Art. 377 bis – Codice penale – Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con violenza o minaccia, o con offerta o promessa di denaro o di altra utilità, induce a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci la persona chiamata a rendere davanti all'autorità giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale, quando questa ha la facoltà di non rispondere , è punito con la reclusione da due a sei anni.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 2231/2024
Fra il delitto di corruzione in atti giudiziari, coinvolgente in veste di pubblico agente un testimone, e quello di intralcio alla giustizia di cui all'art. 377 cod. pen., che contempla non solo l'ipotesi dell'istigazione unilaterale ma anche quella dell'accordo, prevale quest'ultimo, a meno che sia accertata la commissione della falsa testimonianza avuta di mira dall'agente, nel qual caso, non ricorrendo l'elemento negativo della fattispecie previsto dall'art. 377, comma secondo, cod. pen., è configurabile il delitto di cui all'art. 319-ter cod. pen.
Cass. civ. n. 27382/2023
Integra il delitto di intralcio alla giustizia di cui all'art. 377 cod. pen. la condotta di chi compie pressioni o minacce sulla persona che ha reso dichiarazioni accusatorie in fase di indagini preliminari per indurla alla ritrattazione in detta fase o in prospettiva del successivo dibattimento. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sufficiente ad integrare il reato la circostanza che la persona offesa avesse sporto denuncia e fosse, quindi, inquadrabile nella categoria dei "dichiaranti processuali", ancorché avesse reso informazioni solo in fase di indagini preliminari).
Cass. civ. n. 45002/2018
Il delitto di intralcio alla giustizia, per la cui configurabilità è richiesta la priorità dell'assunzione della qualifica di testimone rispetto alla messa in atto della condotta illecita, ricorre anche nell'ipotesi in cui tale condotta sia posta in essere nei confronti di colui che abbia già reso la propria deposizione in quanto la qualità di teste cessa nel momento in cui il processo esaurisce definitivamente il suo corso e non nel momento in cui ha termine la deposizione, ben potendo il teste già sentito essere ulteriormente escusso nella stessa fase ovvero in quella successiva del procedimento (Fattispecie relativa a condotta posta in essere nei confronti di persona esaminata ex art. 507 cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 991/2018
È configurabile il tentativo in relazione al reato di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria, previsto dall'art. 377-bis, cod. pen., a condizione che il destinatario della condotta abbia già assunto la qualifica di chiamato a rendere dichiarazioni. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità del tentativo, non risultando agli atti che il soggetto fosse stato chiamato a deporre, e, a fronte dell'ammissione al rito abbreviato non condizionato, essendo anzi del tutto eventuale e ipotetica una tale evenienza).
Cass. civ. n. 51265/2017
Si configura il delitto di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria anche qualora la condotta - nelle forme tipiche della violenza, della minaccia ovvero dell'offerta di denaro od altre utilità - sia rivolta non direttamente al soggetto chiamato a rendere dichiarazioni, ma a terze persone a questi legate da rapporti di parentela, affinità o conoscenza, al fine di condizionare il dichiarante. (Fattispecie relativa a minacce rivolte ai familiari di un collaboratore di giustizia già intraneo ad un clan camorristico, a seguito della decisione dello stesso di ammettere le proprie responsabilità in ordine ad un tentativo di incendio ai danni di una vittima di richieste estorsive da parte di esponenti del clan).
Cass. civ. n. 10129/2015
In tema di delitti contro l'attività giudiziaria, mentre l'art. 377 cod. pen. tutela il corretto svolgimento dell'attività processuale, in relazione a condotte volte a pregiudicare - mediante offerta o promessa di danaro o altra utilità, ovvero violenza o minaccia - la serena acquisizione delle dichiarazioni di soggetti sui quali grava l'obbligo di rispondere (salva l'applicabilità di speciali prerogative peraltro rinunziabili, quale quella della facoltà di astenersi dal deporre ai sensi dell'art. 199 cod. proc. pen.), il reato di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria, di cui all'art. 377-bis, cod. pen., ha ad oggetto analoghe situazioni di pericolo per la corretta acquisizione delle dichiarazioni concernenti i soggetti su cui non grava l'obbligo di rispondere, ma che comunque possono rendere dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale, anche al di fuori dei limiti di cui all'art. 526 cod. proc. pen..
Cass. civ. n. 51824/2014
Integra il delitto di intralcio alla giustizia previsto dall'art. 377 cod. pen. in relazione alle ipotesi di cui agli art. 371-bis o 372 cod. pen., secondo la fase procedimentale o processuale in cui viene posta in essere, la condotta di chi offre o nel promette denaro o altra utilità al consulente tecnico del pubblico ministero al fine di influire sul contenuto della consulenza, anche quando l'incarico a questi affidato implica la formulazione di giudizi di natura tecnico-scientifica.
Cass. civ. n. 16369/2012
Il delitto di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria, previsto dall'art. 377 bis, c.p., è un reato di evento per il quale è configurabile la forma del tentativo. (Fattispecie relativa ad un'ipotesi di reato consumato, in cui un coindagato ha reso mendaci dichiarazioni nel corso di una serie di interrogatori dinanzi all'autorità giudiziaria).
