Art. 733 – Codice civile – Norme date dal testatore per la divisione
Quando il testatore ha stabilito particolari norme per formare le porzioni [727 c.c.], queste norme sono vincolanti per gli eredi, salvo che l'effettivo valore dei beni non corrisponda alle quote stabilite dal testatore [718 c.c.].
Il testatore può disporre che la divisione si effettui secondo la stima di persona da lui designata che non sia erede o legatario: la divisione proposta da questa persona non vincola gli eredi, se l'autorità giudiziaria, su istanza di taluno di essi, la riconosce contraria alla volontà del testatore o manifestamente iniqua [1349 c.c.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 9362/2025
Gli effetti dichiarativi della divisione ereditaria, comportanti che ciascun condividente debba considerarsi successore immediato del de cuius nei beni di cui diviene titolare, non determinano anche l'automatica attribuzione dei frutti (naturali o civili) al condividente che risulti assegnatario dei beni che li abbiano prodotti, giacché i frutti, ove non distribuiti fra i coeredi, formano una massa indivisa, sulla quale ciascun partecipante ha un diritto di natura e consistenza identiche a quelle del diritto sui beni della comunione; ne consegue che, nel caso in cui uno degli eredi si sia appropriato dei frutti maturati durante la comunione, ancorché prodotti da beni poi assegnatigli, sorge un corrispondente suo debito verso gli altri coeredi (art. 724, comma 2, c.c.), qualora i frutti non siano più esistenti al momento della divisione.
Cass. civ. n. 16780/2024
Nel giudizio risarcitorio promosso per i danni derivanti dalla trasfusione di sangue infetto, il provvedimento amministrativo di riconoscimento del diritto all'indennizzo ai sensi della l. n. 210 del 1992, pur non integrando una confessione stragiudiziale, costituisce un elemento grave e preciso, da solo sufficiente a giustificare il ricorso alla prova presuntiva e a far ritenere provato, per tale via, il nesso causale, nei confronti non solo del Ministero della Salute, ma anche di altri soggetti eventualmente responsabili sul piano risarcitorio (nella specie la gestione liquidatoria di una soppressa USSL), in ragione della natura di presunzione semplice del mezzo di prova.
Cass. civ. n. 15431/2024
In tema di responsabilità civile da sinistro stradale, la sottoscrizione del modulo di contestazione amichevole da parte di entrambi i conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro determina una presunzione iuris tantum valevole nei confronti dell'assicuratore, sul quale grava l'onere di fornire la prova contraria che i fatti si sono svolti con modalità e conseguenze diverse e incompatibili da quelle indicate su quel modulo dalle parti.
Cass. civ. n. 13880/2024
Alla dichiarazione confessoria stragiudiziale di fatti sfavorevoli ad una sola parte, qualora sia resa nell'ambito di un giudizio litisconsortile, non si applica la regola del libero apprezzamento dal parte del giudice, di cui all'art. 2733, comma 3, c.c., perché essa è prevista per il solo caso in cui il fatto confessato sia comune a più litisconsorti.
Cass. civ. n. 9888/2024
La cd. divisio inter liberos, regolata ex art. 734 c.c., ricorre ove il testatore intenda effettuare direttamente la divisione, totale o parziale, del suo patrimonio tra gli eredi, mediante formazione delle quote e individuazione dei beni di ciascuna di esse, impedendo, così, il sorgere della comunione ereditaria, mentre, nell'ipotesi ex art. 733 c.c., il testatore non divide i suoi beni, ma si limita a dettare le regole per la futura divisione, con efficacia obbligatoria per gli eredi.
Cass. civ. n. 2438/2024
In materia di responsabilità da sinistro stradale, ogni valutazione sulla portata confessoria del modulo di constatazione amichevole d'incidente (cosiddetto C.I.D.) deve ritenersi preclusa dall'esistenza di un'accertata incompatibilità oggettiva tra il fatto come descritto in tale documento e le conseguenze del sinistro come accertate in giudizio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto prevalenti, rispetto a quanto emergente dal C.I.D., le risultanze di consulenze tecniche d'ufficio disposte nel corso del giudizio intercorso tra il danneggiato e l'assicuratore).
