Art. 586 – Codice di procedura penale – Impugnazione di ordinanze emesse nel dibattimento
1. Quando non è diversamente stabilito dalla legge, l'impugnazione contro le ordinanze emesse nel corso degli atti preliminari ovvero nel dibattimento può essere proposta, a pena di inammissibilità, soltanto con l'impugnazione contro la sentenza. L'impugnazione è tuttavia ammissibile anche se la sentenza è impugnata soltanto per connessione con l'ordinanza.
2. L'impugnazione dell'ordinanza è giudicata congiuntamente a quella contro la sentenza, salvo che la legge disponga altrimenti.
3. Contro le ordinanze in materia di libertà personale è ammessa l'impugnazione immediata, indipendentemente dall'impugnazione contro la sentenza.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 32249/2024
In applicazione del principio del "favor rei", può continuarsi ad applicare la norma penale di favore dichiarata incostituzionale ai soli fatti commessi durante la sua apparente vigenza, ma non a quelli perpetrati nel vigore di una disciplina pregressa, dovendosi escludere che la declaratoria di illegittimità costituzionale possa determinare un trattamento più favorevole anche con riferimento ai fatti posti in essere sotto la vigenza della legge penale precedente, maggiormente severa. (Fattispecie in tema di commercio clandestino di sostanze anabolizzanti, avvenuto nella vigenza del disposto, meno favorevole, di cui dell'art. 9, comma 7, legge 14 dicembre 2000, n. 376, che precedette l'entrata in vigore dell'art. 586-bis cod. pen., il cui comma 7 è stato dichiarato incostituzionale da Corte cost. n. 105 del 2022, limitatamente alle parole «al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti»).
Cass. civ. n. 19548/2024
Gli atti di polizia giudiziaria, in quanto privi di natura giurisdizionale, non possono qualificarsi come provvedimenti abnormi, né sono impugnabili con ricorso per cassazione. (In applicazione del principio, la Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti avverso il verbale di sequestro preventivo e di restituzione redatto dalla polizia giudiziaria, evidenziando l'esistenza di altri strumenti a tutela della parte incisa, quali l'istanza di revoca al pubblico ministero e, in caso di parere negativo di questi, al giudice che procede, ex art. 321, comma 3, cod. proc. pen., nonché le impugnazioni incidentali, ex artt. 322 e ss., cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 15655/2024
La legittimazione a proporre querela per il reato, previsto dall'art. 388, comma quinto, cod. pen., di sottrazione di beni pignorati o sequestrati, posto in essere dal proprietario-custode, spetta sia all'aggiudicatario, in quanto leso nel diritto di conseguire il bene, sia al creditore pignorante, il quale, pur se soddisfatto dal conseguito prezzo della vendita, resta esposto alle azioni dell'aggiudicatario che dovesse impugnare l'aggiudicazione per inadempimento degli obblighi di custodia. (Fattispecie relativa ad asportazione di beni di pertinenza dell'immobile pignorato, in violazione dell'obbligo, gravante sull'esecutato, di custodire il compendio nella sua integrità).
Cass. civ. n. 9426/2024
In tema di impugnazioni, il disposto di cui all'art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non è applicabile al giudizio di cassazione, nel caso in cui formi oggetto del gravame l'ordinanza dichiarativa dell'assenza dell'imputato. (In motivazione, la Corte ha precisato che gli oneri di allegazione previsti, a pena d'inammissibilità, dalla norma non operano per l'impugnazione avverso le ordinanze, pur se impugnate unitamente alla sentenza, ex art. 586 cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 3887/2024
Il "prezzo giusto" - rilevante, ex art. 586 c.p.c., ai fini del potere di sospensione della vendita - è quello ottenuto all'esito di una sequenza procedimentale della fase liquidatoria svolta in maniera conforme alle regole che la presidiano (cioè, in assenza di fattori devianti o interferenze illegittime incidenti sulla formazione del prezzo), con la conseguenza che esso non si identifica con il valore di mercato del bene, a cui fa, invece, riferimento l'art. 108 l. fall., dovendo, peraltro, escludersi un'applicazione analogica di quest'ultima norma in ragione della disomogeneità strutturale della fase liquidativa delle due tipologie di procedure, derivante da una diversità di disciplina costituente legittima manifestazione della discrezionalità del legislatore, con conseguente manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del menzionato art. 586 c.p.c.
