Art. 163 – Codice civile – Modifica delle convenzioni
Le modifiche delle convenzioni matrimoniali, anteriori o successive al matrimonio, non hanno effetto se l'atto pubblico [2699] non è stipulato col consenso di tutte le persone che sono state parti nelle convenzioni medesime, o dei loro eredi.
Se uno dei coniugi muore dopo aver consentito con atto pubblico alla modifica delle convenzioni, questa produce i suoi effetti se le altre parti esprimono anche successivamente il loro consenso, salva l'omologazione del giudice. L'omologazione può essere chiesta da tutte le persone che hanno partecipato alla modificazione delle convenzioni o dai loro eredi.
Le modifiche convenute e la sentenza di omologazione hanno effetto rispetto ai terzi solo se ne è fatta annotazione in margine all'atto del matrimonio [34-bis att.].
L'annotazione deve inoltre essere fatta a margine della trascrizione delle convenzioni matrimoniali ove questa sia richiesta a norma degli articoli 2643 e seguenti [2647].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 23351/2024
L'omessa, incompleta o inesatta indicazione, nell'atto di citazione e nella relata di notificazione, del nominativo di una delle parti in causa, è motivo di nullità soltanto ove abbia determinato un'irregolare costituzione del contraddittorio o abbia ingenerato incertezza circa i soggetti ai quali l'atto era stato notificato, mentre l'irregolarità formale o l'incompletezza nella notificazione del nome di una delle parti non è motivo di nullità se dal contesto dell'atto notificato risulti con sufficiente chiarezza l'identificazione di tutte le parti e la consegna dell'atto alle giuste parti; in tal caso, infatti, la notificazione è idonea a raggiungere, nei confronti di tutte le parti, i fini ai quali tende e l'apparente vizio va considerato come un mero errore materiale che può essere agevolmente percepito dall'effettivo destinatario, la cui mancata costituzione in giudizio non è l'effetto di tale errore ma di una scelta cosciente e volontaria. (Nella specie, la S.C. - in relazione ad un processo esecutivo caratterizzato, ex latere creditoris, da una parte plurisoggettiva costituita da 23 creditori procedenti assistiti dal medesimo avvocato - ha escluso la nullità del ricorso in opposizione, con cui la parte opposta era stata evocata come "Amici Marco più ventidue", senza un'analitica specificazione dei nominativi di tutti i procedenti, nonché della sua notificazione, eseguita al difensore della parte così identificata).
Cass. civ. n. 7215/2023
Il decreto di occupazione di urgenza di un fondo oggetto di contratto di affitto determina solo la sospensione dell'esecuzione di tale rapporto durante il protrarsi dell'occupazione, con la nascita in capo al conduttore, (il cui diritto di godimento non si è potuto esercitare sul bene locato per fatto imputabile all'ente occupante), del diritto di conseguire dal locatore, ai sensi dell'art. 1638 c.c., la mancata rendita realizzabile in base al contratto per tutto il periodo che va dall'immissione in possesso dell'occupante all'inizio dell'opera pubblica, che comporta la definitiva estinzione del diritto di godimento del fondo occupato e non più restituibile. L'indicato diritto dell'affittuario ex art. 1638 c.c.- poiché per il mancato godimento il proprietario-locatore riscuote, di regola, l'indennità di occupazione - si risolve nella pretesa di ottenerne per il periodo accennato il relativo importo, se ed in quanto riscosso dal locatore, depurato delle spese gravanti sull'affittuario, ivi compreso l'importo del canone di locazione.
Cass. civ. n. 5356/2023
In tema di azione revocatoria, la mancata annotazione del fondo patrimoniale nell'atto di matrimonio, pur rendendo lo stesso inopponibile a terzi, non esclude l'interesse all'esercizio dell'azione atteso che la non opponibilità dell'atto di costituzione del fondo è situazione diversa dalla inefficacia conseguente a revoca (potendo la convenzione divenire, in ogni momento, opponibile con la successiva annotazione) e che la destinazione del bene nel fondo patrimoniale, a prescindere dall'annotazione, può essere sufficiente a rendere più incerta e difficile la realizzazione del diritto.
