Cass. civ. n. 4716 del 9 marzo 2004

Testo massima n. 1


L'art. 23, comma quinto, reg. esec. c.s., approvato con D.P.R. n. 495/1992, che consente al titolare della tessera di riconoscimento di cui al comma quarto (ossia al personale di cui al comma primo dello stesso articolo, il quale richiama, a sua volta, il personale di alcune amministrazioni pubbliche che, ai sensi dell'art. 12, comma terzo, del codice, può effettuare «la prevenzione e l'accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale e la tutela e il controllo sull'uso delle strade») «la libera circolazione sui trasporti pubblici urbani e sui trasporti automobilistici di linea nell'ambito del territorio di competenza delle amministrazioni di appartenenza», deve logicamente interpretarsi nel senso che la libera circolazione è consentita a tutto il personale abilitato a svolgere i servizi di polizia stradale e di tutela e controllo sull'uso delle strade (nella fattispecie, si trattava di un dipendente dell'Anas), onde facilitarne le attività di prevenzione e di accertamento delle relative violazioni, sempreché tale circolazione sia finalizzata alle richiamate attività, e deve, pertanto, escludersi che essa sia consentita in altre ipotesi, quale quella di viaggi per esigenze di tipo personale o privato; tuttavia, proprio al fine di privilegiare l'interesse ad un ampio ed incondizionato svolgimento delle attività predette, senza inopportuni intralci burocratici, la prova della mancanza di connessione tra circolazione e svolgimento di tali attività, ai fini dell'obbligo di pagamento del biglietto, deve essere fornita dall'amministrazione titolare del servizio di trasporto pubblico, e non dall'agente (cui sia contestata la contravvenzione all'obbligo del pagamento del biglietto).

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