Cass. civ. n. 1937/2024
In tema di impugnazioni, gli oneri formali previsti a pena di inammissibilità dall'art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., come novellato dall'art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, si applicano anche al ricorso per cassazione che contesti la legittimità dell'ordinanza dichiarativa dell'assenza dell'imputato.
Cass. civ. n. 49291/2023
Non sono immediatamente ricorribili per abnormità i provvedimenti in relazione ai quali l'ordinamento prevede un potere impugnatorio specifico, benché differito. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non ricorribile in via autonoma ed immediata l'ordinanza di rigetto della richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale formulata a seguito del mutamento del giudice, che, ai sensi dell'art. 586 cod. proc. pen., può essere impugnata solo unitamente alla sentenza).
Cass. civ. n. 43960/2023
In tema di pene sostitutive delle pene detentive brevi, il provvedimento emesso all'esito dell'udienza fissata ai sensi dell'art. 545-bis cod. proc. pen., con cui si decide sulla richiesta di sostituzione della pena detentiva con una delle pene sostitutive, non è impugnabile autonomamente rispetto alla sentenza che definisce il giudizio.
Cass. civ. n. 43848/2023
In tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi, il difensore che, nelle conclusioni o con richiesta formulata subito dopo la lettura del dispositivo, non abbia sollecitato l'esercizio, da parte del giudice, dei poteri di sostituzione delle pene detentive di cui all'art. 545-bis cod. proc. pen. non può, in sede di impugnazione, dolersi del fatto che non gli sia stato dato l'avviso previsto dal comma 1 di tale disposizione.
Cass. civ. n. 41553/2023
Non è ricorribile per cassazione l'ordinanza di rigetto, pronunciata dalla Corte di appello, della concorde richiesta delle parti di accoglimento dei motivi di gravame ex art. 599-bis, comma 3-bis, cod. proc. pen., in quanto tale rimedio, per il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, non è applicabile a provvedimenti diversi dalle sentenze o dalle ordinanze in materia di libertà personale.
Cass. civ. n. 38450/2023
Il reato di lesione come conseguenza di altro delitto è punibile a querela della persona offesa, atteso che il richiamo operato dall'art. 586 cod. pen. alle disposizioni dell'art. 590 cod. pen. non può intendersi effettuato soltanto "quoad poenam".
Cass. civ. n. 31547/2023
In tema d'espropriazione forzata, le condizioni di vendita fissate dal giudice dell'esecuzione, anche con eventuali modalità di pubblicità ulteriori rispetto a quelle minime ex art. 490 c.p.c., devono essere rigorosamente rispettate a garanzia dell'uguaglianza e parità tra tutti i potenziali partecipanti alla gara, nonché dell'affidamento di ciascuno di essi nella trasparenza e legalità della procedura; pertanto, la loro violazione comporta l'illegittimità dell'aggiudicazione, che può essere fatta valere da tutti i soggetti del processo esecutivo, incluso il debitore. (Nella specie, la S.C., rilevata la violazione delle puntuali ed analitiche prescrizioni in tema di pubblicità impartite dal professionista delegato, investito dal giudice dell'esecuzione della scelta delle forme pubblicitarie più utili allo scopo, decidendo nel merito, ha accolto l'opposizione agli atti esecutivi e annullato il decreto di trasferimento).
Cass. civ. n. 30941/2023
In tema di espropriazione immobiliare, non incide sulla validità dell'ordinanza di vendita la circostanza che il prezzo base sia stato fissato con riferimento ad una stima effettuata da un esperto, verosimilmente inferiore al valore effettivo di mercato, trattandosi di un dato indicativo, che non pregiudica l'esito della vendita e la realizzazione del giusto prezzo attraverso la gara tra più offerenti.
