Art. 416 – Codice di procedura civile – Costituzione del convenuto
Il convenuto deve costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza, dichiarando la residenza o eleggendo domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito.
La costituzione del convenuto si effettua mediante deposito in cancelleria di una memoria difensiva, nella quale devono essere proposte, a pena di decadenza, le eventuali domande in via riconvenzionale e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio.
Nella stessa memoria il convenuto deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda, proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto ed indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve contestualmente depositare [disp. att. 74].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 17772/2023
Nel procedimento per convalida di sfratto, la domanda riconvenzionale può essere proposta dall'intimato in seno alla comparsa di risposta della fase sommaria, senza necessità di chiedere lo spostamento dell'udienza ai sensi dell'art. 418 c.p.c. né, per il giudice, di concedere termini differenziati per le memorie integrative e fissare l'udienza tenendo conto della possibilità del convenuto di proporre una nuova riconvenzionale.
Cass. civ. n. 10375/2021
Nel giudizio proposto contro l'I.N.A.I.L. per il riconoscimento delle prestazioni conseguenti ad infortunio sul lavoro, la negazione della causa o dell'occasione di lavoro da parte del convenuto senza deduzione di fatti o titoli diversi da quelli posti dall'attore a fondamento della domanda, integra una mera difesa non soggetta alle preclusioni previste dagli artt. 416 e 437 c.p.c., rispettivamente per il primo grado e per l'appello, e non un'eccezione in senso sostanziale idonea ad invertire l'onere della prova, gravante sull'infortunato, dei fatti costitutivi della domanda, sicché in presenza della sopraindicata negazione, che vale come non ammissione dei fatti costitutivi della domanda, permane il potere - dovere del giudice di verificare la sussistenza di questi ultimi. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 12/02/2015).
Cass. civ. n. 2174/2021
L'onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti alla parte e dedotti nel processo, non anche per quelli ad essa ignoti o allegati in sede extraprocessuale, atteso che il principio di non contestazione trova fondamento nel fenomeno di circolarità degli oneri di allegazione, confutazione e prova, di cui agli artt. 414, nn. 4 e 5, e 416 c.p.c., che è tipico delle vicende processuali. (Nella specie, la S.C. ha escluso che l'Inail avesse l'obbligo di contestare i fatti posti alla base della domanda giudiziale di indennità temporanea da infortunio sul lavoro, perché il fatto costitutivo della prestazione trae origine dal rapporto di lavoro cui l'ente è estraneo, restando irrilevante, ai fini della non contestazione, quanto dedotto dal lavoratore in sede amministrativa con la denuncia d'infortunio). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 08/01/2015).
Cass. civ. n. 20998/2019
Nei procedimenti che seguono il rito del lavoro, il principio di non contestazione, con riguardo ai conteggi elaborati dal ricorrente ai fini della quantificazione del credito oggetto della domanda, impone la distinzione tra la componente fattuale e quella normativa dei calcoli, nel senso che è irrilevante la non contestazione attinente all'interpretazione della disciplina legale o contrattuale della quantificazione, appartenendo al potere-dovere del giudice la cognizione di tale disciplina, mentre rileva quella che ha ad oggetto i fatti da accertare nel processo e non la loro qualificazione giuridica.
Cass. civ. n. 31704/2019
In tema di opposizione a cartella esattoriale avente ad oggetto crediti contributivi, il principio per cui la mancata contestazione del fatto costitutivo del diritto ne rende inutile la prova siccome non più controverso, trova applicazione solo quando la parte opponente, attrice in senso formale ma convenuta in senso sostanziale, non prenda posizione in maniera precisa, rispetto ai fatti allegati nella memoria di costituzione dell'ente previdenziale, nella prima difesa utile, e cioè nell'udienza di cui all'art. 420 c.p.c., in quanto, attribuendo analoga efficacia di allegazione ai fatti contenuti in atti extraprocessuali (quale la cartella esattoriale, verrebbe interrotta la circolarità, necessariamente endoprocessuale, tra oneri di allegazione, di contestazione e di prova di cui al combinato disposto degli artt. 414, nn. 4 e 5, e 416 c.p.c.. (Rigetta, CORTE D'APPELLO LECCE, 11/01/2013).
Cass. civ. n. 16893/2018
L'ordinanza conclusiva del procedimento sommario di cognizione può essere appellata, dalla parte contumace, nel termine "breve" di cui all'art. 702 quater c.p.c., decorrente dalla notificazione della stessa, in difetto della quale trova applicazione il termine "lungo" di cui all'art. 327 c.p.c. che opera per tutti i provvedimenti a carattere decisorio e definitivo.
