Art. 417 – Codice di procedura civile – Costituzione e difesa personali delle parti
In primo grado la parte può stare in giudizio personalmente quando il valore della causa non eccede gli euro 129,11[82].
La parte che sta in giudizio personalmente propone la domanda nelle forme di cui all'articolo 414 o si costituisce nelle forme di cui all'articolo 416 con elezione di domicilio nell'ambito del territorio della Repubblica.
Può proporre la domanda anche verbalmente davanti al giudice che ne fa redigere processo verbale.
Il ricorso o il processo verbale con il decreto di fissazione dell'udienza devono essere notificati al convenuto e allo stesso attore a cura della cancelleria entro i termini di cui all'articolo 415.
Alle parti che stanno in giudizio personalmente ogni ulteriore atto o memoria deve essere notificato dalla cancelleria.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 18866/2024
In caso di condanna per il delitto di associazione per delinquere, può essere ordinata, in presenza di adeguato accertamento della pericolosità sociale, una misura di sicurezza personale ex art. 417, cod. pen., posto che il richiamo ivi previsto ai "due articoli precedenti" deve intendersi riferito agli artt. 416 e 416-bis, cod. pen., e non all'art. 416-ter, cod. pen., introdotto successivamente all'art. 417, cod. pen. e che, pertanto, non lo contemplava.
Cass. civ. n. 49935/2023
Ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l'aumento di pena per la recidiva che integri una circostanza aggravante ad effetto speciale non rileva se la stessa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il reato come originariamente contestato.
Cass. civ. n. 48529/2023
In tema di furto di energia elettrica, può ritenersi legittimamente contestata in fatto, e ritenuta in sentenza senza la necessità di una specifica ed espressa formulazione, la circostanza aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., in quanto l'energia elettrica fornita, su cui ricade la condotta di sottrazione, è un bene funzionalmente destinato a un pubblico servizio.
Cass. civ. n. 45836/2023
In tema di associazione di tipo mafioso, l'applicazione della misura di sicurezza prevista, in caso di condanna, dall'art. 417 cod. pen., non richiede l'accertamento in concreto della pericolosità del soggetto, dovendosi ritenere operante una presunzione semplice, desunta dalle caratteristiche del sodalizio criminoso e dalla persistenza nel tempo del vincolo criminale di mutua solidarietà, che può essere superata quando siano acquisiti elementi dai quali si evinca l'assenza di pericolosità in concreto. (In motivazione, la Corte ha aggiunto che tale accertamento dovrà, comunque, essere svolto dal magistrato di sorveglianza al momento dell'esecuzione della misura, tenendo conto degli elementi di cui all'art. 133 cod. pen. e del comportamento del condannato durante e dopo l'espiazione della pena).
Cass. civ. n. 34412/2023
In tema di atti persecutori, ai fini dell'irrevocabilità della querela non è necessario che la gravità delle reiterte minacce sia oggetto di specifica contestazione, non costituendo una circostanza aggravante, ma una modalità di realizzazione della condotta. (In motivazione, la Corte ha precisato che la gravità delle minacce è demandata alla valutazione del giudice e deve essere comunque ricavabile dalla compiuta descrizione della condotta nell'imputazione).
Cass. civ. n. 32569/2023
In tema di libertà vigilata, il combinato disposto di cui agli artt. 230, comma primo, e 417 cod. pen. impone, in caso di condanna per il delitto di cui all'art. 416-bis cod. pen. a pena non inferiore a dieci anni di reclusione, l'applicazione di tale misura per la durata di tre anni, sicché il giudice non è onerato di uno specifico obbligo di motivazione in relazione alla pericolosità sociale del condannato.
