Art. 296 – Codice civile – Consenso per l’adozione
Per l'adozione si richiede il consenso dell'adottante e dell'adottando.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 23425/2024
La domanda giudiziale è idonea ad impedire la decadenza di un diritto non in quanto manifestazione di volontà sostanziale, ma in quanto atto d'impulso di un rapporto processuale volto ad ottenere l'effettivo intervento del giudice, di talché, qualora il rapporto processuale venga meno senza che si pervenga alla decisione di merito (nella specie, in ragione della pronunzia di improcedibilità del ricorso), il diritto non è sottratto alla maturazione della decadenza, non essendo applicabile, ai sensi dell'art. 2964 c.c., la disciplina dell'effetto interruttivo della prescrizione.
Cass. civ. n. 14569/2024
In tema di contratto di appalto, la decadenza del committente dall'azione di garanzia per i vizi e difformità dell'opera, prevista dall'art. 1667 c.c., non è rilevabile d'ufficio, pertanto la relativa eccezione deve essere proposta dal convenuto ai sensi dell'art. 167 c.p.c., a pena di decadenza, nella comparsa di risposta da depositarsi almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione.
Cass. civ. n. 12901/2024
In tema di rapporti tra giudizio civile risarcitorio e giudizio penale, l'efficacia probatoria della sentenza penale dibattimentale di condanna passata in giudicato non è circoscritta all'interno dei limiti oggettivi del giudicato penale di condanna, segnati dall'art. 651 c.p.p., attinenti alla sussistenza del fatto materiale, alla sua illiceità penale ed alla sua ascrivibilità all'imputato, potendo il giudice civile utilizzare le prove assunte nel processo penale, delle quali la sentenza ivi pronunciata costituisce documentazione, ai fini dell'autonomo accertamento degli ulteriori elementi costitutivi dell'illecito civile sui quali egli è chiamato ad indagare, con particolare riferimento al nesso causale, al danno risarcibile e all'elemento soggettivo civilistico.
Cass. civ. n. 12487/2024
In tema di computo del periodo di comporto, quando lo stesso è fissato dal contratto collettivo in ventiquattro mesi - e non è possibile attribuire a tale previsione un significato convenzionale diverso da quello desumibile dal calendario comune - la durata di ciascun anno (dodici mesi) deve considerarsi pari a trecentosessantacinque giorni. (Nella specie, la S.C. ha escluso che il comporto fosse pari a trecentosessanta giorni - trenta giorni per ciascun mese moltiplicati per dodici -, non assumendo rilievo la clausola, pure presente nell'accordo collettivo, ma dettata per il diverso ambito retributivo, secondo cui la retribuzione giornaliera si calcola dividendo per trenta la retribuzione mensile).
Cass. civ. n. 3760/2024
La natura perentoria di un termine fissato per l'esercizio di un diritto, non espressamente prevista dalla legge, può desumersi anche in via interpretativa, purché la legge stessa autorizzi tale interpretazione, comminando, sia pure implicitamente, ma in modo univoco, la perdita del diritto in caso di mancata osservanza del termine di cui si tratta. (In applicazione del principio, le Sezioni Unite hanno confermato la decisione del TSAP che aveva escluso la natura perentoria del termine di tre mesi decorrente dalla data di entrata in vigore della legge della regione Lombardia, per la denuncia delle opere esistenti non autorizzate, in materia di costruzione ed esercizio degli sbarramenti di ritenuta e dei bacini di accumulo).
Cass. civ. n. 30561/2023
L'azione di ripetizione di contributi Inps proposta dal datore di lavoro è assoggettata alla decadenza quinquennale ex art. 8 d.P.R. n. 818 del 1957, che è rilevabile d'ufficio, ai sensi dell'art. 2969 c.c., a tutela del beneficiario della contribuzione, la cui situazione, anche in presenza di versamenti indebiti emersi dopo un determinato lasso di tempo, va salvaguardata con l'intangibilità della relativa posizione.
Cass. civ. n. 24888/2023
In tema di adozione di maggiorenni, l'art. 311, comma 1, c.c., nel richiedere il necessario consenso dell'adottante, da prestarsi dinanzi al presidente del Tribunale, configura tale manifestazione di volontà come atto personalissimo, cosicché, ove intervenga il decesso dell'adottante prima che detto incombente abbia avuto luogo, l'adozione non può essere pronunciata e, se pronunciata, deve ritenersi affetta da nullità.
