Art. 363 – Codice di procedura civile – Principio di diritto nell’ interesse della legge
Quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno rinunciato, ovvero quando il provvedimento non è ricorribile in cassazione e non è altrimenti impugnabile, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione può chiedere che la Corte enunci nell'interesse della legge il principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi.
La richiesta del procuratore generale, contenente una sintetica esposizione del fatto e delle ragioni di diritto poste a fondamento dell'istanza, è rivolta al primo presidente, il quale può disporre che la Corte si pronunci a sezioni unite se ritiene che la questione è di particolare importanza.
Il principio di diritto può essere pronunciato dalla Corte anche d'ufficio, quando il ricorso proposto dalle parti è dichiarato inammissibile, se la Corte ritiene che la questione decisa è di particolare importanza.
La pronuncia della Corte non ha effetto sul provvedimento del giudice di merito.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 1900/2025
In caso di più fondi intercludenti appartenenti a diversi soggetti, l'azione per la costituzione di servitù coattiva di passaggio in favore del fondo intercluso (anche nelle ipotesi previste dagli artt. 1051, comma 3, e 1052 c.c.) deve essere promossa nei confronti di tutti i proprietari e avuto riguardo a tutti i percorsi concretamente sperimentabili, poiché essa determina un processo litisconsortile per comunanza dei plurimi rapporti bilaterali, strettamente correlati al fine di consentire il soddisfacimento del vantato diritto; pertanto, in mancanza dell'integrazione del contraddittorio ordinato dal giudice, il processo va dichiarato estinto, senza che ne derivi il rigetto della domanda. (Principio enunciato nell'interesse della legge ex art. 363 c.p.c.).
Cass. civ. n. 15130/2024
In tema di rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c., l'ordinanza emessa dal giudice di merito senza avere previamente sentito le parti non è automaticamente nulla e - potendo il contraddittorio preventivo essere recuperato nella fase dinanzi alla S.C. con le memorie anteriori alla pubblica udienza e con la discussione orale - non inficia ex se l'ammissibilità della questione pregiudiziale, la quale, pur se ritenuta sussistente "prima facie" dal Primo Presidente, forma oggetto - in relazione ai presupposti oggettivi della citata disposizione (natura esclusivamente di diritto della questione, novità e necessità della stessa ai fini della definizione del giudizio, grave difficoltà interpretativa, ripetibilità della questione in numerosi giudizi) - di valutazione collegiale.
Cass. civ. n. 12449/2024
Ad integrare uno dei presupposti di ammissibilità del rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. - il quale dispone che la questione non dev'essere stata "ancora risolta dalla Corte di cassazione" - è sufficiente anche una latente divergenza tra le decisioni delle diverse sezioni della S.C., poiché si deve valorizzare il riferimento testuale della predetta norma codicistica rispetto a quello della legge delega, che, nei suoi principi e criteri direttivi, richiedeva che la questione non fosse stata ancora "affrontata" dalla Corte di legittimità. (Nella specie, le Sezioni Unite hanno dato atto di diversi e non univoci orientamenti in tema di interessi ex art. 1284, comma 4, c.c., dovuti, per un orientamento, solo se espressamente previsti nella pronuncia del giudizio di cognizione, per un altro, anche in mancanza dell'espressa menzione, in quanto da ritenersi implicitamente contenuti nella statuizione di condanna agli interessi legali).
Cass. civ. n. 12223/2024
In tema di adozione del minore d'età, l'art. 27, comma 3, della l n. 184 del 1983, riguardante gli effetti dell'adozione piena o legittimante, non esclude che il giudice possa valutare in concreto il preminente interesse del minore a mantenere relazioni socio affettive con il nucleo parentale della famiglia di origine, attenendo la necessaria ed inderogabile recisione dei rapporti parentali esclusivamente al piano delle relazioni giuridico formali. (Principio enunciato nell'interesse della legge ex art. 363, comma 3, c.p.c.).
