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Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 5575 del 13 maggio 1998

Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 5575 del 13 maggio 1998

Testo massima n. 1

Ai sensi dell’art. 357 c.p., è pubblico ufficiale non solo colui il quale con la sua attività concorre a formare quella dello Stato o degli altri enti pubblici, ma anche chi è chiamato a svolgere attività avente carattere accessorio o sussidiario ai fini istituzionali degli enti pubblici, in quanto anche in questo caso si verifica, attraverso l’attività svolta, una partecipazione, sia pure in misura ridotta, alla formazione della volontà della pubblica amministrazione. Ne consegue che, per rivestire la qualifica di pubblico ufficiale, non è indispensabile svolgere un’attività che abbia efficacia diretta nei confronti dei terzi – nel senso cioè che caratteristica della pubblica funzione debba essere quella della rilevanza esterna dell’attività medesima – giacché ogni atto preparatorio, propedeutico ed accessorio, che esaurisca nell’ambito del procedimento amministrativo i suoi effetti certificativi, valutativi o autoritativi, seppure destinato a produrre effetti interni alla pubblica amministrazione, comporta, in ogni caso, l’attuazione completa e connaturale dei fini dell’ente pubblico e non può essere isolato dall’intero contesto delle funzioni pubbliche. [ Nella fattispecie, i giudici della corte di merito, in riforma della sentenza di condanna pronunciata dal tribunale in primo grado, avevano assolto dai reati di concussione e tentata concussione un impiegato comunale – addetto alla sezione agricoltura ed alla direzione dei lavori appaltati con gare ufficiose – accusato di aver indotto ovvero tentato di indurre alcune persone a versargli somme di danaro, con la minaccia di non invitarli più a partecipare alle gare ufficiose suddette. La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso proposto dal P.M. e nell’enunciare il principio di cui in massima, ha annullato con rinvio l’impugnata sentenza precisando che il giudice di merito, in sede di rinvio e sulla scorta di tutto quanto emerso nel processo circa i compiti svolti dall’imputato, avrebbe dovuto valutare se nella sua attività l’imputato stesso era provvisto di poteri autoritativi e se l’attività certificativa svolta assumeva rilievo in ordine alla formazione della volontà dell’ente comunale quanto ai rapporti di appalto e di lavoro subordinato con terzi estranei all’amministrazione ].

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