Cass. civ. n. 22934/2023
È inammissibile la domanda di rimborso di una somma versata a titolo d'imposta, quando il contribuente non abbia provveduto all'impugnazione dell'avviso di liquidazione nel termine di decadenza, la quale, operando a favore dell'Amministrazione finanziaria, attiene a materia indisponibile, sicché è rilevabile d'ufficio per la prima volta anche in grado d'appello ai sensi dell'art. 2969 c.c. e, per la stessa ragione, può essere eccepita per la prima volta in sede di gravame dall'Amministrazione, non ostandovi il vincolo di cui all'art. 345 c.p.c..
Cass. civ. n. 22518/2023
Per il computo del termine di decadenza dall'impugnazione ex art. 327 c.p.c., si osserva, a norma degli artt. 155, comma 2, c.p.c. e 2963, comma 4, c.c., il sistema della computazione civile, non "ex numero" bensì "ex nominatione dierum", sicché il termine scade nell'ultimo istante del giorno del mese corrispondente a quello in cui il fatto si è verificato, dovendosi considerare il giorno del mese iniziale quale riferimento per determinare il giorno di scadenza. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione, poiché la sentenza d'appello, non notificata, era stata pubblicata il 5 ottobre 2017 ed il termine semestrale era scaduto alle ore 23:59:59 del 5 aprile 2018, mentre il ricorso era stato notificato, a mezzo p.e.c., il 6 aprile 2018, come risultante dalla ricevuta di accettazione, e, quindi, tardivamente).
Cass. civ. n. 20242/2023
L'eccezione di prescrizione può essere proposta in via surrogatoria, ai sensi dell'art. 2939 c.c., dagli aventi causa del debitore, anche in caso di prescrizione presuntiva, poiché essa, al pari di quella estintiva, mira a mantenere la garanzia patrimoniale del creditore, paralizzando una pretesa nei confronti del debitore, ed essendo astrattamente deferibile il giuramento decisorio anche nei confronti del terzo surrogante, il quale, con la surroga, viene messo nella condizione di disporre del diritto che il debitore non esercita.
Cass. civ. n. 3462/2022
In tema di adozione di persone maggiori di età, la "valenza solidaristica" della relativa disciplina legittima un'interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 296 e 311, comma 1, c.c., nel senso di consentire all'adottando maggiorenne, che si trovi in stato di interdizione giudiziale, di manifestare il proprio consenso anche per il tramite del suo rappresentante legale, trattandosi di atto personalissimo che non gli è espressamente vietato, considerato anche quanto complessivamente sancito dagli artt. 1 e 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con disabilità, approvata il 13 dicembre 2006 e ratificata dall'Italia con l. n. 18 del 2009.
Cass. civ. n. 12908/2022
In tema di assicurazione della responsabilità civile, la clausola "claims made" non integra una decadenza convenzionale, nulla ex art. 2965 c.c. nella misura in cui fa dipendere la perdita del diritto dalla scelta di un terzo, dal momento che la richiesta del danneggiato è fattore concorrente alla identificazione del rischio assicurato, consentendo pertanto di ricondurre tale tipologia di contratto al modello di assicurazione della responsabilità civile, nel contesto del più ampio "genus" dell'assicurazione contro i danni ex art. 1904 c.c., della cui causa indennitaria la clausola "clams made" è pienamente partecipe.
Cass. civ. n. 15029/2020
Nel computo dei termini processuali mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall'impugnazione ex art. 327 c.p.c., si osserva, a norma degli artt. 155, comma 2, c.p.c., e 2963, comma 4, c.c., il sistema della computazione civile, non "ex numero" bensì "ex nominatione dierum", nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall'effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale; analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini: in tal caso, infatti, al termine annuale di decadenza dal gravame, di cui all'art. 327, comma 1, c.p.c., devono aggiungersi 46 giorni [oggi 30] computati "ex numeratione dierum", ai sensi del combinato disposto degli artt. 155, comma 1, c.p.c. e 1, comma 1, della l. n. 742 del 1969 (nella formula vigente "ratione temporis"), non dovendosi tener conto dei giorni compresi tra il primo agosto e il quindici settembre [oggi 30 agosto] di ciascun anno per effetto della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale. Pertanto si verifica il doppio computo del periodo feriale nell'ipotesi in cui, dopo una prima sospensione, il termine iniziale non sia decorso interamente al sopraggiungere del nuovo periodo feriale.