Cass. civ. n. 656/2024
La confessione non può avere ad oggetto il titolo sotteso a un rapporto di credito, in quanto il dichiarante non può avere consapevolezza della rilevanza giuridica dello stesso. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso efficacia confessoria alla dichiarazione - resa dal creditore opposto in sede di interrogatorio formale - secondo cui l'assegno bancario posto a fondamento del decreto ingiuntivo era stato emesso dal debitore opponente a garanzia della restituzione di un prestito concesso in favore di altro soggetto, anche in considerazione del fatto che tale circostanza non valeva, di per sé, ad escludere la sussistenza dell'obbligo di restituzione in capo al debitore medesimo).
Cass. civ. n. 10687/2023
Nel giudizio promosso dalla vittima di un sinistro stradale nei confronti dell'assicuratore del responsabile, la confessione giudiziale resa dal conducente non proprietario del veicolo (il quale non è litisconsorte necessario) vincola il solo confitente, con la conseguenza che correttamente il giudice può accogliere la domanda nei suoi confronti, e rigettarla nei confronti dell'assicuratore della responsabilità civile auto.
Cass. civ. n. 5945/2023
Il creditore che, rilasciando quietanza al debitore, ammette il fatto del ricevuto pagamento rende confessione stragiudiziale alla parte, con piena efficacia probatoria ex artt. 2733 e 2735 c.c., sicché non può impugnare l'atto se non dimostrando, a norma dell'art. 2732 c.c., che esso è stato determinato da errore di fatto o violenza, essendo insufficiente la prova della non veridicità della dichiarazione.
Cass. civ. n. 10687/2023
Nel giudizio promosso dalla vittima di un sinistro stradale nei confronti dell'assicuratore del responsabile, la confessione giudiziale resa dal conducente non proprietario del veicolo (il quale non è litisconsorte necessario) vincola il solo confitente, con la conseguenza che correttamente il giudice può accogliere la domanda nei suoi confronti, e rigettarla nei confronti dell'assicuratore della responsabilità civile auto.
Cass. civ. n. 5945/2023
Il creditore che, rilasciando quietanza al debitore, ammette il fatto del ricevuto pagamento rende confessione stragiudiziale alla parte, con piena efficacia probatoria ex artt. 2733 e 2735 c.c., sicché non può impugnare l'atto se non dimostrando, a norma dell'art. 2732 c.c., che esso è stato determinato da errore di fatto o violenza, essendo insufficiente la prova della non veridicità della dichiarazione.
Cass. civ. n. 3118/2022
La confessione giudiziale, resa in un processo con pluralità di parti, produce effetti nei confronti della parte che la fa e di quella che la provoca, ma non acquisisce valore di prova legale nei confronti di persone diverse dal confitente, non avendo questi alcun potere di disposizione relativamente a situazioni facenti capo ad altri, distinti soggetti del rapporto processuale, nei confronti dei quali, tuttavia, può assumere, secondo il prudente apprezzamento del giudice, valore di elemento indiziario di giudizio.
Cass. civ. n. 3675/2021
Qualora il testatore, ai sensi dell'art. 733 c.c., fissi regole per la formazione delle porzioni dei coeredi (ovvero legittimamente attribuisca tale facoltà ad un erede), benché venga meno il diritto di costoro di conseguire, per quanto possibile, una parte dei vari beni relitti dal "de cuius", secondo quanto previsto dall'art. 727 c.c., permane in ogni caso il diritto degli stessi di ottenere beni di valore corrispondente a quello della quota che ad essi compete.
Cass. civ. n. 27377/2021
Le norme date dal testatore per formare le porzioni, ai sensi dell'art. 733 c.c., devono inquadrarsi nella categoria dei legati obbligatori, i quali impongono agli altri coeredi di lasciare che il bene, o la categoria di beni, indicati dal testatore siano inclusi nella porzione ereditaria dell'onorato, anziché ripartiti tra tutti i condividenti o assegnati a sorte. Tuttavia, nel caso in cui la cosa legata sia trasformata in modo tale da aver perso la sua individualità, si applica la presunzione di revoca, ex art. 686 c.c..
