Art. 317 bis – Codice civile – Rapporti con gli ascendenti
Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni.
L'ascendente al quale è impedito l'esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinchè siano adottati i provvedimenti più idonei nell'esclusivo interesse del minore. Si applica l'articolo 336, secondo comma.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 453/2024
Il termine per impugnare il provvedimento reso in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio, anche nel regime processuale di cui all'art. 38 disp. att. c.c., come sostituito dall'art. 3 della l. n. 219 del 2012, nel quale era applicabile, in quanto compatibile, il rito camerale ex artt. 737 e ss. c.p.c., è quello ordinario previsto dagli artt. 325 e 327 c.p.c. e non quello di dieci giorni di cui all'art. 739, comma 2, c.p.c., non valendo le regole idonee ad arrecare un vulnus ai diritti della difesa, tenuto conto della particolare rilevanza dei diritti e degli interessi in gioco, richiedenti una elaborazione di strategie difensive anche di una certa complessità, sicché, in caso di provvedimento notificato, opera il termine di trenta giorni previsto dall'art. 325 c.p.c.
Cass. civ. n. 34251/2023
L'indivisibilità dell'obbligazione va rapportata non alla prestazione, ma all'oggetto di essa, ex art. 1316 c.c.: ne consegue che deve escludersi la solidarietà attiva in relazione al credito risarcitorio da inadempimento di contratto d'opera professionale avente ad oggetto la redazione di un progetto di per sé frazionabile, non potendosi in tal caso qualificare l'obbligazione come indivisibile. (Nella specie, la S.C. ha escluso l'applicazione dell'indicato principio trattandosi di obbligazione risarcitoria per equivalente, avente quale presupposto l'inadempimento di un contratto di opera professionale, per la quale la solidarietà attiva non si presume, ma deve risultare dalla legge o dal titolo).
Cass. civ. n. 2881/2023
Il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni è funzionale all'interesse di questi ultimi e presuppone una relazione positiva, gratificante e soddisfacente per ciascuno di essi, pertanto il giudice non può disporre il mantenimento di tali rapporti dopo aver riscontrato semplicemente l'assenza di alcun pregiudizio per i minori, dovendo invece accertare il preciso vantaggio a loro derivante dalla partecipazione degli ascendenti al progetto educativo e formativo che li riguarda, senza imporre alcuna frequentazione contro la volontà espressa dei nipoti che abbiano compiuto i dodici anni o che comunque risultino capaci di discernimento, individuando piuttosto strumenti di modulazione delle relazioni, in grado di favorire la necessaria spontaneità dei rapporti.
Cass. civ. n. 21054/2022
Il coniuge separato che intenda trasferire la sua residenza lontano da quella dell'altro coniuge, non perde - per ciò solo - l'idoneità ad avere in affidamento i figli minori o ad esserne collocatario, in quanto stabilimento e trasferimento della propria residenza e sede lavorativa costituiscono oggetto di libera e non coercibile opzione dell'individuo, espressione di diritti fondamentali di rango costituzionale. Per modo che, ferma restando la libera scelta del genitore collocatario di trasferire la propria residenza in altro luogo unitamente ai minori, il giudice, ove non sia in discussione l'idoneità del medesimo genitore ad essere affidatario o collocatario dei figli, deve esclusivamente valutare se sia maggiormente funzionale all'interesse della prole il collocamento presso l'uno o l'altro dei genitori, per quanto ciò ineluttabilmente incida in negativo sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non collocatario.
Cass. civ. n. 34566/2022
Alla luce dei principi desumibili dall'art. 8 CEDU, dall'art. 24, co. 2, della Carta di Nizza e dagli artt. 2 e 30 Cost., il diritto degli ascendenti, azionabile anche in giudizio, di instaurare e mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, previsto dall'art. 317-bis c.c., cui corrisponde lo speculare diritto del minore di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti, ai sensi dell'art. 315-bis c.c., non va riconosciuto ai soli soggetti legati al minore da un rapporto di parentela in linea retta ascendente, ma anche ad ogni altra persona che affianchi il nonno biologico del minore, sia esso il coniuge o il convivente di fatto, e che si sia dimostrato idoneo ad instaurare con il minore medesimo una relazione affettiva stabile, dalla quale quest'ultimo possa trarre un beneficio sul piano della sua formazione e del suo equilibrio psico-fisico.
