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Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1952 del 19 giugno 1997

Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1952 del 19 giugno 1997

Testo massima n. 1

Il giudizio prognostico sulla probabile concessione della sospensione condizionale della pena, che legittima il rigetto della richiesta di applicazione della misura cautelare ai sensi dell’art. 275 comma 2 bis c.p.p., implica l’esclusione del pericolo di reiterazione del reato, dal momento che la concessione della sospensione è indefettibilmente correlata ad una previsione favorevole in ordine alla condotta futura del condannato. [ Nell’affermare il principio di cui in massima la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento del tribunale che aveva confermato il rifiuto del Gip di emissione di un’ordinanza cautelare conseguente alla convalida dell’arresto per spaccio di sostanze stupefacenti, rifiuto motivato con riferimento al probabile riconoscimento dell’ipotesi lieve prevista dal quinto comma dell’art. 73 D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 e alla conseguente concessione della sospensione condizionale della pena, pur non avendo il giudice escluso la sussistenza del pericolo di reiterazione del reato ].

Testo massima n. 2

L’istituto della rimessione del processo, come disciplinato dall’art. 45 c.p.p., può trovare applicazione soltanto quando si sia effettivamente determinata in un certo luogo una situazione obiettiva di tale rilevanza da coinvolgere l’ordine processuale – inteso come complesso di persone e mezzi apprestato dallo Stato per l’esercizio della giurisdizione – sicché tale situazione, non potendo essere eliminata con il ricorso agli altri strumenti previsti dalla legge per i casi di alterazione del corso normale del processo – quali l’astensione o la ricusazione del giudice -, richiede necessariamente il trasferimento del processo ad altra sede giudiziaria. Consegue che non hanno rilevanza ai fini dell’applicazione dell’istituto vicende riguardanti singoli magistrati che hanno svolto funzioni giurisdizionali nel procedimento, non coinvolgenti l’organo giudiziario nel suo complesso; né il dedotto “accanimento” usato nei confronti dell’imputato dal pubblico ministero, data la natura di parte rivestita dall’organo di accusa; né il coinvolgimento del pubblico ministero in un processo penale riguardanti illeciti nella conduzione delle indagini, non integrando ciò una “grave situazione locale” tale da turbare lo svolgimento del processo.

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