Art. 718 – Codice penale – Esercizio di giochi d’azzardo
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, o in circoli privati di qualunque specie , tiene un gioco d'azzardo o lo agevola è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda non inferiore a euro 206.
Se il colpevole è un contravventore abituale o professionale, alla libertà vigilata può essere aggiunta la cauzione di buona condotta [719].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 48159/2019
Non configura il reato di truffa ma quello di cui all'art. 718 cod. pen., il gioco dei "tre campanelli" - e quelli similari delle "tre tavolette" o delle "tre carte" - in ragione del fatto che la condotta del soggetto che dirige il gioco non realizza alcun artificio o raggiro ma costituisce una caratteristica del gioco che rientra nell'ambito dei fatti notori, sempre che all'abilità ed alla destrezza di chi esegue il gioco non si aggiunga anche una fraudolenta attività del medesimo.
Cass. civ. n. 25032/2016
Ai fini dell'accertamento del reato di esercizio di giuochi d'azzardo è necessaria la prova dell'effettiva esistenza di mezzi atti ad esercitarlo, dell'effettivo svolgimento di un gioco e, qualora si tratti di apparecchi automatici da gioco di natura aleatoria, dell'effettivo utilizzo dell'apparecchio per fini di lucro, non essendo sufficiente, in tale ultimo caso, accertare che lo stesso sia potenzialmente utilizzabile per l'esercizio del gioco d'azzardo.
Cass. civ. n. 32835/2013
L'organizzazione di tornei di poker nella variante del "Texas Hold'Em", con posta in gioco costituita esclusivamente dalla sola quota d'iscrizione, l'assegnazione di un numero uguale di gettoni, di valore solo nominale, per ciascun giocatore, senza possibilità di rientrare in gioco acquistando altri gettoni, con preventiva individuazione del premio finale non costituisce esercizio di gioco d'azzardo quando, considerate le concrete modalità di svolgimento del gioco, risulti preponderante l'abilità del giocatore sull'alea ed irrilevante il fine di lucro rispetto a quello prettamente ludico.
Cass. civ. n. 7972/2013
Lo "chemin de fer" configura gli estremi del gioco d'azzardo, essendo fondato esclusivamente sull'alea, senza che sia determinante l'abilità del giocatore.
Cass. civ. n. 21639/2010
L'accertamento del reato di esercizio di giuochi d'azzardo richiede non solo la prova dell'effettiva esistenza di mezzi atti ad esercitarlo, ma, da un lato, la prova dell'effettivo svolgimento di un gioco e, dall'altro, ove si tratti di apparecchi automatici da gioco di natura aleatoria, la prova dell'effettivo utilizzo dell'apparecchio per fini di lucro, non essendo sufficiente, in tale ultimo caso, accertare che lo stesso sia "potenzialmente" utilizzabile per l'esercizio del gioco d'azzardo. (Nella specie la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 718 c.p., relativa ad un distributore automatico di "chewing-gum" modello DAC-Engeneering, ritenuto apparecchio elettronico di genere proibito perché assimilabile a "videopoker" in assenza dei dovuti accertamenti).
Cass. civ. n. 11877/2010
Configura il reato di esercizio di giuoco d'azzardo l'installazione in un pubblico esercizio di un apparecchio automatico elettronico che, collegandosi in rete a sito internet dedicato, consenta di scegliere tra le diverse applicazioni possibili quella denominata "videopoker", caratterizzata dall'alea e dal fine di lucro, consistente nell'accumulo di crediti utilizzabili per ulteriori partite e trasferibili su "smart card" nel conto punti dell'avventore. (Fattispecie in tema di sequestro preventivo di apparecchio del tipo "totem internet" denominato "NetShop").
Cass. civ. n. 46816/2008
Le violazioni relative all'esercizio di giuochi d'azzardo con apparecchi automatici ed elettronici vietati sono sanzionate unicamente in via amministrativa, ferma restando l'ammissibilità del concorso del reato di gioco d'azzardo ove ne siano presenti gli elementi integrativi necessari. (Conf. sez. III, n. 1811 del 2009 non massimata).
Cass. civ. n. 9988/2008
In tema di gioco d'azzardo, il fine di lucro non può essere ritenuto esistente solo perché l'apparecchio automatico riproduca un gioco vietato, ma deve essere valutato considerando anche l'entità della posta, la durata delle partite, la possibile ripetizione di queste ed il tipo di premi erogabili, in denaro o in natura. (Fattispecie relativa a videogiochi riproducenti il gioco del poker cosiddetti videopoker).