Cass. civ. n. 9144/2020
Ciascuno degli ascendenti (o delle persone legate agli stessi da un rapporto di coniugio o di convivenza) è titolare di un proprio diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, previsto dall'art. 317-bis c.c., autonomo rispetto a quello degli altri; tale diritto, coerentemente con l'interpretazione dell'art. 8 Cedu fornita dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, non ha un carattere incondizionato, ma il suo esercizio è subordinato ad una valutazione del giudice avente di mira "l'esclusivo interesse del minore".
Cass. civ. n. 15238/2018
Il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, previsto dall'art. 317-bis c.c., coerentemente con l'interpretazione dell'articolo 8 Cedu fornita dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, non ha un carattere incondizionato, ma il suo esercizio è subordinato ad una valutazione del giudice avente di mira "l'esclusivo interesse del minore". La sussistenza di tale interesse - nel caso in cui i genitori dei minori contestino il diritto dei nonni a mantenere tali rapporti - è configurabile quando il coinvolgimento degli ascendenti si sostanzi in una fruttuosa cooperazione con i genitori per l'adempimento dei loro obblighi educativi, in modo tale da contribuire alla realizzazione di un progetto educativo e formativo volto ad assicurare un sano ed equilibrato sviluppo della personalità del minore.
Cass. civ. n. 19780/2018
Alla luce dei principi desumibili dall'art. 8 CEDU, dall'art. 24, comma 2, della Carta di Nizza e dagli artt. 2 e 30 Cost., il diritto degli ascendenti, azionabile anche in giudizio, di instaurare e mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, previsto dall'art. 317 bis c.c., cui corrisponde lo speculare diritto del minore di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti, ai sensi dell'art. 315 bis c.c., non va riconosciuto ai soli soggetti legati al minore da un rapporto di parentela in linea retta ascendente, ma anche ad ogni altra persona che affianchi il nonno biologico del minore, sia esso il coniuge o il convivente di fatto, e che si sia dimostrato idoneo ad instaurare con il minore medesimo una relazione affettiva stabile, dalla quale quest'ultimo possa trarre un beneficio sul piano della sua formazione e del suo equilibrio psico-fisico.
Cass. civ. n. 27320/2017
In tema di obbligazioni indivisibili, fra le quali rientra la promessa di più soggetti di acquistare in comune un immobile considerato nella sua interezza, l'impossibilità che gli effetti del contratto si producano (o non si producano) pro quota o nei confronti soltanto di alcuni dei promissari comporta che il diritto di ciascuno dei creditori di chiedere l'adempimento dell'intera obbligazione, comune alla disciplina delle obbligazioni solidali, richiamata in materia dall'art. 1317 c.c., non sia oggettivamente suscettibile dell'effetto liberatorio parziale nei confronti degli altri creditori previsto dall'art. 1301 c.c. nell'ipotesi di remissione di uno dei creditori; ciò, peraltro, non comporta la risolubilità del contratto per l'impossibilità di richiedere una prestazione pro quota dell'obbligazione indivisibile, attesa l'espressa previsione nell'art. 1320 c.c. secondo la quale la remissione di uno dei creditori non determina la liberazione del debitore nei confronti degli altri creditori e il loro diritto di domandare la prestazione indivisibile è condizionato, in tal caso, unicamente all'addebito o al rimborso del valore della parte di colui che ha fatto la remissione.
Cass. civ. n. 18194/2015
In tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio, la legge n. 54 del 2006 ha equiparato la posizione dei figli nati "more uxorio" a quella dei figli nati da genitori coniugati, estendendo la disciplina in materia di separazione e divorzio anche ai procedimenti ex art. 317 bis c.c., che hanno assunto autonomia procedimentale rispetto ai procedimenti di cui agli artt. 330, 333 e 336 c.c., senza che abbia alcun rilievo il rito camerale. Ne consegue che i decreti emessi dalla corte d'appello avverso i provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 317 bis c.c. relativi ai figli nati fuori dal matrimonio ed alle conseguenti statuizioni economiche, ivi compresa l'assegnazione della casa familiare, sono impugnabili con ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., ora equiparato sostanzialmente al ricorso ordinario in forza del richiamo operato dall'ultimo comma dell'art. 360 c.p.c. ai commi 1 e 3 (nel testo novellato dal d.lgs. n. 40 del 2006).
