Art. 734 – Codice civile – Divisione fatta dal testatore
Il testatore può dividere i suoi beni tra gli eredi comprendendo nella divisione anche la parte non disponibile [556 c.c.].
Se nella divisione fatta dal testatore non sono compresi tutti i beni lasciati al tempo della morte, i beni in essa non compresi sono attribuiti conformemente alla legge, se non risulta una diversa volontà del testatore.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 9888/2024
La cd. divisio inter liberos, regolata ex art. 734 c.c., ricorre ove il testatore intenda effettuare direttamente la divisione, totale o parziale, del suo patrimonio tra gli eredi, mediante formazione delle quote e individuazione dei beni di ciascuna di esse, impedendo, così, il sorgere della comunione ereditaria, mentre, nell'ipotesi ex art. 733 c.c., il testatore non divide i suoi beni, ma si limita a dettare le regole per la futura divisione, con efficacia obbligatoria per gli eredi.
Cass. civ. n. 24169/2021
L'istituito nella disponibile, qualora riceva con testamento beni di valore inferiore, per porre rimedio al divario fra quota e porzione, non ha un'azione assimilabile a quella di riduzione, che compete ai soli legittimari per la reintegrazione della quota di riserva, ma, nel concorso dei presupposti previsti dall'art. 763 c.c., può esercitare l'azione di rescissione per lesione, ammessa anche nel caso di divisione del testatore.
Cass. civ. n. 1530/2018
Nell'ipotesi di dichiarazioni aggiunte alla confessione, opera, ai sensi dell'art. 2734 c.c., il principio di inscindibilità, nel senso che la mancata contestazione di controparte comporta l'esonero del dichiarante dall'onere di provare i fatti aggiunti, assumendo, in tal caso, la dichiarazione valore di prova legale nel suo complesso, mentre solo quando la controparte contesta le dichiarazioni il confitente ha l'onere di provare i fatti aggiunti, restando affidato al giudice, in difetto di tale prova, l'apprezzamento dell'efficacia probatoria delle dichiarazioni stesse.
Cass. civ. n. 10761/2018
La "divisio inter liberos", regolata dall'art. 734 c.c., ricorre ove il testatore intenda effettuare direttamente la divisione, totale o parziale, del suo patrimonio tra gli eredi attraverso la formazione delle quote e l'individuazione dei beni destinati a far parte di ciascuna di esse, impedendo così il sorgere della comunione ereditaria, con la conseguenza che la decisione del giudice ha carattere meramente dichiarativo, dovendosi prendere atto di un effetto ricollegato alla volontà del "de cuius" che si produce automaticamente al momento dell'apertura della successione; ricorre, invece, la fattispecie di cui all'art. 733 c.c. quando il testatore non divide, ma si limita a dettare le regole per la futura divisione con efficacia obbligatoria per gli eredi. Soltanto in quest'ultimo caso, permanendo lo stato di indivisione, è configurabile la domanda di rendiconto dei frutti proposta dal condividente, estromesso "medio tempore" dalla fruizione dei beni comuni, nei confronti di quello che si trovi nel godimento esclusivo degli stessi; al contrario, nell'ipotesi disciplinata dall'art. 734 c.c., poiché il coerede è divenuto proprietario unico dei beni assegnatigli dal testatore fin dall'apertura della successione, la pretesa al versamento dei frutti non rientra nell'ambito del rendiconto, atteso che è sganciata dalla domanda di divisione, correlandosi al comportamento privo di giustificazione di colui che, rispetto ai detti beni, è, a tutti gli effetti, un terzo.
Cass. civ. n. 17122/2018
In tema di delazione dell'eredità, non vi è luogo alla successione legittima agli effetti dell'art. 457, comma 2, c.c., in presenza di disposizione testamentaria a titolo universale, sia pur in forma di istituzione "ex re certa", tenuto conto della forza espansiva della stessa per i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che l'erede testamentario fosse succeduto nella proprietà della cappella realizzata in esecuzione di un onere apposto all'istituzione di erede ed al legato, essendo indifferente chi, tra erede e legatario, l'avesse concretamente realizzata).
