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Art. 1754 — Mediatore

Art. 1754 — Mediatore

È mediatore colui che mette in relazione due o più parti [ 1321 ] per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 10205/2011

A norma dell’art. 8, comma 1, della legge 3 febbraio 1989, n. 39, chiunque eserciti l’attività di mediazione senza essere iscritto al ruolo è tenuto, oltre al pagamento della relativa sanzione amministrativa, anche alla restituzione alle parti contraenti delle provvigioni percepite; tale espressa previsione esclude la possibilità di agire nei confronti dei contraenti, ai sensi dell’art. 2033 c.c., a titolo di indebito oggettivo, perché, mentre quest’ultimo trova il proprio fondamento giuridico nell’assenza di causa dell’attribuzione patrimoniale effettuata, l’obbligo di restituzione del compenso previsto dal citato art. 8 costituisce una sorta di sanzione per lo svolgimento dell’attività senza previa iscrizione all’albo.

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Cass. civ. n. 16030/2010

L’intermediazione nella cessione di quote sociali, per gli effetti di cui alla legge 3 febbraio 1989, n. 39, richiede l’iscrizione non già nella sezione “sub” a) del ruolo di cui all’art. 3, comma 2, del d.m. 21 dicembre 1990, n. 452, relativo agli agenti che svolgano attività per la conclusione di affari relativi a immobili ed aziende, ma in quella “sub” d), riservata non solo agli agenti che svolgono attività per la conclusione di affari relativi al settore dei servizi, ma anche a tutti quegli altri agenti che non trovano collocazione in una delle sezioni precedenti: il trasferimento da un soggetto all’altro di una quota di partecipazione ad una società commerciale non è infatti qualificabile come trasferimento della proprietà e del godimento di un’azienda, indipendentemente dall’attività e dal patrimonio della stessa.

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Cass. civ. n. 16382/2009

La mediazione tipica, disciplinata dagli artt. 1754 e seguenti c.c., è soltanto quella svolta dal mediatore in modo autonomo, senza essere legato alle parti da alcun vincolo di mandato o di altro tipo, e non costituisce un negozio giuridico, ma un’attività materiale dalla quale la legge fa scaturire il diritto alla provvigione. Tuttavia, in virtù del “contatto sociale” che si crea tra il mediatore professionale e le parti, nella controversia tra essi pendente trovano applicazione le norme sui contratti, con la conseguenza che il mediatore, per andare esente da responsabilità, deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile nell’adempimento degli obblighi di correttezza ed informazione a suo carico, ai sensi dell’art. 1176, secondo comma, c.c., e di non aver agito in posizione di mandatario.

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Cass. civ. n. 8374/2009

In tema di mediazione, il mediatore deve comportarsi in modo da non ingenerare equivoci sulla veridicità delle notizie rilevanti per la conclusione dell’affare, non potendo limitarsi a riferirle senza averne controllato la rispondenza a realtà, dal momento che, anche per effetto della legge 2 marzo 1989, n. 39, chi si rivolge al mediatore per concludere un affare fa legittimo affidamento sul suo dovere di imparzialità, ogniqualvolta egli non sia agente di una sola parte, essendo tenuto a riequilibrare l’asimmetria informativa dell’una parte rispetto all’altra sulla sicurezza e convenienza dell’affare. (Nell’enunciare il suddetto principio, relativo ad un caso in cui la parte venditrice aveva dichiarato, contrariamente al vero, che l’immobile era provvisto del certificato di abitabilità, la S.C. ha precisato che questo, attestando la rispondenza dell’immobile ai requisiti igienici, sanitari e urbanistici e la conformità al progetto approvato ovvero alla concessione in sanatoria, costituisce requisito giuridico essenziale per il legittimo godimento e la commerciabilità del bene, sì che la sua mancanza, pur non impedendo in sé la conclusione del contratto di vendita, può indurre una parte a non ritenere suo interesse obbligarsi alla stipula dell’atto, quanto meno alle condizioni predisposte, anche in considerazione del rischio che l’abitabilità non sia ottenuta). Nel contratto di mediazione atipica – configurabile nelle ipotesi in cui il mediatore, evitando l’alea intrinseca alla mediazione, si garantisce la provvigione con l’acquisizione di una proposta di acquisto conforme alle condizioni previste e predefinite nell’incarico di vendita, senza necessità di conclusione dell’affare – la prestazione caratterizzante del mediatore è pur sempre quella di mettere in relazione due o più parti in vista della conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, dipendenza o rappresentanza, sicché non viene meno l’obbligo del mediatore di compiere l’attività demandatagli in modo esauriente e funzionale all’interesse della parte alla conclusione dell’affare, e quindi con diligenza adeguata alla sua professionalità, ragionevolmente esigibile, in rapporto alla sua organizzazione concreta, in modo che la controparte non sia legittimata a rifiutarsi di concluderlo per non essere stata informata su circostanze (nella specie, riguardanti il rilascio del certificato di abitabilità) influenti sulla sua conclusione o esecuzione, conosciute o agevolmente conoscibili, poiché in tal caso può essere giustificato il rifiuto di corrispondere il compenso, anche se la parte che ha conferito l’incarico abbia ricevuto un’accettazione delle sue condizioni prestabilite di conclusione dell’affare.

