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Art. 1065 — Esercizio conforme al titolo o al possesso

Art. 1065 — Esercizio conforme al titolo o al possesso

Colui che ha un diritto di servitù non può usarne se non a norma del suo titolo o del suo possesso. Nel dubbio circa l’estensione e le modalità di esercizio, la servitù deve ritenersi costituita in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante col minor aggravio del fondo servente.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 15046/2018

Ai sensi del combinato disposto degli artt. 1063, 1064 e 1065 c.c., l’estensione e l’esercizio delle servitù costituite mediante convenzione devono essere individuati, in caso di lacunosità o imprecisione del titolo, secondo il criterio sussidiario del contemperamento delle esigenze del fondo dominante col minore aggravio di quello servente, tenendo conto, con riferimento all’epoca della loro costituzione, dello stato dei luoghi, della naturale destinazione dei fondi e degli altri elementi rivelatori della “utilitas” da soddisfare, con una valutazione ispirata ai normali criteri di prevedibilità. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che, nel definire le modalità e il contenuto del diritto di transito, dovesse essere accertato lo stato di fatto originario dei luoghi sulla base delle mappe catastali e della relazione illustrativa al piano di recupero, valorizzando la volumetria preesistente e quella successivamente realizzata, la destinazione dei fondi e la vicinanza al centro urbano alla luce delle innovazioni prevedibili al momento della costituzione del peso). In tema di determinazione dell’estensione e delle modalità di esercizio delle servitù, ai sensi dell’art. 1065 c.c., prima di adottare il criterio del contemperamento dei contrapposti interessi dei fondi, non occorre considerare gradatamente il possesso dopo il titolo, operando essi sullo stesso piano, ma si deve interpretare la disposizione negoziale secondo i criteri generali dettati dall’art. 1362 c.c. (incluso il comportamento delle parti), al fine di chiarirne la portata. Qualora, però, il titolo non stabilisca nulla di preciso, il possesso è irrilevante poiché, in tal caso, il comportamento si trasformerebbe in titolo costitutivo del contenuto del diritto.

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Cass. civ. n. 14546/2012

Al fine della valida costituzione negoziale di una servitù, non è necessaria l’indicazione espressa dell’estensione e delle modalità di esercizio della servitù, in quanto, in mancanza, soccorrono le norme suppletive di cui all’art. 1064 c.c., secondo cui il diritto di servitù comprende tutto ciò che è necessario per usarne, ed all’art. 1065 c.c., secondo cui colui che ha un diritto non può usarne se non a mezzo del suo titolo e del suo possesso; con la conseguenza che, solo nel dubbio circa l’estensione e le modalità di esercizio, la servitù deve ritenersi costituita in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minor aggravio del fondo servente.

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Cass. civ. n. 14088/2010

L’estensione di una servitù convenzionale e le modalità del suo esercizio devono essere desunte dal titolo, da interpretarsi con i criteri dettati dagli art. 1362 e segg. c.c., non potendo assumere alcun rilievo il possesso, che è criterio idoneo per stabilire il contenuto soltanto delle servitù acquistate per usucapione. Tuttavia, ove la convenzione non consenta di dirimere i dubbi al riguardo, la servitù acquistata in base a titolo negoziale deve reputarsi costituita, ai sensi dell’art. 1065 c.c., in modo da soddisfare il bisogno del fondo dominante col minore aggravio del fondo servente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, con motivazione immune da vizi giuridici e logici, aveva ricostruito l’esatta estensione della servitù di passaggio, costituita con atto notarile, in forza della sola interpretazione del negozio).

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Cass. civ. n. 7640/2009

In materia di servitù prediali, in presenza di un titolo divisionale che ne definisce le modalità di esercizio ed in mancanza di prova dell’usucapione di un diritto all’uso esclusivo, non è pertinente, per legittimare diverse modalità di esercizio della servitù, il richiamo al criterio dell’equo contemperamento fra il bisogno del fondo dominante ed il minor aggravio del fondo servente, giacché essa non può soccorrere per correggere le esplicite previsioni del titolo.

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Cass. civ. n. 3030/2009

I diritti di servitù stabiliti convenzionalmente, per il combinato disposto degli artt. 1064 e 1065 cod. civ., ricomprendono tutto ciò che è necessario per usarne e, nel dubbio circa l’estensione e le modalità di esercizio, devono ritenersi costituiti non per il conseguimento di qualsiasi possibile vantaggio del fondo dominante, ma soltanto di quello corrispondente alla natura, come stabilita dal titolo, del peso imposto sul fondo servente. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto ricompresi in una servitù convenzionale di “accesso e scarico”, oltre al transito di persone e veicoli, anche altri oneri, quali il passaggio sotterraneo di fognature, il posizionamento di condotte per utenze varie, la sopraelevazione del livello del terreno e la tombinatura di un adiacente canale adacquatore).