Cass. civ. n. 11688/2024
In tema di rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione ex art. 363-bis c.p.c., il requisito della rilevanza può sussistere anche ove la questione interpretativa sorga nell'ambito di procedimenti il cui provvedimento conclusivo abbia carattere interinale e cautelare e, pertanto, non sia impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione, con conseguente ammissibilità del rinvio, attesa la sua funzione nomofilattico-deflattiva e la sua proponibilità da parte di qualsiasi giudice innanzi al quale sia pendente un procedimento regolato dal c.p.c. e dalle leggi collegate, sia esso contenzioso, non contenzioso, camerale, esecutivo o cautelare.
Cass. civ. n. 11399/2024
Il rinvio pregiudiziale di cui all'art. 363-bis c.p.c., in presenza di tutte le condizioni previste dalla disposizione, può riguardare anche questioni di diritto che sorgono nei procedimenti cautelari ante causam o in corso di causa.
Cass. civ. n. 6477/2024
Se privo dell'apposizione della firma digitale, il ricorso per cassazione in forma di documento informatico è affetto da un vizio di nullità, che è sanabile per raggiungimento dello scopo ogni qualvolta possa desumersi la paternità certa dell'atto processuale da elementi qualificanti, tra i quali la notificazione del ricorso nativo digitale dalla casella p.e.c. dell'Avvocatura generale dello Stato censita nel REGINDE e il successivo deposito della sua copia analogica con attestazione di conformità sottoscritta dall'avvocato dello Stato.
Cass. civ. n. 34851/2023
Anche il giudice tributario di merito può disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione ex art. 363-bis c.p.c., in virtù del generale rinvio alle norme del codice di procedura civile contenuto nell'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell'unicità della disciplina del giudizio di legittimità anche nel processo tributario (ex art. 62, comma 2, del citato d.lgs.), nonché della funzione nomofilattico-deflattiva del rinvio, volto a sollecitare l'anticipata enunciazione di un principio di diritto da parte della S.C., giudice di legittimità pure nella giurisdizione tributaria.
Cass. civ. n. 29961/2023
Nel procedimento di rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c., la cancelleria della Corte di cassazione deve dare comunicazione, nel termine indicato dall'art. 377, comma 2, c.p.c., del decreto di ammissibilità della questione del Primo Presidente e di quello di fissazione dell'udienza pubblica alle parti che risultano costituite nel giudizio di merito in base ai dati acquisiti ai sensi dell'art. 137-bis, comma 2, disp. att. c.p.c., sia perché il procedimento costituisce una fase incidentale del giudizio, in cui i principi di diritto regolanti la fattispecie sono espressi con effetto vincolante, sia perché le parti devono poter svolgere le proprie difese nel termine di cui all'art. 378 c.p.c., il quale, decorrendo a ritroso dalla data dell'udienza, presuppone la sua conoscenza.
Cass. civ. n. 28727/2023
Il rinvio pregiudiziale ex art. 363 bis c.p.c. presuppone una difficoltà nell'interpretazione di una disposizione nuova o sulla quale non si sia ancora formato un univoco indirizzo giurisprudenziale, destinata ad essere applicata in numerosi giudizi, e tende a realizzare una sorta di nomofilachia preventiva, sollecitando la S.C. ad enunciare con sentenza un principio di diritto vincolante non solo per il giudice che ha sollevato la questione, ma anche per ogni altro giudice chiamato ad intervenire nell'ambito del medesimo procedimento.
Cass. civ. n. 13841/2023
In tema di acque pubbliche, ai sensi dell'art. 669-ter c.p.c., la competenza a conoscere delle domande cautelari proposte ex art. 700 c.p.c., nelle materie di cui all'art. 140 del r.d. n. 1775 del 1933 (Testo Unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici), spetta al Tribunale Regionale delle acque pubbliche competente per territorio, che provvede con ordinanza reclamabile davanti al Tribunale Superiore delle acque pubbliche. (Principio enunciato nell'interesse della legge ex art. 363, comma 3, c.p.c.).
