Art. 535 – Codice di procedura civile – Prezzo base dell’incanto
Se il valore delle cose risulta da listino di borsa o di mercato, il prezzo base è determinato dal minimo del giorno precedente alla vendita.
In ogni altro caso il giudice dell'esecuzione, nel provvedimento di cui all'articolo 530, sentito quando occorre uno stimatore [disp. att. 161], fissa il prezzo di apertura dell'incanto [539] o autorizza, se le circostanze lo consigliano, la vendita al migliore offerente senza determinare il prezzo minimo.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 28352/2023
In tema di impugnazioni, sussiste l'interesse della parte civile a interloquire nel giudizio di rinvio sulla ricorrenza di una o più circostanze aggravanti a carico dell'imputato, anche ove non ne venga in discussione la responsabilità penale per il fatto di reato, in quanto si tratta di aspetti suscettibili di incidere sull'entità del risarcimento del danno. (In applicazione del principio, la Corte ha riconosciuto il conseguente diritto della parte civile a ottenere, secondo il generale criterio della soccombenza, la rifusione della spese di lite sostenute).
Cass. civ. n. 14082/2023
In tema di riscossione mediante ruolo delle spese di giustizia penali, le contestazioni relative alla concreta determinazione dell'importo dovuto, come liquidato dagli organi competenti ("ivi" comprese quelle relative alla riferibilità "contabile" di detta quantificazione ai reati per i quali sia stata effettivamente pronunciata la condanna in sede penale), possono essere fatte valere, dinanzi al giudice civile, con l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., nell'ambito della quale l'interessato può limitarsi a contestare l'eccessività della somma liquidata, senza doverne specificare in dettaglio le ragioni, essendo tenuto a dettagliare le proprie contestazioni (senza che se ne possa inferire l'ampliamento dell'oggetto della domanda) solo all'esito della specificazione, da parte dell'ente creditore (ovvero dell'agente della riscossione), dei presupposti e delle modalità della autoliquidazione effettuata in via amministrativa, nonché della documentazione dell'attività svolta a tal fine dai funzionari competenti, funzionale a mettere il giudice in condizione di verificare, in concreto, se detta autoliquidazione sia stata effettuata correttamente. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, nel rigettare l'opposizione all'esecuzione proposta da un condannato in un processo a carico di più soggetti gravati da diverse imputazioni, aveva omesso di espungere, dalla statuizione di condanna alle spese, quelle non pertinenti al reato oggetto di condanna ovvero di connessione qualificata, secondo il disposto dell'art. 535 c.p.p., nella versione "ratione temporis" applicabile).
Cass. civ. n. 12614/2023
In tema di riscossione di spese processuali penali, il termine per procedere all'iscrizione a ruolo di cui all'art. 227 ter, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002, non è previsto a pena di decadenza e non ha, perciò, natura perentoria, in difetto di una esplicita previsione normativa in tal senso e dell'assenza di uno spazio operativo funzionale per l'istituto della decadenza nella riscossione di questo tipo di spese, non aventi natura tributaria.
Cass. civ. n. 8604/2023
In tema di remissione del debito per spese di giustizia, il disposto di cui all'art. 6 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, riguarda le sole spese afferenti al processo penale, quali sanzioni economiche accessorie alla pena, non trovando applicazione per le somme richieste dal Fondo per la solidarietà per le vittime di reati mafiosi di cui alla legge 22 dicembre 1999, n. 512, che costituiscono un credito di diritto privato delle parti civili nei confronti dell'imputato.
Cass. civ. n. 26898/2008
In tema di pegno, la possibile derogabilità consensuale della disciplina dettata dall'art. 2797 cod. civ. è applicabile sia al termine minimo di preavviso (ridotto nella specie ad un giorno) sia all'intimazione a mezzo dell'ufficiale giudiziario (sostituita con un preavviso al debitore dato in forma scritta); se poi la cosa ha "un prezzo di mercato", nel significato desumibile per analogia dall'art. 1515 cod. civ. relativo all'esecuzione coattiva della vendita e dunque "un prezzo corrente stabilito per atto della pubblica autorità ovvero risultante da listini di borsa o mercuriali", la vendita stessa può avvenire a mezzo delle persone autorizzate, ai sensi dell'art. 83 disp. att. cod. civ. o anche tramite commissionario, ciò implicando una "vendita a trattative private" ad un prezzo non inferiore al minimo del listino, così potendosi argomentare in via analogica dall'art. 532 cod. proc. civ. (in applicazione di tali principi è stata cassata con rinvio la sentenza che erroneamente, trattandosi di cose oggetto del pegno costituite da titoli del debito pubblico rilasciati a garanzia, non aveva valutato se esse avessero un prezzo di mercato e così pure se la banca, nella sua qualità di intermediario finanziario e quindi abilitato alla negoziazione di valori mobiliari, rivestisse la qualità di persona autorizzata alla vendita ex art. 2797 cod. civ.).
Cass. civ. n. 21090/2007
L'art. 106 legge fallimentare, nel testo anteriore alla novella del 2006, affida alla discrezionalità del giudice delegato la scelta delle forme della vendita, nonché le concrete modalità della stessa; ne consegue che il rilevante valore economico del bene non rappresenta un impedimento alla vendita ad offerte private né richiede necessariamente la fissazione di un prezzo minimo. (Nella specie la S.C. ha confermato la statuizione del tribunale che, adito in sede di reclamo ex art. 26 legge fallimentare, non aveva censurato la scelta del giudice delegato di vendere a trattativa privata un compendio aziendale di rilevante valore economico, né aveva fissato un prezzo minimo di vendita.).