Cass. civ. n. 45626/2010
Ai fini della configurabilità della fattispecie tentata del reato di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria (art. 377 bis, c.p.), assume un ruolo decisivo la qualità soggettiva di "persona chiamata" dinanzi all'autorità giudiziaria, trattandosi di un reato proprio con riferimento al destinatario della condotta, realizzabile solo in quanto tale soggetto sia in grado di rendere dichiarazioni utilizzabili nel procedimento (ad es., le persone dell'imputato, del coimputato e dell'imputato in reato connesso ex art. 12, lett. a) e lett. c), c.p.p., che rendano dichiarazioni sul fatto altrui). (Fattispecie in cui la S.C. ha annullato senza rinvio la pronuncia impugnata, escludendo la configurabilità del tentativo in quanto non risultava dagli atti che il destinatario della condotta fosse stato chiamato a rendere dichiarazioni davanti all'autorità giudiziaria).
Cass. civ. n. 44464/2010
L'integrazione del reato di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria, posto in essere per il tramite di una terza persona, richiede che quest'ultima si faccia latrice, nei confronti del soggetto passivo, della condotta di minaccia, violenza, offerta o promessa di denaro finalizzata alla predetta induzione. (Nella specie, caratterizzata da tentativo, la Corte ha annullato la misura coercitiva impugnata essendo risultate unicamente minacce ed intimidazioni rivolte al terzo affinché questi riferisse alla persona offesa, con mezzi e modalità rimasti tuttavia non chiariti, una richiesta di ritrattazione di precedenti dichiarazioni).
Cass. civ. n. 6297/2010
È configurabile il delitto di subornazione anche con riferimento alle pressioni e alle minacce esercitate su colui che abbia reso dichiarazioni accusatorie nella fase delle indagini preliminari al fine di indurlo alla ritrattazione in vista dell'acquisizione, da parte sua, della qualità di testimone nel celebrando dibattimento. (Fattispecie relativa a condotta tenuta da membri di un'associazione di tipo mafioso nei confronti di persona vittima di estorsioni da parte del sodalizio criminale che aveva denunciato gli autori del fatto, consentendo, con le sue dichiarazioni, l'emissione di misure cautelari nei loro confronti).
Cass. civ. n. 1366/2007
L'elemento materiale del delitto previsto dall'art. 377 c.p. consiste nell'induzione a rendere davanti all'autorità giudiziaria dichiarazioni difformi non dalla realtà dei fatti, ma da quanto a conoscenza del dichiarante.
Cass. civ. n. 15789/2005
È configurabile il reato di subornazione di teste, aggravato dalla qualità di pubblico ufficiale, e non quello di tentata concussione, qualora il pubblico ufficiale, profittando della sua posizione, prospetti al teste il conseguimento di un vantaggio altrimenti non conseguibile o conseguibile con maggiore difficoltà (principio affermato, nella specie, con riguardo ad un caso in cui un assessore comunale, sottoposto a procedimento penale, aveva tentato di ottenere dalla persona offesa la promessa di una ritrattazione di quanto da essa già dichiarato al P.M., facendole intendere che in compenso egli si sarebbe subito attivato perché venisse soddisfatto con sollecitudine un credito, altrimenti di difficile esazione, vantato dalla stessa persona offesa nei confronti del Comune).
Cass. civ. n. 37503/2002
Ai fini della configurabilità del delitto di subornazione, nella fase del giudizio la qualità di «persona chiamata a rendere dichiarazioni davanti all'autorità giudiziaria» si assume nel momento dell'autorizzazione del giudice alla citazione della stessa in qualità di testimone, ai sensi dell'art. 468, comma 2, c.p.p.
Cass. civ. n. 35837/2001
Ai fini della configurabilità del reato di subornazione di testimone (art. 377 c.p.), è irrilevante che il soggetto nei cui confronti è stata posta in essere la condotta vietata dalla norma incriminatrice abbia già reso la propria deposizione, non derivando da ciò la cessazione della qualità di testimone, la quale, invece, permane fino al momento in cui il processo esaurisce definitivamente il suo corso.
Cass. civ. n. 2713/1997
Il delitto di subornazione (art. 377 c.p.) mira a tutelare la genuinità processuale di quanti sono chiamati a riferire sui fatti di causa davanti all'autorità giudiziaria, posizione che potrebbe venire inevitabilmente ed indebitamente condizionata e compromessa da pressioni esterne, rappresentate dall'offerta o anche dalla sola promessa di qualsivoglia utilità, anche non patrimonialmente apprezzabile, per indurre il soggetto subornato a commettere i reati di falsa testimonianza (art. 372 c.p.) e (dopo la novella del 7 agosto 1992 n. 356) di false informazioni al P.M. (art. 371 bis c.p.), oltre che di falsa perizia o interpretazione (art. 373 c.p.). Trattasi di reato di pericolo, il cui evento, di natura formale, si verifica con la semplice offerta o promessa, finalizzata alla falsità giudiziale e, per la sua configurabilità, richiede che il soggetto subornato abbia assunto la qualità di «persona chiamata a rendere dichiarazioni davanti all'autorità giudiziaria» (secondo la più vasta accezione del termine, come introdotto dalla novella 356/92, rispetto all'originaria, precedente qualifica di «testimone»).
