Art. 705 – Codice di procedura civile – Divieto di proporre giudizio petitorio
Il convenuto nel giudizio possessorio non può proporre giudizio petitorio, finché il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita.
Il convenuto può tuttavia proporre il giudizio petitorio quando dimostra che l'esecuzione del provvedimento possessorio non può compiersi per fatto dell'attore.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 30718/2024
In tema di estradizione per l'estero, al fine di valutare la sussistenza del requisito della doppia incriminazione in riferimento alla fattispecie di detenzione di sostanze stupefacenti, la Corte di appello, ove la richiesta provenga da uno Stato in cui è perseguita anche la detenzione per uso personale, deve esaminare il titolo straniero e verificare se, dalla relativa motivazione, sia deducibile la sussistenza di un fatto penalmente rilevante per il nostro ordinamento. (Fattispecie in tema di estradizione verso la Repubblica di Albania).
Cass. civ. n. 25853/2024
In tema di estradizione processuale per l'estero, l'autorità giudiziaria italiana, sebbene non sia tenuta, secondo il trattato bilaterale con la Repubblica dell'Ecuador del 25 novembre 2015, ratificato e reso esecutivo con la legge 25 novembre 2019, n. 152, entrato in vigore il 16 novembre 2021, a valutare autonomamente ai fini della consegna i gravi indizi di colpevolezza, deve comunque verificare, con una sommaria delibazione, che nella domanda estradizionale siano indicate le ragioni per le quali è stato ritenuto probabile, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, che l'estradando abbia commesso il reato oggetto dell'estradizione.
Cass. civ. n. 22945/2024
In tema di estradizione per l'estero, non è legittimo l'arresto eseguito a fini estradizionali per un reato punito nell'ordinamento dello Stato richiedente con la pena di morte né può essere applicata una misura cautelare coercitiva funzionale alla consegna. (In motivazione, si è precisato che la Corte di appello, investita della richiesta di convalida e della applicazione di misura provvisoria, non può limitarsi alla verifica formale dei presupposti dell'arresto a fini estradizionali, ma deve operare una valutazione prognostica, allo stato degli atti, sulla sussistenza delle condizioni per una sentenza favorevole alla estradizione ai sensi degli artt. 698 e 705, comma 2, cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 21955/2024
In tema di estradizione di un cittadino dell'Unione Europea verso uno Stato terzo, lo Stato membro richiesto, nell'adempimento dell'obbligo di informare lo Stato membro di cittadinanza affinché possa reclamare la consegna dell'interessato con un mandato d'arresto europeo per i medesimi fatti, deve fissare un termine ragionevole scaduto il quale, in mancanza dell'emissione del mandato, potrà dare corso all'estradizione, senza essere tenuto ad attendere una decisione formale di rinuncia ad esercitare detta facoltà da parte dello Stato di cittadinanza.
Cass. civ. n. 17316/2024
In tema di estradizione, in assenza di trattato con lo Stato richiedente, la regola prevista dall'art. 698, comma 2, cod. proc. pen. non consente l'estradizione processuale in favore dello Stato estero nel caso in cui il fatto per il quale questa è domandata sia punito con la pena di morte. (Fattispecie in tema di estradizione processuale richiesta dalla Repubblica Islamica del Pakistan in relazione al reato di omicidio volontario).
Cass. civ. n. 49331/2023
In tema di estradizione per l'estero, la pronuncia della sentenza di non luogo a provvedere impone la declaratoria di perdita di efficacia della misura cautelare disposta nell'ambito della suddetta procedura, posto che l'art. 300, comma 1, cod. proc. pen. enuncia una regola generale applicabile anche alla materia dell'estradizione.
Cass. civ. n. 47148/2023
In tema di estradizione verso l'estero, l'apposizione della condizione del reinvio per scontare nello Stato richiesto la misura restrittiva della libertà personale, prevista dall'accordo bilaterale del 25 luglio 2013 tra Italia e Montenegro, in vigore dal 9 agosto 2015, spetta alla competenza esclusiva del Ministro della giustizia, al quale è attribuita, all'esito della ritenuta estradabilità del cittadino, la decisione discrezionale sul punto.
