Art. 471 – Codice civile – Eredità devolute a minori o interdetti
Non si possono accettare le eredità devolute ai minori e agli interdetti, se non col beneficio d'inventario, osservate le disposizioni degli articoli 321 e 374.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 24859/2024
L'espropriazione forzata della quota di società a responsabilità limitata - bene immateriale da equipararsi al bene mobile non iscritto al pubblico registro - intestata a società fiduciaria operante ai sensi della l. n. 1966 del 1939 non si esegue nelle forme del pignoramento presso terzi, bensì, ai sensi dell'art. 2471, comma 1, c.c. (nel testo modificato dal d.lgs. n. 6 del 2003), mediante notificazione alla società a cui la quota stessa si riferisce e alla società (fiduciaria) che ne ha l'intestazione formale, nonché tramite successiva iscrizione del vincolo nel registro delle imprese, generando l'intestazione fiduciaria un fenomeno di dissociazione tra la situazione di "proprietà sostanziale" (che resta in capo al fiduciante) e la "proprietà formale" (che ricade in capo alla fiduciaria), per effetto del quale la fiduciaria acquista la sola legittimazione all'esercizio dei diritti sociali.
Cass. civ. n. 16047/2024
Il socio di società a responsabilità limitata che abbia dato in pegno la propria quota conserva il diritto a impugnare la deliberazione assembleare nella quale abbia votato in sua vece il creditore pignoratizio, atteso che dal combinato disposto degli artt. 2471-bis e 2352 c.c. si evince che il socio, la cui quota sia stata oggetto di pegno, perde il solo diritto di voto in assemblea, ma conserva, in difetto di diversa pattuizione, tutti gli altri diritti amministrativi connessi alla relativa qualità, ivi compreso quello di impugnazione delle deliberazioni contrarie alla legge o all'atto costitutivo.
Cass. civ. n. 9377/2022
Ai fini della determinazione della base imponibile dell'imposta di registro sugli atti con i quali viene prestata garanzia personale o reale, di cui all'art. 43, lett. f, del d.P.R. n. 131 del 1986, nella nozione di "titoli", a tal fine indicata dalla legge, non rientrano le quote di partecipazione in società a responsabilità limitata o in società personali, in quanto non equiparabili né ai titoli di credito né al denaro; ne consegue che, nel caso di pegno sulle stesse, la base imponibile va determinata non in ragione del loro valore nominale, ma secondo la regola generale della somma garantita.
Cass. civ. n. 4149/2019
In tema di espropriazione forzata, il divieto di acquisto previsto, a pena di nullità, dal combinato disposto del primo comma, n. 2, e del secondo comma dell'art. 1471 c.c. per il pubblico ufficiale relativamente ai beni venduti per suo ministero si applica ai soggetti che istituzionalmente concorrono o possono concorrere allo sviluppo della procedura esecutiva e, pertanto, tra gli altri, al giudice dell'esecuzione designato per la procedura e ai suoi sostituti istituzionali od occasionali – ossia ai magistrati appartenenti allo stesso ufficio che gli siano subentrati o possano subentrargli per uno o più atti della procedura stessa o per le azioni di cognizione ad essa collegate in forza di previsioni di legge o di tabella di organizzazione che chiaramente e univocamente li identifichino -, ma non si estende ai magistrati che, ancorché in servizio presso il tribunale che procede alla vendita, a meno di specifiche previsioni tabellari o di peculiari vicende in fatto, non siano stati, né potrebbero essere coinvolti o comunque interferire nel procedimento, così che la partecipazione all'asta da parte di questi ultimi, pur assumendo rilevanza ai fini della responsabilità disciplinare, non incide sulla validità dell'acquisto.