Cass. civ. n. 24873/2023
In tema di misure di sicurezza, dopo la modifica introdotta dall'art. 31, comma 2, legge 10 ottobre 1986, n. 633, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata, la loro applicazione, ivi compresa quella prevista dall'art. 417 cod. pen., può essere disposta, anche da parte del giudice della cognizione, soltanto dopo l'espresso positivo scrutinio dell'effettiva pericolosità sociale del condannato, da accertarsi in concreto sulla base degli elementi di cui all'art. 133 cod. pen., globalmente valutati, senza possibilità di far ricorso ad alcuna forma di presunzione giuridica, ancorché qualificata come semplice.
Cass. civ. n. 2875/2023
In tema di misure di sicurezza, a seguito della modifica introdotta dall'art. 31, comma 2, legge 10 ottobre 1986, n. 633, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata, la loro applicazione, ivi compresa quella prevista dall'art. 417 cod. pen., può essere disposta, anche da parte del giudice della cognizione, soltanto dopo l'espresso positivo scrutinio dell'effettiva pericolosità sociale del condannato, da accertarsi in concreto sulla base degli elementi di cui all'art. 133 cod. pen., globalmente valutati, senza possibilità di far ricorso ad alcuna forma di presunzione giuridica, ancorché qualificata come semplice.
Cass. civ. n. 2505/2023
In tema di furto di energia elettrica, può ritenersi legittimamente contestata in fatto e ritenuta in sentenza, senza la necessità di una specifica ed espressa formulazione, la circostanza aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., in quanto l'energia elettrica, su cui ricade la condotta di sottrazione, è un bene funzionalmente destinato a un pubblico servizio. (Nella fattispecie, è stata ritenuta sufficiente l'indicazione, contenuta nel capo di imputazione, del furto di energia elettrica all'Enel, società che, pur se formalmente privata, gestisce su base nazionale, anche se non in forma di monopolio, il servizio pubblico di erogazione dell'energia).
Cass. civ. n. 3385/1986
Al fine di determinare il valore della causa la quantificazione della perdita pecuniaria conseguente ad una sanzione pecuniaria irrogata dal datore di lavoro ad un suo dipendente costituisce criterio del tutto insufficiente allorquando, ponendosi in discussione la legittimità della sanzione stessa e quindi censurandosi il comportamento del datore di lavoro, viene in discussione l'esistenza di un diritto non già limitato alle conseguenze economiche bensì esteso a tutti i riflessi ulteriori, quali la recidiva, la graduazione di successive sanzioni, la preclusione a progressioni di carriera, riflessi questi che, non essendo quantificabili, rendono la causa di valore indeterminabile. Ne discende che in tale evenienza la parte non può stare in giudizio personalmente (ex art. 417 c.p.c.) mancando il presupposto del valore della causa non superiore a lire 250.000.
Cass. civ. n. 1750/1986
Ancorché non menzionato né dall'art. 414 c.p.c. né dall'art. 434 c.p.c. (che prescrivono le indicazioni che deve contenere il ricorso nel giudizio di primo grado e di appello), il rilascio della procura alle liti — previsto dalla disposizione generale di cui all'art. 163 n. 6 c.p.c., applicabile anche nel nuovo rito del lavoro — integra il presupposto per la valida costituzione del rapporto processuale anche secondo il sistema del nuovo processo del lavoro, salvo che (art. 417 c.p.c.) la parte possa stare personalmente in giudizio (in primo grado e quando il valore della causa non ecceda le lire 250.000). Pertanto, costituendo la procura alle liti un requisito essenziale dell'atto di appello, la mancanza di detto requisito comporta l'inesistenza giuridica dell'atto di impugnazione, la quale non può ritenersi sanata dal rilascio della procura da parte dell'appellante in un momento successivo al deposito del ricorso, atteso che nel processo del lavoro non può trovare applicazione — senza determinarsi contrasto con i precetti costituzionali — la disposizione dell'art. 125, comma secondo, c.p.c. — la quale stabilisce che la procura al difensore dell'attore può essere rilasciata in data posteriore alla notifica dell'atto di citazione, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata — realizzandosi la costituzione dell'attore nel giudizio (di primo grado come di secondo grado) mediante il deposito del ricorso in cancelleria.