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Art. 2474 — Operazioni sulle proprie partecipazioni

Art. 2474 — Operazioni sulle proprie partecipazioni

In nessun caso la società può acquistare o accettare in garanzia partecipazioni proprie, ovvero accordare prestiti o fornire garanzia per il loro acquisto o la loro sottoscrizione.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 24087/2016

In tema di ricusazione, la legittimazione attiva alla proposizione del ricorso per cassazione contro l’ordinanza di rigetto spetta solamente alla parte che abbia proposto la relativa dichiarazione e non anche a chi sia intervenuto nel procedimento in camera di consiglio fissato ex art.41, comma terzo, cod.proc.pen., senza però aver proposto analoga dichiarazione, in quanto la partecipazione all’udienza della parte non ricusante, non comporta per quest’ultima l’attribuzione di un autonomo e indipendente titolo di legittimazione ad impugnare l’ordinanza di rigetto.

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Cass. civ. n. 15444/2011

La transazione può avere efficacia novativa quando risulti una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello originato nell’accordo transattivo, di guisa che dall’atto sorgano reciproche obbligazioni oggettivamente diverse da quelle preesistenti. Pertanto, al di fuori dell’ipotesi di un’espressa manifestazione di volontà delle parti in tal senso, il giudice di merito deve accertare se le parti, nel comporre l’originario rapporto litigioso, abbiano inteso o meno addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, costitutivo di autonome obbligazioni, ovvero se esse si siano limitate ad apportare modifiche alle obbligazioni preesistenti senza elidere il collegamento con il precedente contratto, il quale si pone come causa dell’accordo transattivo che, di regola, non è volto a trasformare il rapporto controverso.

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Cass. civ. n. 17936/2009

Il divieto di accordare prestiti o fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione di proprie partecipazioni, stabilito per le società a responsabilità limitata dall’art. 2483 c.c. (nel testo applicabile “ratione temporis”, ora sostituito dall’art. 2474 c.c.), in quanto volto a garantire l’effettività del capitale sociale (e le regole di versamento almeno parziale del capitale sottoscritto), non trova applicazione nell’ipotesi in cui la società rinunci a perseguire ulteriormente una pretesa creditoria litigiosa nei confronti dell’acquirente o del sottoscrittore: in tale ipotesi, infatti, diversamente da quanto accade in caso di rinuncia ad un credito certo, l’aumento di capitale non si concretizza in un apporto proveniente in sostanza dal patrimonio della società stessa, senza immissione di ricchezza nuova da parte del sottoscrittore, non potendosi porre la rinuncia ad una mera possibilità (l’esito vittorioso della lite) sullo stesso piano della mancata acquisizione di un valore patrimoniale sicuramente esistente.

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Cass. civ. n. 21804/2006

Non rientra nel divieto di concedere prestiti o garanzie per l’acquisto delle proprie quote, posto a carico delle società a responsabilità limitata dall’art. 2483 c.c., l’adempimento, ancorché preordinato alla cessione, di pregresse e distinte obbligazioni della società nei confronti del socio cedente.

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Cass. civ. n. 9194/2004

In tema di società di capitali, nonostante che prima dell’entrata in vigore dell’art. 28 D.P.R. n. 30 del 1986 (che ha dato attuazione alla seconda direttiva CEE in materia societaria, n. 77/91 del 13 dicembre 1976) l’art. 2483 c.c. (applicabile nel testo vigente ratione temporis) non prevedesse, analogamente a quanto stabilito per le società per azioni, ai sensi dell’art. 2358 c.c., il divieto di accordare prestiti o fornire garanzie per l’acquisto di quote rappresentative del proprio capitale, tale divieto deve considerarsi operante anche per le società a responsabilità limitata, in ragione del fatto che finanziare un terzo per l’acquisto di quote o prestare a tal fine garanzie, anche mediante l’accollo del debito relativo al pagamento del corrispettivo stabilito nella cessione, pregiudica o rischia di pregiudicare gli interessi protetti dal divieto espressamente posto dal citato art. 2483. (In applicazione di tale principio, la Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso il contrasto, con il cit. art. 2483 c.c. e, quindi la nullità, del contratto di cessione della quota di una società a responsabilità limitata, con il quale la società aveva fatto fronte al pagamento di una parte rilevante del prezzo della cessione delle quote, malgrado che la «promessa» del trasferimento in favore dei cessionari di alcuni beni ricompresi nel patrimonio sociale fosse stata fatta dai soci e non dalla società).

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Cass. civ. n. 796/2000

In tema di società a responsabilità limitata, la disposizione dell’art. 2483 c.c. la quale fa divieto alla società, a garanzia dell’integrità del capitale sociale, di acquistare proprie quote non osta a che essa possa vendere le quote del socio quali beni altrui, ai sensi dell’art. 1478 c.c., ossia assumendo l’obbligo di procurarne l’acquisto al compratore, dato che l’automatismo e l’immediatezza del trasferimento al compratore stesso di dette quote evita, nel momento in cui siano conseguite dalla società, che questa divenga «partecipazione di sè stessa», con pregiudizio della consistenza del capitale.

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Cass. pen. n. 2275/1996

Qualora il giudice, nel corso dell’udienza preliminare, accerti che l’imputato non è in grado di partecipare coscientemente e liberamente al processo a causa delle sue condizioni psichiche, non può disporre il giudizio nemmeno in caso di infermità totale di mente già esistente al momento del fatto; non sarebbe idonea a giustificare il rinvio a giudizio, infatti, la possibilità di un proscioglimento in dibattimento per difetto di imputabilità, non potendosi negare all’imputato – ove vi potesse partecipare – l’eventuale interesse ad una diversa formula di proscioglimento, al fine di evitare l’applicazione della misura di sicurezza di cui all’art. 222 c.p.

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