Art. 444 – Codice penale – Commercio di sostanze alimentari nocive
Chiunque detiene per il commercio, pone in commercio ovvero distribuisce per il consumo sostanze destinate all'alimentazione, non contraffatte né adulterate , ma pericolose alla salute pubblica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 51.
La pena è diminuita se la qualità nociva delle sostanze è nota alla persona che le acquista o le riceve.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 4768/2024
In tema di patteggiamento cd. "allargato", anche a seguito della modifica dell'art. 444, comma 1, cod. proc. pen., introdotta dall'art. 25, comma 1, lett. a), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha previsto la possibilità di richiedere al giudice di non applicare le pene accessorie o di applicarle per una durata determinata, è ammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza per censurare l'omessa applicazione di una pena accessoria, che debba essere obbligatoriamente disposta e non abbia formato oggetto di diverso accordo tra le parti.
Cass. civ. n. 3457/2014
Il reato di commercio di sostanze alimentari nocive è reato di pericolo per la cui sussistenza è necessario che gli alimenti abbiano, in concreto, la capacità di arrecare danno alla salute, la quale non necessariamente deve essere accertata tramite indagini peritali.
Cass. civ. n. 11500/2011
L'integrazione della fattispecie criminosa di commercio di sostanze alimentari nocive richiede che le sostanze destinate all'alimentazione siano già potenzialmente e concretamente nocive al momento della vendita o della detenzione per la vendita, a nulla rilevando, invece, che lo diventino in un secondo momento per cause successive ed estranee alla volontà del reo. (Nella specie si trattava di carne di agnello posta in vendita nei banchi di un supermercato, debitamente confezionata con cellophane, la prova del cui ammaloramento all'atto della vendita era incerta).
Cass. civ. n. 26518/2008
È configurabile il concorso tra il reato di messa in commercio di sostanze alimentari nocive e quello di messa abusiva in commercio di sostanze dopanti, in quanto si tratta di fattispecie poste a tutela di beni giuridici diversi.
Cass. civ. n. 19107/2006
La fattispecie di cui all'art. 444 c.p. è norma penale in bianco, rivestita di contenuti in base a norme extrapenali integratrici del precetto penale, che possono essere emanate anche da autorità amministrative o sovranazionali, le quali dettano disposizioni regolatrici od impongono divieti anche in base ad accertamenti scientifici relativi a situazioni storiche determinate; dal carattere eccezionale e dall'efficacia temporanea di tali disposizioni consegue che la punibilità della condotta non dipende dal momento in cui viene emessa la decisione, ma dal momento in cui avviene l'accertamento, con esclusione dell'applicabilità del principio di retroattività della legge più favorevole. (Nel caso di specie, le disposizioni di un D.M. integratrici del precetto prevedevano il divieto di commercializzazione di carne di bovino adulto, in base ad accertamenti che avevano indicato come pericolose per la salute determinate condizioni di età dell'animale, legate a fatti contingenti; vincoli poi superati dal Regolamento comunitario n. 1974 del 2005).
Cass. civ. n. 7032/2000
Allorché nella condotta tenuta siano ritenuti sussistenti gli estremi della pericolosità per la salute pubblica, è esclusa l'applicabilità degli artt. 5 e 6 della legge n. 283 del 1962, restando le relative contravvenzioni assorbite nei delitti previsti dagli artt. 444 e 452 c.p.
Cass. civ. n. 291/1998
È costituzionalmente illegittimo, in riferimento all'art. 3 Cost., l'art. 60 della L. 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui esclude che le sanzioni sostitutive si applichino al reato di cui all'art. 444 c.p.
Cass. civ. n. 1430/1997
In tema di delitti contro l'incolumità pubblica, nel caso di importazione nel territorio della Repubblica di prodotti alimentari nocivi, deve ritenersi sussistente la responsabilità penale dell'importatore, in relazione al reato di cui agli artt. 444 e 452 c.p. (colposa messa in commercio di sostanze alimentari nocive). Ed invero, l'art. 12 della legge 30 aprile 1962, n. 283 — stabilendo che «è vietata l'introduzione nel territorio della Repubblica di qualsiasi sostanza destinata all'alimentazione non rispondente ai requisiti prescritti dalla presente legge» — parifica gli obblighi, posti a carico degli importatori, a quelli di coloro che producono prodotti alimentari sul territorio nazionale. Siffatta responsabilità risulta precisata nel regolamento di esecuzione della legge citata, che all'art. 72 del D.P.R. 26 marzo 1980, n. 327 (come sostituito dall'art. 11 del D.P.R. 8 maggio 1985, n. 254) dispone che «gli importatori di sostanze alimentari sono responsabili della natura, del tipo, della quantità, della omogeneità, dell'origine dei prodotti presentati all'importazione nonché della rispondenza dei requisiti igienico-sanitari previsti dalle vigenti disposizioni in materia di sostanze alimentari». Deve quindi ritenersi che, a carico dell'importatore, sia posta una responsabilità molto più specifica di quella del commerciante al dettaglio, dovendo egli accertare la rispondenza della normativa sanitaria dei prodotti con controlli, non soltanto formali ed esterni, ma tali da garantire la qualità del prodotto anche se importato in confezioni originali.
