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Art. 2286 — Esclusione

Art. 2286 — Esclusione

L’esclusione di un socio può avere luogo per gravi inadempienze [ 24, 1455 ] delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale [ 2253 ], nonché per l’interdizione [ 414 ], l’inabilitazione [ 415 ] del socio o per la sua condanna ad una pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici [ 2287; 19 n. 1, 28, 29, 32 c.p. ].

Il socio che ha conferito nella società la propria opera o il godimento di una cosa [ 2254 ] può altresì essere escluso per la sopravvenuta inidoneità a svolgere l’opera conferita o per il perimento della cosa dovuto a causa non imputabile agli amministratori.

Parimenti può essere escluso il socio che si è obbligato con il conferimento a trasferire la proprietà di una cosa, se questa è perita prima che la proprietà sia acquistata alla società [ 1465, 2254, 2287, 2524 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 13642/2013

L’assunzione della qualità di socio e l’obbligo di buona fede nell’adempimento delle obbligazioni, che discendono dal contratto di società, non comportano la rinuncia del medesimo ad avvalersi dei suoi diritti e facoltà, anche derivanti da rapporti estranei al contratto sociale e se pure essi possano, in ipotesi, rivelarsi lesivi dell’interesse della società; pertanto, l’esercizio di tali facoltà e diritti, ove non sia allegato l’abuso del diritto, non può giustificare l’esclusione del socio stesso della società. (Così statuendo, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, negando la sussistenza di un divieto di concorrenza ex art. 2301 cod. civ e di un divieto statutario di sostituzione del socio d’opera, aveva giudicato nulla la deliberazione di esclusione del resistente, cui era stato ascritto di aver reiteratamente lavorato al di fuori della società e di essersi fatto sostituire dal padre, remunerandolo, per l’attività manuale rientrante tra i suoi compiti, rendendosi, altresì irreperibile per dodici giorni consecutivi.

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Cass. civ. n. 8860/2012

La messa in liquidazione della società di persone non osta all’applicazione dell’art. 2286 cod. civ., atteso che lo scioglimento della società determina soltanto il passaggio ad una nuova fase, nella quale la società permane come gruppo organizzato e i soci continuano ad essere titolari di diritti e obblighi sicché i comportamenti di un socio in danno degli altri o della società nel suo complesso non possono restare, neppure in questa fase, privi di effetti giuridici, ai sensi e per gli effetti della citata disposizione codicistica. Ne consegue che il socio, colpevole di gravi inadempienze delle obbligazioni derivanti dalla legge o dal contratto sociale, può, anche durante lo stato di liquidazione, essere escluso dalla compagine, non rilevando, in senso contrario la disposizione dell’art. 2270, secondo comma, cod. civ., che unicamente sancisce l’impossibilità per il creditore particolare del socio di ottenere la liquidazione della quota del suo debitore una volta deliberato lo scioglimento della società.

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Cass. civ. n. 29776/2008

L’assunzione della qualità di socio e l’obbligo di buona fede nell’adempimento delle obbligazioni, che discendono dal contratto di società, non comportano la preventiva rinuncia del socio ad avvalersi dei suoi diritti e facoltà, anche derivanti da rapporti estranei al contratto sociale, ogni qual volta essi possano in ipotesi rivelarsi lesivi dell’interesse della società; pertanto, l’esercizio di tali facoltà e diritti, ove non sia allegato l’abuso del diritto, non può fondare l’azione di esclusione del socio stesso dalla società. (Nella specie, la S.C. ha affermato il principio, con riguardo ad un socio di s.n.c., locatore di un bene utilizzato dalla società, il quale aveva intimato ad essa lo sfratto per morosità, nonchè mancato di approvare il bilancio sociale, richiesto la restituzione di somme mutuate alla stessa, esercitato le azioni di messa in liquidazione della società e di revoca dell’amministratore).

