Cass. civ. n. 11138 del 23 dicembre 1994

Testo massima n. 1


L'esercizio della facoltà di ogni condomino di servirsi della cosa comune, nei limiti indicati dall'art. 1102 c.c., deve esaurirsi della sfera giuridica e patrimoniale del diritto di comproprietà sulla cosa medesima e non può essere esteso, quindi, per il vantaggio di altre e diverse proprietà del medesimo condomino perché in tal caso si verrebbe ad imporre una servitù sulla cosa comune per la cui costituzione è necessario il consenso di tutti i condomini.

Testo massima n. 2


Per il combinato disposto degli artt. 1117 e 840 c.c., il sottosuolo costituito dalla zona esistente in profondità al di sotto dell'area superficiale che è alla base dell'edificio condominiale, ancorché non menzionato espressamente da detto art. 1117, va considerato di proprietà comune in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva a uno dei condomini, e ciò anche con riguardo alla funzione di sostegno che esso contribuisce a svolgere per la stabilità del fabbricato. Pertanto, un condomino non può senza il consenso degli altri partecipanti alla comunione procedere alla escavazione in profondità del sottosuolo per ricavarne nuovi locali o per ingrandire quelli preesistenti, giacché con l'attrarre la cosa comune nell'orbita della sua disponibilità esclusiva, viene a ledere il diritto di proprietà dei condomini su una parte comune dell'edificio.

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