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Articolo 403 Codice di procedura civile — Impugnazione della sentenza di revocazione

Articolo 403 Codice di procedura civile — Impugnazione della sentenza di revocazione

Non può essere impugnata per revocazione la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione.

Contro di essa sono ammessi i mezzi d’impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 16861/2013

L’incompatibilità del giudice, che ebbe a pronunciare la sentenza oggetto della domanda di revocazione, a far parte del collegio chiamato a decidere su di essa non determina nullità deducibile in sede di impugnazione, in quanto tale incompatibilità può dar luogo soltanto all’esercizio del potere di ricusazione, che la parte interessata ha l’onere di far valere, in caso di mancata astensione del medesimo giudice, nelle forme e nei termini di cui all’art. 52 c.p.c..

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Cass. civ. n. 7584/2004

Ai sensi dell’art. 403, comma 1, c.p.c., la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione (nella specie, resa in sede di Cassazione) non è assoggettabile ad ulteriore impugnazione per revocazione, contro di essa essendo, viceversa, ammissibili solo — quando previsti — i mezzi di impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione. La norma in parola detta, difatti, un principio generale, volto ad evitare che la definizione di una lite sia oggetto di ripetute contestazioni, che impediscono la formazione di una statuizione idonea a concludere definitivamente la controversia.

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Cass. civ. n. 3557/2004

Nel ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza emessa nel giudizio di revocazione non sono deducibili censure diverse da quelle previste dall’art. 360 c.p.c., e, in particolare, non sono denunciabili ipotesi di revocazione ex art. 395 c.p.c., non rilevando in contrario la circostanza che la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione non possa essere a sua volta impugnata per revocazione.

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Cass. civ. n. 1814/2004

Poichè la decisione del ricorso per cassazione è subordinata all’esito del giudizio di revocazione pendente contro la medesima sentenza, qualora siano contemporaneamente pendenti il ricorso per cassazione avverso la sentenza già impugnata per revocazione e quello contro la sentenza emanata in sede di revocazione, deve essere deciso con priorità quest’ultimo: in caso di rigetto si procede all’esame del primo, mentre — ove il ricorso sia accolto — il giudizio relativo al ricorso per cassazione contro la sentenza impugnata per revocazione rimane sospeso fino al momento della comunicazione — e non del passaggio in giudicato — della sentenza del giudice di rinvio investito della revocazione. Infatti, qualora sia cassata la decisione che abbia rigettato o dichiarato inammissibile l’istanza di revocazione, si verifica la reviviscenza della sospensione del giudizio di cassazione disposta ai sensi dell’art. 398 quarto comma c.p.c., (così come modificato dall’art. 68 L. 353/1990, applicabile ai giudizi pendenti alla data del 1 gennaio 1993) in presenza del procedimento di revocazione. Ne consegue che l’inammissibilità del ricorso proposto tardivamente contro la sentenza impugnata per revocazione non preclude l’esame del ricorso avverso la sentenza emessa in sede di revocazione, giacchè l’eventuale accoglimento di quest’ultimo determinerà l’assorbimento del primo ricorso per mancanza dell’oggetto dell’impugnazione.

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Cass. civ. n. 3111/1999

Poiché l’art. 324 c.p.c. definisce assistita dall’autorità della cosa giudicata in senso formale la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza (inteso come mezzo di impugnazione), né ad appello, né a ricorso per cassazione e né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell’art. 395 c.p.c., la tempestiva proposizione avverso una sentenza emessa in grado di appello dell’impugnazione per revocazione ai sensi del n. 4 o del n. 5 suddetti, nella nuova situazione normativa — determinatasi a seguito della novellazione dell’ultimo comma dell’art. 398 c.p.c. — nella quale la proposizione della revocazione non ha effetto sospensivo automatico del termine per il ricorso per cassazione o del relativo procedimento se già instaurato, salvo che così disponga il giudice della revocazione, qualora non abbia luogo, da parte di quel giudice, la sospensione del corso del termine per il ricorso in Cassazione ed esso si consumi, non si determina il passaggio in giudicato della sentenza e non è in alcun modo precluso l’esame del ricorso per cassazione proposto avverso la successiva decisione sulla revocazione (sulla base di tale principio la Suprema Corte, nel decidere, dopo averli riuniti, sul ricorso per cassazione avverso la sentenza sulla revocazione e sul ricorso per cassazione ordinario avverso la sentenza già impugnata con la revocazione, ha escluso che la tardività e, quindi, inammissibilità del secondo ricorso, proposto oltre il termine lungo ex art. 326 c.p.c., potesse precludere l’esame del ricorso — invece tempestivamente proposto — avverso la sentenza sulla revocazione, rilevando inoltre che quest’ultimo esame doveva avvenire prioritariamente, in quanto l’accoglimento del relativo ricorso avrebbe determinato l’assorbimento dell’esame del ricorso per cassazione ordinario).

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Cass. civ. n. 9326/1998

È ammissibile il ricorso per cassazione proposto con un unico atto sia contro la sentenza d’appello che contro quella emessa nel giudizio di revocazione; tuttavia, poiché il nuovo testo dell’art. 398 c.p.c. non prevede che la proposizione del giudizio di revocazione determini la sospensione automatica del termine per ricorrere in cassazione avverso la sentenza revocanda, è in ogni caso necessario, ove la suddetta sospensione non sia stata concessa dal giudice su istanza di parte, che il ricorso per cassazione sia proposto nei termini previsti dagli artt. 325 e 327 c.p.c.

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Cass. civ. n. 516/1998

La subordinazione del ricorso per cassazione al giudizio di revocazione comporta che qualora siano state proposte impugnazioni contro la sentenza di merito e la sentenza emessa nel giudizio di revocazione, debba essere esaminato per primo il ricorso proposto contro la sentenza emessa in sede di revocazione, con la conseguenza che in caso di accoglimento rivive la causa di sospensione prevista dall’art. 398, ult. comma, c.p.c., pur dopo la modifica introdotta dall’art. 68 legge 26 novembre 1990, n. 353, con nuova sospensione del giudizio di cassazione fino alla comunicazione della sentenza emessa dal giudice di rinvio.

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Cass. civ. n. 11517/1995

Le impugnazioni per cassazione contro la sentenza di merito in grado di appello e contro quella emessa nel successivo giudizio di revocazione possono proporsi con un unico ricorso realizzandosi sostanzialmente un’ipotesi di connessione, che potrebbe legittimare la riunione dei ricorsi, ove separatamente preposti, atteso che le due sentenze concorrono a dare contenuto alla decisione dell’unica controversia per quanto attiene alle posizioni di fatto dedotte in causa.

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Cass. civ. n. 1079/1981

La pronuncia resa sull’impugnazione per revocazione di una sentenza di secondo grado, ai sensi dell’art. 403 secondo comma c.p.c., è impugnabile esclusivamente con il ricorso per cassazione, e non anche, pertanto, con l’appello.

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Cass. civ. n. 4451/1978

La sentenza con la quale il giudice della revocazione limiti la sua decisione alla pronuncia rescindente, omettendo quella rescissoria, non è impugnabile ulteriormente per revocazione, ma solo per cassazione, a norma dell’art. 403 c.p.c.

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Cass. civ. n. 1975/1978

La sopravvenuta revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., della sentenza impugnata con ricorso per cassazione elide l’interesse delle parti a conseguire una pronuncia sul ricorso medesimo, e, pertanto, comporta cessazione della materia del contendere, rilevabile, anche d’ufficio, dalla Corte di cassazione.

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