Cass. civ. n. 20255/2019
Le dichiarazioni rese dall'imputato nel dibattimento penale sono soggette al libero apprezzamento del giudice civile e non possono integrare una confessione giudiziale nel giudizio civile, atteso che questa ricorre, ai sensi dell'art. 228 c.p.c., soltanto nei casi in cui sia spontanea o provocata in sede di interrogatorio formale, quindi all'interno del giudizio civile medesimo.
Cass. civ. n. 2482/2019
La confessione resa da uno dei litisconsorti necessari può essere liberamente apprezzata dal giudice per trarne elementi di convincimento anche nei confronti degli altri, con una valutazione discrezionale che non soggiace al sindacato di legittimità qualora sia motivata.
Cass. civ. n. 8451/2019
In materia di responsabilità da sinistro stradale, ogni valutazione sulla portata confessoria del modulo di constatazione amichevole d'incidente (cosiddetto C.I.D.) deve ritenersi preclusa dall'esistenza di un'accertata incompatibilità oggettiva tra il fatto come descritto in tale documento e le conseguenze del sinistro come accertate in giudizio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza che aveva ritenuto ostativo alla valutazione delle dichiarazioni confessorie riportate nel C.I.D. l'accertamento, avente priorità logica rispetto ad essa, dell'incompatibilità tra l'entità dei danni riportati dal veicolo, la situazione dei luoghi e la mancanza di qualsivoglia danno a carico del conducente antagonista e la dinamica del sinistro descritta nel medesimo modello di constatazione amichevole). (Rigetta, TRIBUNALE SIRACUSA, 20/11/2015).
Cass. civ. n. 19554/2016
La confessione giudiziale costituisce una dichiarazione di scienza, il cui elemento essenziale è l'affermazione inequivoca in ordine ad un fatto storico dubbio, resa la quale gli effetti che ne derivano sono stabiliti dalla legge, sicché è irrilevante l'indagine sullo stato soggettivo del confitente o sul fine da lui perseguito nel renderla. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto corretta la sentenza di appello che aveva escluso che l'ammissione dell'assenza dal luogo di lavoro negli orari contestati, compiuta da un medico ospedaliero in sede disciplinare, costituisse accettazione del licenziamento per giusta causa).
Cass. civ. n. 6192/2014
Le dichiarazioni contenute negli atti processuali possono assumere il carattere proprio della confessione giudiziale spontanea, alla stregua di quanto previsto dall'art. 229 cod. proc. civ., purché sottoscritte dalla parte personalmente, con modalità tali da rivelare inequivocabilmente la consapevolezza delle specifiche ammissioni dei fatti sfavorevoli così espresse. Ne consegue che non ha efficacia confessoria la mera sottoscrizione della procura apposta a margine o in calce all'atto recante la dichiarazione, in quanto la procura è elemento giuridicamente distinto dal contenuto espositivo dell'atto cui accede, pur potendo tale dichiarazione "contra se" fornire elementi indiziari di giudizio.
Cass. civ. n. 7015/2012
Le dichiarazioni rese in giudizio dal difensore, contenenti affermazioni relative a fatti sfavorevoli al proprio rappresentato e favorevoli all'altra parte, non hanno efficacia di confessione, ma possono essere utilizzate dal giudice come elementi indiziari, valutabili agli effetti dell'art. 2729 c.c. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha respinto il ricorso avverso la decisione di merito che aveva riconosciuto il possesso sulla base delle ammissioni del difensore del convenuto per usucapione, in quanto corroborate da altri elementi inferenziali desunti dalla condotta proprietaria dell'attore).
