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Art. 2420 bis — Obbligazioni convertibili in azioni

Art. 2420 bis — Obbligazioni convertibili in azioni

L’assemblea straordinaria può deliberare l’emissione di obbligazioni convertibili in azioni, determinando il rapporto di cambio e il periodo e le modalità della conversione. La deliberazione non può essere adottata se il capitale sociale non sia stato interamente versato.

Contestualmente la società deve deliberare l’aumento del capitale sociale per un ammontare corrispondente alle azioni da attribuire in conversione. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del secondo, terzo, Quarto e Quinto comma dell’articolo 2346.

Nel primo mese di ciascun semestre gli amministratori provvedono all’emissione delle azioni spettanti agli obbligazionisti che hanno chiesto la conversione nel semestre precedente. Entro il mese successivo gli amministratori devono depositare per l’iscrizione nel registro delle imprese un’attestazione dell’aumento del capitale sociale in misura corrispondente al valore nominale delle azioni emesse. Si applica la disposizione del secondo comma dell’articolo 2444.

Fino a quando non siano scaduti i termini fissati per la conversione, la società non può deliberare né la riduzione volontaria del capitale sociale, né la modificazione delle disposizioni dello statuto concernenti la ripartizione degli utili, salvo che ai possessori di obbligazioni convertibili sia stata data la facoltà, mediante avviso depositato presso l’ufficio del registro delle imprese almeno novanta giorni prima della convocazione dell’assemblea, di esercitare il diritto di conversione nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione.

Nei casi di aumento del capitale mediante imputazione di riserve e di riduzione del capitale per perdite, il rapporto di cambio è modificato in proporzione alla misura dell’aumento o della riduzione.

Le obbligazioni convertibili in azioni devono indicare in aggiunta a quanto stabilito nell’articolo 2414, il rapporto di cambio e le modalità della conversione.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 11125/2010

Con la cessione delle obbligazioni convertibili in azioni (nella specie, in adesione ad un’offerta pubblica di acquisto residuale) l’obbligazionista cede l’intera sua posizione contrattuale, entrando essa nella titolarità e disponibilità dei cessionari e continuando a regolare interamente i rapporti tra gli obbligazionisti cessionari e la società emittente: pertanto, deve escludersi la configurabilità, in capo ai cedenti, di crediti derivanti da inadempimento delle obbligazioni cedute, diritti che in ogni caso fanno capo, anche come crediti di tipo risarcitorio, ai nuovi titolari. Nel caso in cui all’emissione di obbligazioni convertibili in azioni di risparmio da parte di una società quotata in borsa abbiano fatto seguito l’acquisizione del controllo da parte di nuovi soci, tenuti a promuovere un’offerta pubblica di acquisto delle azioni residue, ai sensi dell’art. 10, nono comma, della legge 12 febbraio 1992, n. 149, e la conseguente revoca della quotazione in borsa della società, che abbia reso impossibile la conversione delle obbligazioni, non è configurabile una responsabilità della società emittente, per non avere la stessa provveduto a deliberare un aumento di capitale onde salvaguardare la convertibilità dei titoli riportando il flottante al di sopra dei limiti previsti dalla predetta disposizione, in quanto, non essendo sufficiente a tal fine la mera deliberazione dell’assemblea, ma occorrendo anche la concreta sottoscrizione delle nuove azioni da parte degli investitori, sottratta al potere dispositivo della società, la revoca della quotazione in borsa non può essere posta in rapporto di causalità con la condotta di quest’ultima.

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