Cass. civ. n. 14274/2017
L’inammissibilità della prova per testimoni della simulazione non può essere rilevata dal giudice in assenza di un’espressa eccezione di parte, la quale, tuttavia, non soggiace al regime di preclusioni previsto dall’art. 416 c.p.c. per la proponibilità delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, ma al diverso limite della prima istanza o difesa successiva all’eventuale assunzione della prova, atteso che la violazione dell’art. 1417 c.c., al pari di quella delle disposizioni di cui agli artt. 2721 e 2722 c.c., dà luogo ad una nullità relativa, soggetta al regime di cui all’art. 157, comma 2, c.p.c.
Cass. civ. n. 11417/2017
Nel processo del lavoro, il principio di non contestazione si applica anche ai diritti a prestazioni previdenziali, senza che rilevi il loro carattere indisponibile, dovendosi ritenere che la mancata contestazione operi in relazione alla prova dei fatti costitutivi del diritto - ancorché non necessariamente comuni alle parti in causa - e non alla disponibilità del diritto medesimo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione impugnata rilevando che l’avvenuta allegazione, nel ricorso giudiziale di primo grado, della presentazione del ricorso amministrativo, con indicazione specifica della data e dell’autorità cui era stato proposto, costituiva un fatto che l’INPS non aveva altrettanto specificamente contestato in memoria difensiva, con conseguente vincolo per il giudice di merito, tenuto a considerare la circostanza come avvenuta, senza necessità di convincersi della sua esistenza).
Cass. civ. n. 7784/2017
Nel rito del lavoro, il principio di non contestazione può essere invocato, al fine di riconoscere come non controverso un fatto costitutivo non dedotto in funzione meramente probatoria, solo se quest'ultimo abbia costituito oggetto di specifica allegazione nel ricorso introduttivo, ma non anche qualora sia stato precisato dalla parte unicamente con l’atto di appello. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, reiettiva di una domanda di indennità di maternità, ai sensi dell’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 151 del 2001, in quanto esclusivamente in sede di gravame la ricorrente aveva precisato circostanze, relative al periodo di fruizione dell’indennità di disoccupazione, rilevanti per la decorrenza della prestazione richiesta).
Cass. civ. n. 26395/2016
Nel rito del lavoro, il principio che esclude dal tema di indagine il fatto costitutivo della domanda per effetto della sua mancata contestazione, giusta l’art. 416, comma 3, c.p.c., incontra l’unica deroga nella possibilità che il giudice ne accerti, d'ufficio, l’esistenza o l’inesistenza in base alle risultanze ritualmente acquisite. (Così statuendo, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, esaminate le risultanze istruttorie da cui non emergeva che il ricorrente avesse un obbligo costante di vigilanza, aveva escluso lo svolgimento in via continuativa dell’attività di guardiano notturno, non oggetto di specifica contestazione).
Cass. civ. n. 19697/2016
In tema di licenziamento per motivi disciplinari, il mancato esercizio del diritto di difesa in sede disciplinare (nella specie per mancanza di una effettiva ed adeguata contestazione degli addebiti), non può considerarsi come ammissione dei fatti contestati da parte del lavoratore ex art. 416 c.p.c., e quindi non può impedirgli il pieno diritto di azione in sede processuale.
Cass. civ. n. 12101/2016
In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il lavoratore ha l'onere di dimostrare il fatto costitutivo dell'esistenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato così risolto, nonché di allegare l'illegittimo rifiuto del datore di continuare a farlo lavorare in assenza di un giustificato motivo, mentre incombono sul datore di lavoro gli oneri di allegazione e di prova dell'esistenza del giustificato motivo oggettivo, che include anche l'impossibilità del cd. "repechage", ossia dell'inesistenza di altri posti di lavoro in cui utilmente ricollocare il lavoratore.
Cass. civ. n. 8924/2015
Nel rito del lavoro, la tardiva costituzione del convenuto in primo grado non comporta che il giudice di appello non possa prendere in considerazione, ai fini della decisione, la documentazione relativa al giudizio di primo grado qualora essa, in assenza di tempestiva opposizione all'irrituale produzione, sia stata ritualmente acquisita e sia entrata a far parte del tema di indagine.
