Art. 412 – Codice di procedura penale – Avocazione delle indagini preliminari per mancato esercizio dell’azione penale
1. Il procuratore generale presso la corte di appello può disporre, con decreto motivato, l'avocazione delle indagini preliminari se il pubblico ministero non ha disposto la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, oppure non ha esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione, entro i termini previsti dall'articolo 407 bis, comma 2. Se il pubblico ministero ha formulato richiesta di differimento del deposito ai sensi dell'articolo 415 ter, comma 2, l'avocazione può essere disposta solo se la richiesta è stata rigettata. L'avocazione può essere, altresì, disposta nei casi in cui il pubblico ministero non ha assunto le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale entro il termine fissato dal giudice ai sensi dell'articolo 415 ter, comma 4, ovvero dal procuratore generale ai sensi dell'articolo 415 ter, comma 5, primo periodo.
2. Il procuratore generale può altresì disporre l'avocazione a seguito delle comunicazioni previste dagli articoli 409, comma 3.
2-bis. .Il procuratore generale svolge le indagini preliminari indispensabili e formula le sue richieste entro novanta giorni dal decreto di avocazione. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 415 ter, commi 1, 2, 3 e 4.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 10065/2024
La conciliazione in sede sindacale, ai sensi dell'art. 411, comma 3, c.p.c., non può essere validamente conclusa presso la sede aziendale, non potendo quest'ultima essere annoverata tra le sedi protette mancando del carattere di neutralità indispensabile a garantire, unitamente all'assistenza prestata dal rappresentante sindacale, la libera determinazione della volontà del lavoratore.
Cass. civ. n. 8456/2024
E' annullabile la donazione effettuata da persona sottoposta ad amministrazione di sostegno quando il giudice tutelare, con il decreto di cui all'art. 405 c.c., o successivamente anche d'ufficio, abbia previsto che gli atti di straordinaria amministrazione possano essere validamente eseguiti soltanto con l'assistenza dell'amministratore di sostegno, senza che al riguardo rilevi la conoscenza che il donatario abbia dell'apertura della misura di protezione.
Cass. civ. n. 1975/2024
In tema di conciliazione sindacale, la sottoscrizione dell'accordo presso la sede di un sindacato, in conformità alle previsioni dell'art. 412-ter c.p.c. e del contratto collettivo applicabile, non costituisce un requisito formale, ma funzionale, in quanto volto ad assicurare che la volontà del lavoratore sia espressa in modo genuino e non coartato; ne consegue che la stipula in una sede diversa non produce alcun effetto invalidante sulla transazione se il datore di lavoro prova che il dipendente ha avuto, grazie all'effettiva assistenza sindacale, piena consapevolezza delle dichiarazioni negoziali sottoscritte.
Cass. civ. n. 25796/2023
In tema di conciliazione in sede sindacale, ai fini dell'inoppugnabilità delle rinunce e delle transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro previsti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti collettivi, è necessario che l'accordo sia stato raggiunto con un'assistenza sindacale effettiva, tale da porre il lavoratore in condizione di sapere a quale diritto rinunci e in quale misura. (Nella specie la S.C. ha escluso, la riconducibilità al novero delle conciliazioni non impugnabili di cui all'art. 2113, ult. comma, c.c., di un accordo stipulato nella sede della Prefettura, nonostante la partecipazione di un rappresentante sindacale del lavoratore, avendo il giudice di merito, con valutazione insindacabile in sede di legittimità, escluso l'effettiva assistenza, anche alla luce della sede non prettamente sindacale di sottoscrizione dell'accordo e della mancanza di previsione di modalità contrattuali collettive cui parametrare la valutazione, senza tuttavia in astratto escludere la possibilità di sottoscrizione di detto atto anche in tale luogo).
Cass. pen. n. 27971/2017
In tema di avocazione delle indagini preliminari, il procuratore generale può esercitare l'azione penale anche in relazione a reati emersi a seguito del provvedimento di avocazione. (In motivazione la Corte ha aggiunto che il principio enunciato è conforme alle esigenze di ragionevole durata del procedimento, in quanto consente di evitare la separazione di parte del procedimento e la sua rimessione al P.M. già rimasto inerme).
Cass. pen. n. 18175/2003
In tema di avocazione, il procuratore generale può esercitare il suo potere esclusivamente nei due casi tassativamente previsti dall'art. 412 c.p.p., e cioè nell'ipotesi di inerzia del pubblico ministero relativamente all'esercizio dell'azione penale, o, in alternativa, alla richiesta di archiviazione, e nell'ipotesi di fissazione dell'udienza di opposizione ai sensi dell'art. 409, comma 3 c.p.p.. Il potere di avocazione da parte del procuratore generale non è invece previsto nel caso di rifiuto del pubblico ministero di chiedere la riapertura delle indagini ai sensi dell'art. 414 c.p.p. su richiesta della persona offesa.
Cass. pen. n. 10575/2003
In tema di archiviazione, in caso di revoca della richiesta avanzata dal pubblico ministero ad opera del procuratore generale avocante, non viene meno il potere del giudice delle indagini preliminari di disporre, all'esito dell'udienza in camera di consiglio, l'espletamento di ulteriori indagini, a norma dell'art. 409, comma 4 c.p.p., attraverso la fissazione del termine indispensabile per il compimento delle stesse. (Fattispecie in cui la Corte di cassazione ha escluso che l'esercizio del potere di “revoca” possa espropriare il giudice, ritualmente investito, del corrispondente potere decisorio).
Cass. pen. n. 1176/2000
In tema di avocazione delle indagini preliminari, il procuratore generale può esercitare tale potere in tutti i casi in cui il giudice non accoglie de plano la richiesta di archiviazione, fissando l'udienza camerale a norma sia dell'art. 409, comma secondo, c.p.p. sia dell'art. 410, comma terzo, c.p.p. Infatti, anche in caso di fissazione dell'udienza conseguente alla opposizione della persona offesa, il giudice ne deve dare comunicazione al procuratore generale (ex art. 410, comma terzo, che richiama l'art. 409, comma terzo, c.p.p.); e, in base all'art. 412, comma secondo, il procuratore generale può disporre l'avocazione “a seguito della comunicazione prevista dall'art. 409 comma 3”. Una volta intervenuta l'avocazione del procedimento, l'ufficio avocante assume tutti i poteri spettanti all'ufficio avocato in ordine all'esercizio dell'azione penale. Ne consegue che è in potere del procuratore generale avocante di revocare la richiesta di archiviazione, il che impedisce al giudice, a pena di abnormità del provvedimento, di decidere sulla originaria richiesta del pubblico ministero, superata dal contrarius actus dell'ufficio avocante.
Cass. pen. n. 2420/1990
La mancata ottemperanza da parte del P.M. all'ordinanza del Gip di rigetto della richiesta di archiviazione si risolve sostanzialmente nel mancato esercizio dell'azione penale, per cui il procuratore generale a norma dell'art. 412 c.p.p., è tenuto ad esercitare il potere di avocazione.