Cass. civ. n. 2803 del 5 aprile 1990

Testo massima n. 1


In tema di obbligazioni pecuniarie, il debito degli interessi «moratori», alla cui sussistenza è correlata la risarcibilità del «maggior danno» (art. 1224 c.c.), non coperto da detti interessi, presuppone l'esistenza di un'obbligazione, ma trova la sua causa immediata nella mora, cioè nel ritardo colpevole dell'adempimento, fonte esclusiva e diretta della responsabilità del debitore per il risarcimento del danno sofferto dal creditore a seguito e per effetto del ritardato pagamento. Ne discende che ove il ritardo nell'adempimento sia dipeso da causa non imputabile al debitore — ipotesi nella quale rientra il caso che il mancato pagamento debba ritenersi giustificato dall'inadempimento del creditore ex art. 1460 c.c. — non potrà farsi luogo, in difetto del necessario presupposto della mora, né alla condanna del debitore alla corresponsione degli interessi moratori, né a quella al risarcimento del «maggior danno» ai sensi dell'art. 1224 c.c.

Testo massima n. 2


L'azione di risoluzione del contratto ex art. 1456 c.c., tendendo ad una pronuncia dichiarativa dell'avvenuta risoluzione di diritto a seguito dell'inadempimento di una delle parti, previsto come determinante per la sorte del rapporto, ed in conseguenza della esplicita dichiarazione dell'altra parte di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa, ha presupposti, caratteri e natura sostanzialmente diversi dall'azione ordinaria di risoluzione, ex art. 1453 c.c., che tende ad una pronuncia costitutiva, previo l'accertamento, ad opera del giudice, della gravità dell'inadempimento; con la conseguenza che ove una delle due domande sia proposta per la prima volta in grado d'appello, essa deve considerarsi nuova, ai fini di cui all'art. 345, c.p.c.

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