Cass. civ. n. 42374/2007
Il fine di lucro richiesto in materia di gioco d'azzardo ricorre ogni qual volta il giocatore partecipi al gioco anche per conseguire vantaggi economicamente rilevanti, e va identificato in relazione al giocatore e non all'organizzatore o gestore del gioco, il quale ricava ordinariamente un utile dall'organizzazione o gestione professionale del gioco, sia esso o meno d'azzardo.
Cass. civ. n. 15301/2007
Il titolare dell'esercizio pubblico nel quale siano installati apparecchi automatici ed elettronici per il gioco d'azzardo risponde dei reati di cui agli artt. 718 c.p. e 110 del R.D. n. 773 del 1931 anche se gli apparecchi sono stati ricevuti in noleggio da terzi, atteso che su questi grava l'onere di accertare la rispondenza degli apparecchi alle disposizioni di legge.
Cass. civ. n. 15046/2007
La installazione in un pubblico esercizio di un apparecchio automatico elettronico per il gioco del poker configura il reato di esercizio di gioco d'azzardo in presenza delle condizioni legislativamente previste dall'art. 110 del TULPS, atteso che in tale ipotesi l'elemento del lucro non è lasciato all'apprezzamento del giudice, ma è definito tipicamente dal legislatore attraverso la disciplina del citato art. 110.
Cass. civ. n. 24059/2006
In tema di esercizio del gioco d'azzardo, l'apparecchio elettronico riproducente il gioco del poker va considerato d'azzardo, e come tale vietato ai sensi dell'art. 110, comma quinto, del R.D. 18 giugno 1931 n. 733, in quanto connotato da aleatorietà assoluta, a condizione che consenta la vincita di un qualsiasi premio in danaro o in natura, ivi compresa la ripetizione o il prolungamento della partita.
Cass. civ. n. 2752/2006
Integra la contravvenzione di cui all'art. 718 c.p. la condotta di noleggio o installazione di apparecchi per il giuoco di videopoker, quando risulti il carattere assolutamente aleatorio del giuoco e la finalità di lucro, posto che oggetto del negozio giuridico di cessione di tali apparecchi ai gestori di bar, circoli o altri locali possono essere solo apparecchi di intrattenimento leciti che posseggano tutti i requisiti di cui all'art. 110 T.U.L.P.S.
Cass. civ. n. 20400/2005
L'installazione e la messa a disposizione del pubblico di apparecchi da giuoco del tipo videopoker, mentre dà luogo di per sè alla configurabilità del reato di cui all'art. 110 del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza, non comporta anche quella del diverso reato di tenuta di giuoco d'azzardo, previsto dall'art. 718 c.p., richiedendo quest'ultima la sussistenza di un fine di lucro riconoscibile solo quando l'importo della possibile vincita, a prescindere dalle condizioni economiche del giocatore, superi il limite fissato dal comma 6 del citato art. 110 Tulps.
Cass. civ. n. 26386/2004
In tema di esercizio di giochi d'azzardo, il titolare dell'esercizio pubblico, nel quale siano installati videogiochi che abbiano fini di lucro e che contemplino un esito aleatorio per il giocatore, non può addurre a fondamento di una pretesa mancanza dell'elemento psicologico del reato l'esistenza di una, illegittima, autorizzazione da parte dell'Autorità di P.S. giacché chiunque svolga professionalmente una determinata attività (nella specie: gestore di un bar) non può sostenere a propria discolpa di non conoscere le norme penali che regolano quell'attività, soprattutto quando la disciplina in questione è vigente da tempo e ben nota alla generalità dei consociati.
Cass. civ. n. 19074/2004
Rientrano nella categoria dei videogiochi vietati non solo ai sensi dell'art. 110, comma sesto, T.U.L.P.S., ma anche dell'art. 22 della Legge 27 dicembre 2002 n. 289 gli apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici che utilizzano un sistema di gioco, un meccanismo di scommessa ed un criterio di combinazioni vincenti del tutto simili a quello del poker, in cui l'elemento aleatorio è preponderante e la prova di abilità è solo fittizia. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la pronunzia dei giudici di merito che hanno escluso l'applicabilità dell'art. 2, comma terzo, c.p., ritenendo che, anche alla luce della recente normativa introdotta con l'art. 22 della Legge 289/2002, tali tipi di apparecchi rientrano nella categoria dei videogiochi vietati).
Cass. civ. n. 5331/2004
Ai fini della configurabilità del reato di giuoco d'azzardo, di cui all'art. 718 c.p., non è necessaria la effettiva acquisizione di denaro o altra utilità, essendo sufficiente che vi sia da parte del giocatore la finalità di conseguire il lucro, successivo ed eventuale.