Cass. civ. n. 17640/2020
Nel computo dei termini processuali mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall'impugnazione ex art. 327 c p.c., si osserva, a norma degli artt. 155, comma 2, c.p.c., e 2963, comma 4, c.c., il sistema della computazione civile non "ex numero" bensì "ex nominatione dierum", nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall'effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale; analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini, sicché per calcolare i termini di decadenza dal gravame non occorre tenere conto dei giorni compresi tra il primo e trentunesimo giorno agosto di ciascun anno.
Cass. civ. n. 8894/2020
In tema di assicurazione della responsabilità civile, è nulla la clausola che pone a carico dell'assicurato un termine di decadenza per denunciare l'evento la decorrenza del quale non dipende dalla sua volontà, atteso che una siffatta clausola contrasta non solo con l'art. 1341 c.c., che vieta, se non sottoscritte, le clausole che impongono decadenze, ma, altresì, con l'art. 2965 c.c., che commina la nullità delle clausole con cui si stabiliscono decadenze che rendono eccessivamente difficile, ad una delle parti, l'esercizio del diritto, tra le quali rientrano anche quelle che fanno dipendere tale esercizio da una condotta del terzo, autonoma e non calcolabile.
Cass. civ. n. 6230/2018
La domanda giudiziale è un evento idoneo ad impedire la decadenza di un diritto non in quanto costituisce la manifestazione di una volontà sostanziale, ma perché instaura un rapporto processuale diretto ad ottenere l'effettivo intervento del giudice, sicché l'esercizio dell'azione giudiziaria non vale a sottrarre il diritto alla decadenza, qualora il giudizio si estingua, facendo venire meno il rapporto processuale; infatti, l'inefficacia degli atti compiuti nel giudizio estinto, prevista dall'art. 310, comma 2, c.p.c., non può essere arbitrariamente limitata ai soli aspetti processuali, dovendo estendersi anche a quelli sostanziali, fatte salve le specifiche deroghe normative. La non estensione alla decadenza dell'effetto interruttivo della domanda giudiziale previsto dalle norme sulla prescrizione, ai sensi dell'art. 2964 c.c., è giustificata dalla non omogeneità della natura e della funzione dei due istituti, trovando la prescrizione fondamento nell'inerzia del titolare del diritto sintomatica, per il protrarsi del tempo, del venir meno di un concreto interesse alla tutela, e la decadenza nel fatto oggettivo del mancato esercizio del diritto entro un termine stabilito, nell'interesse generale o individuale, a garanzia della certezza di una determinata situazione giuridica. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CAMPOBASSO, 31/03/2016).
Cass. civ. n. 13406/2017
Sebbene dettata in tema di prescrizione estintiva, la regola di cui all’art. 2963, comma 2, c.c. - che esclude la computabilità del giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine e stabilisce che la prescrizione si verifica con lo spirare dell'ultimo istante del giorno finale - costituisce un criterio generale per il computo del tempo e si applica anche in relazione al termine stabilito per l'acquisto di un diritto. Da tale regola, integrata con quella secondo cui i termini ad anno si computano secondo il calendario comune, non “ex numero” ma “ex nominatione dierum”, consegue che la scadenza di detto termine si ha all'ultimo istante del giorno, mese ed anno corrispondente a quello in cui il relativo fatto si è verificato. (Nella specie, la S.C. ha dato applicazione al principio in tema di termine decennale per la revisione della rendita di cui all’art. 83, comma 8, del d.P.R. n. 1124 del 1965).
Cass. civ. n. 3851/2017
In tema di decadenza, al fine di garantire le elementari esigenze di certezza dei rapporti giuridici è necessario che l'adempimento idoneo ad evitarla si esplichi in relazione ad una pretesa determinata, individuata anche mediante l'indicazione del titolo posto a fondamento della tutela invocata, che costituisce imprescindibile elemento distintivo della pretesa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto inidonea ad impedire la decadenza annuale di cui all’art. 1751, comma 5, c.c. una missiva che non conteneva alcun riferimento all’indennità di fine rapporto, ma si riferiva a pretese collegate ad un rapporto di lavoro subordinato).