Cass. civ. n. 28221/2023
In tema di successione mortis causa, è inefficace la disposizione testamentaria a favore di successibili non identificabili, in quanto essa consentirebbe al testatore di porre, incondizionatamente e senza limitazioni di tempo, un vincolo alla destinazione e alla circolazione dei beni, in contrasto con le esigenze di ordine pubblico. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la devoluzione allo Stato dell'eredità, dal momento che il ricorrente era figlio di un parente della disponente non ancora in vita al momento dell'apertura della successione).
Cass. civ. n. 26824/2023
In tema di espropriazione immobiliare, il termine per proporre opposizione agli atti esecutivi avverso il provvedimento del giudice dell'esecuzione che, su richiesta dell'aggiudicatario, abbia prorogato il termine per il versamento del prezzo decorre dall'adozione del provvedimento stesso ovvero dal rigetto dell'istanza per la sua revoca e non dall'emissione del decreto di trasferimento, in quanto non può essere invocata la nullità dell'atto susseguente se non è stato fatto valere il vizio dell'atto presupposto, salvo che l'opponente abbia incolpevolmente ignorato l'esistenza di quest'ultimo.
Cass. civ. n. 25278/2023
In caso di eccezione di incompetenza per territorio formulata dalla difesa dinanzi al giudice dell'udienza preliminare, non è abnorme il decreto che dispone il giudizio emesso da quest'ultimo senza motivare in ordine al rigetto di tale eccezione, posto che il provvedimento non è reso in difetto di potere, né determina una stasi del procedimento, sicché è inammissibile il ricorso per cassazione proposto nei suoi confronti, potendolosi impugnare eventualmente in via differita, in uno alla sentenza, ai sensi dell'art. 586 cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 24913/2023
Il potere di sospendere la vendita, attribuito dall'art. 586 c.p.c. (nel testo novellato dall'art. 19-bis della l. n. 203 del 1991) al giudice dell'esecuzione dopo l'aggiudicazione, in ragione del fatto che il prezzo offerto è notevolmente inferiore a quello giusto, può essere esercitato allorquando: a) si verifichino fatti nuovi successivi all'aggiudicazione; b) emerga che nel procedimento di vendita si siano verificate interferenze illecite di natura criminale che abbiano influenzato il procedimento, ivi compresa la stima stessa; c) il prezzo fissato nella stima posta a base della vendita sia stato frutto di dolo scoperto dopo l'aggiudicazione; d) vengano prospettati, da una parte del processo esecutivo, fatti o elementi che essa sola conosceva anteriormente all'aggiudicazione, non conosciuti né conoscibili dalle altre parti prima di essa, purché costoro li facciano propri, adducendo tale tardiva acquisizione di conoscenza come sola ragione giustificativa per l'esercizio del potere del giudice dell'esecuzione.
Cass. civ. n. 24037/2023
L'attuazione coattiva dell'ingiunzione, contenuta nel decreto di trasferimento, al debitore o al custode di rilasciare all'aggiudicatario l'immobile espropriato va svolta nelle forme dell'esecuzione per rilascio di cui agli artt. 605 e ss. c.p.c., senza che rilevi la presenza di ostacoli materiali impeditivi dell'accesso all'immobile, trattandosi di "difficoltà" superabili mediante l'adozione dei provvedimenti temporanei previsti dall'art. 610 c.p.c..
Cass. civ. n. 16336/2023
In materia di esecuzione forzata, il decreto ex art. 586 c.p.c. che - nel trasferire la proprietà del bene pignorato all'aggiudicatario e in ossequio al "favor" di cui questo gode - individui l'immobile con dati catastali aggiornati, ma diversi rispetto a quelli indicati nell'atto di pignoramento e nell'avviso di vendita, non è viziato, a condizione che non vi sia alcuna incertezza sulla identità fisica tra i cespiti trasferiti e quelli oggetto dell'espropriazione.
Cass. civ. n. 4797/2023
In tema di espropriazione immobiliare, il termine per proporre opposizione agli atti esecutivi avverso il decreto di trasferimento immobiliare decorre dal giorno in cui il soggetto interessato abbia acquisito conoscenza legale o di fatto di tale decreto, oppure di altro provvedimento che ne presuppone, necessariamente, l'emanazione; l'opposizione va comunque proposta entro il limite massimo dell'esaurimento della fase satisfattiva dell'espropriazione forzata costituito dalla definitiva approvazione del progetto di distribuzione.