Cass. civ. n. 10265/2011
In tema di adozione in casi particolari, ha efficacia preclusiva, ai sensi dell'art. 46 della legge 4 maggio 1983, n. 184, il dissenso manifestato dal genitore naturale non convivente all'adozione del figlio minore a norma dell'art. 44, lettera b), della legge richiamata, dovendo egli ritenersi comunque "esercente la potestà", pur quando lo stesso non sia mai stato convivente con il minore; invero, la legge 8 febbraio 2006, n. 54 sull'esercizio della potestà in caso di crisi della coppia genitoriale e sull'affidamento condiviso, applicabile anche ai figli di genitori non coniugati, ha corrispondentemente riplasmato l'art. 317 bis c.c.. Il principio della bigenitorialità ha, infatti, informato di sé il contenuto precettivo della norma citata, eliminando ogni difformità di disciplina tra figli legittimi e naturali, cosicché la cessazione della convivenza tra genitori naturali non conduce più alla cessazione dell'esercizio della potestà.
Cass. civ. n. 6319/2011
Il decreto emesso ai sensi dell'art. 317 bis c.c. ha natura sostanziale di sentenza, presentando il requisito della decisorietà, risolvendo una controversia tra contrapposte posizioni di diritto soggettivo, e della definitività, con efficacia assimilabile, "rebus sic stantibus" a quella del giudicato; in conseguenza, in relazione a tale decreto, debbono applicarsi i termini di impugnazione dettati dagli artt. 325 e 327 c.p.c., trattandosi di appello mediante ricorso, e non di reclamo ex art. 739 c.p.c.
Cass. civ. n. 23578/2010
La pronuncia della Corte d'Appello, sezione minorenni, riguardante un provvedimento provvisorio ed urgente, emerso, in corso di procedimento, in tema di affidamento del figlio naturale ai sensi dell'art. 317 bis c.c. non è ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111, settimo comma, Cost. attesa la natura strumentale e il carattere revocabile di tale provvedimento che non vengono meno neanche quando l'oggetto delle censure del ricorrente riguardi la lesione di situazioni aventi rilievo processuale la lesione di situazioni aventi rilievo processuale, quali espressione del diritto di azione, ed in particolare del diritto al riesame da parte di un giudice diverso, in quanto la pronunzia sull'osservanza delle norme che regolano il processo, disciplinando i presupposti, i modi e i tempi con i quali la domanda può essere portata all'esame del giudice ha necessariamente la medesima natura dell'atto giurisdizionale cui il processo è preordinato e, pertanto, non può avere autonoma valenza di provvedimento decisorio e definitivo, se di tali caratteri quell'atto sia privo della problematica processuale.
Cass. civ. n. 23032/2009
In tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio, la L. n. 54 del 2006, dichiarando applicabili ai relativi procedimenti le regole da essa introdotte per quelli in materia di separazione e divorzio, esprime, per tale aspetto, un'evidente assimilazione della posizione dei figli di genitori non coniugati a quella dei figli nati nel matrimonio, in tal modo conferendo una definitiva autonomia al procedimento di cui all'art. 317 bis c.c. rispetto a quelli di cui agli artt. 330, 333 e 336 c.c., ed avvicinandolo a quelli in materia di separazione e divorzio con figli minori, senza che assuma alcun rilievo la forma del rito camerale, previsto, anche in relazione a controversie oggettivamente contenziose, per ragioni di celerità e snellezza: ne consegue che, nel regime di cui alla L. n. 54 cit., sono impugnabili con il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., i provvedimenti emessi dalla corte d'appello, sezione per i minorenni, in sede di reclamo avverso i provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 317 bis relativamente all'affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio ed alle conseguenti statuizioni economiche, ivi compresa l'assegnazione della casa familiare.
Cass. civ. n. 19094/2007
Il regime delle impugnazioni dei decreti emessi in sede di reclamo dalla sezione per i minorenni della Corte d'Appello in tema di disciplina del regime delle visite al figlio naturale non è stato modificato dall'introduzione nell'ordinamento processualistico dell'art. 2, comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n. 54, con la conseguenza che i decreti menzionati, essendo suscettibili di revoca e modifica in ogni momento, sono inidonei ad acquisire efficacia definitiva e, pertanto, non sono ricorribili per cassazione ex art. 111 Cost.
