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Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1824 del 20 luglio 1992

Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1824 del 20 luglio 1992

Testo massima n. 1

Il decreto con il quale il giudice dà atto dell’assoluto impedimento a procedere all’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare [ art. 294, comma ottavo, c.p.p. ] va ritenuto inoppugnabile in base al principio di tassatività dei mezzi di gravame. Nè la sottoponibilità a censura di tale provvedimento potrebbe farsi discendere dall’art. 111 Cost. Infatti, l’obbligo di motivare il differimento dell’interrogatorio non è funzionale all’attribuzione di una legittimazione al gravame, ma si collega esclusivamente all’esigenza di predisporre un regime di controllo «interno», al fine di verificare se il potere discrezionale sia stato correttamente esercitato dal giudice e di predisporre rimedi di ordine extraprocessuale nel caso di uso improprio di tale potere; per un altro verso, la funzione di garanzia assegnata all’interrogatorio previsto dal citato art. 294 [ e, conseguentemente, al suo differimento ] non implica alcun coinvolgimento della relativa disciplina nell’area dell’art. 13 Cost., non derivando dall’espletamento di esso alcuna diretta conseguenza sulla libertà personale, in quanto soltanto l’assenza dell’interrogatorio nel prescritto termine di cinque giorni e non pure il mancato espletamento di esso in conseguenza del provvedimento motivato di differimento comporta la cessazione dello
status custodiae.

Testo massima n. 2

Il diniego di applicazione della custodia cautelare in luogo di cura in sostituzione della custodia in carcere motivato con l’assenza di pericolosità dell’indagato è in contrasto con il dettato dell’art. 286 c.p.p., che non indica fra le condizioni per la tramutazione della misura un simile requisito, richiedendo soltanto, perché il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale, disponga il ricovero provvisorio dell’indagato in un’idonea struttura del servizio psichiatrico, che la persona da sottoporre a misura cautelare si trovi in stato di infermità di mente da escludere o da menomare grandemente la sua capacità di intendere e di volere. [ Nell’affermare il suddetto principio la S.C. ha precisato che la norma dell’art. 286 c.p.p., con riferimento al tempus commissi delicti, è da riferire tanto alla persona che si sospetti infermo di mente tunc et nunc, quanto, per l’espresso rinvio derivante dall’art. 73, comma terzo, dello stesso codice, all’infermo di mente soltanto
nunc ].

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