera de veritates e verte su un fatto proprio del rappresentante, de notitia (o de scientia) se riguarda fatti dei quali il rappresentante abbia potuto avere conoscenza in tale sua veste, con la conseguenza che, nel secondo caso, la dichiarazione di ignorare i fatti non importa rifiuto di giurare ma semplice giuramento in senso favorevole al giurante, contrariamente a quanto avviene nel giuramento de veritate, in cui una siffatta dichiarazione deve considerarsi come rifiuto di prestarlo, con effetti sfavorevoli per colui al quale è deferito.
Cass. civ. n. 3894/1979
La mancata prestazione del giuramento decisorio da parte di un litisconsorte facoltativo nuoce solo a lui, e non al litisconsorte che lo ha prestato e ha diritto a che la causa sia decisa in base alle risultanze di esso, in quanto tale mezzo istruttorio ha efficacia assoluta, preclusiva di ogni prova contraria.
Cass. civ. n. 1738/1979
La dichiarazione del giurante di ignorare o di non ricordare i fatti, mentre nell'ipotesi di giuramento de veritate, il quale riguarda un fatto proprio della parte, equivale a rifiuto di giurare e determina, conseguentemente, la soccombenza della parte stessa rispetto alla domanda o al punto formante oggetto del giuramento, nella diversa ipotesi di giuramento de scientia o de notitia, il quale verte sulla conoscenza che si abbia di un fatto altrui, dà luogo, invece, a giuramento in senso favorevole al giurante.