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Art. 570 — Impugnazione del pubblico ministero

Art. 570 — Impugnazione del pubblico ministero

1. Il procuratore della Repubblica il tribunale e il procuratore generale presso la corte di appello possono proporre impugnazione, nei casi stabiliti dalla legge, quali che siano state le conclusioni del rappresentante del pubblico ministero . Salvo quanto previsto dall’articolo 593 bis, comma 2, il procuratore generale può proporre impugnazione nonostante l’impugnazione o l’acquiescenza del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso il provvedimento.

2. L’impugnazione può essere proposta anche dal rappresentante del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni .

3. Il rappresentante del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni e che ne fa richiesta nell’atto di appello può partecipare al successivo grado di giudizio quale sostituto del procuratore generale presso la corte di appello . La partecipazione è disposta dal procuratore generale presso la corte di appello qualora lo ritenga opportuno. Gli avvisi spettano in ogni caso al procuratore generale.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.

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Massime correlate

Cass. pen. n. 24881/2017

In tema di impugnazione, il principio di tassatività soggettiva previsto dall’art. 568, comma terzo, cod. proc. pen. impone di ritenere che, in mancanza di una espressa previsione attributiva, il potere di gravame non può essere esercitato dal vice procuratore onorario che ha presentato le conclusioni in udienza. [In motivazione, la Corte ha precisato che le norme di ordinamento giudiziario in materia di delega non prevedono che sia delegabile anche il potere di impugnazione].

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Cass. pen. n. 14141/2015

La disposizione dell’art. 570, comma terzo, cod. proc. pen., in virtù della quale il rappresentante del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni e che ne fa richiesta nell’atto di appello, può partecipare al successivo grado di giudizio, previo provvedimento autorizzativo del Procuratore Generale della Repubblica, in qualità di sostituto di quest’ultimo, è da considerare eccezionale e, come tale, di stretta interpretazione; di talché il predetto rappresentante del P.M. non è legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello. [Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione del sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale, che aveva impugnato la sentenza emessa dalla Corte d’appello all’esito del giudizio al quale egli aveva partecipato in veste di sostituto del Procuratore Generale della Repubblica].

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Cass. pen. n. 15806/2014

Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello, stante la unitarietà dell’ufficio di procura generale, può proporre impugnazione, nei casi stabiliti dalla legge e quali che siano state le conclusioni del rappresentante del pubblico ministero, anche rispetto ai provvedimenti pronunziati da giudici compresi nella competenza della sezione distaccata della corte stessa e, quindi, anche a quelli della sezione distaccata predetta.

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Cass. pen. n. 1375/2011

La legittimazione a impugnare i provvedimenti adottati dal giudice dell’esecuzione spetta in via esclusiva al P.M. che ha assunto il ruolo di parte nel procedimento, non potendosi riconoscere al P.G. presso la Corte d’appello un potere di surroga assimilabile a quello attribuitogli nel giudizio di cognizione.

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Cass. pen. n. 19613/2006

In tema di impugnazioni, la partecipazione al giudizio di appello da parte del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni nel giudizio di primo grado, quale sostituto del procuratore generale, è legittimamente disposta anche se è mancata la richiesta nell’atto di appello, trattandosi di mera irregolarità.

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Cass. pen. n. 32924/2004

In tema di incompetenza, l’imputato non appellante per carenza di interesse, essendo stato assolto in primo grado, qualora il pubblico ministero impugni la sentenza assolutoria, può riproporre, a norma dell’art. 24, comma primo, c.p.p., l’eccezione di incompetenza per territorio tempestivamente formulata a norma dell’art. 21 dello stesso codice, e, qualora non lo faccia, gli è preclusa la possibilità di ricorrere in cassazione sul punto.

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Cass. pen. n. 20377/2004

Le disposizioni del codice di rito concernenti i termini per la proposizione dell’impugnazione operano anche con riferimento al ricorso per cassazione avverso gli atti abnormi, con la sola eccezione delle ipotesi di gravame proposto nei confronti di quei provvedimenti affetti da un’anomalia genetica così radicale che, determinandone l’inesistenza materiale o giuridica e rendendoli inidonei a passare in giudicato, può essere denunciata in qualsiasi momento. [Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto abnorme, ma non inesistente giuridicamente, l’ordinanza del giudice monocratico che aveva dichiarato la nullità del decreto di citazione a giudizio per genericità del capo di imputazione relativo al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, formulato con mero richiamo alle fatture allegate al processo verbale di constatazione, e pertanto il ricorso per cassazione da parte del procuratore generale era subordinato al rispetto del termine di impugnazione ordinario].