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Cass. civ. n. 7332/2009

Poiché le acque pubbliche costituiscono beni immobili, l’attività di intermediazione su mandato ed a titolo oneroso finalizzata alla conclusione di un contratto avente ad oggetto il rilascio o la cessione di una concessione di derivazione di acque, anche se esercitata in modo occasionale o discontinuo, non può essere svolta da chi non sia iscritto al ruolo dei mediatori, in virtù della previsione di cui all’art. 2, comma Quarto, della legge 3 febbraio 1989 n. 39.

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Cass. civ. n. 25260/2008

È configurabile il diritto alla provvigione del mediatore per l’attività di mediazione prestata in favore di una delle parti contraenti quando egli sia stato contemporaneamente procacciatore d’affari dell’altro contraente. Infatti, se è vero che, normalmente, il procacciatore d’affari ha diritto al pagamento solo nei confronti della parte alla quale sia legato da rapporti di collaborazione, è anche vero che tale «normale» assetto del rapporto può essere derogato dalle parti, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, ben potendo il procacciatore, nel promuovere gli affari del suo mandante, svolgere attività utile anche nei confronti dell’altro contraente con piena consapevolezza e accettazione da parte di quest’ultimo. Di conseguenza, essendo il procacciatore di affari figura atipica, i cui connotati, effetti e compatibilità, vanno individuati di volta in volta, con riguardo alla singola fattispecie, occorre avere riguardo, in materia, al concreto atteggiarsi del rapporto, e in particolare alla natura dell’attività svolta e agli accordi concretamente intercorsi con la parte che non abbia conferito l’incarico. (Nella specie, in cui i giudici di merito avevano accertato il conferimento del mandato dalla ricorrente ad un terzo per l’acquisto di un’autovettura e la riconducibilità del rapporto tra il resistente e il terzo alla figura del procacciatore di affari, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata sul rilievo che la corte territoriale aveva però omesso di qualificare giuridicamente il rapporto scaturito dal contatto che pacificamente vi era stato tra la ricorrente e il resistente ed aveva, altresì, omesso di considerare gli elementi probatori indicati in ricorso che, valutati congiuntamente, avrebbero potuto giustificare l’esistenza di un mandato conferito dalla ricorrente al resistente e comportare l’apprezzamento della condotta di quest’ultimo alla stregua degli artt. 1710 e 1713 c.c.).

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Cass. civ. n. 24333/2008

Il rapporto di mediazione non è incompatibile con la sussistenza di un rapporto contrattuale di altro tipo tra il mediatore ed uno dei soggetti messi in contatto, come accade allorché al mediatore sia affidato l’incarico unilaterale di attivarsi per la ricerca del partner commerciale. È, pertanto, viziata da motivazione insufficiente la sentenza che escluda la natura mediatizia del rapporto in base alla mera circostanza che il mediatore si sia attivato per espresso incarico di una delle parti.

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Cass. civ. n. 23842/2008

In tema di mediazione, non è sufficiente a configurare un conflitto di interessi tra il mediatore e una delle parti (con conseguente difetto del requisiti di imparzialità e neutralità di cui all’art. 1754 cod. civ.) il rapporto di parentela o di affinità fra il mediatore ed una delle parti che hanno concluso l’affare.