Cass. civ. n. 29665/2018
Una volta che si sia perfezionata, prima del raggiungimento della maggiore età, la procedura di accettazione beneficiata, con il realizzarsi degli elementi costitutivi previsti dalla legge, risulta ormai acquisita la qualità di erede, con la conseguenza che al minore, anche una volta divenuto maggiorenne, è preclusa la possibilità di una successiva rinuncia. Quando il genitore esercente la responsabilità genitoriale sul figlio minore chiamato all'eredità esegue l'accettazione ex art. 471 c.c. da cui deriva l'acquisto da parte del minore della qualità di erede, ma non compia l'inventario - necessario per poter usufruire della limitazione della responsabilità - e questo non sia redatto neppure dal minore entro un anno dal raggiungimento della maggiore età, l'eredità resta acquisita da quest'ultimo, che però sarà considerato erede puro e semplice. Il mancato perfezionamento della procedura di accettazione beneficiata mantiene il minore nella qualità di chiamato e, una volta divenuto maggiorenne, questi potrà valutare se conservare o meno il beneficio oppure rinunciare all'eredità.
Cass. civ. n. 3618/2017
In tema di alienazione di beni di proprietà di una ASL, è valida la vendita in favore di un consigliere regionale ove non sussista conflitto di interessi, per non avere questi esercitato poteri diretti di controllo o di gestione dell’azienda, non essendo altresì sufficiente, ai fini del divieto speciale di comprare di cui all'art. 1471, comma 1, n. 2, c.c., il collegamento di carattere generale tra il consiglio regionale e le ASL, atteso che detto divieto colpisce soltanto coloro i quali, nell’esercizio di una pubblica funzione, prendono parte alla procedura relativa al trasferimento coattivo di un bene da un soggetto ad un altro.
Cass. civ. n. 21456/2017
L’art. 471 c.c., disponendo che le eredità devolute ai minori e agli interdetti non si possono accettare se non con il beneficio di inventario, esclude che il rappresentante legale dell'incapace possa accettare l'eredità in modo diverso, sicché l'eventuale accettazione tacita, fatta dal rappresentante con il compimento di uno degli atti previsti dall'art. 476 c.c., non produce alcun effetto giuridico nei confronti dell'incapace. Tuttavia, se a seguito dell'inefficace accettazione dell'eredità per suo conto fatta dal legale rappresentante il soggetto già minore d'età non provvede- ai sensi dell'art. 489 c.c.- a conformarsi alle disposizioni degli artt. 484 e segg. c.c. entro l'anno dal raggiungimento della maggiore età, rimane ferma con pieni effetti l'accettazione pura e semplice già avvenuta nel suo interesse ed acquistano efficacia anche tutti gli atti inerenti all'eredità accettata posti in essere dal rappresentante legale del minore.
Cass. civ. n. 5493/2008
In tema di espropriazione forzata di quote di società a responsabilità limitata non liberamente trasferibili, qualora, pur in presenza di una clausola statutaria di previsione della necessità del consenso del consiglio di amministrazione per il trasferimento delle quote, la facoltà di designare un altro acquirente in sostituzione dell'aggiudicatario sia stata esercitata dal presidente del consiglio di amministrazione, quale legale rappresentante della società, senza una conforme deliberazione di detto consiglio, la relativa questione non è deducibile con l'opposizione agli atti esecutivi da parte dell'aggiudicatario, neppure se questi sia socio della società (come nella specie), poiché, concernendo una violazione di norme attinenti alla formazione della volontà sociale, non integra una questione afferente alla validità della rappresentanza in giudizio della società ai fini della dichiarazione di designazione e, quindi, all'atto processuale di designazione.
Cass. civ. n. 691/2005
In tema di espropriazione forzata di quote di società a responsabilità limitata, le disposizioni dell'art. 2480, commi terzo (per il quale «se la quota non è liberamente trasferibile e il creditore, il debitore e la società non si accordano sulla vendita della quota stessa, la vendita ha luogo all'incanto; ma la vendita è priva di effetto se, entro dieci giorni dall'aggiudicazione, la società presenta un altro acquirente che offra lo stesso prezzo » ) e quarto (che estende le disposizioni del terzo alla vendita delle quote del socio fallito ) c.c., si applicano anche allorché la non libera trasferibilità delle quote derivi dall'esistenza di clausola statutaria di prelazione.
