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Cassazione civile Sez. III sentenza n. 12124 del 19 agosto 2003

Cassazione civile Sez. III sentenza n. 12124 del 19 agosto 2003

Testo massima n. 1

Il risarcimento del danno non patrimoniale da uccisione di congiunto postula la verifica della sussistenza degli elementi nei quali si articola l’illecito civile extracontrattuale definito dall’art. 2043 c.c. e, dunque, del nesso di causalità tra azione ed evento [ sotto il profilo della propagazione intersoggettiva delle conseguenze del medesimo fatto illecito ], del collegamento giuridico tra fatto e conseguenze dannose [ laddove la risarcibilità va estesa ai danni mediati ed indiretti che costituiscano effetti normali del fatto illecito secondo il criterio della c.d. regolarità causale ], dell’elemento soggettivo [ laddove la prevedibilità dell’evento dannoso è insita nella normalità che la vittima sia inserita in un nucleo familiare ].

Il danno non patrimoniale da uccisione di congiunto, quale tipico danno-conseguenza, non coincide con la lesione dell’interesse [ non è in re ipsa ] e come tale deve essere allegato e provato da chi chiede il relativo risarcimento. Tuttavia, trattandosi di pregiudizio che si proietta nel futuro, è consentito il ricorso a valutazioni prognotiche ed a presunzioni, sulla base degli elementi obiettivi che è onere del danneggiato fornire. La sua liquidazione avviene in base a valutazione equitativa che tenga conto dell’intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore utile circostanza, quali la consistenza più o meno ampia del nucleo familiare, le abitudini di vita, l’età della vittima e dei singoli superstiti.

Testo massima n. 2

Nel procedere alla liquidazione del danno futuro, il giudice del merito può far ricorso alle tabelle di cui al R.D. n. 1403 del 1922, oppure ricorrere alle regole di equità di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c., trattandosi di criteri [ peraltro integrabili tra loro ] non tassativi e costituendo tale scelta un giudizio di merito che, se congruamente motivato, è insindacabile in sede di legittimità. Nel caso in cui però faccia ricorso alle menzionate tabelle del 1922, il giudice deve tenere conto dell’aumento della vita media sopravvenuto rispetto a quell’anno, in modo da adattare il risultato tabellare alle condizioni attualmente esistenti.

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