Cass. civ. n. 31588/2023
In tema di estradizione per l'estero, è causa obbligatoria di rigetto della domanda la finalità di persecuzione politica dissimulata da una richiesta di consegna per un reato comune, ove siano allegati dall'interessato elementi concreti dai quali desumere che la consegna preluda alla violazione di diritti fondamentali della persona. (Fattispecie relativa a domanda di estradizione passiva verso la Turchia, nella quale la Corte, rifacendosi ai più recenti rapporti informativi di Amnesty International e del Comitato anti-tortura del Consiglio d'Europa, ha ritenuto sussistente il rischio che, pur se indagato per reati comuni, l'estradando, soggetto di etnia curda affiliato ad un partito filo-curdo, potesse essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti per motivi politici).
Cass. civ. n. 21125/2023
In tema di estradizione per l'estero, ove la richiesta sia avanzata dalla Repubblica Popolare Cinese, sussiste il rischio concreto, evidenziato da Corte EDU, 06/10/2022, Liu c. Polonia, di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti, in quanto plurime ed affidabili fonti internazionali, danno atto di sistematiche violazioni dei diritti umani e del tollerato ricorso a forme di tortura, nonché della sostanziale impossibilità, da parte di istituzioni ed organizzazioni indipendenti, di verificare le effettive condizioni dei soggetti ristretti nei centri di detenzione.
Cass. civ. n. 14467/2023
Non è di ostacolo all'estradizione richiesta dallo Stato estero, per contrarietà ai principi fondamentali, ex art. 705, comma 2, lett. b), cod. proc. pen., il fatto che la condanna per cui è stata domandata la consegna sia stata pronunciata sulla base di atti acquisiti, nell'ambito di un giudizio celebrato in forma abbreviata, in violazione delle regole di utilizzabilità proprie di tale rito, dal momento che i diritti fondamentali - tra cui rientra il diritto al contraddittorio nella formazione della prova - possono essere variamente garantiti dai vari sistemi processuali nazionali.
Cass. civ. n. 16000/2018
Per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 25 del 3 febbraio 1992, che ha dichiarato l'illegittimità, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 705 c.p.c., nella parte in cui subordina la proposizione del giudizio petitorio alla definizione della controversia possessoria ed alla esecuzione della relativa decisione anche quando da tale esecuzione possa derivare al convenuto pregiudizio irreparabile, il convenuto in giudizio possessorio può opporre le sue ragioni petitorie quando dalla esecuzione della decisione sulla domanda possessoria potrebbe derivargli un danno irreparabile, purché l'eccezione sia finalizzata solo al rigetto della domanda possessoria (e non anche ad una pronuncia sul diritto con efficacia di giudicato) e non implichi, quindi, una deroga delle ordinarie regole sulla competenza. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza del giudice di merito che aveva dichiarato l'improponibilità dell'eccezione petitoria, sollevata dal resistente, senza indagare sulla irreparabilità del pregiudizio che gli sarebbe derivato dall'esecuzione dell'ordine di demolizione del muro in cemento armato da lui realizzato in violazione del possesso della servitù di veduta vantato dai ricorrenti).
Cass. civ. n. 22628/2012
Al convenuto nel giudizio possessorio, non potendo egli proporre nei confronti dell'attore alcun giudizio petitorio, ai sensi dell'art. 705 c.p.c., finché il primo giudizio non sia definito e la relativa decisione non sia stata eseguita è inibita la domanda di riscatto agrario nei confronti del concedente, che abbia proposto azione di reintegrazione del possesso.
Cass. civ. n. 10588/2012
Il divieto di proporre giudizio petitorio, previsto dall'art. 705 c.p.c., riguarda il solo convenuto nel giudizio possessorio, trovando la propria "ratio" nell'esigenza di evitare che la tutela possessoria chiesta dall'attore possa essere paralizzata, prima della sua completa attuazione, dall'opposizione diretta ad accertare l'inesistenza dello "ius possidendi". Ne consegue che l'attore in possessorio, diversamente dal convenuto, può, anche in pendenza del medesimo giudizio possessorio, proporre autonoma azione petitoria, dovendosi interpretare tale proposizione come finalizzata ad un rafforzamento della tutela giuridica, e non già come rinuncia all'azione possessoria; detta facoltà, tuttavia, non può essere esercitata nello stesso giudizio possessorio, ma soltanto con una separata iniziativa, introducendo la domanda petitoria una "causa petendi" ed un "petitum" completamente diversi, dal che deriva l'inammissibilità della stessa se proposta dall'attore nella fase di merito del procedimento possessorio, la quale costituisce mera prosecuzione della fase sommaria.