Cass. civ. n. 12466/2023
In tema di esecuzione degli obblighi di fare e di non fare, con l'opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 614, comma 2, c.p.c. (per il rimborso delle spese anticipate dalla parte istante) l'opponente può contestare la congruità delle spese o l'avvenuta anticipazione delle stesse, non già la debenza delle somme inerenti al compimento di una o più opere in quanto esorbitanti rispetto al titolo esecutivo (questione attinente all'effettiva portata di questo), né il quomodo dell'esecuzione, giacché tali questioni devono proporsi, rispettivamente, con l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. o con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. e, comunque, entro la chiusura del procedimento esecutivo, che è segnata dal verbale con cui l'ufficiale giudiziario attesta che sono state compiute le operazioni in ottemperanza all'ordinanza ex art. 612 c.p.c. Qualora l'esecutato abbia sollevato le suddette questioni soltanto nell'ambito dell'opposizione al decreto ex art. 614 c.p.c. senza tempestivamente e previamente proporle con le opposizioni esecutive, il giudice non può riqualificare la domanda come se proposta ai sensi degli artt. 615 o 617 c.p.c., sia per la diversità di ambito dell'opposizione ex art. 645 c.p.c. rispetto a quelle esecutive, sia perché - se il decreto opposto è successivo al definitivo completamento delle opere attestato dall'ufficiale giudiziario – non è più possibile proporre rimedi interni al procedimento esecutivo. (Principio enunciato nell'interesse della legge ex art. 363, comma 3, c.p.c.).
Cass. civ. n. 16601/2017
Nel vigente ordinamento, alla responsabilità civile non è assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subìto la lesione, poiché sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile, sicché non è ontologicamente incompatibile con l'ordinamento italiano l'istituto, di origine statunitense, dei risarcimenti punitivi. Il riconoscimento di una sentenza straniera che contenga una pronuncia di tal genere deve, però, corrispondere alla condizione che essa sia stata resa nell'ordinamento straniero su basi normative che garantiscano la tipicità delle ipotesi di condanna, la prevedibilità della stessa ed i suoi limiti quantitativi, dovendosi avere riguardo, in sede di delibazione, unicamente agli effetti dell'atto straniero ed alla loro compatibilità con l'ordine pubblico. (Principio di diritto enunciato dalle S.U. ai sensi dell'art. 363, comma 3, c.p.c. in relazione all'inammissibilità del motivo di ricorso involgente la relativa questione di particolare importanza, ancorché all'esito di una pronuncia di complessivo rigetto del ricorso). (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 03/01/2014).
Cass. civ. n. 1946/2017
In tema di parto anonimo, per effetto della sentenza delle Corte cost. n. 278 del 2013, ancorché il legislatore non abbia ancora introdotto la disciplina procedimentale attuativa, sussiste la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio desideroso di conoscere le proprie origini e di accedere alla propria storia parentale, di interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione, e ciò con modalità procedimentali, tratte dal quadro normativo e dal principio somministrato dalla Corte suddetta, idonee ad assicurare la massima riservatezza ed il più assoluto rispetto della dignità della donna, fermo restando che il diritto del figlio trova un limite insuperabile allorché la dichiarazione iniziale per l'anonimato non sia rimossa in seguito all'interpello e persista il diniego della madre di svelare la propria identità. (Enuncia principio ex art. 363, comma 1, c.p.c.).
Cass. civ. n. 23469/2016
La richiesta di enunciazione del principio di diritto rivolta alla Suprema Corte dal P.G. ai sensi del vigente art. 363 comma 1, c.p.c., si configura non già come mezzo di impugnazione, ma come procedimento autonomo, originato da un'iniziativa diretta a consentire il controllo sulla corretta osservanza ed uniforme applicazione della legge non solo nelle ipotesi di mancata proposizione del ricorso per cassazione o di rinuncia allo stesso, ma anche in quelle di provvedimenti non altrimenti impugnabili nè ricorribili, in quanto privi di natura decisoria, sicché tale iniziativa, avente natura di richiesta e non di ricorso, non necessita di contraddittorio con le parti, prive di legittimazione a partecipare al procedimento perché carenti di un interesse attuale e concreto, non risultando in alcun modo pregiudicato il provvedimento presupposto.
Cass. civ. n. 20661/2014
La rilevanza della questione di legittimità costituzionale può essere affermata dalla Corte di cassazione anche quando la norma denunciata sia destinata a trovare applicazione nell'enunciazione del principio di diritto, ai sensi dell'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., in quanto la funzione nomofilattica sottesa alla pronuncia nell'interesse della legge non si esaurisce nella dimensione statica della legalità ordinaria.
