Art. 604 – Codice di procedura civile – Disposizioni particolari
Il pignoramento e in generale gli atti d'espropriazione si compiono nei confronti del terzo, al quale si applicano tutte le disposizioni relative al debitore, tranne il divieto di cui all'articolo 579 primo comma.
Ogni volta che a norma dei capi precedenti deve essere sentito il debitore, è sentito anche il terzo.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 31850/2024
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 604-ter, comma secondo, cod. pen. per violazione dell'art. 3 Cost., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza o equivalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto all'aggravante di cui al comma primo del citato articolo del codice penale, trattandosi di una scelta legislativa non irragionevole perché diretta ad attribuire particolare disvalore a condotte che conferiscono a determinati soggetti condizioni di inferiorità o indegnità.
Cass. civ. n. 30589/2024
La disposizione di cui all'art. 604, comma 5-bis, cod. proc. pen., come modificato dall'art. 89, comma 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nella parte in cui prevede che la nullità legata alla celebrazione del processo in assenza per difetto dei presupposti di cui all'art. 420 bis, commi 1, 2 e 3, cod. proc. pen. è sanata se non è stata eccepita nell'atto di appello, si applica solo se la dichiarazione di assenza è successiva al 30 dicembre 2022.
Cass. civ. n. 17547/2024
Sussiste l'interesse della parte civile a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che, ritenuta la diversità del fatto accertato rispetto a quello contestato ex art. 521 cod. proc. pen., abbia annullato la decisione di condanna dell'imputato resa in primo grado e abbia ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero, atteso che tale sentenza, pur avendo natura meramente processuale, determina l'eliminazione delle statuizioni in favore della parte civile.
Cass. civ. n. 16153/2024
La condotta, tenuta nel corso di una pubblica riunione, consistente nella risposta alla "chiamata del presente" e nel cosiddetto "saluto romano" integra il delitto previsto dall'art. 5 legge 20 giugno 1952, n. 645, ove, avuto riguardo alle circostanze del caso, sia idonea ad attingere il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII disp. trans. fin. Cost., potendo altresì integrare il delitto, di pericolo presunto, previsto dall'art. 2, comma 1, d.l. 26 aprile 1993, n. 122, convertito dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, ove, tenuto conto del complessivo contesto fattuale, la stessa sia espressiva di manifestazione propria o usuale delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all'art. 604-bis, secondo comma, cod. pen. (già art. 3 legge 13 ottobre 1975, n. 654).
Cass. civ. n. 15141/2024
Il giudice di appello che, nel pronunciarsi a seguito di restituzione degli atti al pubblico ministero ex art. 521 cod. proc. pen., ritiene che l'azione penale, in violazione del divieto processuale di "bis in idem", sia stata esercitata nuovamente per il medesimo fatto è tenuto a disporre l'annullamento della sentenza gravata ai sensi dell'art. 522 cod. proc. pen., con rinvio al giudice di primo grado, privandosi, altrimenti, l'imputato di un grado di merito, che non ha mai avuto svolgimento. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio la decisione del giudice di appello che, invece di annullare la pronunzia gravata, con rinvio al giudice di primo grado, aveva dichiarato non doversi procedere, ritenendo che il pubblico ministero avesse reiterato l'originaria contestazione, per la quale era stata pronunciata l'ordinanza di restituzione a norma dell'art. 521 cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 14636/2024
È inammissibile, per carenza d'interesse, il ricorso per cassazione proposto dall'imputato avverso la sentenza con cui il giudice di appello, ritenuta la sussistenza di un fatto diverso da quello contestato, abbia annullato la decisione di condanna di primo grado e trasmesso gli atti al pubblico ministero, in quanto tale pronuncia non determina alcun pregiudizio per il ricorrente che, a dell'eliminazione della prima decisione, ha ampia e inalterata facoltà di difesa nell'instaurando procedimento per la diversa ipotesi di reato.
Cass. civ. n. 9695/2024
In tema di appello, il giudice del gravame, in forza dei poteri di piena cognizione e valutazione del fatto e conformemente al principio di integrazione tra le sentenze di primo e secondo grado, può integrare la motivazione della sentenza impugnata che non abbia specificato il calcolo effettuato per giungere alla pena finale, trattandosi di lacuna motivazionale che non dà luogo ad alcuna nullità. (Fattispecie in cui il primo giudice non aveva esplicitato la pena base e l'entità della diminuzione su di essa operata per effetto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche).
Cass. civ. n. 1527/2024
La sopravvenuta assenza per legittimo impedimento dell'imputato alla ripresa del collegamento in videoconferenza, precedentemente interrotto, che non consenta allo stesso di assistere alla lettura del dispositivo, non determina la nullità della sentenza, in quanto la lettura del dispositivo è un'attività processuale che accede alla medesima udienza, la quale prosegue senza soluzione di continuità tra la conclusione della discussione e tale adempimento. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che, in ogni caso, la violazione delle norme sulla pubblicazione della sentenza non è assistita dalla previsione di sanzioni processuali).