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Cass. civ. n. 22859/2007

La disciplina dettata dalla direttiva 86/653/ CEE, che osta ad una normativa nazionale che subordini la validità di un contratto di agenzia all’iscrizione di un agente in un apposito albo, è posta a protezione del diritto alla retribuzione di chi, secondo la stessa direttiva, è incaricato, in maniera permanente, di trattare o concludere per il preponente la vendita o l’acquisto di merci; pertanto, all’ambito dei rapporti tutelati dalla detta direttiva è estraneo l’esercizio della mediazione, che può svolgersi in base ad un incarico (art. 1756 c.c.) ma non presuppone e, anzi, esclude una relazione permanente tra il mediatore (art. 1754 c.c.) ed i soggetti che egli cura di mettere in rapporto per la conclusione di un affare.

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Cass. civ. n. 19066/2006

È configurabile, accanto alla mediazione ordinaria, una mediazione negoziale cosiddetta atipica, fondata su un contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (c.d. mediazione unilaterale). Tale ipotesi ricorre nel caso in cui una parte, volendo concludere un affare, incarichi altri di svolgere un’attività intesa alla ricerca di un persona interessata alla conclusione del medesimo affare a determinate, prestabilite condizioni. Essa rientra nell’ambito di applicabilità della disposizione prevista dall’art. 2, comma Quarto, della legge n. 39 del 1989, che, per l’appunto, disciplina anche ipotesi atipiche di mediazione, stante la rilevanza, nell’atipicità, che assume il connotato della mediazione, alla quale si accompagna l’attività ulteriore in vista della conclusione dell’affare. Pertanto, anche per l’esercizio di questa attività è richiesta l’iscrizione nell’albo degli agenti di affari in mediazione di cui al menzionato art. 2 della citata legge n. 39 del 1989, ragion per cui il suo svolgimento in difetto di tale condizione esclude, ai sensi dell’art. 6 della stessa legge, il diritto alla provvigione. (Nella specie, la S.C., sulla scorta dell’enunciato principio, ha confermato l’impugnata sentenza che aveva, per l’appunto, ravvisato la sussistenza di un caso di mediazione atipica nell’ipotesi in cui un soggetto aveva, da un lato, ricevuto mandato in esclusiva da parte di alcuni soggetti a reperire acquirenti per il ristorante di loro proprietà e, dall’altro, da un terza persona ad acquistare lo stesso ristorante, così escludendo il diritto alla provvigione in favore del mediatore non iscritto nell’apposito albo).  In virtù della testuale previsione contenuta nell’art. 33, comma Quinto, della Costituzione secondo la quale è prescritto un esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio professionale, è legittima, costituendo diretta attuazione di tale regola, la disposizione contenuta nell’art. 2 della legge 3 febbraio 1989, n. 39, alla stregua della quale è prevista l’istituzione, presso ciascuna camera di commercio, del ruolo degli agenti in affari di mediazione, nel quale devono iscriversi, previo superamento di apposito esame o previo conseguimento del titolo abilitativo di cui alla lett. e) del comma terzo dello stesso art. 2 anche coloro che svolgono l’attività di mediazione, pure se esercitata in modo discontinuo od occasionale, così come individuati nel comma Quarto della medesima norma. Tale normativa, a prescindere dalla considerazione per cui rientra nella discrezionalità del legislatore introdurre nuove categorie di «professionisti», obbedisce al soddisfacimento di un interesse pubblico affinché l’attività del mediatore sia svolta esclusivamente da persone in possesso di particolari cognizioni tecniche, anche alla luce della disciplina della responsabilità del mediatore quanto all’obbligo sullo stesso gravante, a norma dell’art. 1759 c.c., di comunicare alle parti circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare.

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Cass. civ. n. 12106/2003

Per integrare uno degli elementi essenziali del contratto di mediazione è necessario che il mediatore sia un soggetto imparziale e che la sua attività consista nel mediare fra le parti poste in contatto per la conclusione dell’affare. Qualora, invece, l’attività dell’intermediario è prestata esclusivamente nell’interesse di una delle parti si rientra nell’ambito del procacciamento oneroso d’affari che non è soggetto all’applicazione del disposto dell’art. 6 della legge 3 febbraio 1989, n. 39.