Cass. civ. n. 30529/2017
In assenza di confessione l'efficacia probatoria delle dichiarazioni rese dalla parte in sede di interrogatorio formale è soggetta al libero apprezzamento del giudice, il quale ben può ponderarne la consistenza alla luce e nel necessario coordinamento con altri elementi del complesso probatorio.
Cass. civ. n. 16119/2013
Le dichiarazioni aggiunte alla confessione, tendenti ad infirmare l'efficacia del fatto confessato ovvero a modificarne o ad estinguerne gli effetti, sono solo quelle provenienti dallo stesso soggetto confitente, in quanto l'art. 2734 c.c., che ne disciplina l'efficacia probatoria, presuppone l'unicità della fonte delle dichiarazioni.
Cass. civ. n. 12830/2013
L'istituto della collazione, limitato al conferimento nella massa ereditaria delle donazioni non contenenti espressa dispensa, è incompatibile con la divisione con la quale il testatore abbia ritenuto effettuato, ai sensi dell'art. 734 cod. civ., la spartizione dei suoi beni (o di parte di essi), distribuendoli mediante l'assegnazione di singole e concrete quote ("divisio inter liberos"), evitando così la formazione della comunione ereditaria e, con essa, la necessità di dar luogo al relativo scioglimento, in funzione del quale soltanto si giustificherebbe il conferimento nella massa previsto dagli artt. 724 e 737 cod. civ.
Cass. civ. n. 15501/2011
Quando il testatore provvede alla ripartizione in quote tra gli eredi del suo patrimonio immobiliare, individuando i beni destinati a far parte di ciascuna di esse, non si configura l'ipotesi della cosiddetta divisione regolata (art. 733 cod. civ.), che ricorre se il "de cuius" si limita a dettare norme per la formazione delle porzioni nello scioglimento della comunione ereditaria, in previsione del sorgere di tale status per effetto dell'apertura della successione, bensì si verte in tema di cosiddetta "divisio inter liberos" (art. 734 cod. civ.), ossia di divisione fatta dal testatore attraverso la specificazione dei beni destinati a far parte di ciascuna quota, che, avendo effetto attributivo diretto dei beni al momento dell'apertura della successione, impedisce il sorgere della comunione ereditaria ed il conseguente compimento di operazioni divisionali. Ne consegue che l'erede escluso dall'assegnazione del cespite cui si riferisce la controversia nel corso della quale si è verificato il decesso del dante causa versa in una situazione di carenza di legittimazione passiva per estraneità all'oggetto del giudizio.
Cass. civ. n. 18561/2009
In tema di divisione ereditaria, la "divisio inter liberos", regolata dall'art. 734 c.c., ricorre quando la volontà del testatore è quella di effettuare direttamente la divisione dei suoi beni fra gli eredi, distribuendo tra questi le sue sostanze mediante l'assegnazione di singole quote concrete, con effetti reali ed immediati: ricorre, invece, l'ipotesi di cui all'art. 733 c.c. quando il testatore non divide, ma si limita a dettare le regole per la futura divisione. L'accertamento della ricorrenza in concreto dell'una o dell'altra fattispecie costituisce indagine di fatto sulla volontà del testatore, non sindacabile in sede di legittimità se sorretta da corretta motivazione. (Nella specie è stata cassata la sentenza di merito che aveva escluso l'applicabilità dell'art. 733 c.c. alla clausola testamentaria con la quale veniva espressamente raccomandato ad uno degli eredi, attributario di un gruppo di poderi, di lasciare tali beni "conservati uniti ed intatti finché possibile", senza però indagare sulla possibilità di ricondurre la anzidetta clausola nell'ambito di operatività della "divisio inter liberos", ai sensi dell'art. 734 c.c.).
Cass. civ. n. 3244/2009
Le ammissioni rese in sede di interrogatorio formale, ove siano accompagnate da dichiarazioni aggiunte idonee a modificare o estinguere gli effetti della confessione, non hanno efficacia confessoria piena, ai sensi degli artt. 2733 e 2734 c.c., e debbono pertanto essere oggetto di valutazione unitaria e complessiva da parte del giudice.
Cass. civ. n. 862/2007
Nel caso in cui il testatore abbia diviso i propri immobili liquidando in denaro la quota di uno dei condividendi, il conguaglio in denaro cui questi ha diritto costituisce credito di valore, esprimendo l'equivalente economico in termini monetari della sua quota sui beni immobili attribuiti agli altri coeredi.