Cass. civ. n. 8362/2007
La legge 8 febbraio 2006, n. 54 sull'esercizio della potestà in caso di crisi della coppia genitoriale e sull'affidamento condiviso, applicabile anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, ha corrispondentemente riplasmato l'art. 317 bis c.c., il quale, innovato nel suo contenuto precettivo, continua tuttavia a rappresentare lo statuto normativo della potestà del genitore naturale e dell'affidamento del figlio nella crisi dell'unione di fatto, sicché la competenza ad adottare i provvedimenti nell'interesse del figlio naturale spetta al tribunale per i minorenni, in forza dell'art. 38, primo comma, disp. att. c.c., in parte qua non abrogato, neppure tacitamente, dalla novella. La contestualità delle misure relative all'esercizio della potestà e all'affidamento del figlio, da un lato, e di quelle economiche inerenti al loro mantenimento, dall'altro, prefigurata dai novellati artt. 155 e ss. c.c., ha peraltro determinato — in sintonia con l'esigenza di evitare che i minori ricevano dall'ordinamento un trattamento diseguale a seconda che siano nati da genitori coniugati oppure da genitori non coniugati, oltre che di escludere soluzioni interpretative che comportino un sacrificio del principio di concentrazione delle tutele, che è aspetto centrale della ragionevole durata del processo — una attrazione, in capo allo stesso giudice specializzato, della competenza a provvedere, altresì, sulla misura e sul modo con cui ciascuno dei genitori naturali deve contribuire al mantenimento del figlio.
Cass. civ. n. 6056/2006
In tema di condominio degli edifici, l'azione di accertamento della proprietà comune, in quanto ha ad oggetto la contitolarità del diritto di proprietà in capo a tutti i condomini, è relativa a un rapporto sostanziale plurisoggettivo unitario, dando luogo a un'ipotesi di litisconsorzio necessario fra tutti i condomini; infatti, il giudicato si forma ed è opponibile nei confronti dei soli soggetti che hanno partecipato al giudizio; d'altra parte, poiché non è applicabile ai rapporti assoluti la disciplina specifica dei rapporti obbligatori, non è estensibile alla specie il criterio dettato in materia di obbligazioni indivisibili dall'art. 1306 c.c., in virtù del richiamo di cui all'art. 1317 c.c., secondo cui gli effetti favorevoli di un sentenza pronunciata nei confronti di uno o di alcuni dei diversi componenti dell'obbligazione solidale o indivisibile si comunicano agli altri.
Cass. civ. n. 7287/2005
In tema di obbligazioni indivisibili, fra le quali rientra la promessa di più soggetti di acquistare in comune un immobile considerato nella sua interezza, l'impossibilità che gli effetti del contratto si producano (o non si producano) pro quota o nei confronti soltanto di alcuni dei promissari comporta che il diritto di ciascuno dei creditori di chiedere l'adempimento dell'intera obbligazione, comune alla disciplina delle obbligazioni solidali, richiamata in materia dall'art. 1317 c.c.,non sia oggettivamente suscettibile dell'effetto liberatorio parziale nei confronti degli altri creditori previsto dall'art. 1301 c.c. nell'ipotesi di remissione di uno dei creditori; ciò, peraltro, non comporta la risolubilità del contratto per l'impossibilità di richiedere una prestazione pro quota dell'obbligazione indivisibile, attesa l'espressa previsione nell'art. 1320 c.c. secondo la quale la remissione di uno dei creditori non determina la liberazione del debitore nei confronti degli altri creditori e il loro diritto di domandare la prestazione indivisibile è condizionato, in tal caso, unicamente all'addebito o al rimborso del valore della parte di colui che ha fatto la remissione. (Nella specie è stato ritenuto che, a seguito della rinuncia all'adempimento del contratto preliminare da parte di uno dei promissari acquirenti, l'altro aveva diritto ad ottenere il trasferimento dell'immobile promesso in vendita nella sua interezza).