Cass. civ. n. 15501/2011
Quando il testatore provvede alla ripartizione in quote tra gli eredi del suo patrimonio immobiliare, individuando i beni destinati a far parte di ciascuna di esse, non si configura l'ipotesi della cosiddetta divisione regolata (art. 733 cod. civ.), che ricorre se il "de cuius" si limita a dettare norme per la formazione delle porzioni nello scioglimento della comunione ereditaria, in previsione del sorgere di tale status per effetto dell'apertura della successione, bensì si verte in tema di cosiddetta "divisio inter liberos" (art. 734 cod. civ.), ossia di divisione fatta dal testatore attraverso la specificazione dei beni destinati a far parte di ciascuna quota, che, avendo effetto attributivo diretto dei beni al momento dell'apertura della successione, impedisce il sorgere della comunione ereditaria ed il conseguente compimento di operazioni divisionali. Ne consegue che l'erede escluso dall'assegnazione del cespite cui si riferisce la controversia nel corso della quale si è verificato il decesso del dante causa versa in una situazione di carenza di legittimazione passiva per estraneità all'oggetto del giudizio.
Cass. civ. n. 17239/2010
Le dichiarazioni rese in sede d'interrogatorio libero o non formale, che è istituto finalizzato alla chiarificazione delle allegazioni delle parti e dotato di funzione probatoria a carattere meramente sussidiario, non possono avere valore di confessione giudiziale ai sensi dell'art. 229 c.p.c., ma possono solo fornire al giudice elementi sussidiari di convincimento utilizzabili ai fini del riscontro e della valutazione delle prove già acquisite; ne consegue che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la scelta relativa alla concreta utilizzazione di tale strumento processuale, non suscettibile di sindacato in sede di legittimità, e che la mancata considerazione delle sue risultanze, da parte del giudice, non integra il vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia.
Cass. civ. n. 18561/2009
In tema di divisione ereditaria, la "divisio inter liberos", regolata dall'art. 734 c.c., ricorre quando la volontà del testatore è quella di effettuare direttamente la divisione dei suoi beni fra gli eredi, distribuendo tra questi le sue sostanze mediante l'assegnazione di singole quote concrete, con effetti reali ed immediati: ricorre, invece, l'ipotesi di cui all'art. 733 c.c. quando il testatore non divide, ma si limita a dettare le regole per la futura divisione. L'accertamento della ricorrenza in concreto dell'una o dell'altra fattispecie costituisce indagine di fatto sulla volontà del testatore, non sindacabile in sede di legittimità se sorretta da corretta motivazione. (Nella specie è stata cassata la sentenza di merito che aveva escluso l'applicabilità dell'art. 733 c.c. alla clausola testamentaria con la quale veniva espressamente raccomandato ad uno degli eredi, attributario di un gruppo di poderi, di lasciare tali beni "conservati uniti ed intatti finché possibile", senza però indagare sulla possibilità di ricondurre la anzidetta clausola nell'ambito di operatività della "divisio inter liberos", ai sensi dell'art. 734 c.c.).
Cass. civ. n. 986/2007
Il contratto di commissione ha natura onerosa e pertanto le somme versate dal committente al commissionario si presumono imputate a titolo di provvigione, nella misura in cui questa è stabilita dalle parti, dagli usi o dalle tariffe; sicché, spetta al commissionario che sostenga che le somme percepite in misura maggiore rispetto alla percentuale stabilita siano da attribuirsi a spese sostenute, fornire la prova delle singole voci di spesa. .
Cass. civ. n. 16216/2006
La disposizione testamentaria con cui un determinato bene viene destinato ad uno dei coeredi, comprendendolo nella quota di sua spettanza, ha natura di norma volta a regolare la futura divisione, ai sensi dell'art. 733 c.c., e, esprimendo una mera preferenza in favore dell'erede, ha efficacia obbligatoria e non reale, effetto che invece si verificherebbe se il testatore, procedendo immediatamente alla divisione, assegnasse direttamente il bene.