Cass. civ. n. 2909/2000
In sede espropriativa concorsuale della quota sociale, il curatore, a norma dell'art. 2480 c.c., non è vincolato da un prezzo determinato, ma, quale amministratore del patrimonio del fallito e nel contempo garante degli interessi della massa, deve pervenire ad un accordo con la società (che va, a sua volta, garantita dall'ingresso di terzi estranei), in mancanza del quale la vendita ha luogo all'incanto, con facoltà di presentazione di altro acquirente che, tuttavia, offra lo stesso prezzo di aggiudicazione provvisoria. Ne consegue che, nell'ipotesi in cui una società ceda alcune quote di propria partecipazione in altra società a soci che quelle quote acquistano, in esercizio del loro diritto di prelazione, al prezzo determinato e pari al valore dell'ultimo bilancio approvato, l'atto di cessione è soggetto a revocatoria fallimentare, se si accerta che il valore delle quote è superiore a quello pagato, visto che lo eventus damni è verificabile nel fatto che il curatore non sarebbe stato vincolato a quel prezzo.
Cass. civ. n. 2926/1997
In materia di espropriazione presso terzi, al terzo pignorato, quale destinatario di attività del processo esecutivo e titolare di un interesse a che questo si svolga secondo legge, in relazione al pregiudizio che in ,situazioni particolari egli possa ricevere dall'esecuzione, va riconosciuto il potere di proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. contro il provvedimento che indirizza la sua prestazione in un modo anziché in un altro. Pertanto nel caso di espropriazione della quota di uno dei soci, la società a responsabilità limitata, è legittimata a proporre opposizione contro,il provvedimento di assegnazione della quota ad un soggetto ad essa estraneo, al fine di far valere il proprio diritto di presentare un altro acquirente a norma dell'art. 2480 c.c., applicabile anche nella indicata ipotesi, che realizza al pari della vendita coattiva una forma di trasferimento coattivo del diritto.
Cass. civ. n. 2276/1995
L'art. 471 c.c., disponendo che le eredità devolute ai minori e agli interdetti non si possono accettare se non con il beneficio di inventario, esclude che il rappresentante legale dell'incapace possa accettare l'eredità in modo diverso da quello prescritto dall'art. 484 c.c., che consiste in una dichiarazione espressa di volontà volta a fare acquistare all'incapace la qualità di erede con limitazione della responsabilità ai debiti e ai pesi intra vires hereditatis. Ne consegue che l'accettazione tacita, fatta con il compimento di uno degli atti previsti dall'art. 476 c.c. (nella specie, trattavasi di una divisione amichevole dei beni ereditari), non rientra nel potere del rappresentante legale e perciò non produce alcun effetto giuridico nei confronti dell'incapace, che resta nella posizione di chiamato all'eredità fino a quando egli stesso o il suo rappresentante eserciti il diritto di accettare o di rinunziare all'eredità entro il termine della prescrizione.
Cass. civ. n. 2961/1981
La situazione di ineleggibilità alla carica di consigliere comunale per lite pendente, a norma dell'art. 15, n. 6 del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, in relazione al conflitto di interessi derivante dal fatto che il candidato, in epoca in cui esercitava le funzioni di sindaco, abbia acquistato un immobile del comune in violazione dell'art. 1471 c.c., può essere esclusa, alla stregua dell'intervenuto trasferimento del bene medesimo ad un terzo, solo qualora risulti la ricorrenza di tutti i requisiti necessari a che tale ulteriore acquisto resti insensibile ad un'eventuale azione di nullità del comune, secondo la previsione dell'art. 2652, n. 6 c.c., ivi compresa la prova della buona fede di detto terzo.