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Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 3447 del 19 marzo 1998

Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 3447 del 19 marzo 1998

Testo massima n. 1

Il delitto di omissione di referto è reato di pericolo e non di danno e, per stabilire se il caso in merito al quale il sanitario ha prestato la sua opera possa presentare i caratteri di un reato perseguibile di ufficio, è necessario far ricorso ad un criterio di valutazione che tenga conto della peculiarità in concreto del caso, in ordine alla possibilità che esso dia luogo alle condizioni richieste ex lege per la punibilità del delitto. Quanto al profilo soggettivo, il reato è punito a titolo di dolo, consistente nella conoscenza degli elementi del fatto per il quale si è prestata dal sanitario la propria opera o assistenza, che valgano a disegnare, ancorché possibilisticamente, la figura di un delitto perseguibile d’ufficio, e quindi l’obbligo del referto è nella conseguente coscienza e volontà da parte del sanitario di omettere o ritardare di riferirne all’autorità di cui all’art. 361 c.p. [ Fattispecie in materia di lesioni subite in ambiente di lavoro con violazione delle norme antinfortunistiche. La Corte ha escluso che il sanitario potesse non rendersi conto che si trattava di un delitto procedibile d’ufficio ].

Testo massima n. 2

Nel caso in cui l’imputato abbia subordinato la richiesta di applicazione della pena alla concessione della sospensione condizionale, ancorché il pubblico ministero abbia aderito alla richiesta, il giudice resta comunque investito del potere-dovere di verificare la concedibilità del beneficio e deve rigettare la richiesta, a norma del comma terzo dell’art. 444 c.p.p., se la verifica conduca a rilevare la sussistenza di condizioni ostative alla concessione del beneficio. Se il giudice non si adegui a tale “regula juris” la sentenza è affetta da nullità nel suo insieme, e non solo nella parte relativa al punto della sospensione, perché emessa a seguito di un’istanza inefficace e deve, conseguentemente, essere annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al giudice “a quo” per l’ulteriore corso.

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