Art. 530 – Codice di procedura civile – Provvedimento per l’assegnazione o per l’autorizzazione della vendita
Sull'istanza di cui all'articolo precedente il giudice dell'esecuzione fissa l'udienza per l'audizione delle parti.
All'udienza le parti possono fare osservazioni circa l'assegnazione e circa il tempo e le modalità della vendita, e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle.
Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l'accordo delle parti comparse, il giudice dell'esecuzione dispone con ordinanza l'assegnazione o la vendita [534, 535; disp. att. 162].
Se vi sono opposizioni il giudice dell'esecuzione le decide con sentenza e dispone con ordinanza l'assegnazione o la vendita.
Qualora ricorra l'ipotesi prevista dal terzo comma dell'articolo 525, e non siano intervenuti creditori fino alla presentazione del ricorso, il giudice dell'esecuzione provvederà con decreto per l'assegnazione o la vendita; altrimenti provvederà a norma dei commi precedenti, ma saranno sentiti soltanto i creditori intervenuti nel termine previsto dal terzo comma dell'articolo 525.
Il giudice dell'esecuzione stabilisce che il versamento della cauzione, la presentazione delle offerte, lo svolgimento della gara tra gli offerenti, ai sensi dell'articolo 532, nonché il pagamento del prezzo, siano effettuati con modalità telematiche, salvo che le stesse siano pregiudizievoli per gli interessi dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura.
In ogni caso il giudice dell'esecuzione può disporre che sia effettuata la pubblicità prevista dall'articolo 490, secondo comma, almeno dieci giorni prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte o della data dell'incanto. Il giudice dispone che sia sempre effettuata la pubblicità prevista dall’articolo 490, primo comma, nel rispetto del termine di cui al periodo precedente.
Fuori dell’ipotesi prevista dal secondo comma dell’articolo 525, il giudice dell’esecuzione può disporre che il versamento del prezzo abbia luogo ratealmente ed entro un termine non superiore a dodici mesi; si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 569, terzo comma, terzo periodo, 574, primo comma, secondo periodo, e 587, primo comma, secondo periodo.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 36333/2024
In tema di giudizio di appello, l'obbligo di motivazione rafforzata, richiesta in caso di ribaltamento della decisione assolutoria di primo grado, non comporta la necessaria acquisizione di elementi istruttori nuovi e ulteriori rispetto a quelli già esaminati, posto che un tale adempimento, non previsto da alcuna norma processuale, presupporrebbe la giuridica impossibilità di attribuire autonomo rilievo ai vizi e alle lacune intrinseci all'apprezzamento delle risultanze istruttorie operato dal primo giudice.
Cass. civ. n. 36208/2024
Nel giudizio di appello avverso la sentenza di condanna dell'imputato anche al risarcimento dei danni, il giudice, intervenuta nelle more l'estinzione del reato per prescrizione, non può limitarsi a prendere atto della causa estintiva, adottando le conseguenti statuizioni civili fondate sui criteri enunciati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 182 del 2021, ma è comunque tenuto, stante la presenza della parte civile, a valutare, anche a fronte di prove insufficienti o contraddittorie, la sussistenza dei presupposti per l'assoluzione nel merito.
Cass. civ. n. 29156/2024
Nel giudizio di appello avverso la sentenza che abbia condannato l'imputato anche al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, il giudice, a fronte dell'estinzione del reato per prescrizione intervenuta nelle more, è tenuto a valutare, in base della regola di giudizio processual-penalistica dell'"oltre ogni ragionevole dubbio", se possa essere emessa una decisione di assoluzione nel merito, col conseguente venir meno delle statuizioni civili, anche nel caso di prove insufficienti o contraddittorie, dovendo pronunciare, invece, sulle statuizioni civili secondo la regola di giudizio processual-civilistica del "più probabile che non" nel solo caso in cui ritenga che ciò non sia possibile e che prevalga la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.
Cass. civ. n. 29083/2024
In caso di annullamento con rinvio, per vizio motivazionale, di sentenza di appello confermativa della condanna pronunciata in primo grado, è legittima, in assenza della parte civile e delle statuizioni ad essa relative ex art. 578 cod. proc. pen., la declaratoria del giudice del rinvio di estinzione del reato per sopravvenuta prescrizione, pur a fronte di uno specifico "mandato" integrativo disposto dalla Cassazione, ove non emergano "ictu oculi" circostanze idonee al proscioglimento nel merito.
Cass. civ. n. 27098/2024
Il dubbio sulla sussistenza del reato presupposto, pur sancito da una sentenza irrevocabile, non giustifica, di per sé solo, il dubbio sulla sussistenza del reato di calunnia. (In motivazione, la Corte ha precisato che, nel giudizio per il delitto di calunnia, l'innocenza del calunniato non va necessariamente accertata in via pregiudiziale in un separato procedimento penale e il giudicato eventualmente formatosi al riguardo deve essere liberamente e autonomamente valutato). (Conf.: n. 8637 del 1979,
Cass. civ. n. 24058/2024
In tema di responsabilità da reato dell'ente, questo, in caso di assoluzione dal reato-presupposto del legale rappresentante, risponde dell'illecito amministrativo, a condizione che il fatto sia stato accertato nella sua dimensione storica e sia riferibile a uno dei soggetti indicati dall'art. 5 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, pur se manchi o sia insufficiente la prova della responsabilità individuale degli stessi.