Cass. civ. n. 911/2002
Il decreto con il quale la Corte d'appello, sezione per i minorenni, in sede di reclamo, impartisca disposizioni inerenti al rapporto tra genitori e figli naturali minori, secondo la previsione dell'art. 317 bis c.c., non è impugnabile con ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., nemmeno per la parte in cui abbia esplicitamente o implicitamente affermato (o negato) la giurisdizione, dato che, le suddette disposizioni, modificabili e revocabili dallo stesso giudice minorile e non idonee, quindi, ad incidere in modo definitivo sulle posizioni soggettive degli interessati, non hanno natura decisoria e che tale connotazione si estenda necessariamente alla definizione di una questione pregiudiziale, priva di effetti vincolanti all'infuori del procedimento nel quale viene resa (nella specie, la Corte d'appello aveva confermato la decadenza della madre dalla potestà sulle figlie minori ed aveva affidato queste ultime al padre, sul presupposto che la genitrice, avendole condotte con sé in Israele, non aveva fatto più ritorno in Italia, sicché le minori erano state riconsegnate al padre solo a seguito di un provvedimento dell'A.G. israeliana, emesso ai sensi della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980. La madre aveva, dunque, proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la giurisdizione sulla richiesta di decadenza dela potestà spettava al giudice israeliano e non a quello italiano. Le Sezioni Unite della S.C., nel pronunciare il massimato principio, hanno dichiarato inammissibile il ricorso).
Cass. civ. n. 5847/1993
I provvedimenti del giudice, previsti dall'art. 317 bis c.c. in materia di esercizio della patria potestà sul figlio minore riconosciuto da entrambi i genitori naturali, concludono procedimenti di giurisdizione non contenziosa ma volontaria, con la conseguenza che nell'ambito dei procedimenti stessi non è ammissibile il ricorso al regolamento di giurisdizione.
Cass. civ. n. 2041/1988
La disposizione dell'art. 2317 c.c. il quale, nelle società in accomandita irregolari, fissa il principio della responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali del socio accomandante ove egli abbia partecipato alle operazioni sociali, ancorché vada interpretata in correlazione con l'art. 2320 c.c. il quale nelle società in accomandita regolari sanziona con la perdita della limitazione della responsabilità alla quota di partecipazione la violazione da parte del socio accomandante del divieto di trattare o concludere affari per conto della società e di compiere atti di amministrazione, comporta testualmente che la perdita del beneficio della responsabilità limitata non richiede un atto di autonoma iniziativa negli affari sociali ma può derivare anche dalla partecipazione ad un atto di gestione intrapreso dagli accomandatari, sia con riguardo ad atti di amministrazione interna, sia ad atti di rappresentanza esterna, in funzione del momento in cui l'atto viene ad esistenza, prescindendo dall'affidamento incolpevole del terzo sull'atto di gestione.
Cass. civ. n. 1832/1976
In analogia a quanto dispone l'art. 1317 c.c. riguardo alle obbligazioni indivisibili le quali, secondo il precedente art. 1316, ricorrono, tra l'altro, quando la prestazione ha per oggetto una cosa o un fatto che non è suscettibile di divisione per sua natura — l'esecuzione dell'obbligo di demolire talune parti comuni di un edificio condominiale deve essere posto, con la sentenza di condanna, solidalmente a carico di tutti i condomini — litisconsorti necessari — salvo il riparto pro quota della relativa spesa nei rapporti interni tra detti obbligati.
Cass. civ. n. 1236/1970
L'obbligazione è indivisibile non solo quando la prestazione ha per oggetto una cosa o un fatto che per sua natura non è suscettibile di divisione, ma anche quando è stata considerata (in base all'insindacabile accertamento dei giudici di merito) indivisibile dalle parti contraenti. Poiché le obbligazioni, oggettivamente o soggettivamente indivisibili, sono regolate dalle norme relative alle obbligazioni solidali, ne consegue che il debitore ha la scelta di pagare all'uno o all'altro dei creditori (purché non sia stato prevenuto da uno di essi, con domanda giudiziale) ed il pagamento ha effetto liberatorio nei riguardi degli altri creditori. Del pari, anche in caso di vendita immobiliare, l'offerta reale fatta ad uno solo dei creditori-venditori, essendo questi tutti legittimati ad esigere l'intera prestazione, è da ritenersi valida e produttiva di effetti giuridici.