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Art. 1395 — Contratto con se stesso

Art. 1395 — Contratto con se stesso

È annullabile il contratto che il rappresentante conclude con se stesso [ 1735 ], in proprio o come rappresentante di un’altra parte, a meno che il rappresentato lo abbia autorizzato specificamente ovvero il contenuto del contratto sia determinato in modo da escludere la possibilità di conflitto d’interessi [ 2373, 2391 ].

L’impugnazione può essere proposta soltanto dal rappresentato.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 6398/2011

L’annullabilità del contratto concluso dal rappresentante con se stesso è esclusa nelle due ipotesi, previste in via alternativa dall’art. 1395 c.c., dell’autorizzazione specifica e della predeterminazione del contenuto del contratto. Peraltro, l’autorizzazione data dal rappresentato al rappresentante a concludere il contratto con se stesso in tanto può considerarsi idonea ad escludere la possibilità di un conflitto di interessi, e quindi l’annullabilità del contratto, in quanto sia accompagnata dalla puntuale determinazione degli elementi negoziali sufficienti ad assicurare la tutela del rappresentato; ne consegue che tale autorizzazione non è idonea quando risulti generica, non contenendo, tra l’altro (come nella specie), alcuna indicazione in ordine al prezzo della compravendita, che impedisca eventuali abusi da parte del rappresentante.

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Cass. civ. n. 14982/2002

L’annullabilità del contratto che il rappresentante conclude con sé stesso è esclusa, giusta disposto dell’art. 1395 c.c., nelle due ipotesi di autorizzazione specifica rilasciata dal rappresentato e di predeterminazione, da parte di questi, del contenuto del contratto, ricorrendo la prima ipotesi tutte le volte in cui il rappresentato stesso autorizzi il rappresentante alla stipula del negozio determinandone gli elementi necessari e sufficienti ad assicurare la tutela dei suoi interessi, configurandosi, per converso, la seconda qualora il rappresentato, per tutelarsi contro eventuali infedeltà del rappresentante, predetermini il contenuto contrattuale onde la persona dell’altro contraente venga, in definitiva, a risultare indifferente, sì da impedire l’insorgere di ogni possibile conflitto di interessi. La suddetta autorizzazione può, peraltro, legittimamente considerarsi idonea ad escludere la possibilità di un conflitto — e la conseguente annullabilità dell’atto — solo quando sia accompagnata dalla puntuale determinazione degli elementi negoziali — determinazione funzionale a tutelare gli interessi del rappresentato —, e non anche qualora essa risulti affatto generica, non contenendo, tra l’altro (come nella specie), alcuna indicazione in ordine al prezzo della compravendita.

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Cass. civ. n. 9270/1999

Quando il contratto concluso dal rappresentante con se stesso è stato concluso in adempimento di un contratto preliminare non opera la presunzione di conflitto di interessi che l’art. 1395 c.c. pone per il caso in cui il rappresentante è tale nei confronti di due diversi soggetti e regola i rapporti tra questi. In tal caso, infatti, il contenuto del contratto non solo è determinato, ma è anche obbligato, con la conseguenza che in relazione a tale contenuto non è neppure ipotizzabile un conflitto d’interessi rilevante ai sensi della citata disposizione.

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Cass. civ. n. 12081/1992

L’art. 1395 c.c. trova applicazione nel caso di contratto di vendita di propri beni ad una società per azioni concluso, alle condizioni da lui ritenute più vantaggiose, dall’amministratore che rappresenta detta società, anche dopo che sono trascorsi i due anni dalla data di iscrizione nel registro delle imprese, ove sia mancata l’autorizzazione dell’assemblea dei soci, non essendovi alcun rapporto di specialità tra il citato art. 1395 (che, nell’ambito della disciplina generale dei contratti, sancisce l’annullabilità del contratto che il rappresentante conclude con se stesso senza l’autorizzazione specifica del rappresentato) e l’art. 2343 bis c.c., che, nell’ambito della disciplina delle società di capitali, vietando l’acquisto, senza l’autorizzazione dell’assemblea ordinaria dei soci, dei beni degli amministratori, promotori, fondatori o soci della società per azioni nei due anni successivi all’iscrizione della società nel registro delle imprese, persegue la diversa ed autonoma finalità di prevenire la possibilità di operazioni in frode al principio del precedente art. 2343 (a norma del quale il conferimento dei beni all’atto della costituzione della società deve essere preceduto da stima giurata).

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Cass. civ. n. 8882/1991

Nel caso di contratto stipulato con se stesso dal mandatario sfornito dei relativi poteri, il mandante può contestualmente esercitare sia l’azione di responsabilità per infedele esecuzione del mandato a termini dell’art. 1710 c.c. sia l’azione di annullamento del contratto ex art. 1395 c.c., in quanto ciascuna azione è fondata su un titolo distinto ed autonomo, con conseguente regime differenziato di prescrizione, senza alcuna loro incompatibilità perseguendo tali azioni le rispettive finalità di ripristino del patrimonio del mandante con riguardo al danno ricevuto dall’attività del mandatario infedele e di annullamento degli effetti giuridici del contratto da questi concluso.

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Cass. civ. n. 63/1985

L’annullabilità del contratto che il rappresentante concluda con sé stesso (art. 1395 c.c.) trova applicazione quando questi agisca sia in proprio che come rappresentante di un’altra parte, e quindi non soltanto quando il rappresentante si serve di un terzo fittiziamente per stipulare a proprio favore, ma anche quando il terzo è utilizzato al fine di stipulare il contratto a favore di un soggetto, di cui l’altra parte sia il medesimo unico rappresentante, come nel caso dell’amministratore unico di due società contraenti.

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Cass. civ. n. 2043/1977

L’atto con il quale uno degli amministratori di una società assuma se stesso, quale dipendente subordinato della società medesima, non è viziato da nullità assoluta, ma è solo annullabile, su istanza della società, a norma dell’art. 1395 c.c. Detto atto, pertanto, può essere idoneo alla costituzione di quel rapporto di lavoro, ove risulti la volontà della società, tramite il proprio consiglio di amministrazione, di mantenere ferma e convalidare l’assunzione stessa.

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Cass. civ. n. 3154/1971

Sebbene le due ipotesi indicate nell’art. 1395 c.c. nelle quali il contratto con se stesso può essere ritenuto valido, e cioè l’espressa autorizzazione del rappresentato e la predeterminazione del contenuto del contratto debbano intendersi previste alternativamente, nel senso che è sufficiente che sussista l’una o l’altra di esse per escludere l’invalidità del contratto concluso dal rappresentante, tuttavia l’autorizzazione data dal rappresentato al rappresentante non può essere considerata idonea ad escludere il conflitto di interessi e quindi l’annullabilità del contratto, se non sia accompagnata da una determinazione degli elementi negoziali sufficiente ad assicurare la tutela del rappresentato medesimo.

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Cass. civ. n. 1852/1970

Il conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato costituisce causa di annullabilità del contratto concluso dal rappresentante, se comporta, attualmente o potenzialmente, un pregiudizio degli interessi del rappresentato e non soltanto una utilità del rappresentante. Nella ipotesi particolare di contratto concluso dal rappresentante con se stesso opera una presunzione juris tantum di conflitto d’interessi rilevante ai fini dell’annullabilità del contratto: detta presunzione può essere superata dalla prova contraria da cui risulti o che il contratto era stato autorizzato dal rappresentato o che il pregiudizio non possa comunque sussistere in quanto il contenuto del contratto era stato autorizzato dal rappresentato o che il pregiudizio non possa comunque sussistere in quanto il contenuto del contratto era stato determinato in modo da escluderlo.

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