Cass. civ. n. 4564/2023
L'elemento soggettivo del delitto di omicidio preterintenzionale non è costituito da dolo e responsabilità oggettiva, né dal dolo misto a colpa, ma unicamente dal dolo di percosse o lesioni, in quanto la disposizione di cui all'art. 43 cod. pen. assorbe la prevedibilità di evento più grave nell'intenzione di risultato. (In motivazione la Corte ha sottolineato che, quanto all'elemento psicologico, il delitto di omicidio preterintenzionale si differenzia da quello previsto dall'art. 586 cod. pen. nel quale l'attività del colpevole è diretta a realizzare un delitto doloso diverso dalle percosse o dalle lesioni personali).
Cass. civ. n. 4447/2023
In tema di espropriazione immobiliare, il termine per il versamento delle spese dovute per il trasferimento del bene ha natura sostanziale e non processuale e la sua inosservanza non determina - sempre che il giudice non abbia opportunamente previsto (fin dall'ordinanza vendita e con menzione nel relativo avviso) la prioritaria imputazione ad accessori e spese dei versamenti via via eseguiti (anche su conti diversi) dall'aggiudicatario - la decadenza ex art. 587 c.p.c. (norma riguardante esclusivamente il prezzo); tuttavia, l'omesso versamento impedisce l'adozione del decreto ex art. 586 c.p.c. e consente al giudice dell'esecuzione di adottare, senza rigidi automatismi, le iniziative più opportune in relazione alle peculiarità della fattispecie, non escluso, in caso di persistente ed ingiustificato inadempimento, l'estremo rimedio della revoca della aggiudicazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato il rigetto dell'opposizione agli atti esecutivi proposta avverso il decreto di trasferimento e basata sul presupposto del mancato versamento, da parte dell'aggiudicatario e nel termine indicato nell'ordinanza di delega, del saldo del prezzo comprensivo delle spese per il trasferimento del bene, le quali, invece, erano state depositate al professionista delegato, seppure dopo la scadenza).
Cass. civ. n. 3746/2023
Il creditore che agisca esecutivamente su un bene acquistato dal debitore con riserva della proprietà è tenuto a provare l'avvenuto pagamento del prezzo, al quale soltanto è subordinato l'effetto traslativo; in mancanza, il giudice dell'esecuzione, a fronte dell'evidenza del titolo e della relativa opponibilità, deve rilevare anche d'ufficio l'assenza della titolarità dominicale che legittima la vendita in danno del debitore. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva revocato l'aggiudicazione del bene oggetto di vendita forzata, siccome gravato da patto di riservato dominio trascritto anteriormente alla trascrizione del pignoramento).
Cass. civ. n. 1647/2023
Nell'esecuzione forzata su immobili, l'art. 586 c.p.c. non prescrive la comunicazione del decreto di trasferimento. (In applicazione del principio, la S.C. ha escluso che il decreto di trasferimento, emesso nei confronti dell'esecutato e comunicato agli eredi di questo, dovesse essere comunicato agli eredi del comproprietario dell'immobile pignorato).
Cass. civ. n. 1639/2023
In tema di espropriazione immobiliare, l'esercizio del potere di sospensione della vendita, previsto dall'art. 586 c.p.c., può essere esercitato solo in presenza di fatti sopravvenuti all'aggiudicazione, non precedentemente conosciuti o conoscibili da parte del giudice, oppure in presenza di un'invalidità del procedimento di vendita tale da determinare l'accoglimento di un'offerta non corrispondente al giusto prezzo (quello che la regolare sequenza procedimentale avrebbe consentito di conseguire), non già per sanare ripensamenti o distrazioni, restando altrimenti vulnerati sia la certezza del diritto e la speditezza dell'esecuzione, sia l'affidamento dell'aggiudicatario negli atti e nelle attività della procedura. (Nella specie la S.C., in accoglimento dell'opposizione proposta dall'aggiudicatario, ha annullato l'ordinanza di revoca dell'aggiudicazione, non costituendo "fatto nuovo", nel senso sopra indicato, la circostanza che il giudice dell'esecuzione si fosse tardivamente avveduto che il prezzo-base era stato fissato senza considerare la giurisprudenza di legittimità sull'inopponibilità ai creditori ipotecari del sopravvenuto provvedimento di assegnazione della casa familiare).