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Cass. pen. n. 45276/2003

Il magistrato applicato, a norma dell’art. 110, comma 1, R.D. 30 gennaio 1941 n. 12 e succ. mod. [c.d. ordinamento giudiziario], alla procura generale della Repubblica presso la corte d’appello, è da considerare incardinato, a tutti gli effetti di legge, per l’intera durata dell’applicazione, in detto ufficio e pertanto, a differenza di quello che abbia solo preso parte al giudizio di appello ai sensi dell’art. 570, comma 3, c.p.p., è legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, a nulla rilevando l’eventuale inosservanza – in quanto sprovvista di grado, a nulla rilevando l’eventuale inosservanza – in quanto sprovvista di sanzione processuale – dei criteri di organizzazione dell’ufficio come stabiliti dalla tabella approvata dal Consiglio Superiore della Magistratura [nella specie, con riferimento all’attribuzione del compito di redigere i motivi di impugnazione delle sentenze di appello].

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Cass. pen. n. 1391/2000

L’interesse del pubblico ministero all’impugnazione attiene alla scelta da compiere dopo avere avuto piena conoscenza del provvedimento di volta in volta considerato e in base a una valutazione complessiva del risultato ottenuto, quali che siano state le conclusioni formulate in udienza dal magistrato impersonante fisicamente l’organo di accusa che, come tale, conserva comunque il potere di contestare l’esattezza della decisione in vista del soddisfacimento di generali esigenze di giustizia. [Fattispecie relativa a proposizione di appello da parte di rappresentante del P.M. dal tenore contrastante con le conclusioni formulate in udienza].

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Cass. pen. n. 943/1999

Il Procuratore Generale presso la Corte d’appello non è legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso provvedimenti emessi in sede di esecuzione, in quanto nel concetto di parte usato nell’art. 570, comma primo, c.p.p. non può comprendersi la procura generale rimasta estranea al procedimento di esecuzione, riferendosi l’espressione usata ai concreti protagonisti della dialettica processuale del procedimento specifico, e non ad altri soggetti rimasti estranei a quella fase processuale.

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Cass. pen. n. 1908/1998

In tema di misure cautelari contro la decisione di riesame di un provvedimento di competenza pretorile è legittimato all’impugnazione il procuratore della Repubblica presso il tribunale del riesame e non quello presso la pretura.

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Cass. pen. n. 3404/1998

Gli artt. 51 e 570 c.p.p., 2 e 70 R.D. 30 gennaio 1941 n. 12 valgono a costituire un sistema per il quale il potere di impugnazione del pubblico ministero è collegato alle funzioni esercitate in via permanente dal giudice che ha emesso il provvedimento da impugnarsi; e le deroghe a tale criterio dettate dagli artt. 570, comma terzo, e 311, comma primo, c.p.p. costituiscono eccezioni non suscettibili di estensione analogica. [Fattispecie relativa a ricorso per cassazione proposto da procuratore distrettuale antimafia avverso decisione della corte d’appello su dichiarazione di ricusazione da lui stesso presentata nei confronti di presidente di corte d’assise; nell’enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso, per carenza di legittimazione del ricorrente, ritenendo del tutto irrilevante la circostanza che l’organo della pubblica accusa fosse parte nel procedimento incidentale instaurato con la dichiarazione di ricusazione e che avesse interesse a veder accolta la dichiarazione stessa].

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Cass. pen. n. 1391/1998

Attesa la limitazione delle funzioni dei vice procuratori onorari a quelle esclusivamente previste dagli artt. 71 e 72 dell’ordinamento giudiziario, da riguardarsi come disposizioni derogatorie rispetto alla disciplina generale in materia di impugnazioni del pubblico ministero, dettata dall’art. 570 c.p.p., deve escludersi che i detti vice procuratori siano legittimati ad impugnare i provvedimenti adottati all’esito delle udienze alle quali essi hanno partecipato.

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Cass. pen. n. 4340/1998

È legittima, in base all’art. 570, comma 3, c.p.p., la partecipazione, previa autorizzazione del procuratore generale, del rappresentante del pubblico ministero che ha partecipato al giudizio di primo grado e al giudizio di appello, anche al giudizio di rinvio dopo l’annullamento della sentenza di appello, in quanto si tratta pur sempre di un giudizio di appello, la partecipazione al quale è sorretta dalla medesima ratio di non disperdere la conoscenza e l’esperienza già acquisite dei fatti di quel processo, senza che a ciò osti il carattere eccezionale della disposizione medesima.