Cass. civ. n. 7215/2023
Il decreto di occupazione di urgenza di un fondo oggetto di contratto di affitto determina solo la sospensione dell'esecuzione di tale rapporto durante il protrarsi dell'occupazione, con la nascita in capo al conduttore, (il cui diritto di godimento non si è potuto esercitare sul bene locato per fatto imputabile all'ente occupante), del diritto di conseguire dal locatore, ai sensi dell'art. 1638 c.c., la mancata rendita realizzabile in base al contratto per tutto il periodo che va dall'immissione in possesso dell'occupante all'inizio dell'opera pubblica, che comporta la definitiva estinzione del diritto di godimento del fondo occupato e non più restituibile. L'indicato diritto dell'affittuario ex art. 1638 c.c.- poiché per il mancato godimento il proprietario-locatore riscuote, di regola, l'indennità di occupazione - si risolve nella pretesa di ottenerne per il periodo accennato il relativo importo, se ed in quanto riscosso dal locatore, depurato delle spese gravanti sull'affittuario, ivi compreso l'importo del canone di locazione.
Cass. civ. n. 11465/2021
Ai fini dell'usucapione, il requisito della non clandestinità va riferito non agli espedienti che il possessore potrebbe attuare per apparire proprietario, ma al fatto che il possesso sia stato acquistato ed esercitato pubblicamente, cioè in modo visibile a tutti o almeno ad un'apprezzabile ed indistinta generalità di soggetti e non solo dal precedente possessore o da una limitata cerchia di persone che abbiano la possibilità di conoscere la situazione di fatto soltanto grazie al proprio particolare rapporto con quest'ultimo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di appello che aveva accertato l'avvenuto acquisto per usucapione della proprietà di un dipinto oggetto di furto, che il possessore aveva ricevuto in donazione e tenuto per circa quaranta anni appeso alla parete del salotto della sua abitazione, sul rilievo che il bene, pur collocato in modo conforme alla sua destinazione tipica, non era stato oggetto di possesso pubblico e non clandestino, perché destinato ad essere visibile solo dalla ristretta cerchia di persone che frequentavano la casa). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 10/12/2015).
Cass. civ. n. 17207/2021
Ai sensi degli artt. 162 e 163 c.c. affinché la pubblicità relativa alla stipula e alle modifiche delle convenzioni matrimoniali renda le stesse opponibili ai terzi è necessaria e sufficiente l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio iscritto nel registro depositato presso gli uffici del Comune di celebrazione, poiché è presso questi uffici che i terzi interessati hanno l'onere di recarsi per avere conoscenza di come siano stati regolati i rapporti patrimoniali tra i coniugi e non anche presso altri uffici.
Cass. civ. n. 6450/2019
La mancata annotazione, a margine dell'atto di matrimonio, dell'atto di costituzione di un bene in fondo patrimoniale ovvero il difetto della relativa prova risultano irrilevanti al fine di paralizzare l'azione revocatoria promossa avverso l'iscrizione di un bene immobile nel fondo, perché il sistema di pubblicità di cui all'art. 163, comma 3, c.c., fondato sull'annotazione, ha la finalità di rendere la convenzione matrimoniale opponibile ai terzi, ma l'azione revocatoria non ha tra i suoi elementi costitutivi la circostanza che l'atto in relazione al quale è domandata sia opponibile ai creditori.
