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Cassazione civile Sez. I sentenza n. 13685 del 13 giugno 2006

Cassazione civile Sez. I sentenza n. 13685 del 13 giugno 2006

Testo massima n. 1

Il soggetto che proponga appello — non diversamente da chi proponga ricorso per cassazione — nell’asserita qualità di erede di colui che ha partecipato al precedente grado del giudizio deve allegare la propria legitimatio ad causam per essere subentrato nella medesima posizione del proprio autore e fornirne, quindi, tramite le opportune produzioni documentali, la necessaria dimostrazione, provando sia il decesso della parte originaria, sia l’asserita qualità di erede. La mancanza di tale prova è circostanza rilevabile d’ufficio, al di là della contestazione della controparte, in quanto attinente alla titolarità del diritto processuale di adire il giudice dell’impugnazione e, come tale, alla regolare instaurazione del contraddittorio. Ai fini del convincimento probatorio, il giudice può utilizzare come argomento di prova, ex art. 116 c.p.c., il comportamento tenuto dalle parti, ed in particolare il fatto che la controparte consideri l’intervenuta successione come verificata e riconosca la qualità di erede, ovvero imposti una linea difensiva incompatibile con la mancanza di quella qualità [ Enunciando il principio di cui in massima, la Corte di cassazione ha confermato la sentenza impugnata, che aveva dichiarato l’appello inammissibile, essendosi l’appellante limitata, per un verso, a qualificarsi erede della parte del grado precedente, senza neppure allegare i fatti costitutivi di detta qualità, e, per l’altro, a produrre — a seguito dell’invito da parte del collegio a rendere chiarimenti, in un caso nel quale la qualità di erede dell’impugnante non poteva considerarsi un fatto pacifico — soltanto un atto di donazione a proprio favore stipulato anteriormente all’instaurazione della lite, dal quale risultava che l’immobile oggetto di causa era stato trasferito dal padre — parte nel giudizio di primo grado — alla figlia appellante ].

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