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Cass. civ. n. 4222/2007

Nel dubbio circa l’estensione o le modalità di esercizio, la servitù acquistata in virtù di un titolo negoziale deve ritenersi costituita, ai sensi dell’art. 1065 c.c., in modo da soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minor aggravio del fondo servente, senza che al riguardo possa assumere rilevanza l’esercizio concreto della stessa, cioè il suo possesso, come invece avviene per le servitù acquistate per usucapione.

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Cass. civ. n. 8261/2002

In materia di servitù prediali, solamente quando permangano dubbi circa l’interpretazione del titolo costitutivo in ordine all’estensione e alle modalità di esercizio della servitù, il giudice è tenuto ad applicare il criterio sussidiario del minore aggravio per il fondo servente, di cui all’art. 1065 c.c.

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Cass. civ. n. 10447/2001

La servitù costituita a favore di un determinato fondo, ove ad esso ne venga unito un altro, non si estende a favore di questo, dovendo i due fondi originari, costituenti ormai un insieme, rimanere distinti ai fini della servitù, senza, tuttavia, che al
dominus del nuovo più esteso fondo, come tale legittimato a muoversi in ogni parte del medesimo, ne possa essere imposta la divisione allo scopo di legittimare il fondo servente, la cui tutela può rinvenirsi solo nell’art. 1067 c.c., in caso di uso della servitù divenuto più oneroso. Tale uso, peraltro, se a vantaggio della porzione esclusa dalla servitù, non giova a configurare un possesso estensivo della servitù stessa all’intero fondo, poiché la presunzione della riferibilità dona servitù a tutto il fondo dominante è esclusa dal titolo e gli atti di possesso, afferenti alla porzione dominante, sono inespressivi di uno ius possessionis più esteso dello ius possidendi, salvo che non intervengano situazioni di fatto tali da rendere manifesto l’asservimento a favore della porzione esclusa dal titolo.

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Cass. civ. n. 8996/1994

L’estensione e le modalità di esercizio delle servitù costituite in base a contratto devono essere desunte dal titolo e solo quando la formulazione di questo sia equivoca e ingeneri dubbi è possibile fare ricorso al comportamento complessivo delle parti, come criterio di ricerca della comune intenzione dei contraenti oppure al principio secondo il quale la servitù deve ritenersi costituita in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante con minore aggravio di quello servente.

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Cass. civ. n. 4551/1986

Ai sensi dell’art. 1065 c.c., con riguardo alla determinazione dell’estensione e modalità di esercizio della servitù, prima di adottare il criterio del contemperamento dei contrapposti interessi dei fondi previsto dall’ultima parte di tale norma, non deve gradatamente considerarsi, dopo il titolo, il possesso, in quanto essi vanno considerati su uno stesso piano, nel senso che il titolo determina il contenuto del diritto nelle servitù costituite per usucapione. Tuttavia, anche nel caso di servitù costituita in base al titolo, la disposizione negoziale che disciplina l’estensione e le modalità di esercizio della servitù deve essere innanzi tutto interpretata secondo i criteri generali dettati dall’art. 1362 c.c., tenendo, quindi, presente anche il comportamento complessivo delle parti, pur se posteriore alla conclusione del contratto, al solo fine di chiarire il significato e la portata della disposizione negoziale, salvo che il titolo nulla disponga circa l’estensione e le modalità di esercizio della servitù giacché in tal caso il comportamento si trasformerebbe esso stesso in titolo costitutivo del contenuto del diritto.

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Cass. civ. n. 3524/1982

L’esercizio della servitù, nell’armonico contemperamento dei principi stabiliti dagli artt. 1064 e 1065 c.c., è dominato dal criterio oggettivo del minimo mezzo, nel senso che il titolare della servitù attiva ha il diritto di realizzare interamente il beneficio garantitogli dal titolo, senza tuttavia appesantire l’onere del fondo servente oltre quanto sia necessario ai fini di quel godimento. Nella servitù costituita in base a titolo negoziale, ove sussista dubbio circa la sua estensione o le modalità del suo esercizio, deve ritenersi che essa sia stata costituita in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minore aggravio del fondo servente, senza che l’esercizio concreto di tale servitù, cioè il suo possesso, possa assumersi per determinarne autonomamente l’estensione e le modalità di esercizio, come accade, invece, per le servitù sorte per usucapione.