Cass. civ. n. 1270/2024
La mancanza assoluta di motivazione della sentenza in relazione a un capo d'imputazione non rientra tra i casi, tassativamente previsti dall'art. 604 cod. proc. pen., per i quali il giudice di appello deve dichiarare la nullità della sentenza appellata e trasmettere gli atti al giudice di primo grado, ben potendo lo stesso provvedere, in forza dei poteri di piena cognizione e valutazione del fatto, a redigere, anche integralmente, la motivazione mancante, senza che ciò comporti la privazione per l'imputato di un grado del giudizio.
Cass. civ. n. 31574/2023
È ammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che, avendo ritenuto la ricorrenza di un fatto diverso e più grave rispetto a quello contestato, abbia annullato, ai sensi dell'art. 521 cod. proc. pen., la sentenza assolutoria di primo grado e ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero, sussistendo un concreto interesse dell'imputato ad impugnare in ragione della situazione peggiorativa che consegue alla sentenza di annullamento. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che, per effetto dell'annullamento ex art. 521 cod. proc. pen. della sentenza assolutoria di primo grado, il processo regredisce alla fase delle indagini, nella quale l'imputato è posto, di certo, in condizione di difendersi, circostanza che, tuttavia, non elimina il pregiudizio a lui derivante dall'intervenuta caducazione della prima decisione, a lui favorevole).
Cass. civ. n. 2121/2023
Integra il delitto di associazione per delinquere aggravato dalla circostanza di cui all'art. 604-ter cod. pen. la condotta di chi si associa, attraverso una struttura dotata di organizzazione e stabilità, al fine di commettere condotte penalmente rilevanti con finalità di discriminazione, mentre integra il delitto di cui all'art. 604-bis, comma secondo, cod. pen. la partecipazione ad un organismo, anche privo di un minimo di organizzazione e di stabilità, che sia caratterizzato, quale elemento costitutivo del gruppo, dalla propaganda discriminatoria e dall'istigazione e incitamento a commettere atti discriminatori. (In motivazione la Corte ha escluso l'applicazione del criterio di specialità, in quanto il confronto strutturale tra le due fattispecie astratte e la comparazione degli elementi costitutivi che concorrono a definirle portano a non ravvisare la sussistenza di un rapporto di continenza tra le norme).
Cass. civ. n. 6546/2011
In sede di espropriazione promossa dal creditore contro il terzo proprietario, nei casi e modi di cui agli artt. 602 e seguenti cod. proc. civ., sono parti tanto il terzo assoggettato all'espropriazione, quanto il debitore, per cui, nel giudizio di opposizione all'esecuzione, promosso contro il creditore procedente dal terzo assoggettato all'esecuzione, il debitore, assieme al creditore, assume la veste di legittimo e necessario contraddittore, quale soggetto nei cui confronti l'accertamento della ricorrenza o meno dell'azione esecutiva contro il terzo è destinato a produrre effetti immediati e diretti; ne consegue che le sentenze rese in un giudizio di opposizione all'esecuzione promossa nei confronti di beni del terzo in cui non sia stato evocato in causa anche il debitore necessario sono "inutiliter datae" e tale nullità, ove non rilevata dai giudici di merito, va rilevata d'ufficio dal giudice di legittimità con remissione della causa al giudice di primo grado. Il principio trova applicazione anche nel caso di fallimento del debitore diretto, dovendo la predetta opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. essere, pertanto, promossa altresì contro di questi, in proprio e per l'eventualità che ritorni o sia ritornato "in bonis", allorché il creditore opposto adduca l'insufficienza dei pagamenti conseguiti in sede fallimentare, a fronte del più ampio oggetto del proprio credito rispetto ai limiti della pretesa azionabile verso il curatore e, dall'altro lato, il terzo esecutato opponga il carattere pienamente satisfattivo dei pagamenti conseguiti nella predetta sede. (Cassa con rinvio, App. Torino, 22/02/2005).
Cass. civ. n. 18513/2006
La norma contenuta nell'art. 489, cod. proc. civ., relativa al luogo dove devono essere eseguite le notificazioni e le comunicazioni dell'esecuzione forzata, è posta nell'interesse dei creditori contro i quali sono proposte le opposizioni, e non del debitore. Pertanto, essa è applicabile soltanto alle notificazioni e alle comunicazioni da farsi, nel corso del procedimento esecutivo e nell'ambito di esso, ai creditori pignoranti a quelli intervenuti nel processo medesimo, mentre al contrario alla notificazione delle opposizioni proposte dal debitore, quando la esecuzione sia iniziata, si applicano le norme generali degli artt. 137 e segg. cod. proc. civ., con conseguente nullità dell'opposizione notificata nel domicilio eletto dal creditore a norma dell'art. 480, terzo comma, cod. proc. civ. (Rigetta, Trib. Benevento, 8 Aprile 2002).