Cass. civ. n. 2371/2012
In tema di concorso tra giudizio possessorio e giudizio petitorio, il passaggio in giudicato della sentenza di rigetto di separata domanda di accertamento della proprietà, proposta da parte dell'attore in possessorio, non fa automaticamente venir meno la protezione giuridica del potere di fatto, a prescindere dal titolo che lo possa giustificare, né preclude al giudice del procedimento possessorio, in ipotesi ancora pendente, di emettere una pronuncia di reintegrazione, giacché la tutela del possesso è destinata a cedere non a fronte dell'accertamento, nel giudizio petitorio, che il possessore non è proprietario, quanto del diritto incompatibile spettante all'autore dello spoglio.
Cass. civ. n. 17245/2011
L'azione per lo spostamento del luogo di esercizio della servitù ha natura petitoria; pertanto, il convenuto nel giudizio possessorio di spoglio della servitù di passaggio non può proporre autonoma domanda ai sensi dell'art. 1068 c.c., finché il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita.
Cass. civ. n. 4728/2011
Il divieto per il convenuto in giudizio possessorio di proporre domanda di natura petitoria, finché il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita, produce effetti già al momento del deposito del ricorso e non soltanto dalla successiva notificazione del provvedimento interinale che fissa l'udienza di comparizione, essendo rilevante, al fine indicato, la formulazione della domanda possessoria e l'individuazione della parte convenuta e non, invece la costituzione del contraddittorio. Ne consegue che, nel giudizio possessorio, il convenuto resta tale a partire dal deposito del ricorso in cancelleria e da allora opera il divieto del cumulo fino a che il giudizio possessorio non sia stato definito e la sentenza abbia avuto esecuzione.
Il divieto per il convenuto nel giudizio possessorio di proporre il giudizio petitorio fino a quando il primo non sia stato definito e la decisione eseguita, essendo previsto a tutela degli interessi generali ed ispirato all'esigenza di ordine pubblico del ripristino immediato della situazione possessoria lesa o compromessa, non costituisce una norma disponibile, con la conseguenza che la violazione del divieto può essere fatta valere anche d'ufficio, indipendentemente dall'eccezione di controparte.
Cass. civ. n. 1795/2007
Nelle azioni possessorie, l'eccezione feci sed iure feci sollevata dal convenuto che deduca di essere compossessore della cosa rende necessario l'esame del titolo, per stabilire, sia pure ad colorandam possessionem l'esistenza e l'estensione del diritto che si allega. Pertanto, tale eccezione deve ritenersi ammissibile se il convenuto tenda a dimostrare di aver agito nell'ambito della sua relazione di fatto, esclusiva o comune, con il bene, mentre deve ritenersi inammissibile se il convenuto miri a fare accertare il suo diritto sul bene medesimo, non potendo la prova del possesso essere in sede di procedimento possessorio desunta dal regime legale o convenzionale del corrispondente diritto reale, occorrendo viceversa dimostrare l'esercizio di fatto del vantato possesso indipendentemente dal titolo. (Nell'affermare il principio di diritto che precede, la S.C. ha altresì precisato che esso deve considerarsi applicabile anche successivamente alla declaratoria di parziale incostituzionalità dell'art. 705 c.p.c., giacché il convenuto in giudizio possessorio può opporre le sue ragioni solo quando dalla esecuzione della decisione sulla domanda possessoria potrebbe derivargli un danno irreparabile, e sempre che l'eccezione sia finalizzata solo al rigetto e della domanda possessoria e non implichi, quindi, deroghe alle regole generali sulla competenza).
Cass. civ. n. 9285/2006
Qualora sia invocata la tutela possessoria delle distanze legali (nella specie, delle vedute dalle costruzioni), ha natura petitoria — e, come tale, non può trovare ingresso nel relativo giudizio, ai sensi dell'art. 705 c.p.c. — l'eccezione sollevata dal convenuto in ordine alla legittimità della costruzione, perché realizzata nel rispetto delle norme urbanistiche vigenti. Al riguardo, infatti, non può invocarsi il principio formulato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 25 del 1992 che, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 705, comma primo, c.p.c. (nella parte in cui detta norma subordinava la proposizione del giudizio petitorio alla definizione della controversia possessoria e all'esecuzione della decisione nel caso derivasse o potesse derivare un pregiudizio irreparabile al convenuto), infrange soltanto il divieto, per il convenuto in possessorio, di agire in petitorio «finché il primo giudizio non è finito o la decisione non sia stata eseguita», senza per contro estendere i suoi effetti nell'ambito del giudizio possessorio, ponendo nel nulla il divieto per il convenuto di sollevare difese di natura petitoria.