Cass. civ. n. 26309/2017
La domanda giudiziale è un evento idoneo ad impedire la decadenza di un diritto, non in quanto costituisca la manifestazione di una volontà sostanziale, ma perché instaura un rapporto processuale diretto ad ottenere l'effettivo intervento del giudice, sicché l'esercizio dell'azione giudiziaria non vale a sottrarre il diritto alla decadenza, qualora il giudizio si estingua, facendo venire meno il rapporto processuale; infatti, l'inefficacia degli atti compiuti nel giudizio estinto, prevista dall'art. 310, comma 2, c.p.c., non può essere arbitrariamente limitata ai soli aspetti processuali, dovendo estendersi anche a quelli sostanziali, fatte salve le specifiche deroghe normative. La non estensione alla decadenza dell'effetto interruttivo della domanda giudiziale previsto dalle norme sulla prescrizione, secondo quanto stabilito dall'art. 2964 c.c., è giustificata dalla non omogeneità della natura e della funzione dei due istituti, trovando la prescrizione fondamento nell'inerzia del titolare del diritto, sintomatica per il protrarsi del tempo, del venir meno di un concreto interesse alla tutela, e, la decadenza nel fatto oggettivo del mancato esercizio del diritto entro un termine stabilito, nell'interesse generale o individuale, alla certezza di una determinata situazione giuridica.
Cass. civ. n. 22699/2013
Per i termini mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall'impugnazione ex art. 327 c.p.c., si osserva, a norma degli artt. 155, secondo comma, c.p.c. e 2963, quarto comma, c.c., il sistema della computazione civile, non "ex numero" bensì "ex nominatione dierum", nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall'effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale; analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini: in tal caso, infatti, al termine annuale di decadenza dal gravame, di cui all'art. 327, primo comma, c.p.c., devono aggiungersi 46 giorni computati "ex numeratione dierum", ai sensi del combinato disposto dell'art. 155, primo comma, stesso codice e dell'art. 1, primo comma, della legge 7 ottobre 1969, n. 742, non dovendosi tenere conto dei giorni compresi tra il primo agosto e il quindici settembre di ciascun anno per effetto della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale. Ne consegue che si verifica il doppio computo del periodo feriale nell'ipotesi in cui, dopo una prima sospensione, il termine iniziale non sia decorso interamente al sopraggiungere del nuovo periodo feriale.
Cass. civ. n. 12556/2012
Il decreto che pronunzia l'adozione di persone di maggiore età (art. 314 c.c.) ha natura costitutiva, produce effetti direttamente incidenti sullo "status" dell'adottato ed è connotato dalla stabilità, comprovata dalla circostanza della previsione della sua revocabilità soltanto in casi tassativi e specifici (artt. 305-309 c.c.), in conseguenza di fatti sopravvenuti e con efficacia "ex tunc"; pertanto, poiché siffatto decreto ha natura di provvedimento decisorio e definitivo, i vizi, sia processuali sia sostanziali, che eventualmente lo inficiano e ne determinano la nullità si convertono in motivi di impugnazione e possono essere fatti valere esclusivamente con il mezzo previsto dall'ordinamento, con la conseguenza che la decadenza dall'impugnazione comporta che gli stessi, in applicazione del principio stabilito dall'art. 161 c.p.c., non possono essere più dedotti neppure con l'"actio nullitatis".
Cass. civ. n. 15526/2009
In tema di rimborso dei diritti doganali indebitamente corrisposti in contrasto con norme comunitarie, una volta impedita la decadenza, mediante la proposizione della relativa istanza nel termine di cui all'art. 91 del D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, come interpretato e modificato dall'art. 29. comma primo, della legge 29 dicembre 1990, n. 428, l'azione giudiziaria volta a far valere il relativo diritto resta soggetta all'ordinario termine di prescrizione, ai sensi dell'art. 2697 c.c.
Cass. civ. n. 4420/2008
In tema di adozione di persone maggiori di età, ai fini della prova del consenso dell'adottante, non può essere applicata la normativa regolante l'istituto del cosiddetto domicilio ai soccorso, previsto dall'art. 72 della legge 17 luglio 1980, n. 6972, abrogato dalla legge 8 novembre 2000, n. 323, che, in quanto riconducibile al sistema di assistenza sociale, non è invocabile con riferimento ad una richiesta di adozione di maggiorenne.