Cass. civ. n. 1455/2023
Il giudice di appello che dispone la rinnovazione istruttoria, sia che proceda su sollecitazione di parte ex art. 603, comma 1, cod. proc. pen., sia che provveda d'ufficio ex art. 603, comma 3, cod. proc. pen., può motivare implicitamente, all'atto dell'adozione della relativa ordinanza, di natura istruttoria, in ordine alle ragioni che la rendono necessaria, sviluppando il processo argomentativo in sentenza, posto che ciò risulta coerente con la previsione dell'art. 586 cod. proc. pen., in forza del quale l'impugnazione avverso le ordinanze emesse nel corso del dibattimento può essere proposta solo con l'impugnazione della sentenza.
Cass. civ. n. 890/2023
Ai fini della configurabilità del delitto di omicidio preterintenzionale, è necessario che il soggetto agente abbia posto in essere atti diretti a percuotere o ledere e che esista un rapporto di causa ed effetto tra gli atti predetti e l'evento letale, senza che sia necessario che la serie causale produttiva della morte costituisca lo sviluppo immediato e diretto dello stesso evento di percosse o di lesioni voluto. (Fattispecie relativa a rapina in danno di un'anziana donna, immobilizzata ed imbavagliata, in cui la morte della predetta era sopraggiunta per insufficienza cardiaca acuta, ritenuta conseguenza indiretta della descritta azione violenta).
Cass. pen. n. 33216/2016
L'ordinanza di rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova non è immediatamente impugnabile, ma è appellabile unitamente alla sentenza di primo grado, ai sensi dell'art. 586 cod. proc. pen., in quanto l'art. 464-quater, comma settimo, cod. proc. pen., nel prevedere il ricorso per cassazione, si riferisce unicamente al provvedimento con cui il giudice, in accoglimento della richiesta dell'imputato, abbia disposto la sospensione del procedimento con la messa alla prova.
Cass. pen. n. 18779/2015
È immediatamente impugnabile davanti al tribunale della libertà, ai sensi dell'art. 586, comma terzo, c.p.p., l'ordinanza con cui il giudice, contestualmente alla sentenza di condanna a pena condizionalmente sospesa, dichiara la cessazione della efficacia della misura cautelare personale.
Cass. pen. n. 4/2001
È legittima l'ordinanza con la quale il giudice, nel rinviare a udienza fissa la prosecuzione del processo, pone a carico del pubblico ministero l'onere di curare la rinnovata citazione dei testimoni non comparsi inseriti nella sua lista, in quanto tale citazione, anche quando risulti già instaurato il dibattimento, resta atto della parte che abbia ottenuto l'autorizzazione a provvedervi, salvo che non si versi nelle ipotesi, esplicitamente previste, di ammissione della prova ex officio o di accompagnamento coattivo disposti dal giudice, nel qual caso essa non costituisce più atto di parte, ma oggetto di adempimento d'ufficio del giudice stesso, secondo la disciplina di cui all'art. 142, comma 4, att. c.p.p. Ne discende che, non potendo essere considerata in alcun caso atto abnorme, la predetta ordinanza non è impugnabile autonomamente, ma solo congiuntamente alla sentenza, a norma dell'art. 586 c.p.p., e che, conseguentemente, il ricorso per cassazione proposto direttamente avverso di essa è inammissibile. (Nella specie il ricorso per cassazione era stato proposto dal rappresentante del P.M. contro il provvedimento giudiziale che lo aveva onerato della nuova citazione dei testimoni non comparsi da lui indicati, deducendone l'abnormità sotto il duplice profilo dell'anomala regressione e dell'irrimediabile stasi che esso avrebbe determinato nel processo).