Cass. civ. n. 8367/2001
Il divieto di cumulo tra giudizio petitorio e giudizio possessorio ha carattere soggettivo e non può spiegare effetto nei confronti di persone diverse da quelle convenute in sede possessoria. Tuttavia, da ciò non può ricavarsi specularmente che al convenuto sia preclusa l'azione petitoria esclusivamente nei confronti di chi ha instaurato il giudizio possessorio. Invero, per ammettere la proponibilità del petitorio contro possessori rimasti estranei alla lite, è necessario accertare, ai fini della preclusione processuale posta dall'art. 705 c.p.c., non soltanto che tale giudizio sia promosso nei confronti di soggetti diversi dall'attore in reintegra o in manutenzione, ma anche che esso riguardi un bene diverso da quello in relazione al quale si è invocata la tutela possessoria.
Le condizioni che, ai sensi dell'art. 705 c.p.c., consentono al convenuto in giudizio possessorio di instaurare giudizio petitorio, (costituite dalla definizione del giudizio con sentenza non più soggetta ad impugnazione e o all'esecuzione della relativa decisione), possono trovare l'equipollente solo nell'ipotesi in cui vi sia stata una sostanziale cessazione del giudizio possessorio per aver il convenuto spontaneamente reintegrato l'attore. Ne consegue che deve escludersi l'instaurabilità del giudizio petitorio quando la reintegrazione sia avvenuta non spontaneamente ma in esecuzione di un ordine provvisorio emesso dal giudice in pendenza del procedimento.
Cass. civ. n. 5242/1999
Il divieto di proporre il giudizio petitorio da parte del soggetto convenuto nel giudizio possessorio non rileva quando i due giudizi non riguardano la stessa questione e hanno ciascuno un petitum diverso, come nel caso in cui i proprietari di due fondi confinanti si contestino reciprocamente d'avere costruito a distanza inferiore a quella regolamentare.
Cass. civ. n. 5110/1998
La ratio della norma di cui all'art. 705 c.p.c. (a mente della quale il convenuto nel giudizio possessorio non può proporre giudizio petitorio finché il primo giudizio non sia stato definito e la decisione non sia stata eseguita) non è, in alcun modo, ostativa alla proposizione, da parte dell'attore in possessorio, della separata azione petitoria, né tale proposizione può legittimamente interpretarsi come fatto incompatibile con la volontà di proseguire nel giudizio possessorio, onde ottenere la più rapida tutela ad esso riconducibile. Il divieto di cumulo delle due azioni è, difatti, normativamente sancito per il solo convenuto, sì che l'inizio del giudizio petitorio, da parte dell'attore, in pendenza di quello possessorio, non è che indice della volontà di quest'ultimo di rafforzare, e non già di limitare, la difesa del diritto che si assume violato.
Cass. civ. n. 951/1995
Il convenuto in un giudizio possessorio è legittimato — ai sensi dell'art. 705, comma 1, c.p.c., quale risultante a seguito della pronunzia di parziale illegittimità costituzionale emessa con sentenza n. 25 del 3 febbraio 1992, e dell'art. 1168, comma 4, c.c., nell'interpretazione fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza citata — a far valere nel giudizio possessorio le proprie ragioni petitorie nel caso in cui la tutela chiesta dall'attore sia da attuare mediante distruzione di un bene immobile e la cognizione di tali ragioni, per la sede processuale e la forma in cui sono dedotte, non implichi deroga alle ordinarie regole di competenza.
Cass. civ. n. 3825/1994
Per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 25 del 3 febbraio 1992, che ha dichiarato l'illegittimità, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 705 c.p.c., nella parte in cui subordina la proposizione del giudizio petitorio alla definizione della controversia possessoria ed alla esecuzione della relativa decisione anche quando da tale esecuzione possa derivare al convenuto pregiudizio irreparabile, il convenuto in giudizio possessorio può opporre le sue ragioni petitorie quando dalla esecuzione della decisione sulla domanda possessoria potrebbe derivargli un danno irreparabile, purché l'eccezione sia finalizzata solo al rigetto della domanda possessoria (e non anche ad una pronuncia sul diritto con efficacia di giudicato) e non implichi, quindi, deroga delle ordinarie regole sulla competenza.
Cass. civ. n. 2391/1994
Colui che è convenuto con l'azione di manutenzione per asserita violazione di distanze rispetto alla preesistente costruzione dell'attore, non viola il divieto di cumulo del petitorio con il possessorio se contesta che, a causa dell'illegittimo esercizio del diritto di prevenzione compiuto dall'attore nell'erigere la sua costruzione, egli non era tenuto al rispetto delle distanze.