Cass. civ. n. 18353/2007
Il principio della sottrazione alla decadenza del soggetto incorsovi per cause a lui non imputabili, desumibile dal sistema normativo complessivo e dall'evoluzione giurisprudenziale, deve affermarsi anche in materia di contenzioso tributario, in forza dell'applicazione in via analogica degli art. 2963, terzo comma, c.c. e dell'art. 155. quarto comma, c.c.; ne consegue, ai fini della proroga dei termini per effetto del mancato funzionamento degli uffici giudiziari, che detto termine scadrà il giorno immediatamente successivo a quello del mancato o irregolare funzionamento, sempre che la parte interessata offra la prova del disfunzionamento attraverso la produzione della dichiarazione di accertamento del dirigente dell'ufficio giudiziario.
Cass. civ. n. 10120/2006
In materia di cause che, a norma dell'art. 2966 c.c., impediscono la decadenza, il riconoscimento del diritto proveniente dalla persona contro la quale si deve far valere il diritto soggetto a decadenza, se non è espresso, può essere desunto esclusivamente da un fatto che, avendo quale presupposto l'ammissione, totale o parziale, della pretesa avversaria, sia incompatibile con la volontà opposta. A tal fine, le trattative per comporre bonariamente la vertenza, non avendo quale precipuo presupposto l'ammissione totale o parziale della pretesa avversaria e non rappresentando, quindi, riconoscimento del diritto altrui, non valgono, di per sé, ad impedire la decadenza. (Principio espresso in fattispecie di estinzione della fideiussione, per non avere il creditore proposto le sue istanze nei confronti del fideiussore nel termine semestrale di decadenza di cui all'art. 1957 c.c.).
Cass. civ. n. 19240/2004
Al fine di paralizzare l'eccezione presuntiva di pagamento, unici mezzi idonei sono l'ammissione, da parte del debitore che la opponga, di non avere estinto l'obbligazione, oppure il deferimento al debitore, da parte del creditore del cui diritto sia stata opposta la prescrizione, del giuramento decisorio, la cui formula deve comprendere la tesi del debitore relativa all'estinzione del debito, sicché l'esito di un simile mezzo di prova sarà l'accertamento della verificazione dell'estinzione del debito stesso.
Cass. civ. n. 15832/2004
In tema di computo dei termini di prescrizione, l'art. 2963, terzo comma, c.c., secondo il quale «se il termine scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo» configura un principio generale applicabile, in assenza di diversa previsione, anche in materia di decadenza, atteso che l'art. 2964 c.c. dichiara inapplicabili alla decadenza soltanto le norme relative alla interruzione ed alla sospensione della prescrizione e che le norme disponenti decadenze devono essere interpretate in senso favorevole al soggetto onerato e, quindi, secondo il criterio del tempo utile.
Cass. civ. n. 8229/2004
Una volta che il giudice sia stato investito da una eccezione (nella specie: di decadenza, ex art. 2969 c.c., dal diritto al rimborso della tassa di concessione governativa) ha anche il potere-dovere di estendere la sua cognizione a tutti i fatti dedotti e provati in corso di causa, indipendentemente dalle dichiarazioni rese o meno a tale riguardo - dall'altra parte in causa, atteso che tale potere-dovere non è di regola in contrasto con il principio dispositivo che regola il processo civile.(Nella specie la Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva accolto l'eccezione di decadenza dell'Amministrazione finanziaria pur in presenza di documenti, prodotti in giudizio e rappresentativi di fatti che portavano a respingere l'eccezione di decadenza del diritto del contribuente, solo perché quest'ultimo, in opposizione all'eccezione di controparte, non aveva dichiarato di volersene avvalere).
Cass. civ. n. 13218/2001
L'art. 2966 c.c., che riconnette al riconoscimento della controparte un effetto impeditivo della decadenza, si riferisce soltanto ai diritti disponibili; pertanto tale norma non opera in materia tributaria per i diritti del Fisco nei confronti del contribuente, che tale natura non hanno.
Cass. civ. n. 8680/2000
La natura perentoria di un termine fissato per l'esercizio di un diritto, non espressamente prevista dalla legge, può desumersi anche in via interpretativa, purché la legge stessa autorizzi tale interpretazione, comminando, sia pure implicitamente, ma in modo univoco, la perdita del diritto in caso di mancata osservanza del termine di cui si tratta.