Cass. civ. n. 16501/2004
Gli apparecchi elettronici che riproducono il gioco del poker vanno qualificati quali apparecchi per il gioco d'azzardo, e come tali vietati ai sensi dell'art. 110, comma 5, del R.D. 18 giugno 1931 n. 773, e successive modificazioni, purché consentano la vincita di un qualsiasi premio in danaro o in natura, ivi compresa la ripetizione o il prolungamento della partita, in quanto connotati da aleatorietà assoluta, atteso che il divieto contenuto nel successivo comma 6 del citato art. 110 intende soltanto precisare che gli apparecchi in questione non possono in nessun caso qualificarsi come apparecchi da trattenimento o da abilità, anche se rispettano i requisiti di costo, durata e di vincita previsti per tale tipologia di apparecchi da gioco.
Cass. civ. n. 33033/2003
La condotta consistente nell'esercizio di giuochi d'azzardo svolto mediante apparecchi automatici ed elettronici denominati videopoker, il cui utilizzo è vietato dall'art. 110 T.U.L.P.S., configura la contravvenzione di cui all'art. 718 c.p. e non il reato previsto dall'art. 4 L. 13 dicembre 1989 n. 401 che riguarda l'uso di apparecchi elettronici finalizzato all'esercizio abusivo del giuoco del lotto, di scommesse o di concorsi prognostici.
Cass. civ. n. 42536/2002
A seguito della modificazione apportata dall'art. 110 del Tulps (R.D. 18 giugno 1931 n. 773) dall'art. 37 della legge 23 dicembre 2000 n. 388, la distinzione tra giuochi d'azzardo e giuochi di trattenimento non si basa più soltanto sugli elementi dell'aleatorietà della vincita e dell'abilità del giocatore, ma altresì su quello del valore del costo della partita che non deve essere superiore ad un euro e sulla esclusione di premi in danaro o in natura, con la ulteriore precisazione che in tale caso non è necessario il riscontro del fine di lucro.
Cass. civ. n. 42519/2002
Il giuoco d'azzardo, punito dall'art. 718 c.p., si configura allorché l'abilità del giocatore assume un ruolo minimo rispetto alla aleatorietà dovuta alla fortuna ed al caso e sussiste un fine di lucro, che può essere escluso solo allorquando la posta sia talmente tenue da avere un valore del tutto irrilevante.
Cass. civ. n. 40514/2002
Gli apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici nei quali l'elemento dell'abilità ed il fine del trattenimento sono preponderanti rispetto all'elemento aleatorio ed il valore del costo della partita non supera il valore della moneta metallica corrente di un euro, per essere ritenuti di trattenimento o da gioco di abilità devono rispettare tutte le prescrizioni di cui all'art. 110, comma 5, del T.U.L.P.S. (R.D. 18 giugno 1931 n. 773, come modificato dall'art. 37 della legge 23 dicembre 2000 n. 388), atteso che una volta esclusa la configurabilità del gioco d'azzardo, di cui al comma 4 dello stesso articolo, l'apparecchio non può essere ritenuto per ciò solo di intrattenimento o di abilità, ma deve rispettare le condizioni riportate nello stesso comma 5 per essere qualificato come lecito e non integrare la violazione del citato art. 110.
Cass. civ. n. 38647/2002
A seguito delle modifiche apportate all'art. 110 del R.D. 18 giugno 1931 n. 773 dall'art. 37 della legge 23 dicembre 2000 n. 388 vanno individuate tre diverse categorie di apparecchi automatici, semiautomatici ed elettronici: a) gli apparecchi o congegni per il gioco di azzardo di cui al comma quarto del citato articolo; b) gli apparecchi e congegni di trattenimento o di abilità, ex comma 5; c) gli apparecchi di abilità come definiti dal comma 6 dello stesso art. 110. In particolare costituiscono apparecchi o congegni per il gioco d'azzardo quelli caratterizzati dall'alea, avendo insita la scommessa o consentendo vincite puramente aleatorie, e da un premio economicamente rilevante, ovvero che consentono la vincita di un qualsiasi premio in danaro o in natura diverso dal prolungamento o dalla ripetizione della partita oltre le dieci volte.
Cass. civ. n. 38054/2002
Il reato di cui all'art. 110 del Tulps (R.D. 18 giugno 1931 n. 773), come da ultimo modificato dall'art. 37 della legge 18 giugno 2000 n. 388, uso di apparecchi da giuoco di genere vietato in locali pubblici o aperti al pubblico, è certamente integrato dall'utilizzazione dei cd. videopoker, caratterizzati dalla prevalenza dell'alea sull'abilità, ma al fine di configurare l'eventuale concorrenza con il reato di cui all'art. 718 c.p. occorre accertare l'ulteriore requisito previsto nella disposizione codicistica e costituito dal fine di lucro.