Cass. civ. n. 15527/2014
In materia di demansionamento (o dequalificazione), il lavoratore è tenuto a prospettare le circostanze di fatto volte a dare fondamento alla denuncia ed ha, quindi, l'onere di allegare gli elementi di fatto significativi dell'illegittimo esercizio del potere datoriale, e non anche quelli idonei a dimostrare in modo autosufficiente la fondatezza delle pretese azionate, mentre il datore di lavoro è tenuto a prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti posti dal lavoratore a fondamento della domanda e può allegarne altri, indicativi, del legittimo esercizio del potere direttivo, fermo restando che spetta al giudice valutare se le mansioni assegnate siano dequalificanti, potendo egli presumere, nell'esercizio dei poteri, anche officiosi, a lui attribuiti, la fondatezza del diritto fatto valere anche da fatti non specificamente contestati dall'interessato, nonché da elementi altrimenti acquisiti o acquisibili al processo.
Cass. civ. n. 8070/2014
In tema di lavori socialmente utili, la quantificazione del relativo trattamento economico è stabilito direttamente dalla legge, sicché non può trovare applicazione il principio di non contestazione, in quanto espressione del principio dispositivo delle parti, rilevante solo ove non in contrasto con norme imperative di legge.
Cass. civ. n. 13206/2013
L'operatività del principio di non contestazione delle risultanze di un documento prodotto da una delle parti del giudizio presuppone un requisito minimo, costituito dalla necessità che del documento stesso sia pacifica l'esistenza dal punto di vista giuridico. (Nel caso di specie, essendo state prodotte in giudizio fotocopie incomplete, prive di sottoscrizione, di polizze assicurative, delle quali risultava pertanto impossibile verificare la validità, si è escluso che tale produzione documentale fosse idonea a consentire l'operatività del principio di non contestazione).
Cass. civ. n. 8213/2013
Fermo restando che la contestazione deve riguardare i fatti del processo, e non la determinazione della loro dimensione giuridica, la mancata contestazione di un fatto addotto dalla controparte ne rende superflua la prova, conferendogli carattere non controverso, e ciò sia per il sistema delle preclusioni, il quale comporta per le parti l'onere di collaborare al fine di circoscrivere la materia controversa, e sia per il principio di economia, che deve informare il processo, alla stregua dell'art. 111 Cost..
Cass. civ. n. 5363/2012
Nel rito del lavoro, la mancata contestazione di un fatto costitutivo della domanda, ai sensi dell'art. 416, terzo comma, c.p.c., esclude il fatto non contestato dal tema di indagine solo allorché il giudice non sia in grado, in concreto, di accertarne l'esistenza o l'inesistenza, "ex officio", in base alle risultanze ritualmente acquisite.
Cass. civ. n. 1878/2012
Nel rito del lavoro le parti concorrono a delineare la materia controversa, così che mentre la mancata contestazione del fatto costitutivo del diritto lo rende incontroverso, la mancata contestazione dei fatti dedotti in funzione probatoria opera sulla formazione del convincimento del giudice, sempre che tali dati fattuali, interessanti la domanda attrice, siano tutti esplicitati in modo esaustivo in ricorso. Ne consegue che è viziata la decisione con la quale il giudice di merito abbia ritenuto che il resistente avrebbe dovuto contestare non solo i dati di fatto esplicitati ma anche ulteriori circostanze solo implicitamente desumibili dalla pretese formulate e impropriamente definite fatti.
Cass. civ. n. 19405/2011
A norma dell'art. 2969 c.c., la decadenza prevista dall'art. 6 della legge 15 luglio 1966 n. 604 - che impone al lavoratore l'onere dell'impugnativa del licenziamento entro il termine di sessanta giorni - non può essere rilevata d'ufficio, attenendo ad un diritto disponibile, ma necessita di un'eccezione (in senso stretto), che, nel rito del lavoro, deve essere proposta, dalla parte convenuta, nella memoria di costituzione.
Cass. civ. n. 3236/2011
Nel rito del lavoro, la contestazione dei criteri posti a base dei conteggi non equivale a semplice negazione del titolo degli emolumenti pretesi, di per sé non idonea a contestare l'esattezza del calcolo, né integra un comportamento processuale incompatibile con la negazione del fatto, in quanto, al contrario, essa implica, logicamente, l'affermazione della erroneità della quantificazione.