Cass. civ. n. 11745/2003
In tema di confessione giudiziale, il valore probatorio della dichiarazione — in essa contenuta — di fatti o circostanze idonee ad infirmare l'efficacia del fatto confessato ovvero a modificarne o estinguerne gli effetti, è, ai sensi degli artt. 2734 c.c. e 116 c.p.c., liberamente apprezzato dal giudice, quando tali circostanze o fatti aggiunti alla confessione siano contestati dalla controparte.
Cass. civ. n. 2903/2001
Non viola l'art. 2734 c.c. il giudice di merito che, diversamente dalla dichiarazione resa dalla parte in sede di interrogatorio formale, non ritenga raggiunto un accordo negoziale con la controparte perché la confessione è un atto giuridico che ha ad oggetto fatti obiettivi, mentre spetta al giudice del merito la qualificazione giuridica di essi.
Cass. civ. n. 10306/1996
Il testatore che proceda direttamente alla divisione, ai sensi dell'art. 723 c.c., può fare ricorso allo strumento del conguaglio in danaro sia per correggere le ineguaglianze in natura delle quote ereditarie che già si presentino all'atto della formazione del piano di ripartizione, sia per assicurare alle quote il loro valore originario rispetto agli eventuali squilibri dovuti alla fluttuazione dei prezzi di mercato o ad altri non prevedibili eventi. Tali conguagli non possono ritenersi assegni divisionali in senso tecnico, ma hanno natura di legati divisionis causa, presupponendo una divisione già fatta. Ne consegue che l'azione di natura personale diretta ad ottenere il conguaglio con specificazione del suo ammontare si prescrive nell'ordinario termine di dieci anni con decorrenza dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.
Cass. civ. n. 11048/1995
Il principio della cosiddetta inscindibilità della confessione sancito dall'art. 2734 c.c. — per il quale le «dichiarazioni aggiunte alla confessione», relative a fatti o circostanze tendenti ad infirmare, modificare o estinguere gli effetti del fatto confessato, fanno piena prova nella loro integrità ove non contestate dalla controparte, restando altrimenti rimesso al giudice l'apprezzamento dell'efficacia probatoria delle dichiarazioni stesse — si applica solo alle confessioni giudiziali, cioè alle ammissioni fatte dalle parti in sede di interrogatorio formale, e non anche alle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio libero; le quali, pertanto, sono soggette nella loro totalità al libero apprezzamento del giudice, che, specialmente nelle controversie di lavoro (nelle quali l'interrogatorio libero è previsto come un atto istruttorio obbligatorio per il giudice di primo grado), ben può fondare la propria decisione anche solo su tali dichiarazioni.
Cass. civ. n. 6358/1993
Il secondo comma dell'art. 734 c.c. — il quale prevede che, nel caso di incompletezza della divisione testamentaria, i beni in essa non compresi sono attribuiti secondo le norme della successione legittima, salvo che risulti diversa volontà del testatore — disciplina il solo caso di una lacuna della divisione stessa rispetto alla (completa) vocazione testamentaria e risolve, di conseguenza, soltanto un problema di determinazione dei criteri di divisione, anche nella parte in cui richiama le norme sulla successione legittima ed in cui non è ravvisabile una regola pleonastica rispetto alla disposizione generale contenuta nell'art. 457 c.c., riferibile alla diversa ipotesi di vocazione essa stessa parziale e quindi di concorso fra successione legittima e successione. testamentaria, con la conseguenza che, in tale ipotesi, l'intervenuta divisione testamentaria non esclude, rispetto al relictum indiviso e da dividere, l'ammissibilità della collazione. L'indagine diretta a stabilire se, oltre alla divisione, anche la vocazione testamentaria sia stata parziale va condotta con riguardo alla effettiva volontà del testatore, ricercata in base sia ad elementi risultanti dall'atto globalmente considerato, sia ad elementi che, sebbene ad esso estrinseci, risultino nondimeno idonei allo scopo.