Cass. civ. n. 13212/2006
In tema di prova civile, la confessione giudiziale o stragiudiziale richiede una esplicita dichiarazione della parte o del suo rappresentante in ordine alla verità di fatti ad essa sfavorevoli o favorevoli all'altra parte, e, pur potendo desumersi da un comportamento o da fatti concludenti, non può consistere in una dichiarazione solo implicitamente o indirettamente ammissiva dei fatti in discussione, che è utilizzabile quale elemento meramente presuntivo od indiziario; infatti, la dichiarazione intanto pub essere qualificata come confessione in quanto consti di un elemento soggettivo, consistente nella consapevolezza e volontà di riconoscere la verità di un fatto a sé sfavorevole e favorevole all'altra parte e di un elemento oggettivo, che è configurabile quando, dall'ammissione non controversa di un fatto, derivi un concreto pregiudizio all'interesse del dichiarante e un vantaggio corrispondente per il destinatario della dichiarazione. (Nella specie, è stato escluso che - con riferimento alla pattuizione del compenso in misura corrispondente ai minimi previsti dalla tariffa forense - potesse qualificarsi come confessione stragiudiziale la comunicazione con cui il legale aveva manifestato al cliente la volontà di pretendere la liquidazione degli onorari nella misura dovuta e non più nei minimi tariffari, ai quali in precedenza aveva dichiarato di limitare la pretesa).
Cass. civ. n. 26686/2005
Pur essendo vero che le ammissioni contenute nella comparsa di risposta — così come in uno degli atti processuali di parte indicati dall'art. 125 c.p.c. — siccome facenti parte del processo, possono assumere anche il carattere proprio della confessione giudiziale spontanea, alla stregua di quanto previsto dagli artt. 228 e 229 c.p.c., è tuttavia necessario che la comparsa, affinché possa produrre tale efficacia probatoria, sia stata sottoscritta dalla parte personalmente, con modalità tali che rivelino inequivocabilmente la consapevolezza delle specifiche dichiarazioni dei fatti sfavorevoli contenute nell'atto. Conseguentemente, è inidonea a tale scopo la mera sottoscrizione della procura scritta a margine o in calce che, anche quando riportata nel medesimo foglio in cui è inserita la dichiarazione ammissiva, costituisce atto giuridicamente distinto, benché collegato.
Cass. civ. n. 4744/2005
Le dichiarazioni contenute nella comparsa di risposta, contenenti affermazioni relative a fatti sfavorevoli al proprio rappresentato e favorevoli all'altra parte, non hanno efficacia di confessione ma possono soltanto fornire elementi indiziari qualora l'atto sia sottoscritto dal difensore e non dalla parte personalmente, atteso che la confessione giudiziale spontanea può essere manifestata efficacemente solo da chi abbia il potere di disporre del diritto controverso e quindi non dal difensore, a meno che questi sia munito d'apposito mandato in tal senso, che si aggiunga alla procura alle liti.
Cass. civ. n. 9905/2004
In tema di divisione ereditaria, l'art. 733 — il quale stabilisce che le particolari norme poste dal testatore per la formazione delle porzioni sono vincolanti per gli eredi, salvo che l'effettivo valore dei beni non corrisponda alle quote stabilite dal testatore — va interpretato alla luce del favor testamenti e cioè nel senso che la volontà del testatore rimanga vincolante ove sia compatibile con il valore delle quote, compatibilità riscontrabile tutte le volte che il perfetto equilibrio possa raggiungersi con l'imposizione di un conguaglio.
Cass. civ. n. 18655/2003
La confessione giudiziale costituisce una dichiarazione di scienza, il cui elemento essenziale è una affermazione inequivoca in ordine ad un fatto storico dubbio, resa la quale gli effetti che ne derivano sono stabiliti dalla legge; ne consegue che è irrilevante l'indagine sull'intento perseguito dall'autore di essa nel renderla, in quanto non spiega alcuna rilevanza né che l'autore della confessione abbia voluto scientemente costituire una prova, né il fine per il quale ha pronunciato la dichiarazione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto la dichiarazione resa da una parte in ordine al fatto che sul fondo oggetto della controversia i componenti di un nucleo familiare svolgessero attività continuativa e coordinata, volta alla normale conduzione del fondo).