Cass. pen. n. 1453/2000
È autonomamente ed immediatamente impugnabile con il ricorso per cassazione l'ordinanza con la quale la corte d'appello, nel corso dell'udienza e prima dell'apertura del dibattimento di secondo grado, abbia dichiarato l'inammissibilità dell'impugnazione del pubblico ministero e della parte civile disponendo procedersi oltre nel dibattimento; ed invero in tal caso, costituendo la predetta ordinanza provvedimento conclusivo — idoneo a produrre l'effetto del giudicato — della fase promossa con il gravame e preclusivo di ulteriori attività processuali che a tale fase possano riferirsi, non può trovare applicazione il disposto del comma 1 dell'art. 586 c.p.p. secondo cui, quando non è diversamente stabilito, l'impugnazione contro le ordinanze emesse nel corso degli atti preliminari ovvero del dibattimento può essere proposta soltanto con il gravame contro la sentenza.
Cass. pen. n. 250/2000
Non è autonomamente impugnabile un'ordinanza dibattimentale meramente confermativa di precedente ordinanza che non sia stata impugnata nei termini, giacché verrebbe elusa, in caso contrario, la disciplina della perentorietà dei termini dell'impugnazione. (Nella specie si trattava di ordinanza di rigetto della richiesta di revoca di precedenti ordinanze — formulata dal procuratore generale — con le quali il tribunale prescriveva al medesimo procuratore generale, che aveva esercitato il potere di avocazione, di presenziare al dibattimento).
Cass. pen. n. 679/2000
L'ordinanza con la quale il giudice del dibattimento rigetta la richiesta di restituzione delle cose sequestrate è impugnabile solo congiuntamente alla sentenza che definisce il giudizio.
Cass. pen. n. 50/2000
Il riconoscimento da parte dell'ordinamento di un potere impugnatorio specifico, benché differito, esclude la possibilità di impugnare immediatamente il provvedimento come abnorme. (Fattispecie relativa ad ordinanza dibattimentale di sospensione della prescrizione adottata fuori delle ipotesi consentite — nei confronti di imputato a piede libero — che la Corte ha ritenuto ricorribile ex art. 586 c.p.p. soltanto unitamente alla sentenza).
Cass. pen. n. 7241/1999
Le ordinanze che ammettono o escludono la parte civile non sono impugnabili, giacché la costituzione di parte civile, una volta ammessa, non è più contestabile nei gradi successivi di giudizio, avendo il vigente codice di rito accolto, con la formulazione dell'art. 586 n. 1, il principio della tassatività dei mezzi di impugnazione, né prevedendo alcuna disposizione l'impugnazione autonoma o congiunta con la sentenza di dette ordinanze, stante il riferimento di detta norma alle sole ordinanze funzionali alla decisione e non a quelle meramente ricognitive della legittimità delle parti private portatrici di interessi civili.
Cass. pen. n. 6910/1999
L'art. 586 c.p.p., prevedendo l'impugnabilità delle ordinanze emesse nel corso degli atti preliminari ovvero nel dibattimento con l'impugnazione avverso la sentenza, si applica anche alle ordinanze che ammettono o escludono la parte civile.
Cass. pen. n. 1557/1996
Ai sensi dell'art. 586, comma 1, c.p.p., può essere impugnata, unitamente alla sentenza, da parte dell'imputato, l'ordinanza che in limine litis, abbia deciso negativamente sulla proposta eccezione di inammissibilità della costituzione di parte civile.
Cass. pen. n. 11854/1995
Qualora il giudice del dibattimento abbia, con ordinanza, respinto la richiesta di disporre la riunione fra più procedimenti, ritenendo non configurabile il prospettato vincolo della continuazione tra i reati che ne formano oggetto, la successiva sentenza di merito non può essere validamente impugnata con ricorso per cassazione, sotto il profilo del mancato riconoscimento del suddetto vincolo, atteso che, da un lato, i provvedimenti che dispongono o negano la riunione di procedimenti, siccome meramente ordinatori, sono sottratti ad ogni forma di gravame, dall'altro l'invocata continuazione può comunque essere chiesta in sede esecutiva, ai sensi dell'art. 671 c.p.p., non ostandovi — per il suo carattere meramente incidentale — la suddetta pronuncia del giudice di cognizione, il quale, proprio per non aver disposto la riunione, non ha potuto giudicare, ex professo, della sussistenza o meno della unicità del disegno criminoso, ma si è limitato ad una mera delibazione.
