Art. 439 – Codice penale – Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari
Chiunque avvelena acque o sostanze destinate alla alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo , è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni.
Se dal fatto deriva la morte di alcuno, si applica l'ergastolo; e, nel caso di morte di più persone, si applica la pena [di morte] [448, 452].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 6773/2023
La condotta di avvelenamento di acque o sostanze destinate all'alimentazione, sanzionata dall'art. 439 cod. pen. se sorretta da dolo e dall'art. 452, comma primo, cod. pen. se colposa, si differenzia da quella di adulterazione o contraffazione, punita dall'art. 440 cod. pen. nella forma dolosa e dall'art. 452, comma secondo, cod. pen. in quella colposa, perché l'una è naturalisticamente offensiva, includendo in sé il pericolo per la salute pubblica derivante dall'immissione negli alimenti di sostanze estranee, di natura e in quantità tali che, seppur prive "ex se" di potenzialità letale, per regolarità causale, producono, in caso di assunzione, effetti tossici, valevoli a destare un allarme sanitario, da valutarsi anche in relazione alla tipologia delle malattie conseguenti, mentre l'altra richiede il verificarsi di un pericolo concreto, sostanziantesi in un deterioramento dell'alimento, alterato nella sua composizione e natura biologica o chimico-fisica, senza che sia possibile cogliere la diversa modalità del processo di apporto della sostanza contaminante. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto configurabile il delitto di corrompimento colposo di acque o sostanze destinate all'alimentazione a fronte della condotta di un sindaco che aveva omesso la clorazione e la sanificazione delle acque di un bacino, contaminate da materiale fecale, immesse per la distribuzione nella rete idrica pubblica, così provocando l'insorgere di plurimi casi di gastroenteriti batteriche e virali, non particolarmente invasive e spontaneamente regredite, da cui non era derivata la messa in pericolo della vita delle parti lese).
Cass. civ. n. 12323/2021
Il reato di cui all'art. 439 cod. pen. persegue qualsiasi forma di avvelenamento delle acque, ancorchè non destinate al consumo umano prima del loro attingimento, e non richiede necessariamente che l'avvelenamento sia conseguenza immediata e diretta dell'attività svolta dall'agente a contatto con il corpo idrico.
Cass. civ. n. 25547/2018
Le acque considerate dall'art. 439 cod. pen. sono quelle destinate all'alimentazione umana, a prescindere dai caratteri biochimici della potabilità secondo la legge e la scienza, sicchè è configurabile la fattispecie criminosa prevista dalla norma suindicata anche se l'avvelenamento riguardi acque batteriologicamente non pure dal punto di vista delle leggi sanitarie, ma comunque idonee e potenzialmente destinabili all'uso alimentare.
Cass. civ. n. 48548/2018
Il reato di avvelenamento di acque o sostanze destinate all'alimentazione, quale fattispecie di pericolo presunto caratterizzata da un necessario evento di "avvelenamento", è reato istantaneo con effetti permanenti che, a differenza di quello di cui all'art. 434, comma secondo, cod. pen., si perfeziona nel momento in cui si realizza l'inquinamento della falda, con la conseguenza che è da tale momento, anche se successivo alla cessazione della condotta inquinante, che decorre il termine di prescrizione del reato.
Cass. civ. n. 9133/2017
La condotta di avvelenamento di acque o sostanze destinate all'alimentazione di cui all'art. 439 cod. pen., a differenza di quella di corrompimento di cui all'art. 440 cod. pen., ha connaturato in sé un intrinseco coefficiente di offensività, caratterizzandosi per l'immissione di sostanze estranee di natura e in quantità tale che, seppur senza avere necessariamente una potenzialità letale, producono ordinariamente, in caso di assunzione, effetti tossici secondo un meccanismo di regolarità causale che desta un notevole allarme sanitario da valutarsi anche in relazione alla tipologia delle possibili malattie conseguenti.
Cass. civ. n. 45001/2014
Ai fini della configurabilità del delitto di avvelenamento di acque o di sostanze alimentari non è sufficiente, neppure ai limitati fini dell'apprezzamento del "fumus" del reato, l'esistenza di rilevamenti attestanti il superamento dei livelli di contaminazione CSC (concentrazioni soglia di contaminazione) di cui all'art. 240, comma primo, lettera b) D.Lgs. n. 152 del 2006, trattandosi di indicazioni di carattere meramente precauzionale, il cui superamento non è sufficiente ad integrare nemmeno la fattispecie prevista dall'art. 257 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, la quale sanziona condotte di "inquinamento", ossia causative di un evento che costituisce evidentemente un "minus" rispetto all'ipotesi di "avvelenamento".
Cass. civ. n. 15216/2007
Per la configurabilità del reato di avvelenamento (ipotizzato, nella specie, come colposo) di acque o sostanze destinate all'alimentazione, pur dovendosi ritenere che trattasi di reato di pericolo presunto, è tuttavia necessario che un «avvelenamento» di per sé produttivo, come tale, di pericolo per la salute pubblica, vi sia comunque stato; il che richiede che vi sia stata immissione di sostanze inquinanti di qualità ed in quantità tali da determinare il pericolo, scientificamente accertato, di effetti tossico-nocivi per la salute. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto fondata ed assorbente la censura con la quale, da parte dell'imputato, dichiarato responsabile del reato de quo a causa dello sversamento accidentale in un corso di acqua pubblica di un quantitativo di acido cromico, si era denunciato il mancato accertamento, in sede di merito, dell'effettiva pericolosità della concentrazione di detta sostanza in corrispondenza del punto d'ingresso delle acque nell'impianto di potabilizzazione, essendosi ritenuto sufficiente il mero superamento dei limiti tabellari).
Cass. civ. n. 6651/1985
Ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art. 439 c.p. l'avvelenamento delle acque destinate all'alimentazione non deve avere necessariamente potenzialità letale, essendo sufficiente che abbia la potenzialità di nuocere alla salute. Le acque considerate dall'art. 439 c.p. sono quelle destinate all'alimentazione umana, abbiano o non abbiano i caratteri biochimici della potabilità secondo la legge e la scienza. Pertanto è configurabile la fattispecie criminosa prevista dall'indicata norma anche se l'avvelenamento delle acque sia stato operato in acque batteriologicamente non pure dal punto di vista delle leggi sanitarie ma comunque idonee e potenzialmente destinabili all'uso alimentare. (Fattispecie in cui, trattandosi di sversamento nel terreno di sostanze inquinanti di origine industriale penetranti in falde acquifere, con conseguente avvelenamento dell'acqua di vari pozzi della zona, è stata respinta la tesi difensiva secondo cui per acqua destinata all'alimentazione deve intendersi solo l'acqua «potabile» a norma dell'art. 249 T.U. leggi sanitarie).