Cass. civ. n. 9339/1987
Il significato ampio e comprensivo della formula usata dal legislatore nell'art. 2734 c.c. circa il contenuto e la portata della dichiarazione aggiunta alla confessione ed il carattere unitario della relativa disciplina comportano che rientrano nella sfera dell'applicazione della norma sia l'ipotesi della cosiddetta confessione «complessa», che sussiste allorché le aggiunte si riferiscono a fatti distinti da quello confessato, tali da estinguere o modificarne gli effetti ab extrinseco, che quella della cosiddetta confessione «qualificata», che ricorre se i vari fatti dichiarati siano strettamente connessi tanto che l'uno si profili come la necessaria conseguenza dell'altro, ovvero incidono sulla sua essenza e si riflettono sulla sua efficacia come per il negozio condizionato. Ciò comporta che in entrambe le ipotesi, qualora la verità dei fatti o delle circostanze aggiunte, idonee a modificare o estinguere gli effetti della confessione, sia contestata, le stesse (dichiarazioni aggiunte) non fanno piena prova nella loro integrità né determinano alcuna inversione dell'onere della prova ma sono invece suscettibili, nel loro complesso, di essere liberamente apprezzate dal giudice ai sensi dell'art. 116 c.p.c.
Cass. civ. n. 6110/1981
In ipotesi di divisione fatta dal testatore ai sensi dell'art. 734 c.c., lo stabilire se il testatore abbia inteso chiamare i coeredi in quote uguali o diverse è questione da risolvere attraverso la ricerca della volontà effettiva del de cuius, e non già sulla base del valore delle porzioni in concreto formate ed assegnate a ciascuno dei coeredi, ben potendo il diverso valore di talune di dette porzioni, rispetto alle altre, dipendere, non dalla volontà del testatore di chiamare il destinatario di tale porzione in quota di entità diversa da quella degli altri coeredi, ma dal personale criterio di valutazione adottato dal testatore stesso.
Cass. civ. n. 5955/1981
L'ipotesi del testatore che proceda alla divisione dei suoi beni tra gli eredi, differendo però l'attuazione della medesima alla morte del coniuge superstite, designato usufruttuario di tutto il relictums, non è riconducibile nell'ambito della divisio inter liberos, di cui all'art. 734 c.c., postulante, per la sua configurazione, la mancanza di un precedente stato di comunione tra coeredi, per essere questi ultimi successori, non in quote astratte, bensì in quote concrete e determinate dallo stesso testatore con un atto avente nel contempo, effetti dispositivi e reali.
Cass. civ. n. 1453/1978
In caso di dichiarazioni aggiunte dal confitente alla confessione, ai sensi dell'art. 2734 c.c., la contestazione della controparte — che impedisce alle dichiarazioni del confitente di fare piena prova nella loro integrità e permette al giudice di apprezzarle liberamente — può risultare, anche in modo implicito, dal comportamento processuale ed in ispecie dalle conclusioni per l'accoglimento della propria pretesa, quando l'accoglimento stessa sia incompatibile con le predette dichiarazioni aggiunte.
Cass. civ. n. 3169/1974
Al contratto di commissione si applicano le regole generali sul mandato senza rappresentanza, salvo le disposizioni speciali per esso stabilite. Pertanto, i diritti del commissionario, nel caso di revoca del contratto, sono fissati esclusivamente dall'art. 1734 c.c., specificamente dettato per il contratto di commissione, il quale riconosce al commissionario soltanto una parte della provvigione pattuita, da determinarsi tenendo conto delle spese sostenute e dell'opera prestata.
Cass. civ. n. 326/1970
Avendo il testatore il potere che gli deriva dall'art. 734 c.c. di dividere i suoi beni tra gli eredi nel modo che egli ritenga più opportuno al fine di prevenire tra loro le occasioni di liti, col solo limite del rispetto del diritto dei legittimari, è da ritenere che entro tale limite sia consentito al medesimo testatore di comporre e di integrare le singole quote concrete dell'asse ereditario includendo nell'una di esse più beni, immobili o mobili, che nell'altra, senza la osservanza delle norme di cui agli artt. 728, 741 e 751 c.c. che sono stabilite in ipotesi di divisione, comportante la necessità di conguaglio in senso tecnico-giuridico e di operazioni preliminari alla divisione, assolutamente diversa dalla divisio inter liberos di cui al citato art. 734 c.c.