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Cass. civ. n. 694/2001

Il principio secondo il quale i rimedi generali dettati in tema di inadempimento contrattuale (risoluzione del contratto, exceptio inadimpleti contractus ecc.) non sono utilizzabili nel diverso ambito dei contratti societari (per essere questi ultimi caratterizzati non già dalla corrispettività delle prestazioni dei soci, bensì dalla comunione di scopo, sì che i rimedi invocabili sono quelli del recesso e dell’esclusione del socio), non si applica alle società cooperative, nelle quali il rapporto (ulteriore rispetto a quello relativo alla partecipazione all’organizzazione della vita sociale) attinenti al conseguimento dei servizi o dei beni prodotti dalla società ed aventi ad oggetto prestazioni (di collaborazione o) di scambio tra socio e società è indiscutibilmente caratterizzato non dalla comunione di scopo, bensì dalla contrapposizione tra quelle prestazioni e (la retribuzione o) il prezzo corrispettivo. In particolare, con riguardo alle cooperative edilizie, un tale rapporto economico-giuridico, distinto da quello sociale, instaurandosi (tra società e socio prenotatario) nella fase della successiva attribuzione dell’unità immobiliare costruita, caratterizza tale attribuzione come vero e proprio atto traslativo della proprietà a titolo oneroso, sicché riprendono vigore i rimedi generali volti a mantenere o ristabilire l’equilibrio sinallagmatico tra la prestazione traslativa e la controprestazione economica.

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Cass. civ. n. 6410/1996

Durante la fase di liquidazione della società di persone non vi sono ostacoli all’applicabilità dell’art. 2286 c.c. e quindi il socio che si sia reso colpevole di gravi inadempienze può essere escluso dalla compagine sociale.

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Cass. civ. n. 12628/1995

Per il socio di una società in nome collettivo il pagamento pro quota delle rate di un mutuo contratto da quest’ultima è oggetto di una obbligazione che discende direttamente dallo status di partecipante all’organismo societario, che, se gli dà diritto alla partecipazione agli utili in proporzione ai conferimenti, lo obbliga anche a partecipare nella stessa misura ad oneri e passività e lo rende (salvo il beneficium excussionis) solidalmente ed illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali. Di conseguenza l’inadepimento dell’obbligazione suddetta ben può giustificare una deliberazione di esclusione del socio inadempiente dalla società, ai sensi dell’art. 2286 c.c.

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Cass. civ. n. 12487/1995

Nelle società di persone, le norme sull’esclusione del socio «per gravi inadempienze», di cui agli artt. 2286 e 2287 c.c., hanno carattere speciale e sostituiscono quelle generali sulla risoluzione per inadempimento dei contratti con prestazioni corrispettive, di cui agli artt. 1453 ss. c.c., le quali ultime non sono applicabili al contratto di società sia per la mancanza di interessi contrapposti tra il socio e l’ente sociale, sia per le diverse finalità cui esse sono preposte. Infatti, la risoluzione mette nel nulla il rapporto contrattuale nei confronti della parte inadempiente, con gli effetti restitutori di cui all’art. 1458 c.c., e, nel caso le parti in contratto siano soltanto due, elimina del tutto il rapporto con i reciproci obblighi restitutori delle parti di cui alla citata disposizione di legge; l’esclusione del socio comporta, invece, soltanto lo scioglimento del vincolo sociale limitatamente al socio inadempiente, con il diritto di quest’ultimo esclusivamente ad una somma di danaro che rappresenti il valore della quota, ma non anche, di per sé, lo scioglimento della società, neppure nel caso in cui i soci siano soltanto due, perché, in tale ipotesi, la società si scioglie solo se, nel termine di sei mesi, non venga ripristinata la pluralità di soci.

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Cass. civ. n. 8695/1991

Nel giudizio d’opposizione, avverso la delibera di una società in nome collettivo di esclusione del socio e di conseguenziale revoca dello stesso dalla carica di amministratore, è consentito il controllo sulla sussistenza o meno delle inadempienze in relazione alle quali tale esclusione è stata decisa, posto che l’insindacabilità delle scelte sociali attiene soltanto alla valutazione discrezionale dell’opportunità del provvedimento in presenza di determinati fatti.

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Cass. civ. n. 6200/1991

L’ipotesi di esclusione dalla società prevista dal secondo comma dell’art. 2286 c.c., per la sopravvenuta inidoneità del socio che ha conferito la propria opera a svolgerla, presuppone la presenza di cause oggettive che precludano in via definitiva la prestazione dell’opera personale del socio e prescinde dalla colposità dell’inadempimento, che invece caratterizza l’ipotesi di esclusione (per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale) prevista dal comma precedente. Pertanto, al socio che per sua colpa abbia solo temporaneamente omesso la prestazione della propria opera personale nella società, cui sia obbligato in base alle norme statutarie, è applicabile la disposizione del primo comma dell’articolo citato, e non quella del secondo comma, con la conseguenza che egli può essere escluso dalla società qualora il suo inadempimento, pur sfornito del carattere della definitività, risulti grave.

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