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Cass. civ. n. 3306/1981

L’estensione e le modalità di esercizio della servitù (nella specie: di passaggio) debbono essere dedotte dal titolo, tenendo conto della comune intenzione dei contraenti, da ricavarsi, peraltro, non soltanto dal tenore letterale delle espressioni usate, ma anche dallo stato dei luoghi, dall’ubicazione reciproca dei fondi e dalla loro naturale destinazione, elementi tutti formativi e caratterizzanti l’
utilitas legittimante la costituzione della servitù. Siffatta indagine è indispensabile pure nell’ipotesi di generico asservimento di un fondo, poiché ciò non esclude che la servitù — spettante in tal caso, come titolarità di diritto e di soggezione, su tutto il fondo asservito — venga esercitata, in relazione alle concrete finalità per le quali essa è costituita, su una porzione determinata del fondo medesimo.

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Cass. civ. n. 1445/1978

A norma dell’art. 1063 c.c., l’estensione e le modalità di esercizio di una servitù convenzionalmente costituita vanno dedotte dal titolo, tenendo conto della comune intenzione dei contraenti, da ricavarsi non soltanto dal tenore letterale delle espressioni usate, ma anche, e soprattutto, dall’intento pratico concretamente perseguito, dalle circostanze tenute presenti dalle parti, dal loro comportamento complessivo, dando rilievo, altresì, allo stato dei luoghi, all’ubicazione dei fondi e alla loro naturale destinazione. Nell’interpretazione del titolo può tenersi conto, inoltre, del comportamento complessivo delle parti anche posteriore alla conclusione del contratto, purché il riferimento a tale comportamento sia compiuto al solo fine di chiarire il significato e la portata della disposizione negoziale.

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Cass. civ. n. 3506/1977

… Se è vero che il vigente ordinamento, rifiutando il principio romanistico della tipicità delle servitù, è ispirato a quello della libertà nella determinazione del loro contenuto nell’ambito della categoria generale, quale positivamente disciplinata, è anche vero che l’inquadramento della servitù in uno dei tipi tradizionali conserva una certa rilevanza ai fini dell’indagine richiesta dalla seconda parte dell’art. 1065 c.c., per stabilire se una modalità di esercizio sia conforme al cosiddetto criterio del minimo mezzo, in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minimo aggravio del fondo servente. (Nella specie, la C.S. ha affermato che esattamente il giudice del merito, accertata l’avvenuta costituzione convenzionale di una semplice servitù di passaggio, in assenza di precise clausole idonee a delimitare e ridurre il contenuto del diritto dominicale sul fondo servente al di là di quanto necessario per rendere possibile l’esercizio del passaggio, ha ritenuto non compresa tra le facoltà spettanti al proprietario del fondo dominante anche quella di intercludere la striscia di terreno, gravata dalla servitù, all’uso del relativo proprietario).

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Cass. civ. n. 3340/1977

Per la determinazione dell’estensione del contenuto della servitù si deve aver riguardo alle necessità avute presenti al tempo della costituzione di essa e non a quelle sopravvenute o che potrebbero sopravvenire.

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Cass. civ. n. 1098/1975

Nelle servitù negative non mancano dei casi nei quali la semplice indicazione dell’utilità determina, per il suo intrinseco contenuto, l’estensione dell’esercizio della servitù su ogni parte del fondo servente in mancanza di una contraria limitazione; sono paradigmatiche in questa linea la servitù di non edificare tra quelle tipiche, e tra le atipiche quella di non compiere sul fondo servente attività insalubri, nocive o rumorose. Nelle servitù positive, invece, il rapporto tra la condotta attiva del titolare del fondo dominante e l’intera estensione di quello servente sicuramente vien meno, anche sul piano astratto, ogni qualvolta l’utilità, pur non essendo stata limitata e pur prestandosi per il suo contenuto ad una estensione ipotetica su ogni parte del fondo servente, tuttavia non si sottrae, sempre sul piano ipotetico, ad una limitazione derivante da possibili situazioni di fatto, che siano incompatibili con la estensione più lata.

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Cass. civ. n. 3121/1973

… Tale rilevanza si spiega per due ragioni; anzitutto, in quanto la possibilità di ricondurre la concreta servitù ad una categoria tipica consente di individuare precisamente il bisogno che quella servitù è rivolta a soddisfare, e quindi di armonizzare, rispetto alla situazione di fatto, la duplice esigenza che il fondo dominante riceva nel minimo quello specifico beneficio e che, appagata tale esigenza, il fondo servente non riceva un aggravio ulteriore; in secondo luogo, perché l’eventuale riscontro di una non corrispondenza al tipo, per effetto delle modalità di esercizio della servitù, è, almeno di regola, indice di superamento del limite del minimo mezzo.

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