Art. 430 – Codice di procedura penale – Attività integrativa di indagine del pubblico ministero e del difensore
1. Successivamente all'emissione del decreto che dispone il giudizio, il pubblico ministero e il difensore possono, ai fini delle proprie richieste al giudice del dibattimento, compiere attività integrativa di indagine, fatta eccezione degli atti per i quali è prevista la partecipazione dell'imputato o del difensore di questo.
2. La documentazione relativa all'attività indicata nel comma 1 è immediatamente depositata nella segreteria del pubblico ministero con facoltà delle parti di prenderne visione e di estrarne copia.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 51830/2018
La violazione dell'obbligo di immediato deposito nella segreteria del pubblico ministero, ai sensi dell'art. 430, comma 2, cod. proc. pen., della documentazione relativa all'attività integrativa di indagine compiuta dal difensore dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio è priva di specifica sanzione processuale, essendo tuttavia demandato al giudice del merito il compito di adottare gli opportuni provvedimenti che, se adeguatamente motivati, sono insindacabili in sede di legittimità, volti a reintegrare la pubblica accusa nelle prerogative di prendere visione degli atti ed estrarne copia. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto che correttamente il tribunale, rilevato il mancato deposito del verbale relativo alle dichiarazioni scritte di persona informata sui fatti raccolte dal difensore, aveva negato la loro utilizzazione ai fini delle contestazioni, non reputando sufficiente a garantire la parità delle parti la mera ostensione del verbale al pubblico ministero prima dell'utilizzo).
Cass. civ. n. 36826/2009
Il divieto per le parti di assumere informazioni da persone già chiamate a testimoniare, secondo quanto previsto dall'art. 430 bis c.p.p., non è applicabile al giudizio d'appello nell'ipotesi di rinnovazione istruttoria per l'assunzione di nuove prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado.
Cass. civ. n. 2527/2004
L'inutilizzabilità delle informazioni unilateralmente assunte dal pubblico ministero, dalla polizia giudiziaria o dal difensore, in violazione del divieto di cui all'art. 430 bis c.p.p. (divieto non derogabile neppure in base alla disciplina transitoria di cui all'art. 26 della legge n. 63 del 2001), è da intendersi operante solo con riguardo al momento in cui, nel prosieguo del procedimento, debba farsi luogo alla rituale assunzione, nel contraddittorio delle parti, delle dichiarazioni dei soggetti dai quali le suddette informazioni sono state fornite, giacché solo in quel momento potrebbe verificarsi la loro indebita influenza sulla genuinità della prova, alla cui salvaguardia il citato art. 430 bis è finalizzato. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha ritenuto legittimamente utilizzabile quale semplice riscontro, ai fini dell'adozione di una misura cautelare, il contenuto di informazioni assunte dal pubblico ministero, in sede di rinnovazione ex art. 26 della legge n. 62/2001, da soggetto che doveva essere sentito in incidente probatorio).
Cass. civ. n. 35213/2001
Il divieto previsto dall'art. 430 bis c.p.p., introdotto dall'art. 25 della legge 16 dicembre 1999 n. 479, che non consente al P.M. di assumere informazioni dalle persone indicate nella lista di cui all'art. 468 c.p.p., non è applicabile alle deposizioni assunte prima dell'entrata in vigore della citata legge, in virtù del principio tempus regit actum.
Cass. civ. n. 21379/2001
In tema di attività integrativa di indagine consentita ex art. 430 c.p.p. al pubblico ministero anche dopo la emissione del decreto che dispone il giudizio, i presupposti di natura processuale per ritenere che la documentazione possa essere inserita nel fascicolo del pubblico ministero sono: la pertinenza degli atti integrativi di indagine alla vicenda processuale, la finalizzazione di tali atti alle richieste del pubblico ministero al giudice del dibattimento, la garanzia di conoscenza e disponibilità degli atti stessi mediante il deposito in segreteria della documentazione con facoltà di prenderne visione ed estrarne copia. In tal caso le parti possono chiedere al giudice del dibattimento l'assunzione delle fonti di prova così acquisite, nel rispetto dell'art. 526 c.p.p., ed utilizzare gli atti ai fini delle contestazioni ex artt. 500 e 503 c.p.p.
Cass. civ. n. 4685/1999
È legittimo lo svolgimento, da parte del P.M., di attività investigativa di indagine, consistente nell'autonoma assunzione a verbale di soggetti specificamente indicati da un imputato nel corso dell'istruttoria dibattimentale e nella successiva utilizzazione delle relative dichiarazioni, una volta assunta la prova testimoniale nel prosieguo del dibattimento, per le contestazioni di cui all'art. 500 c.p.p. Ed invero detta iniziativa, pur non rientrando nell'ortodossia dello schema proprio del procedimento accusatorio per il quale la prova si forma solo in dibattimento, non comporta alcuna specifica violazione di legge idonea a provocare nullità dei verbali dell'attività integrativa di indagine svolta dal P.M., non si riferisce a quegli atti per i quali l'ultima parte dell'art. 430, comma primo, c.p.p., interdice l'attività investigativa, né, infine, determina inutilizzabilità delle relative risultanze, posto che le dichiarazioni in questione, poi utilizzate per le contestazioni, vengono inserite nel fascicolo del pubblico ministero, sono poste a disposizione delle parti e sono, quindi, da queste conosciute preventivamente, con conseguente salvezza sia del diritto di difesa, sia del principio della parità delle parti.