Cass. civ. n. 26633/2019
Perché il possesso sia utile per l'usucapione è sufficiente che sia stato acquistato ed esercitato pubblicamente, in modo visibile e non occulto, così da palesare l'animo del possessore di volere assoggettare la cosa al proprio potere, mentre la violenza o la clandestinità, quali modalità che escludono che esso giovi all'usucapione, devono verificarsi al momento dell'acquisto, cosicché la sopravvenienza di tali elementi non incide sull'inizio del termine per usucapire. L'accertamento relativo alla qualificazione del possesso ed alla determinazione del decorso del tempo utile al verificarsi dell'usucapione è devoluto al giudice del merito ed il relativo apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici. (Rigetta, CORTE D'APPELLO GENOVA, 07/07/2014).
Cass. civ. n. 7957/2018
In materia di rimborsi e restituzioni conseguenti allo scioglimento della comunione legale dei beni tra coniugi, il riconoscimento del debito, operato durante il matrimonio da uno dei coniugi in favore della comunione, non importa una modifica delle convenzioni matrimoniali e non è pertanto richiesta l'adozione della forma dell'atto pubblico. (Rigetta, CORTE D'APPELLO TRIESTE, 22/07/2014).
Cass. civ. n. 17881/2013
Ai fini dell'usucapione, il requisito della non clandestinità va riferito non agli espedienti che il possessore potrebbe attuare per apparire proprietario, ma al fatto che il possesso sia stato acquistato ed esercitato pubblicamente, cioè in modo visibile a tutti o almeno ad un'apprezzabile ed indistinta generalità di soggetti e non solo dal precedente possessore o da una limitata cerchia di persone che abbiano la possibilità di conoscere la situazione di fatto soltanto grazie al proprio particolare rapporto con quest'ultimo. (Nella specie, relativa alla pretesa usucapione di un lastrico solare a seguito della realizzazione di alcuni lucernari, la corte territoriale aveva rigettato la domanda in quanto il lastrico di copertura non era visibile dalla pubblica via e ad esso si accedeva attraverso una scala stretta e chiusa da una porticina molto nascosta, restando i lucernari - che, in ogni caso, occupavano solo una porzione del lastrico - celati alla vista da un muretto; la S.C., in applicazione del principio di cui alla massima, ha rigettato il ricorso).
Cass. civ. n. 1672/2012
A norma dell'art. 1163 c.c., il possesso è acquistato in modo violento - e, perciò, inutile ai fini dell'usucapione, se non dal momento in cui la violenza è cessata - qualora l'impossessamento sia avvenuto con l'esercizio di una violenza fisica o morale, sicché la legittimità del possesso può aversi anche se esso non abbia tratto origine da una consegna proveniente dal titolare del diritto. Ne consegue che, ove la P.A. abbia occupato "sine titulo" una particella di terreno al di fuori delle regole del procedimento ablatorio, ciò non implica che il possesso debba ritenersi solo per questo acquistato con violenza, così come va escluso che tale violenza possa identificarsi con la trasformazione del bene successivamente alla sua apprensione.
Cass. civ. n. 1549/2010
Nel caso di beni immobili acquistati dallo Stato, ex art. 586 c.c., a titolo di eredità, la mancata conoscenza da parte dell'Amministrazione dell'intervenuto acquisto non impedisce, ai sensi dell'art. 1163 c.c., nel testo (applicabile "ratione temporis") anteriore alla modifica di cui all'art. 1, comma 260, della L. n. 296 del 2006, il decorso del termine utile per l'usucapione del diritto da parte del terzo, dovendo escludersi in tal caso la natura clandestina del possesso continuato per venti anni ed esercitato pubblicamente e pacificamente.
Cass. civ. n. 5381/2006
L'affittuario o altro titolare di diritti personali di godimento sull'immobile espropriato, al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 17 legge n. 865 del 1971, che riconosce il diritto all'indennità aggiuntiva a favore dei soggetti che traggono i propri mezzi di sussistenza dalla coltivazione del fondo, può pretendere dal proprietario già indennizzato la corresponsione della parte d'indennità a lui spettante, e può anche agire con opposizione alla stima e intervenire nell'analogo giudizio proposto dal proprietario espropriato (e tale intervento presenta i connotati dell'intervento autonomo), pur se il pregiudizio lamentato può trovare ristoro, per il principio di unicità, sull'indennità di esproprio, la cui entità è determinata esclusivamente in relazione al valore del terreno, quale si presenta per le sue caratteristiche naturali, economiche e giuridiche, senza che possa assumere rilevanza il pregiudizio del conduttore di non poter svolgere ulteriormente la precedente attività.