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Cass. civ. n. 17628/2002

Accanto al rapporto di mediazione «tipico» è configurabile un rapporto di mediazione «atipico» a favore di un terzo, che ricorre allorché l’attività intermediatrice sia svolta in favore di un soggetto diverso da colui il quale ha conferito il relativo incarico, in quanto anche un terzo — purché abbia un interesse pure solo morale o effettivo a che altri concluda un affare — può validamente richiedere al mediatore di svolgere la sua opera, obbligandosi a corrispondere l’eventuale provvigione. In questo caso, colui il quale ha conferito l’incarico di mediazione è obbligato a pagare la provvigione, allorché il terzo in cui favore è stata svolta la attività intermediatrice ha concluso l’affare, anche se egli sia rimasto ad esso estraneo. 

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Cass. civ. n. 14076/2002

L’attività di mediazione può essere esercitata anche da una società purché la stessa sia iscritta nell’albo degli agenti di commercio in applicazione dell’art. 6 legge n. 39 del 1989 o sia iscritto in detto ruolo il suo rappresentante legale in quanto tale: peraltro, se alcuno dei soci o lo stesso rappresentante legale sono iscritti nell’albo professionale a titolo personale, questi possono delegare le funzioni relative all’esercizio della mediazione solo ad altro agente di affari in mediazione iscritto nel ruolo, stante il disposto dell’art. 3 legge cit. Pertanto, il legale rappresentante di una società di mediazione, iscritto a titolo personale, non può ritenersi ipso facto abilitato, anche in tale ulteriore qualità, a svolgere legittimamente l’attività predetta anche per la società, atteso che l’iscrizione nel ruolo dei mediatori della società non consegue automaticamente all’iscrizione di una persona fisica che rivesta, nel contempo, la qualità di rappresentante legale della società stessa. 

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Cass. civ. n. 7067/2002

Costituisce ipotesi di mediazione tipica la fattispecie in base alla quale una parte manifesti ad un mediatore il proprio interesse a vendere un bene immobile, incaricandolo di ricercare un potenziale acquirente, senza peraltro al medesimo conferire per iscritto mandato a vendere ovvero il potere di vendere a nome suo, né impegnandosi a versargli comunque un corrispettivo per l’attività svolta, anche in caso di mancata conclusione dell’affare.

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Cass. civ. n. 6959/2000

Ai sensi dell’art. 1754 c.c., carattere essenziale della figura giuridica del mediatore è la sua imparzialità, intesa come assenza di ogni vincolo di mandato, di prestazione d’opera, di preposizione institoria e di qualsiasi altro rapporto che renda riferibile al dominus l’attività dell’intermediario. (Nel caso di specie la S.C. ha escluso il requisito dell’imparzialità ritenendo sussistente un mandato costituito dall’affidamento dell’incarico di trattare la vendita dell’immobile in nome e per conto del preponente)

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Cass. civ. n. 1231/2000

Colui che agisce in rappresentanza di una delle parti nella conclusione di un negozio non può pretendere la provvigione, assumendo di avere svolto anche attività di mediazione, né dalla parte rappresentata, perché ad essa legato da un rapporto di mandato, né dall’altra parte, perché nei confronti di questa agisce in veste di parte, pur se nell’interesse altrui, e non come mediatore. Viceversa il mediatore soltanto ad attività esaurita può esser incaricato da una delle parti di rappresentarla negli atti relativi al contratto concluso con il suo intervento.

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Cass. civ. n. 10419/1997

Nell’ipotesi in cui un contratto d’appalto venga sottoscritto dai singoli condomini, sia per le parti di loro esclusiva proprietà che per le parti comuni, la partecipazione al negozio di un soggetto nella duplice qualità di condomino e di amministratore del condominio fa venir meno il requisito dell’imparzialità richiesto dall’art. 1754 c.c. per la giuridica esistenza del contratto di mediazione, i cui effetti vengano fatti valere in giudizio da quel soggetto stesso.

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