Cass. pen. n. 10296/1993
L'art. 591, primo comma, lettera c) c.p.p. che commina la sanzione dell'inammissibilità dell'impugnazione per l'inosservanza delle disposizioni di cui all'art. 581 c.p.p. - norma, questa, che postula, tra l'altro, l'indicazione del provvedimento impugnato - deve esser letto non isolatamente, bensì nel contesto normativo complessivo concernente le impugnazioni, che denota la scelta legislativa del favor impugnationis. Ne discende che, poiché il nuovo codice non distingue più tra dichiarazione di impugnazione e motivi, compendiando il tutto in un unico atto, e poiché non si rende necessaria una formale dichiarazione contenente l'analitica indicazione degli elementi specificati dal richiamato art. 581, dovendosi dare prevalenza all'espressione di volontà della parte di impugnare ed alla possibilità di individuare, comunque, il provvedimento che si è inteso impugnare, non può essere ritenuto motivo di inammissibilità dell'impugnazione avverso un'ordinanza dibattimentale la circostanza che nell'atto unico di impugnazione proposto contro la sentenza manchi l'espressa dichiarazione di impugnazione anche dell'ordinanza, quando nello stesso venga denunciata l'illegittimità di questa, con esposizione delle relative ragioni. (Fattispecie relativa ad ordinanza dichiarativa della contumacia).
Cass. pen. n. 387/1993
L'ordinanza camerale assunta ex art. 600 comma secondo c.p.p. (che ricalca l'art. 589 bis vecchio codice di rito), conseguita ad apposita istanza di revoca o sospensione della provvisoria esecuzione della provvisionale, nella fase degli atti preliminari al dibattimento d'appello, seppure autonoma rispetto al profilo penale, è da un lato strutturalmente collegata al merito della vicenda (ancora sub iudice) e dall'altro ha natura meramente interlocutoria, potendo essere modificata nel corso dell'appello. Ne consegue che per il principio di cui all'art. 586/1 c.p.p., tale tipo di ordinanza va impugnata unitamente alla sentenza d'appello e per il principio della tassatività delle impugnazioni ex art. 568 stesso codice non è ricorribile autonomamente in cassazione.
Cass. pen. n. 11650/1992
I provvedimenti in tema di sospensione del processo per la messa alla prova dell'imputato minorenne sono autonomamente ricorribili per Cassazione, sia che accolgano, sia che respingano la relativa richiesta. A tale conclusione inducono tanto il tenore dell'art. 28 del D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, quanto la ratio dell'istituto, che è quella di limitare al massimo il contatto tra il minorenne ed il sistema processuale penale, riducendo allo stretto necessario l'intervento giurisdizionale.
Cass. pen. n. 11353/1992
Una volta stabilita la non impugnabilità autonoma delle ordinanze dibattimentali, rispetto alle quali una parte sia rimasta soccombente, non può negarsi il suo interesse ad impugnarle, coattivamente con impugnazione anche della sentenza, indipendentemente dalle conclusioni finali formulate, che da quelle ordinanze siano state direttamente influenzate. (Nella specie, relativa ad annullamento di statuizione di inammissibilità dell'appello del P.M. fondata sul difetto di interesse del proponente, la Suprema Corte ha ritenuto la sussistenza «dell'indubbio interesse ad appellare, che doveva essere riconosciuto al P.M. d'udienza, bensì indottosi alla conclusiva richiesta di assoluzione degli imputati, nei cui confronti l'appello fu poi proposto, ma soltanto per effetto della reiezione — da parte della corte d'assise — di istanze dibattimentali dirette all'introduzione nella stessa sede di prove nuove a sostegno dell'accusa: di guisa che allo stesso organo non rimaneva altra forma di protesta, avverso le relative decisioni, che l'impugnazione congiunta a quella della sentenza, ai sensi dell'art. 586 c.p.p.»).