Cass. civ. n. 404/2011
Il ricorso che il P.G. presso la Corte di cassazione può promuovere, ai sensi dell'art. 363, primo comma, c.p.c., come novellato dal d.l.vo 2 febbraio 2006, n. 40, nell'interesse della legge, anche se non è in grado di incidere sulla fattispecie concreta, non può tuttavia prescinderne; tale ricorso, pertanto, pur non avendo natura impugnatoria, non può assumere carattere preventivo o esplorativo, dovendo il P.G. attivarsi soltanto in caso di pronuncia contraria alla legge, per denunciarne l'errore e chiedere alla Corte di ristabilire l'ordine del sistema, chiarendo l'esatta portata e il reale significato della normativa di riferimento.
Cass. civ. n. 13332/2010
La richiesta di enunciazione del principio di diritto nell'interesse della legge, rivolta alla Corte di cassazione dal P.G. ai sensi dell'art. 363 c.p.c., come novellato dal d.l.vo 2 febbraio 2006, n. 40, si configura non già come mezzo di impugnazione, ma come procedimento autonomo, originato da un'iniziativa diretta a consentire il controllo sulla corretta osservanza ed uniforme applicazione della legge, con riferimento non solo all'ipotesi di mancata proposizione del ricorso per cassazione, ma anche a quelle di provvedimenti non impugnabili o non ricorribili per cassazione, in quanto privi di natura decisoria, con la conseguenza che l'iniziativa del P.G., che si concreta in una mera richiesta e non già in un ricorso, non dev'essere notificata alle parti, prive di legittimazione a partecipare al procedimento.
Cass. civ. n. 28327/2009
L'esercizio del potere officioso della Corte di Cassazione di pronunciare, ai sensi dell'art. 363, terzo comma, c.p.c., il principio di diritto quando il ricorso è inammissibile non si concilia con il rito camerale di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c., atteso che tale rito costituisce uno strumento acceleratorio del giudizio per l'esercizio di ben definite tipologie decisionali, tra le quali non rientra l'enunciazione del principio di diritto nell'interesse della legge.
Cass. civ. n. 28653/2008
Qualora il P.G. presso la Corte dei conti richieda alle Sezioni Riunite della stessa Corte la soluzione di una questione di massima, il giudice della causa in relazione alla quale la questione è sollevata non può rifiutare la trasmissione del fascicolo processuale alle Sezioni Riunite che gliene abbiano fatto richiesta e non può decidere senza attendere la pronuncia di detto organo. (Principio di diritto enunciato d'ufficio dalle Sezioni Unite nell'interesse della legge, ai sensi dell'art. 363, terzo comma, c.p.c., in presenza di ricorso per motivi di giurisdizione, dichiarato inammissibile in quanto involgente l'inosservanza delle norme processuali regolatrici del rapporto tra il procedimento innanzi alle Sezioni Riunite della Corte dei conti per la soluzione di una questione di massima e quello davanti alla sezione giurisdizionale di appello della medesima Corte, nel cui ambito la questione era stata sollevata ).
Cass. civ. n. 27187/2007
A norma dell'art. 363, terzo comma, c.p.c. — come novellato dall'art. 4 del D.L.vo 2 febbraio 2006, n. 40 — se le parti non possono, nel loro interesse e sulla base della normativa vigente, investire la Corte di cassazione di questioni di particolare importanza in rapporto a provvedimenti giurisdizionali non impugnabili, e il P.G. presso la stessa Corte non chieda l'enunciazione del principio di diritto nell'interesse della legge, le Sezioni Unite della Corte — chiamate comunque a pronunciarsi su tali questioni su disposizione del Primo Presidente — dichiarata l'inammissibilità del ricorso, possono esercitare d'ufficio il potere discrezionale di formulare il principio di diritto concretamente applicabile. Tale potere, espressione della funzione di nomofilachia, comporta che — in relazione a questioni la cui particolare importanza sia desumibile non solo dal punto di vista normativo, ma anche da elementi di fatto — la Corte di cassazione possa eccezionalmente pronunciare una regola di giudizio che, sebbene non influente nella concreta vicenda processuale, serva tuttavia come criterio di decisione di casi analoghi o simili.