Cass. civ. n. 2055/1997
Il delitto di subornazione - che è un reato di pericolo - richiede (secondo l'attuale formulazione della previsione incriminatrice) che la persona verso la quale si dirige l'opera del subornatore, al momento dell'offerta o della promessa del danaro o di altra utilità, sia stata «chiamata a rendere dichiarazioni davanti all'autorità giudiziaria». (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso con il quale l'imputato sosteneva che - tenuto conto delle modificazioni apportate al primo comma dell'art. 377 c.p. dal D.L. n. 306 del 1992 convertito nella legge n. 356 del 1992 - nella fase delle indagini preliminari non sarebbe «materialmente possibile commettere il reato di falsa testimonianza al P.M.», sicché non sarebbe configurabile il delitto di subornazione, poiché la persona offesa, dopo avere reso deposizione al P.M. come persona informata sui fatti, avrebbe «perduto ogni veste giuridica in attesa di assumere quella di teste al dibattimento», la Suprema Corte ha osservato che nel momento in cui l'imputato consegnò alla ragazza il danaro (promettendogliene altro in futuro), questa aveva già fornito informazioni al P.M. e, quale parte offesa, nella stessa fase delle indagini preliminari, poteva essere nuovamente sentita per iniziativa dell'autorità giudiziaria procedente così come poteva rendere a queste dichiarazioni spontanee e presentare memorie ex art. 90 c.p.p.; che anche dopo la deposizione già resa al P.M. ella non aveva certo perduto la qualità di parte offesa, cioè di persona informata sui fatti e - come tale - qualora avesse aderito agli allettamenti dell'imputato, ben avrebbe potuto commettere il reato di cui all'art. 371 bis c.p.).
Cass. civ. n. 616/1986
Il delitto di subornazione previsto dall'art. 377 c.p. è un reato di pericolo il cui evento, di natura formale, si verifica con la semplice offerta o promessa, finalizzate alla falsità giudiziale. La norma suddetta, sanzionando penalmente la sola istigazione alla falsità giudiziale eleva ad illecito penale il semplice attentato all'amministrazione della giustizia; non è, quindi, ravvisabile l'ipotesi del tentativo.
Cass. civ. n. 12016/1977
Perché si realizzi il reato di subornazione è necessario che il subornato assuma la qualità di testimone con la citazione, anche orale, dinanzi al giudice o al P.M. mentre non acquista tale qualità chi sia esaminato dagli organi di polizia giudiziaria di propria iniziativa e su delega del magistrato. Pertanto, le sollecitazioni a deporre il falso, rivolte a persone che possono essere chiamate a testimoniare davanti al magistrato, ma non ancora formalmente designate come testimoni, non sono punibili.
Cass. civ. n. 1360/1970
Il delitto di subornazione di testimone richiede che la persona verso la quale è diretta l'opera del subornatore abbia acquistato, al momento dell'offerta o della promessa del denaro, la qualità di testimone. Il testimone esercita una pubblica funzione, e va compreso fra i pubblici ufficiali ai sensi del n. 2 dell'art. 357 c.p. È però essenziale stabilire il momento in cui viene assunta detta qualità. È infatti in quel momento che si pone l'esigenza di tutelarne il prestigio, la libertà di deporre e la sincerità delle dichiarazioni. Nell'ipotesi di testimone penale la qualità di testimone viene acquistata con la notificazione dell'atto di citazione. Nel caso, invece, di testimone in giudizio civile la situazione è diversa, e diverse sono le conseguenze giuridiche che ne derivano. Per stabilire il momento in cui il testimone è legalmente investito di tale qualità è necessario tener presenti le disposizioni del codice di procedura civile. Attese, infatti, le disposizioni di cui agli artt. 244 e 245 del codice di rito civile, si evince che la qualità di teste nel diritto processuale civile la si acquista nel momento in cui il teste, dedotto dalla parte, viene con ordinanza del giudice istruttore ammesso a deporre. È in quel momento, in base al principio vigente del processo civile della acquisizione processuale, che il provvedimento di ammissione dei testimoni fa sorgere un diritto all'escussione. Pertanto, nel campo processuale civile, l'atto che investe la persona chiamata a testimoniare della qualità di teste non è l'intimazione a comparire, che può anche mancare, ma l'ordinanza del giudice, che ammette a deporre la persona indicata. Questo principio trova conferma nel fatto che il testimone può presentarsi al giudice civile anche spontaneamente, senza necessità di intimazione a mezzo di ufficiale giudiziario. Il generico invito a non presentarsi a deporre, accompagnato dall'offerta di somma di danaro, ma non dall'istigazione a commettere una falsità giudiziale, non costituisce il reato di subornazione.