Cass. civ. n. 3081 del 5 ottobre 1994

Testo massima n. 1


In caso di violazione da parte della moglie divorziata del divieto di uso del cognome del marito (art. 5, comma secondo, legge 1 dicembre 1970, n. 898, nel testo sostituito dall'art. 9 L. 6 marzo 1987, n. 74) quest'ultimo può, ai sensi dell'art. 7 c.c., chiedere la cessazione del fatto lesivo ed altresì agire per il risarcimento del danno. Tuttavia, mentre per l'inibitoria è sufficiente che l'attore dimostri, oltre all'uso illegittimo del proprio nome, la possibilità che da ciò gli derivi pregiudizio — il quale può essere, quindi, meramente potenziale ovvero di ordine soltanto morale — ai fini dell'azione risarcitoria, devono sussistere i requisiti soggettivi ed oggettivi dell'illecito aquiliano, ex artt. 2043 ss. c.c., sicché non solo è necessaria l'esistenza di un pregiudizio effettivo, ma questo, se non ha carattere patrimoniale, è risarcibile, ai sensi dell'art. 2059 c.c., soltanto ove nella condotta dell'indebito utilizzatore sia configurabile un illecito penalmente sanzionato.

Ogni caso ha la sua soluzione su misura.

Siamo il tuo partner nel momento del bisogno.

CHAT ON LINE