Cass. civ. n. 607/2003
Le dichiarazioni rese dalla parte in sede di interrogatorio formale costituiscono confessione giudiziale se, sotto il profilo soggettivo, ricorre l'animus confitendi, consistente nella consapevolezza e volontà di riconoscere un fatto a sé sfavorevole e vantaggioso per l'altra parte, indipendentemente dalla consapevolezza delle conseguenze che possono derivarne, dovendo altresì la certezza in ordine al verificarsi di detto fatto ricavarsi esclusivamente da siffatte dichiarazioni, senza necessità di un qualsiasi ulteriore conforto probatorio.
Cass. civ. n. 4727/2001
Le ammissioni contenute negli scritti difensivi sottoscritte unicamente dal procuratore ad litem, pur non avendo valore confessorio, costituiscono elementi indiziari che possono liberamente essere valutati dal giudice per la formazione del suo convincimento. Quando invece esse rechino anche la sottoscrizione della parte, in calce o a margine dell'atto, ben può ad esse essere attribuito, dal giudice, valore confessorio, dovendo presumersi che la parte abbia avuto la piena conoscenza di quelle ammissioni e ne abbia assunto anch'essa la titolarità.
Cass. civ. n. 2574/1994
La confessione giudiziale ha piena efficacia di prova legale solo quando, quale riconoscimento puro e semplice della verità di fatti sfavorevoli alla parte dichiarante, assume carattere di univocità e di incontrovertibilità, vincolante per il giudice. Quando, invece, vengono dichiarati altri fatti e circostanze idonei ad infirmare, modificare od estinguere l'efficacia dell'evento confessato, la confessione resa in giudizio è apprezzata liberamente dal giudice.
Cass. civ. n. 4337/1993
La confessione, resa nel giudizio penale, non costituisce fonte di prova neppure nel processo civile. Essa può tuttavia essere utilizzata dal giudice come elemento di riscontro di altri elementi se non oppugnata da contrarie e più attendibili risultanze.
Cass. civ. n. 8049/1990
È valida la clausola testamentale che attribuisce ad uno degli eredi la facoltà di scelta dei beni per la formazione delle varie porzioni, rientrando detta facoltà nella previsione del primo comma dell'art. 733 c.c. e prescindendo dalla stima dei cespiti ereditari e dalla formazione delle varie porzioni da assegnare ai condividenti, facoltà, queste ultime, non delegabili dal testatore ad un erede o legatario, ai sensi del secondo comma del citato art. 733.
Cass. civ. n. 1403/1970
Il primo comma dell'art. 733 c.c. riconosce al testatore il potere di dettare norme per la composizione delle porzioni, i cosiddetti assegni obbligatori divisionali, attribuendo all'assegnatario il diritto di pretendere che nella futura divisione il bene o i beni assegnati siano imputati alla propria quota a titolo di apporzionamento. Il secondo comma dell'art. 733 c.c., invece, riconosce al testatore il potere di designare una persona, che non sia erede o legatario, affidandole (analogamente a quanto può fare nei confronti dell'esecutore testamentario, ex art. 706 c.c.) non solo il compito di procedere alla stima, ma anche quello di effettuare la divisione dei beni, ossia di compiere tutti gli atti necessari per giungere allo scioglimento della comunione ereditaria. Il potere del testatore di cui al primo comma dell'art. 733 c.c. importa quello di attribuire ad altri, ed anche all'erede istituito nella disponibile, la facoltà di scegliere, con effetto vincolante per i legittimari, il bene o i beni da includere nella propria quota, così determinandone la composizione qualitativa (nella specie: una persona, testando, aveva attribuito al proprio figlio la facoltà di «indicare e scegliere l'eredità spettantegli su uno o più cespiti dell'intero asse» e la Corte di cassazione ha ritenuto che tale disposizione rientrasse, sotto il profilo di una delega del potere di cui al primo comma dell'art. 733 c.c., nell'ipotesi ivi prevista e non già in quella di cui al comma secondo dello stesso articolo).