Cass. pen. n. 3107/1992
L'ordinanza con la quale il tribunale per i minorenni rigetta l'istanza di messa alla prova dell'imputato con contestuale sospensione del procedimento ai sensi dell'art. 28 d.p.r. 22 settembre 1988, n. 448 non è impugnabile autonomamente, ma solo congiuntamente alla sentenza che definisce il giudizio.
Cass. pen. n. 6316/1992
È inammissibile il ricorso per cassazione proposto contro la sentenza, quando il ricorrente si limiti a denunciare l'illegittimità dell'ordinanza che lo ha dichiarato contumace, in quanto, a norma dell'art. 586, comma 1, c.p.p., l'impugnazione avrebbe dovuto essere proposta contro entrambi i provvedimenti. Non ha rilievo che il citato art. 586 non ripeta la formula dell'art. 200 comma 3 c.p.p. abrogato, in base alla quale con la dichiarazione di impugnazione doveva essere impugnata, a pena di inammissibilità, tanto la sentenza quanto l'ordinanza; infatti quest'ultima norma trovava la sua ratio nella considerazione che il diritto di impugnazione veniva esercitato in due distinti momenti (dichiarazione e presentazione dei motivi), mentre avendo il nuovo codice di procedura penale concentrato il gravame in un unico atto, si spiega l'eliminazione della suddetta disposizione. Inoltre, la conferma della necessità della impugnazione specifica delle ordinanze emesse nel corso degli atti preliminari o nel dibattimento è data dal contenuto dell'art. 586 c.p.p. 1988 che reca nel titolo appunto «impugnazioni di ordinanze emesse nel dibattimento» ed anche dai principi generali sanciti dall'art. 581 c.p.p., il quale stabilisce che «l'impugnazione si propone con atto scritto nel quale sono indicati il provvedimento impugnato, la data del medesimo, il giudice che lo ha emesso».
Cass. pen. n. 4821/1992
Nel caso in cui i motivi prospettati dal ricorrente riguardino esclusivamente la dichiarazione di contumacia e non anche la sentenza di applicazione della pena richiesta, pure impugnata, la Corte di cassazione si trova di fronte non già a due distinti ricorsi, bensì ad un'unica impugnazione, poiché la legge non riconosce autonomia al ricorso avverso l'ordinanza, tanto che ne subordina l'impugnazione alla contemporanea richiesta di controllo della sentenza che ha deciso il merito del processo. Ciò comporta l'unitarietà dell'esame dell'impugnazione, sicché, pur dovendosi valutare autonomamente i motivi di doglianza sui singoli capi, non si può nel controllo dell'ordinanza prescindere dalle successive vicende di merito regolate dalla sentenza, anche nel caso in cui non siano state affatto contestate.
Cass. pen. n. 5398/1990
L'impugnazione contro le ordinanze emesse nel corso degli atti preliminari al dibattimento può essere proposta, a pena di inammissibilità, soltanto con l'impugnazione contro le sentenze; ciò la conseguenza che le ordinanze dibattimentali — salve le ipotesi che integrano un provvedimento abnorme o riguardino la libertà personale, non possono essere immediatamente impugnate, sicché, per rimuovere il contenuto decisorio, debbono formare oggetto di apposita impugnazione insieme con la sentenza. La carenza di impugnazione delle ordinanze dibattimentali o la definizione dei vari gradi ne determina l'irrevocabilità, sicché è inammissibile fare coincidere i motivi di gravame avverso la sentenza con i motivi avversanti l'ordinanza non impugnata, le cui statuizioni rimangono irrevocabili con la sola eccezione che queste non riguardino nullità assolute rilevabili anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento. (Sulla base di tale principio, il ricorso avverso sentenza che aveva ritenuto inapplicabile in appello l'art. 444 c.p.p. è stato dichiarato inammissibile, sul rilievo che il ricorrente aveva omesso di impugnare tempestivamente l'ordinanza ricettiva dell'istanza di applicazione della pena ai sensi del citato articolo).