Cass. civ. n. 23628/2004
In tema di contratti agrari, all'esito della declaratoria d'illegittimità costituzionale degli artt. 9 e 62 legge n. 203 del 1982 (e delle norme dalle prime richiamate) per effetto della n. 138 del 2002 della Corte Cost. sono divenute prive d'effetto le tabelle per i canoni d'equo affitto e i redditi dominicali stabiliti, per effetto del suindicato art. 62 legge n. 203 del 1982, a norma del R.D.L. n. 589 del 1939R.D.L. 04/04/1939, n. 589, con la conseguenza che risultano legittimi, in mancanza di previsione normativa di livelli massimi d'equità (non potendo al riguardo nemmeno prospettarsi una "riviviscenza" della norma di cui all'art. 1, commi due e ss., legge n. 567 del 1962, a suo tempo abrogata, per incompatibilità, ai sensi dell'art. 58, secondo comma, legge n. 203 del 1982), gli accordi liberamente intervenuti tra le parti - anche senza l'assistenza delle rispettive organizzazioni di categoria - in ordine alla determinazione del canone d'affitto, e risulta conseguentemente priva di fondamento normativo la domanda di ripetizione, "ex" art. 28 legge n. 11 del 1971, delle somme corrisposte in eccedenza a detti livelli.
Cass. civ. n. 318/2002
Sono costituzionalmente illegittimi gli artt. 9 e 62 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari) in quanto prevedono un meccanismo di determinazione del canone di equo affitto ancora basato, nonostante la intervenuta revisione degli estimi catastali, sul reddito dominicale stabilito a norma del regio decreto - legge 4 aprile 1939, n. 589 (Revisione generale degli estimi dei terreni) convertito, con modificazioni, in legge 29 giugno 1939, n. 976.
Cass. civ. n. 3435/1989
L'affittuario di fondo rustico, con riguardo alla perdita dei prodotti del fondo da lui stesso raccolti, subita a seguito del sequestro eseguito da parte dell'istituto mutuante del precedente conduttore, in forza del privilegio convenzionale di cui all'art. 9 del R.D.L. 29 luglio 1927, n. 1509 (convertito, con modificazioni, in L. 5 luglio 1928, n. 1760) non ha diritto al risarcimento del danno nei confronti del concedente in relazione alla garanzia per molestie, da lui dovuta secondo la previsione dell'art. 1585 c.c., in considerazione della insussistenza del diritto di seguito dell'indicato privilegio rispetto a frutti naturali separati da un conduttore diverso, subentrato al mutuario, nonché della non estensibilità della invocata garanzia ai frutti medesimi, dopo la separazione, non essendo gli stessi più inerenti alla «cosa locata», ma appartenendo immediatamente e direttamente all'affittuario.
Cass. civ. n. 1682/1982
Ai sensi dell'art. 1163 c.c., la violenza, quale elemento escludente l'esistenza di un possesso utile ai fini dell'usucapione, deve verificarsi al momento dell'acquisto del possesso, per cui la sopravvenienza di tale elemento non incide sull'inizio del termine per usucapione.
Cass. civ. n. 4496/1977
Nel caso in cui l'estensione di un fondo rustico concesso in affitto venga a ridursi per parziale destinazione del fondo stesso ad uso non agricolo da parte del concedente, il canone deve considerarsi indeterminato per causa sopravvenuta ed il suo mancato pagamento, fino ad una nuova determinazione convenzionale o giudiziale, non può provocare la risoluzione del contratto per inadempimento.