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Cass. pen. n. 6402/1997

La disposizione dell’art. 570, comma terzo, c.p.p., in virtù della quale il rappresentante del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni e che ne fa richiesta nell’atto di appello, può partecipare al successivo grado di giudizio, previo provvedimento autorizzativo del procuratore generale della Repubblica, in qualità di sostituto di quest’ultimo, è da considerare eccezionale e, come tale, di stretta interpretazione. Ne consegue che il predetto rappresentante del P.M. non è legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello. [Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione del sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale, che aveva impugnato la sentenza emessa dalla corte d’appello all’esito del giudizio al quale egli aveva partecipato in veste di sostituto del procuratore generale della Repubblica].

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Cass. pen. n. 5146/1997

Il vice procuratore onorario che abbia svolto funzioni di pubblico ministero nel dibattimento non è tuttavia legittimato a proporre impugnazione avverso la sentenza pronunciata all’esito del dibattimento medesimo.
Il vice procuratore onorario che ha sostenuto l’accusa al dibattimento non è legittimato a proporre impugnazioni. Infatti, l’art. 71 dell’ordinamento giudiziario stabilisce che alle procure della Repubblica presso le preture possano essere addetti vice procuratori onorari; ad essi non sono attribuite tutte le funzioni di carattere generale che competono ai magistrati appartenenti all’ufficio, ma è consentito, in materia penale, l’espletamento delle attività indicate nell’articolo seguente: partecipazione all’udienza dibattimentale e di convalida dell’arresto e del fermo, emissione del decreto penale e di condanna [previa delega del procuratore della Repubblica]. Il legislatore ha avuto cura di inserire nel testo normativo la locuzione «sole funzioni» e l’esplicitazione chiarisce che l’elenco delle specifiche funzioni del vice procuratore onorario è tassativo: tra di esse non è annoverata quella relativa alla proposizione delle impugnazioni.

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Cass. pen. n. 2371/1996

In tema di «patteggiamento» il pubblico ministero che abbia prestato il proprio consenso all’applicazione della pena non può poi dolersi con impugnazione della successiva ratifica dei «fatti» da parte del giudice nemmeno sotto il profilo del difetto di motivazione, avendo implicitamente esonerato il giudice dall’obbligo di rendere conto dei punti non controversi della decisione. Tale principio non può subire deroghe nemmeno per effetto dell’autonomia degli uffici del P.M. nel proporre impugnazione, ai sensi dell’art. 570 c.p.p., quali che siano state le conclusioni del rappresentante del pubblico ministero: invero, l’autonomia va interpretata tenendo conto del principio costituzionale di uguaglianza delle parti nel processo penale, sicché il diritto al riferimento come non è consentito all’imputato così non è consentito al P.M.

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Cass. pen. n. 5579/1996

In forza del principio di impersonalità del pubblico ministero stabilito dall’art. 570 del c.p.p., ed in virtù delle disposizioni contenute in detta norma, deve ritenersi pienamente legittima l’impugnazione proposta dal rappresentante del pubblico ministero che in udienza ha formulato conclusioni conformi a quelle fatte proprie dal giudice che ha emesso la sentenza impugnata.

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Cass. pen. n. 5416/1995

Poiché l’ufficio del procuratore della Repubblica si incarna in tutti suoi componenti, senza che occorra, verso i terzi una delega formale del titolare – e salva ogni responsabilità disciplinare in caso di inosservanza delle direttive – deve ritenersi legittimato ad impugnare la sentenza il sostituto procuratore della Repubblica non espressamente delegato dal capo dell’ufficio.

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Cass. pen. n. 12576/1994

A norma dell’art. 71 R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 sull’ordinamento giudiziario, ai vice procuratori onorari addetti alle Procure della Repubblica presso le Preture circondariali sono attribuite non già le funzioni di carattere generale che competono ai magistrati ordinari appartenenti all’ufficio del pubblico ministero, ma solo quelle indicate nell’art. 72 commi 1 e 3 stesso decreto: partecipazione alle udienze dibattimentali e di convalida dell’arresto o del fermo; richiesta di emissione di decreto penale di condanna. Il potere di proporre impugnazione, pur non essendo espressamente indicato, compete tuttavia al vice procuratore onorario, che ha partecipato all’udienza dibattimentale, in virtù della regola generale dettata dall’art. 570 cpv. c.p.p. in tema di impugnazioni del pubblico ministero che così dispone «l’impugnazione può essere proposta anche dal rappresentante del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni».