Cass. civ. n. 16337/2009
Nel rito del lavoro, l'omessa indicazione dei documenti probatori nell'atto di costituzione in giudizio, imposta dall'art. 416, terzo comma c.p.c., e l'omesso deposito degli stessi contestualmente a tale atto, determinano la decadenza dal diritto di produrli, salvo che i documenti si siano formati successivamente ovvero la loro produzione sia giustificata dallo sviluppo del processo (art. 420, quinto comma, c.p.c.). Ne consegue che, ove i documenti siano stati prodotti in udienza, il giudice potrà dichiarare la decadenza della parte ovvero, in alternativa, disporre l'ammissione d'ufficio dei documenti medesimi ai sensi dell'art. 421, secondo comma, c.p.c., dovendosi ritenere, in tale ultima ipotesi, che il silenzio della controparte - a cui spetta la facoltà, entro il termine perentorio assegnato dal giudice, di dedurre proprie istanze istruttorie - comporti l'accettazione del provvedimento giudiziale di ammissione.
Cass. civ. n. 10526/2009
In tema di contratto di lavoro a tempo determinato, la deduzione, da parte del datore di lavoro convenuto per l'accertamento della conversione del rapporto a tempo indeterminato a seguito di illegittima apposizione del termine, che il rapporto di lavoro medesimo si è risolto per mutuo consenso, costituisce eccezione in senso proprio e, pertanto, deve essere ritualmente formulata nella memoria di costituzione di cui all'art. 416 c.p.c.
Cass. civ. n. 6969/2009
Nel rito del lavoro, il convenuto ha l'obbligo, sancito a pena di decadenza dall'art. 416, terzo comma, cod. proc. civ., di indicare specificamente nella comparsa di costituzione i mezzi di prova dei quali intende avvalersi e, in particolare, i documenti che deve contestualmente depositare, dovendosi ritenere possibile una successiva produzione, anche in appello, solo se sia giustificata dal tempo della formazione dell'atto ovvero dall'evolversi della vicenda processuale successivamente al ricorso ed alla memoria di costituzione. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell'anzidetto principio, ha ritenuto inammissibile, in quanto tardiva, la produzione del contratto collettivo del 1995, restando irrilevante, attesa la natura formale della decadenza, che nella comparsa di costituzione fosse stato precisato che la fonte collettiva del 1 giugno 2001 fosse solo l'ultima redazione del contratto medesimo).
Cass. civ. n. 6188/2009
Il combinato disposto dell'art. 416, terzo comma, e dell'art. 437, secondo comma, cod. proc. civ., deve essere interpretato nel senso che nel rito del lavoro, applicabile, ai sensi dell'art. 447-bis cod. proc. civ. anche alla controversia locataria, l'omessa indicazione nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, ovvero nella memoria difensiva del convenuto, dei documenti, nonché il loro mancato deposito unitamente a detti atti, anche se in questi espressamente indicati, determinano la decadenza dal diritto alla produzione dei documenti stessi, con impossibilità della sua reviviscenza in un successivo grado di giudizio, evidenziandosi, però, che, in materia, deve comunque tenersi conto del potere istruttorio d'ufficio del giudice di cui all'art. 421 cod. proc. civ. (e, in appello, previsto dall'art. 437, comma secondo cod. proc. civ.), onde la suddetta preclusione (riguardante sia le prove costituende che quelle precostituite) può essere superata solo nel caso in cui il giudice del rito del lavoro, sulla base di un potere discrezionale, non valutabile in sede di legittimità, ritenga tali mezzi di prova, non indicati dalle parti tempestivamente, comunque ammissibili perché rilevanti ed indispensabili ai fini della decisione nel giudizio di secondo grado.
Cass. civ. n. 2690/2009
In tema di tutela delle lavoratrici madri, qualora l'attrice, il cui rapporto di lavoro a tempo determinato sia cessato oltre 60 giorni prima dell'inizio del periodo di astensione obbligatoria e che si trovi disoccupata all'inizio di tale periodo, abbia fatto valere il proprio diritto all'indennità di disoccupazione, allegando il possesso dei requisiti (nella specie, quello contributivo) che legittimano il conseguimento di tale diritto (e quindi di quello all'indennità di maternità, in base all'art. 17, comma terzo, della legge 30 dicembre 1972, n. 1203, ora sostituito dall'art. 24 del d.lgs. 12 marzo 2001, n. 151), la mancata tempestiva contestazione in primo grado della sussistenza dei detti requisiti da parte dell'Ente erogatore ne determina la definitiva acquisizione sul piano probatorio, ai sensi dell'art. 416, terzo comma, cod. proc. civ., rendendone inammissibile la contestazione nelle successive fasi del processo.
