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Cassazione civile Sez. III sentenza n. 11609 del 31 maggio 2005

Cassazione civile Sez. III sentenza n. 11609 del 31 maggio 2005

Testo massima n. 1

Un evento dannoso è da considerare causato sotto il profilo materiale da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo [ cosiddetta teoria della conditio sine qua non ]: ma nel contempo non è sufficiente tale relazione causale per determinare una causalità giuridicamente rilevante, dovendosi, all’interno delle serie causali così determinate, dare rilievo a quelle soltanto che, nel momento in cui si produce l’evento causante, non appaiano del tutto inverosimili [ cosiddetta teoria della causalità adeguata o della regolarità causale, la quale in realtà, oltre che una teoria causale, è anche una teoria dell’imputazione del danno ]. In tal senso viene in rilievo una nozione di prevedibilità che è diversa da quella delle conseguenze dannose, cui allude l’art. 1225 c.c., ed anche dalla prevedibilità posta a base del giudizio di colpa, poiché essa prescinde da ogni riferimento alla diligenza dell’uomo medio, ossia all’elemento soggettivo dell’illecito, e concerne, invece, le re¬gole statistiche e probabilistiche necessarie per stabilire il collegamento di un certo evento ad un fatto. Nell’ambito di detta nozione di prevedibilità in tema di responsabilità aquiliana sono risarcibili anche i danni indiretti e mediati, purché appunto siano un effetto normale secondo il suddetto prin¬cipio della causalità adeguata. Tuttavia, in riferi¬mento all’illecito aquiliano per omissione colposa, detta nozione di prevedibilità statistica dev’essere adattata alla circostanza che in esso il giudizio causale assume come termine iniziale la condotta in quanto colposa [ in senso proprio od improprio ] e non la mera causalità materiale, di modo che per l’imputazione della responsabilità occorre che il danno sia una concretizzazione del rischio che la norma di condotta violata tendeva a prevenire, verificandosi un intreccio fra la causalità e la colpa, giacché la causalità nell’omissione non può essere meramente materiale, in quanto
ex nihilo nihil fit ed il suo accertamento postula un giudizio ipotetico sulla idoneità dell’azione prescritta e colpevolmente omessa ad impedire l’evento, pur restando, comunque, distinguibili il piano della causalità e quello della colpevolezza. Anche in relazione alla causalità nell’omissione in ordine all’illecito aquiliano resta applicabile il principio per cui, non avendo l’art. 2056 c.c. richiamato l’art. 1225 c:c., sono risarcibili sia i danni prevedibili che imprevedibili, atteso che le dette particolarità rilevano sul piano della causalità giuridica di cui all’art. 1223 c.c. e non su quello della causalità materiale di cui agli artt. 40 e 41 c.p.

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