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Cass. pen. n. 4753/1994

Poiché la competenza territoriale, funzionale e per materia degli organi del pubblico ministero è di carattere derivato, in quanto connessa a quella del giudice presso il quale essi sono costituiti, il P.M. può esercitare le proprie funzioni solo nei procedimenti che la legge demanda al giudice con il quale è collegato da detto rapporto e, per conseguenza ulteriore, può considerarsi titolare del diritto di impugnazione soltanto avverso i provvedimenti emessi dal «suo» giudice. Ne consegue l’esclusione della legittimazione del P.M. presso la pretura ad impugnare i provvedimenti del tribunale e, in particolare, ad impugnare l’ordinanza emessa dal tribunale, a conclusione del procedimento di riesame, di un provvedimento di sequestro adottato dal Gip della pretura.

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Cass. pen. n. 4425/1994

In tema di impugnazione del pubblico ministero, la legittimazione a proporre ricorso per cassazione avverso le decisioni emesse dal tribunale del riesame spetta, oltre al procuratore generale presso la corte distrettuale, esclusivamente al rappresentante del P.M. presso il detto tribunale.

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Cass. pen. n. 8957/1993

È ammissibile il ricorso proposto da un sostituto procuratore della Repubblica diverso da quello che ha concluso in udienza; l’ufficio della pubblica accusa deve infatti essere considerato impersonale, sicché tutti i componenti, e ciascuno, sono legittimati a svolgere attività nel procedimento; l’eventuale ripartizione di compiti all’interno dell’ufficio o nell’ambito delle deleghe rilasciate e delle direttive impartite dal titolare rimangono fatti interni privi di rilievo all’esterno.

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Cass. pen. n. 2899/1993

Il pubblico ministero che ha rappresentato l’accusa nel giudizio di primo grado può partecipare al successivo grado di giudizio quando il procuratore generale abbia così stabilito, ai sensi del comma terzo dell’art. 570 c.p.p., ma anche in tal caso non è legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la decisione del giudice d’appello.

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Cass. pen. n. 176/1993

Il procuratore generale presso la corte di appello può proporre ricorso per cassazione anche avverso la decisione emessa ex art. 444 c.p.p. sull’accordo tra imputato e pubblico ministero presso il tribunale. Il ricorso del procuratore generale infatti trova la sua fonte di legittimazione nell’art. 111 Cost., mentre d’altro canto, a mente dell’art. 570 comma primo c.p.p., gli è consentito proporre impugnazione anche in caso di acquiescenza del P.M. presso il giudice che ha emesso il provvedimento; facoltà questa che è riconosciuta allo stesso procuratore della Repubblica, quali che siano state le conclusioni del rappresentante del P.M. presso il detto giudice.

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Cass. pen. n. 11353/1992

Ferma la nozione di interesse all’impugnazione, ai sensi dell’art. 568, quarto comma, c.p.p., è da escludere una sua personalizzazione nei confronti del pubblico ministero – ufficio tipicamente impersonale – nel senso di un interesse proprio della persona [soggetto fisico] che tale ufficio ha rappresentato nel procedimento e nel dibattimento, presentandovi le conclusioni: l’interesse non può che essere riferito all’ufficio, nella sua interezza, e semmai alla persona del suo capo, che può agire personalmente o per mezzo dei sostituti, ognuno dei quali deriva la propria legittimazione dall’appartenenza all’ufficio e dalla designazione da parte del capo, che mantiene la sua validità per l’intero procedimento, salva eventuale revoca. Sicché la distinzione fra interesse personale del rappresentante del pubblico ministero nell’udienza ed interesse personale del capo dell’ufficio, che singolarmente deriverebbero dal primo e secondo comma, dell’art. 570, c.p.p., è del tutto erronea, unico essendo l’interesse all’impugnazione, inevitabilmente riferito all’ufficio ed alle determinazioni del suo capo. In tale prospettiva, il secondo comma, dell’art. 570 deve essere letto come accrescitivo, e non limitativo, dei poteri del rappresentante del P.M. che abbia presentato le conclusioni, conferendogli una propria legittimazione [e non un interesse personale] all’impugnazione, che, resta dilatata ad ogni possibile soluzione e non vincolata dalle conclusioni assunte.

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