Cass. civ. n. 29936/2008
La scelta dell'imprenditore di cessare l'attività costituisce esercizio incensurabile della libertà di impresa garantita dall'art. 41 Cost. e si traduce in una circostanza di fatto che può essere introdotta nel processo senza necessità di rispettare alcun formalismo, richiedendo solo la rituale acquisizione al giudizio. Ne consegue che, ove l'imprenditore sia stato convenuto in giudizio da un dipendente che deduca l'illegittimità del suo licenziamento, la deduzione della sopravvenuta cessazione dell'attività non richiede la proposizione di una domanda riconvenzionale o di una eccezione in senso formale, dovendosi ritenere inapplicabili le regole di cui all'art. 416, comma 2, cod. proc. civ. e all'art. 418 cod. proc. civ.. (Nella specie, relativa ad una ipotesi di licenziamento collettivo di cui era stata accertata l'illegittimità, la S.C., nel rigettare il motivo di ricorso, ha rilevato che, correttamente, il giudice di merito si era limitato ad accogliere la domanda di risarcimento del danno in quanto l'avvenuta cessazione totale dell'attività aziendale costituiva un accadimento - introdotto dalla società nel giudizio di primo grado e risultante dalla documentazione in atti - che rendeva impossibile la reintegrazione).
Cass. civ. n. 8134/2008
Nel processo del lavoro la tardiva costituzione del convenuto comporta la decadenza dalle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio (tra le quali rientra l'eccezione di prescrizione) ai sensi dell'art. 416, comma secondo, c.p.c., norma la cui violazione, ove non rilevata dal giudice di primo grado, deve essere fatta valere dalla parte con l'atto di impugnazione, in mancanza del quale si forma, sul punto, il giudicato implicito, trattandosi di nullità relativa non rilevabile d'ufficio in grado d'appello.
Cass. civ. n. 2631/2008
Nel rapporto di lavoro, tipico contratto a prestazioni corrispettive, ove il lavoratore abbia indicato, insieme ai fatti costitutivi della sua pretesa retributiva, anche il mancato espletamento della propria prestazione, ha pure l'onere di allegare le ragioni giustificatrici del proprio mancato adempimento; ne consegue, inoltre, che l'eccezione di inadempimento sollevata dal datore di lavoro, vertendo su una circostanza pacifica nel giudizio, ha natura di mera deduzione difensiva e non di eccezione in senso proprio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, ritenendo che, correttamente, i giudici di merito avessero valutato, nonostante la tardiva costituzione del convenuto, l'inadempimento del lavoratore che si era rifiutato – come da lui indicato nel ricorso – di svolgere l'attività lavorativa richiesta per un periodo di quasi dieci anni).
Cass. civ. n. 14288/2007
Nelle controversie assoggettate al rito del lavoro, al fine di verificare il rispetto dei termini fissati (per il convenuto in primo grado ai sensi dell'art. 416 c.p.c. e per l'appellato in virtù dell'art. 436 c.p.c.) con riferimento alla «udienza di discussione» non si deve aver riguardo a quella originariamente stabilita dal provvedimento del giudice, ma a quella fissata – ove, eventualmente, sopravvenga – in dipendenza del rinvio d'ufficio della stessa, che concreta una modifica del precedente provvedimento di fissazione, e che venga effettivamente tenuta in sostituzione della prima.
Cass. civ. n. 10098/2007
La non contestazione della domanda, che ha per oggetto i fatti costitutivi della domanda e non quelli dedotti in esclusiva funzione probatoria, scaturisce dalla non negazione fondata sulla volontà della parte oggettivamente risultante e deve essere pertanto inequivocabile, di talché non può ravvisarsi né in caso di contumacia del convenuto, né in ipotesi di contestazione meramente generica e formale. Peraltro la non contestazione del fatto, che è tendenzialmente irreversibile, non determina di per sé la decisione della controversia, dovendo il giudice di merito valutare se il fatto non contestato sia inquadrabile nell'astratto parametro normativo e, prima ancora, stabilire la sussistenza o l'insussistenza di una non contestazione. A tal fine ove il giudice, anche tacitamente, abbia manifestato la propria interpretazione in senso contrario alla non contestazione e, in assenza di ogni deduzione sulla stessa, abbia proceduto all'espletamento incontestato di un mezzo istruttorio in ordine all'accertamento del fatto, la successiva deduzione di parte in ordine all'altrui pregressa contestazione diventa inammissibile. (Nella specie, relativa all'inquadramento di un dipendente delle Ferrovie dello Stato nell'ottavo livello professionale, la S.C. ha rilevato che non si era formata non contestazione in ordine all'espletamento delle mansioni superiori, come tardivamente dedotto in grado di appello, perché in primo grado era stata espletata prova testimoniale in ordine alle mansioni effettivamente svolte).