14 Mag Cassazione civile Sez. Lavoro sentenza n. 3785 del 17 febbraio 2009
Testo massima n. 1
In tema di responsabilità del datore di lavoro per mancato rispetto dell’obbligo di prevenzione di cui all’art. 2087 cod. civ è necessario che l’evento dannoso sia riferibile a sua colpa, non potendo esso essere ascritto al datore medesimo a titolo di responsabilità oggettiva. Il relativo accertamento costituisce un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se logicamente e congruamente motivato. [ Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto che le lesioni subite da un portalettere scivolato su una lastra di ghiaccio non fossero riferibili a colpa delle Poste Italiane s.p.a., atteso che nessuna norma, legale o contrattuale, imponeva a detto datore di lavoro di dotare i portalettere di scarpe antiscivolo e che non risultavano violate le norme di comune prudenza, potendo le condizioni metereologiche ed ambientali mutare anche nel corso della giornata lavorativa, senza che ciò fosse facilmente prevedibile in anticipo ].
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Testo massima n. 2
Per “mobbing” si intende comunemente una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità. Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto, rilevanti: a ] la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b ] l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c ] il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psicofisica del lavoratore; d ] la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio.
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