Cass. civ. n. 1367/1996
In tema di commercio di sostanze alimentari nocive, il rapporto fra gli artt. 444 e 452 c.p. e il decreto del Ministro della Sanità 9 dicembre 1993, che fissa il limite massimo di mercurio tollerabile nei prodotti ittici, va risolto alla luce del principio secondo cui norme penali in bianco sono quelle che, contenendo già un precetto e una sanzione, rinviano a un atto normativo di grado inferiore o a un provvedimento della pubblica amministrazione o a legge extrapenale, la specificazione o integrazione del contenuto del precetto. (Fattispecie in cui l'imputato aveva posto in commercio pesce smeriglio ritenuto nocivo per la salute pubblica in quanto avente concentrazione di mercurio superiore a quella prevista dal citato decreto ministeriale).
Cass. civ. n. 9823/1995
Il reato di cui all'art. 21 comma 1 del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 236, ipotizzabile a carico di chi fornisce al consumo umano acque non potabili, ha natura sussidiaria rispetto ad altri reati più gravi eventualmente configurabili, integrando un aspetto sanzionatorio residuale posto a tutela dei requisiti dell'acqua destinata al consumo umano. Poiché la nozione di non potabilità dell'acqua non va confusa con quella di nocività dell'acqua, ne consegue che, qualora ricorrano gli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 444 c.p. — commercio di sostanze alimentari nocive — l'applicazione di tale ultima norma non può ritenersi esclusa in base al principio di specialità: e ciò, non solo perché trattasi di ipotesi delittuosa più grave rispetto a quella contravvenzionale di cui al citato D.P.R. n. 236 del 1988, ma anche perché le due norme sono preordinate ad assolvere una funzione legale diversa, essendo la prima diretta alla tutela del bene giuridico della salute pubblica, e la seconda a garantire la qualità dell'acqua anche sotto il profilo della potabilità.
Cass. civ. n. 6930/1992
Il delitto di cui all'art. 444 c.p. va inquadrato nella categoria dei reati di pericolo concreto, nel senso che le sostanze alimentari abbiano idoneità ad esporre effettivamente a pericolo la salute pubblica; la pericolosità degli alimenti, cioè la possibilità che da essi derivi pregiudizio al bene tutelato dalla norma, non può, dunque, essere valutata astrattamente come situazione meramente ipotetica, sibbene deve essere fatta sulla base di accertamento tramite gli strumenti probatori adeguati alle singole sostanze alimentari collegate a sospetto.
Cass. civ. n. 118/1990
La detenzione di carne avariata nel frigorifero destinato alla conservazione delle sostanze in commercio integra di per sé l'ipotesi del delitto di commercio di sostanze alimentari nocive, di cui all'art. 444 c.p., essendo necessario e sufficiente per l'imputabilità di tale reato la consapevolezza del detentore che le sostanze sono pericolose.
Cass. civ. n. 16492/1989
Il reato di cui all'art. 444 c.p. rientra nella categoria dei reati di pericolo, per cui è sufficiente l'esposizione a pericolo del bene tutelato. Non è richiesta quindi la sussistenza di atti effettivi di commercio della merce nociva, destinata all'alimentazione essendo sufficiente la detenzione per il commercio di tale merce. Ne deriva che non è necessaria l'esposizione della merce sui banchi di vendita, basta che questa sia detenuta in qualsiasi luogo connesso con l'attività commerciale e quindi anche nella ghiacciaia o frigorifero.
Cass. civ. n. 6583/1989
L'ipotesi delittuosa prevista dall'art. 444 c.p. (commercio di sostanze alimentari nocive) configura un reato di pericolo, per la sussistenza del quale occorre che le sostanze di cui si vuole far commercio abbiano attitudine ad arrecare nocumento alla salute pubblica. Tale attitudine, tuttavia, non può consistere in un pericolo meramente ipotetico, essendo necessario un pericolo concreto il quale deve essere oggetto di specifico accertamento che, per quanto non abbisognevole di indagini peritali — potendo il giudice compierlo ricorrendo a qualsiasi mezzo di prova e alle nozioni di comune esperienza — non può, però, ritenersi eseguito con il semplice richiamo all'inosservanza di precetti e regole dettati per la commerciabilità di alcune sostanze alimentari. (Fattispecie in tema di messa in commercio di carne priva del bollo sanitario).
Cass. civ. n. 1729/1989
Ai fini della sussistenza del dolo è sufficiente la volontarietà del commercio di sostanze alimentari nocive e la consapevolezza del pericolo che può essere arrecato, non essendo anche richiesta la certezza della dannosità del prodotto.
Cass. civ. n. 3778/1987
Il delitto di cui all'art. 444 c.p. va inquadrato nella categoria dei reati di pericolo concreto nel senso che per la sussistenza dell'ipotesi criminosa è necessario che le sostanze alimentari abbiano idoneità ad esporre effettivamente a pericolo la salute pubblica, pur se non occorre che il nocumento abbia realmente a verificarsi. Pertanto, la pericolosità degli alimenti, e cioè la possibilità che da essi derivi pregiudizio al bene tutelato dalla norma, non può essere valutata astrattamente come situazione meramente ipotetica, ma deve essere resa oggetto di accertamento tramite gli strumenti probatori adeguati e pertinenti alle sostanze allegate a sospetto.
Cass. civ. n. 6224/1986
Il delitto previsto dall'art. 444 c.p. è un reato di mero pericolo, ma non di pericolo presunto, per cui la sua sussistenza va accertata caso per caso. Ne consegue che nel caso di raccolta di molluschi in acque non ancora classificate e quindi da considerarsi precluse alla libera raccolta degli stessi e dei lamellibranchi, ai fini del più grave reato previsto dal codice penale rispetto alla violazione dell'art. 4, settimo comma della L. del 1977, n. 192, occorre un accertamento specifico della pericolosità dei prodotti raccolti.