Cass. civ. n. 3473/2000
Il principio, desumibile dall'art. 2966 c.c. - secondo cui, allorché l'atto richiesto per impedire una decadenza consista nell'esercizio di un'azione, la tempestiva proposizione della domanda giudiziale, ancorché davanti a giudice incompetente, rappresenta un evento idoneo a tal fine - presuppone che l'organo erroneamente adito sia a sua volta fornito di potestas iudicandi ed appartenga al medesimo ordine giurisdizionale, essendo gli effetti conservativi del termine decadenziale funzionali alla transalatio iudicii ed alla prosecuzione del processo innanzi al giudice competente; tale principio non può pertanto trovare applicazione allorquando una controversia appartenente alla giurisdizione del giudice ordinario sia erroneamente introdotta davanti al giudice amministrativo. (Nella specie, la delibera di decadenza per incompatibilità dalla carica di Consigliere Comunale era stata impugnata innanzi al Tar e successivamente, ma oltre il termine di trenta giorni dalla notifica della delibera di cui all'articolo 82 del D.P.R. n. 570 del 1960, al giudice ordinario; la S.C., in applicazione dell'esposto principio, ha confermato la decisione di merito di irrilevanza del primo ricorso a impedire la decadenza).
Cass. civ. n. 7925/1999
Anche al calcolo dei termini per il periodo di comporto si applica il principio secondo cui le norme previste dagli artt. 2963 c.c. e 155 c.p.c. non hanno carattere inderogabile, sicché ben possono le parti, nella loro autonomia negoziale, disporre in modo diverso. (Nel caso di specie la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., nell'interpretare l'art. 30 del C.C.N.L. per i dipendenti delle aziende produttrici di laterizi del 1991 aveva ritenuto che, ai fini del periodo di comporto, il computo dei termini dovesse essere effettuato calcolando il mese secondo una durata convenzionale astratta di trenta giorni anziché secondo il calendario comune).
Cass. civ. n. 6101/1998
Nel rito del lavoro, l'eccezione di decadenza, al pari dell'eccezione di prescrizione, deve essere contenuta nella memoria di costituzione del convenuto, ai sensi dell'art. 416 c.p.c., ed è tempestivamente proposta anche se il convenuto abbia erroneamente qualificato il termine di decadenza come termine di prescrizione, atteso che è sufficiente che sia stato dedotto il fatto estintivo del diritto o dell'azione sulla base del lasso di tempo trascorso e dell'inerzia dell'attore, spettando al giudice adito qualificare esattamente la natura (prescrizionale o decadenziale) del termine stesso.
Cass. civ. n. 3608/1998
Le garanzie di difesa del lavoratore apprestate dalla norma dell'art. 7, comma 5, della legge n. 300 del 1970 possono essere arricchite e accentuate dalla contrattazione collettiva con la previsione di un termine finale per l'adozione del provvedimento disciplinare e con l'attribuzione del significato di accettazione delle giustificazioni alla inerzia del datore di lavoro protratta per un certo tempo dopo che il lavoratore abbia provveduto ad esporre le sue giustificazioni; se poi viene dedotto in giudizio che il termine negoziale ha reso eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti del datore di lavoro, la valutazione circa la validità del termine stesso a norma dell'art. 2965 c.c. va compiuta non in termini astratti con riferimento alla sua maggiore o minore brevità, bensì avendo riguardo al singolo soggetto onerato e alle specifiche circostanze di fatto.
Cass. civ. n. 3186/1998
La valutazione, a norma dell'art. 2965 c.c., circa la congruità del termine di decadenza previsto contrattualmente, di competenza del giudice di merito, deve avere riguardo alla brevità dello specifico termine e alla particolare situazione del soggetto obbligato a svolgere l'attività prevista per, evitare la decadenza; nel rapporto di lavoro e, con riferimento ai termini di decadenza previsti dai contratti collettivi per l'esercizio dei diritti dei lavoratori, assume particolare rilievo, ai fini di tale valutazione di congruità, il raffronto con la disciplina dell'art. 2113 c.c. sulle rinunce e le transazioni — che possono essere impugnate entro sei mesi dalla loro data e comunque entro sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro — potendosi assimilare l'inerzia del lavoratore ad una implicita rinuncia. (Nella specie la S.C. ha ritenuto non censurabile la sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto valido il termine di decadenza di sei mesi dalla cessazione del rapporto previsto dall'art. 38 del C.C.N.L. degli edili, ma ha annullato la medesima per omessa considerazione della lettera con cui l'interessato, nel termine previsto, aveva manifestato l'intenzione di far valere i suoi diritti).