Cass. civ. n. 5507/2003
Quando un terzo costituisce una ipoteca su beni propri a garanzia di un debito altrui, il creditore ha diritto di far espropriare il bene ipotecato in caso di inadempimento del debitore, ed ai fini dell'esercizio di tale diritto è tenuto a notificare al terzo datore di ipoteca, oltre che al debitore, sia il titolo esecutivo che il precetto, specificando nel precetto il bene del terzo che si intende eventualmente sottoporre ad esecuzione forzata; ne consegue che va rigettata per difetto di interesse l'opposizione a precetto proposta dal terzo volta a far accertare di non essere obbligato al pagamento della somma indicata nel precetto, se dall'interpretazione del precetto si evince che esso non presuppone l'obbligazione diretta del terzo al pagamento del debito, né l'intenzione del creditore di procedere esecutivamente nei suoi confronti, in caso di mancato pagamento, anche su beni diversi da quelli ipotecati.
Cass. civ. n. 15198/2000
L'art. 604, secondo comma, c.p.c., che stabilisce l'intervento obbligatorio del terzo ogni volta che dev'essere sentito il debitore esecutato, è norma dettata in tema di espropriazione contro il terzo proprietario dal capo VI, titolo II del terzo libro del codice di rito, che non riguarda, perciò, l'espropriazione presso il terzo, il quale non è assoggettato all'esecuzione, ma si presenta come semplice autore e destinatario di attività che si svolgono nel processo esecutivo.
Cass. civ. n. 9885/1994
Nel procedimento esecutivo contro il terzo proprietario (nella specie, datore di ipoteca) si applicano a questo tutte le disposizioni relative al debitore — tranne il divieto di cui all'art. 579, comma 1 — ed il terzo, ai sensi del comma 2 dell'art. 604 c.p.c., deve essere pertanto sentito tutte le volte in cui deve essere sentito il debitore e, come il debitore, deve essere, perciò, convocato anche nell'udienza fissata dal giudice della esecuzione per l'autorizzazione alla vendita dell'immobile (art. 569 c.p.c.); ma, poiché il processo esecutivo non è caratterizzato dal principio del contraddittorio, l'omessa audizione del terzo datore (o del debitore) non è, di per sé, causa di nullità del procedimento ed, essendo solo strumentale per il migliore esercizio della potestà ordinatoria del giudice, può essere, perciò, dedotta solo con l'opposizione agli atti esecutivi contro l'ordinanza di vendita (art. 617 c.p.c.) nei casi in cui su di essa abbia influito, viziandolo.
Cass. civ. n. 4369/1978
Quando oggetto dell'espropriazione immobiliare è un bene gravato da ipoteca per un debito altrui, il titolo esecutivo ed il precetto debbono essere notificati, ai sensi dell'art. 603 c.p.c., sia al terzo proprietario del bene sia al debitore, poiché il secondo è tenuto ad adempiere ed il primo risponde, col bene ipotecato, dell'eventuale inadempimento. Una volta avvertito il debitore dell'imminente espropriazione del bene, però, il pignoramento e gli altri atti esecutivi debbono essere compiuti nei soli confronti del terzo proprietario, unico legittimato passivo all'espropriazione; pertanto, ai sensi dell'art. 604, solo a quest'ultimo dev'essere notificato l'atto di pignoramento.
Cass. civ. n. 2068/1977
La norma di cui all'art. 2929 c.c., la quale stabilisce che le nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita e l'assegnazione non hanno effetti riguardo all'acquirente o all'assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente, si riferisce unicamente ai vizi di forma che comportano la nullità dei singoli atti esecutivi: da questa tipizzazione normativa sono escluse perciò le ipotesi di illegittimità dell'esecuzione per mancanza, nel creditore procedente, del diritto a procedere a esecuzione forzata, o perché l'esecuzione viene esercitata su beni che non sono pignorabili oppure non appartengono al debitore esecutato. Conseguentemente la norma indicata non può trovare applicazione quando, trattandosi di espropriazione di un immobile gravato da ipoteca per un debito altrui, il pignoramento e i successivi atti esecutivi siano compiuti nei confronti del debitore, anziché nei confronti del terzo proprietario dell'immobile, come dispone l'art. 604 c.p.c. poiché in tale ipotesi l'azione esecutiva non è diretta contro il soggetto passivamente legittimato e, perciò, in quanto illegittima, è intrinsecamente e assolutamente inidonea ad attuare la funzione dell'espropriazione forzata, precludendo il trasferimento coatto all'aggiudicatario o all'assegnatario del diritto di proprietà sull'immobile illegittimamente assoggettato all'espropriazione.
Cass. civ. n. 3614/1972
L'inosservanza dell'art. 604 c.p.c. incide sulla concreta efficacia del vincolo esecutivo posto in essere dal creditore procedente, sulla sua intrinseca idoneità ad attuare la funzione dell'esecuzione forzata, sì che l'azione intesa a farla valere non può essere qualificata come opposizione di forma, priva di effetti nei confronti dell'acquirente all'incanto (art. 2929 c.c.), bensì come opposizione di merito con la quale si contesta che passivamente legittimata alla espropriazione sia la parte che in realtà è stata assoggettata all'esecuzione forzata, e pertanto si nega che l'atto conclusivo dell'azione esecutiva promossa possa risultare utiliter datum.