Cass. civ. n. 1501/1994
Alla stregua della ratio connotante l'art. 705 c.p.c. — secondo cui il convenuto nel giudizio possessorio non può proporre giudizio petitorio finché il primo non sia stato definito e la decisione non sia stata eseguita — la proposizione da parte dell'attore in possessorio dell'azione petitoria non costituisce un fatto incompatibile con la volontà di invocare la tutela possessoria. Ne segue che deve escludersi la deducibilità, da tale proposizione, dell'intento di rinunciare a quest'ultima. Invero da un lato il divieto di cumulo delle due azioni è rivolto al convenuto, e non all'attore; dall'altro inizio del giudizio petitorio da parte del medesimo, mentre ancora pende quello possessorio, è indice della volontà di rafforzare la difesa del diritto che si assume violato, e non già di limitarla.
Cass. civ. n. 1392/1992
La disposizione dell'art. 705 c.p.c. (divieto del cumulo fra il giudizio petitorio ed il giudizio possessorio) tende a rafforzare la tutela possessoria alla stregua del principio tradizionale secondo cui spoliatus ante omnia restituendus ed assolve alla funzione di porre un impedimento temporaneo alla proposizione dell'azione, onde evitare il pericolo che il giudizio possessorio non porti ad alcun risultato repressivo nei confronti dello spoliatore. Il divieto anzidetto ha pertanto carattere soggettivo e non può spiegare effetto nei confronti di persone diverse da quelle convenute in sede possessoria.
Cass. civ. n. 6881/1991
Il divieto stabilito dall'art. 705 c.p.c. di proporre il giudizio petitorio finché non sia definito il giudizio possessorio, e la decisione eseguita, opera non per l'attore, ma unicamente per il convenuto, e trova la sua giustificazione nell'esigenza che l'azione petitoria, diretta ad accertare l'inesistenza della ius possidendi, in capo all'attore in possessorio, possa essere esercitata dal convenuto in possessoria prima che la tutela della situazione di fatto (ius possessionis) sia integralmente attuata; tuttavia ove nel corso del giudizio possessorio sia proposta dall'attore in possessorio l'azione petitoria è in facoltà del convenuto eccepire l'improcedibilità di tale domanda, in quanto caratterizzata da un petitum e da una causa petendi del tutto autonomi rispetto a quelli della precedente domanda possessoria.
Cass. civ. n. 11122/1990
L'art. 705 c.p.c., il quale sancisce il divieto per il convenuto nel giudizio possessorio di proporre il giudizio petitorio fino a quando il primo non sia stato definito e la decisione eseguita, essendo ispirato all'esigenza di ordine pubblico del ripristino immediato della situazione possessoria lesa o compromessa, per ragioni che vanno al di là degli interessi delle parti private, non costituisce una norma disponibile. Ne consegue che il rilievo della violazione del divieto, può essere fatto anche di ufficio indipendentemente dall'eccezione della controparte.
Cass. civ. n. 3116/1985
La norma di cui all'art. 705 c.p.c. — per la quale il convenuto in giudizio possessorio non può proporre giudizio petitorio finché il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita — comporta la improponibilità della domanda petitoria sino a quando con l'esecuzione della sentenza emessa nel giudizio possessorio non sia ripristinata, nella sua integrità la situazione di fatto del possessore sulla cosa, a nulla rilevando — per escludere detta sanzione processuale — che sopravvenga l'esecuzione (nella specie, spontanea) della sentenza possessoria nel corso del giudizio petitorio ovvero che i possessori spogliati abbiano lasciato decorrere il termine di efficacia del precetto senza iniziare l'esecuzione forzata.
Cass. civ. n. 2413/1984
Ai fini dell'applicabilità dell'art. 705 c.p.c. — che, in linea generale, fa divieto al convenuto in possessorio di proporre giudizio petitorio finché il primo non sia definito e la sentenza non sia stata eseguita — petitorio è il giudizio concernente la proprietà o altro diritto reale sulla cosa della quale si contende in sede possessoria e non già ogni controversia estranea al tema del possesso, come quella originata da una pretesa di carattere restitutorio e fondata sull'esistenza o meno di rapporti obbligatori. (Nella specie, la controversia verteva sulla opponibilità o meno ai nuovi proprietari del contratto di locazione stipulato dal debitore che aveva subito l'espropriazione senza porre in discussione la proprietà o altro diritto reale sugli stessi beni).