Cass. civ. n. 37148/2002
L'art. 110 del R.D. 18 giugno 1931 n. 773, come da ultimo sostituito dall'art. 37 della legge 23 dicembre 2000 n. 388, a differenza di quanto prevede l'art. 718 c.p., non sanziona l'attività di tenuta o di agevolazione del giuoco d'azzardo ma l'uso di apparecchi da giuoco di genere vietato in locali pubblici o aperti al pubblico, fornendo una definizione di tali apparecchi quali quelli che: a) hanno insita la scommessa; b) pur non avendo insita la scommessa consentono vincite puramente aleatorie di un qualsiasi premio che può essere: 1) in danaro, di qualsiasi importo anche se irrisorio; 2) in natura, anche non concretizzante lucro diversamente da quanto era previsto prima dell'intervento modificativo operato dal citato art. 37 della legge n. 388; 3) corrispondente alla ripetizione di una partita il cui costo superi il valore, in moneta metallica, corrispondente ad un euro. Conseguentemente trattasi di una disciplina non collegata in alcun modo alla nozione di giuoco d'azzardo fornita dall'art. 721 c.p., sia per la diversa ratio della tutela sia in quanto ai sensi dello stesso articolo si ha giuoco d'azzardo, punito dall'art. 718 c.p., quando l'abilità del giocatore ha un ruolo minimo e sussiste un fine di lucro.
Cass. civ. n. 35080/2002
La previsione di cui all'art. 110 del Tulps (R.D. 18 giugno 1931 n. 773, come modificato da ultimo dall'art. 37 della legge 23 dicembre 2000 n. 388, delinea una nozione autonoma degli apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici per il giuoco d'azzardo, atteso che la norma speciale è rivolta a prevenire non soltanto il giuoco d'azzardo sanzionato dal codice penale, agli artt. 718 e 721, bensì qualsiasi attività di gioco che non si risolva in un mero trattenimento, sia pure incentivato dalla possibilità di prolungamento o ripetizione, con limiti, della partita, ma si connetta al possibile conseguimento di una utilità di tipo diverso, così come specificamente delineata dallo stesso art. 110.
Cass. civ. n. 14010/2002
In tema di apparecchi elettronici da gioco la disciplina introdotta con l'art. 37 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, modificatrice dell'art. 110 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, ha lasciato immutata la distinzione tra giochi d'azzardo e di abilità, fondata rispettivamente sull'aleatorietà della vincita e sulla abilità del giocatore, così che la soglia quantitativa della vincita costituisce soltanto un ulteriore limite alla liceità dei giochi di trattenimento e di abilità non riferendosi agli apparecchi e congegni per il gioco d'azzardo. Conseguentemente integra il reato di cui al citato art. 110 l'uso di apparecchi da gioco di genere vietato in locali pubblici o aperti al pubblico che abbiano insita la scommessa o che consentono vincite puramente aleatorie, mentre vanno qualificati come “d'azzardo”, ai fini del divieto di installazione nei luoghi pubblici e aperti al pubblico, nei circoli e nelle sedi di associazioni, sia i giochi predetti sia quelli che comportano vincite di valore superiore ai limiti legislativamente fissati per i giochi leciti.
Cass. civ. n. 41667/2001
In tema di gioco d'azzardo, anche a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 23 dicembre 2000, n. 388 all'art. 110 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 per la distinzione tra macchine e congegni per il gioco d'azzardo e quelli di trattenimento o di abilità, il divieto stabilito dalla norma incriminatrice riguarda gli apparecchi che, avendo insita la scommessa, consentono di realizzare un vantaggio economico eccedente i limiti ivi previsti, in quanto si richiede pur sempre l'esistenza del fine di lucro, secondo la definizione di cui all'art. 721 c.p.
Cass. civ. n. 8842/2001
In caso di richiesta di definizione ex art. 444 c.p.p. del procedimento per il reato di tenuta o agevolazione del gioco d'azzardo mediante videopoker è ammissibile la costituzione di parte civile di un giocatore poiché non può escludersi in astratto la sussistenza di un danno eziologicamente collegato con la commissione del reato, e non essendo necessario, ai fini della detta costituzione, provare l'effettiva sussistenza dei danni ed il nesso di causalità.
Cass. civ. n. 6519/2001
In materia di gioco d'azzardo la nuova disciplina di cui alla legge n. 388 del 2000 ha lasciato immutata la distinzione tra giochi di azzardo e di trattenimento basata rispettivamente sull'aleatorietà della vincita e sulla abilità del giocatore, mentre la soglia quantitativa della vincita costituisce soltanto un ulteriore limite alla liceità dei giochi di trattenimento e di abilità e non riguarda gli apparecchi e congegni per il gioco di azzardo.