Cass. civ. n. 8014/1997
Pur sussistendo la tendenziale corrispondenza tra i «diritti indisponibili», cui fa riferimento la rubrica dell'art. 2968 c.c., e la «materia sottratta alla disponibilità delle parti», menzionata nel testo della citata disposizione, non v'è tra le due espressioni una coincidenza assoluta, in quanto il diritto colpito da decadenza può essere disponibile, ma ciò non vale ad escludere che la decadenza possa essere prevista dalla legge a tutela di un interesse superiore rispetto a quello delle parti in contesa, ossia per regolare una materia sottratta alla loro disponibilità. Pertanto, in materia di appalto di opere pubbliche, la circostanza che il diritto dell'appaltatore ai maggiori compensi per i quali è stata iscritta riserva sia disponibile non consente di ritenere disponibile anche la posizione dell'ente pubblico tenuto al pagamento. Tale ente è, infatti, soggetto alle norme sulla contabilità pubblica e non può, per questo, rinunziare, né in forma espressa, né in forza di un comportamento tacito concludente, alla decadenza disposta dalla legge in ordine alla regolarità della procedura stabilita per l'iscrizione delle riserve nei registri di contabilità.
Cass. civ. n. 9764/1995
Per affermare la natura decadenziale di un termine, previsto dalla legge o da un negozio, non è necessario che sia espressamente prevista la decadenza, essendo sufficiente che, in modo chiaro ed univoco, con riferimento allo scopo perseguito e alla funzione che il termine è destinato ad assolvere, risulti, anche implicitamente, che dalla mancata osservanza derivi la perdita del diritto.
Cass. civ. n. 7099/1995
Qualora la legge preveda la decadenza da un diritto di credito per il caso di suo mancato esercizio entro un certo termine, la richiesta di un pagamento soltanto parziale è atto di esercizio idoneo ad impedire la decadenza con riguardo all'intera prestazione dovuta — stante la facoltà del creditore di chiedere e di accettare l'adempimento parziale — ed a far si che la richiesta di pagamento dell'importo residuo non sia poi soggetta ad alcun termine di tal genere; ne consegue che l'esercizio di un diritto di credito previdenziale, attuato entro il termine di decadenza previsto dalla legge, impedisce tale decadenza anche con riguardo all'adeguamento monetario, ancorché di questo non sia fatta espressa menzione, atteso che la rivalutazione monetaria costituisce una componente essenziale del credito previdenziale ed atteso altresì che non può configurarsi una rinuncia a un diritto in mancanza di uno specifico atto dal quale possa univocamente ricavarsi tale manifestazione di volontà.
Cass. civ. n. 2813/1993
Allorché l'atto richiesto per impedire la decadenza consista nell'esercizio di un'azione la tempestiva proposizione della domanda giudiziale non è idonea a conseguire tale effetto nel caso che il processo sia dichiarato estinto, perché l'estinzione rende inefficaci tutti gli atti processuali compiuti, compreso l'atto introduttivo della lite, al quale non può essere attribuito alcun effetto processuale o sostanziale, e quindi neppure quello di impedire la decadenza del diritto fatto valere in giudizio. Tale principio trova applicazione anche nel giudizio proposto dal conduttore ex art. 79 della L. 27 luglio 1978. n. 392 per ottenere la restituzione di somme corrisposte al locatore in violazione dei divieti e dei limiti previsti da tale legge, con la conseguenza che nel caso di estinzione di detto giudizio, la riproposizione della medesima azione non vale a sanare la eventuale decadenza dall'azione stessa nel frattempo verificatasi per effetto del decorso del termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, fissato dal secondo comma dell'art. 79 della legge stessa.
Cass. civ. n. 2330/1987
Ai sensi dell'art. 2969 cod. civ., la decadenza, di regola, non è rilevabile di ufficio, per cui, in tanto la questione della tempestività dell'azione può sorgere, in quanto l'interessato sollevi la relativa eccezione, la quale deve consistere non solo nella menzione di un fatto storico, ma anche nella chiara, seppure non formale, manifestazione della volontà di avvalersi dell'effetto, estintivo dell'altrui pretesa, che a quel fatto la legge ricollega. (Fattispecie in cui la parte, convenuta con azione di reintegrazione nel possesso di una servitù di passaggio, si era limitata ad esporre, nella parte narrativa delle sue difese scritte, che da oltre tre anni aveva delimitato e recintato il terreno di sua proprietà, senza mai eccepire l'avvenuta decadenza dell'azione ex art. 1168, primo comma, cod. civ.).