Art. 566 – Codice civile – Successione dei figli
Al padre ed alla madre succedono i figli, in parti uguali.
[Si applica il terzo comma dell'articolo 537.]
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 24361/2023
In tema di successione "mortis causa", ove nell'asse ereditario sia compresa una farmacia, occorre distinguere la proprietà di quest'ultima, che rimane in comune tra i coeredi fino alla divisione del patrimonio, dalla gestione, che compete a colui il quale sia in possesso dei requisiti di legge; tale distinzione impone di tener conto, nella stima del bene ai fini della divisione, dell'"apporto" riferibile al solo coerede farmacista, assumendo all'uopo rilievo al valore della farmacia al momento dell'apertura della successione. Qualora, poi, a seguito della divisione, sorga a carico dell'assegnatario della farmacia un obbligo di conguaglio in favore dei coeredi, esso costituisce debito di valore che sorge all'atto dello scioglimento della comunione e rispetto al quale non sono dovuti gli interessi compensativi, sulla somma rivalutata del conguaglio spettante, ove i coeredi non abbiano, come nella specie, avuto il possesso ed il godimento comune della cosa, ma solo il diritto al rendiconto con riferimento ai frutti ed eventualmente il diritto agli interessi corrispettivi sulle somme dovute a tale titolo.
Cass. civ. n. 19556/2013
La disposizione dell'art. 1566 c.c., relativa al patto di preferenza nella somministrazione, è applicabile per analogia all'appalto solo se questo attenga a servizi continuativi o periodici, e riguardi la stipula di un successivo contratto di appalto per lo stesso oggetto.
Cass. civ. n. 2269/1974
In ipotesi di patto di prelazione relativo a prestazioni continuative di trasporto, sono applicabili, in quanto compatibili, le norme relative al contratto di somministrazione, giusta il disposto dell'art. 1570 c.c., e quindi anche la norma dell'art. 1566, della cui compatibilità non può dubitarsi, non essendovi nella disciplina dell'appalto alcuna disposizione contraria, e tendendo il patto, nel caso di appalto di servizi come in quello di somministrazione, allo stesso fine, cioè a tutelare l'impresa fornitrice contro la concorrenza. Dalla norma dell'art. 1566 c.c. derivano al soggetto passivo della prelazione due obblighi: l'uno, principale, consistente nel dare la preferenza al soggetto attivo nella stipulazione di un contratto avente un determinato oggetto, o di ogni contratto, avente quell'oggetto, da stipularsi nel periodo di tempo, non maggiore di cinque anni, per il quale è stato concesso il diritto; l'altro, complementare, consistente nel comunicare al titolare della prelazione le condizioni proposte da terzi, per dargli modo di dichiarare se accetta di concludere il contratto a quelle condizioni. Nel caso in cui il titolare della prelazione dichiari di accettarle (e sempreché il patto di prelazione non disponga diversamente per effetto di speciali accordi), con la notificazione dell'accettazione nel termine stabilito il contratto resta concluso tra proponente e accettante alle condizioni comunicate, per l'avvenuto incontro dei consensi. Nel caso in cui il titolare della prelazione non accetti le condizioni comunicategli, o non dichiari esplicitamente, nel termine stabilito, di accettarle, egli decade dal diritto di essere preferito nella stipulazione di quel contratto le cui condizioni gli sono state comunicate, con la conseguenza che l'altra parte è libera di stipulare con un terzo, ma a condizioni che non siano più favorevoli per il terzo di quelle comunicate all'avente diritto alla prelazione. Infatti, la stipulazione a condizioni diverse e più convenienti per il terzo senza previamente comunicarle, come le imponeva la norma dell'art. 1566, secondo comma, al predetto avente diritto (il quale, appunto perché erano migliori di quelle da lui rifiutate, le avrebbe anche potute accettare); omissione che si risolve in una violazione dell'obbligo di colui che ha concesso la prelazione di porre l'altra parte in grado di esercitarla. L'art. 1566, secondo comma c.c. impone al soggetto passivo della prelazione volontaria l'obbligo di comunicare al soggetto attivo «le condizioni» contrattuali propostegli da terzi, ma non anche di rivelargli i nomi dei proponenti né di metterlo in grado di controllare la provenienza delle proposte. Siffatte indicazioni, aventi un oggetto diverso dalle condizioni, non sono prescritte dalla legge, e neppure possono ritenersi richieste dalle finalità del patto di prelazione, a raggiungere le quali è sufficiente che al titolare della preferenza sia dato il modo di concludere il contratto alle condizioni comunicategli, e che l'altra parte non lo possa stipulare con terzi a condizioni diverse e più favorevoli per costoro.