Cass. civ. n. 19514/2024
Il giudicato penale di assoluzione non determina automaticamente l'archiviazione del procedimento disciplinare, perché - come si desume, nell'ambito del pubblico impiego privatizzato, dalla previsione dell'art. 55-ter, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001 - la P.A. datrice di lavoro può sicuramente procedere disciplinarmente per fatti, magari rivelatisi inidonei alla condanna penale, che siano contenuti nell'originaria contestazione disciplinare e all'irrogazione di una sanzione provvisoria e, poi, dopo la definizione del procedimento penale con sentenza irrevocabile di assoluzione (nella specie, con la "formula perché il fatto non sussiste"), ad istanza di parte, alla riapertura del procedimento disciplinare "per modificarne o confermarne l'atto conclusivo in relazione all'esito del giudizio penale".
Cass. civ. n. 14705/2024
In tema di impugnazioni, il giudice, a fronte dell'appello del pubblico ministero avverso una sentenza assolutoria, può dichiarare la sopravvenuta estinzione del reato solo nel caso in cui ritenga fondata l'impugnazione e fornisca, al riguardo, adeguata motivazione. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato, con rinvio al giudice civile, la decisione che, riformando la sentenza assolutoria di primo grado senza motivare sulla fondatezza dell'appello del pubblico ministero, aveva dichiarato l'estinzione del reato per prescrizione e condannato l'imputato al risarcimento dei danni in favore delle parti civili).
Cass. civ. n. 13379/2024
In tema di procedimento in appello, il giudice che perviene a una decisione di condanna, diversamente apprezzando le dichiarazioni dibattimentali rese da un perito o da un consulente tecnico, è tenuto, nel caso si tratti di prove decisive, alla rinnovazione istruttoria dibattimentale mediante l'esame del predetto perito o consulente.
Cass. civ. n. 1223/2024
Il giudice d'appello che conferma la sentenza di assoluzione impugnata dalla parte civile per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa non è tenuto a rinnovare l'istruzione dibattimentale, atteso che tale obbligo, conformemente ad un'interpretazione costituzionalmente orientata del disposto di cui all'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., deve essere posto in correlazione al principio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio", valevole in funzione della condanna e non dell'assoluzione.
Cass. civ. n. 51681/2023
L'assoluzione pronunciata ex art. 530, comma 2, cod. proc. pen. esclude sia la condanna alle spese del querelante ai sensi dell'art. 427, comma 1, cod. proc. pen., sia la configurabilità della lite temeraria, con conseguente risarcimento del danno a norma dell'art. 427, comma 3, cod. proc. pen., difettando "in re ipsa" l'elemento soggettivo della colpa grave, posto che il quadro probatorio incerto è idoneo a prospettare una possibilità di colpevolezza.
Cass. civ. n. 40277/2023
In tema di diffamazione, non trova applicazione la formula assolutoria di cui all'art. 530, comma 3, cod. proc. pen. con riferimento alla prova liberatoria di cui all'art. 596, comma quarto, cod. pen., che postula la piena dimostrazione dell'esistenza del fatto attribuito al diffamato e che non è riconducibile alle cause di giustificazione o alle cause soggettive di non punibilità.
Cass. civ. n. 36878/2023
In tema di misure di prevenzione patrimoniali, nel procedimento di revoca conseguente alla sopravvenuta definitività della sentenza che ha dichiarato l'insussistenza del delitto di cui all'art. 416-bis cod. pen., il giudice, in punto di pericolosità sociale, deve compiere un puntuale confronto con la motivazione che, all'esito del processo penale, ha ritenuto gli elementi addotti dall'accusa non sufficienti a provare il reato associativo.
Cass. civ. n. 31817/2023
La mancata impugnazione delle parti civili della sentenza assolutoria pronunciata in primo grado dal giudice penale, poi riformata con sentenza irrevocabile di condanna penale dell'imputato, su gravame del solo pubblico ministero, non determina alcun effetto preclusivo nei confronti dell'azione risarcitoria promossa nel successivo giudizio civile nei confronti del medesimo imputato, dovendo escludersi la formazione di una sorta di giudicato (implicito) di rinuncia alla pretesa civile e di improponibilità della relativa domanda in sede civile.
Cass. civ. n. 17708/2023
In tema di rapporti tra giudizio penale e giudizio civile, la sentenza di assoluzione ha effetto preclusivo nel processo civile (sia ex art. 652 c.p.p. che ex art. 654 c.p.p.) solo nel caso in cui contenga un effettivo e specifico accertamento circa l'insussistenza o del fatto o della partecipazione dell'imputato e non anche nell'ipotesi in cui sia stata pronunciata a norma dell'art. 530, comma 2, c.p.p., per inesistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o la sua attribuibilità all'imputato.
Cass. civ. n. 15704/2023
In tema di misure di prevenzione, il giudice, attesa l'autonomia tra processo penale e procedimento di prevenzione, può valutare autonomamente i fatti accertati in sede penale, al fine di giungere ad un'affermazione di pericolosità generica del proposto ex art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, non solo in caso di intervenuta declaratoria di estinzione del reato o di pronuncia di non doversi procedere, ma anche a seguito di sentenza di assoluzione ai sensi dell'art. 530, comma 2, cod. proc. pen., ove risultino delineati, con sufficiente chiarezza e nella loro oggettività, quei fatti che, pur ritenuti insufficienti - nel merito o per preclusioni processuali - per una condanna penale, possono, comunque, essere posti alla base di un giudizio di pericolosità. (In motivazione, la Corte ha affermato che, alla luce della giurisprudenza costituzionale, l'esigenza di un elevato standard di legalità si riflette, non tanto sulle modalità di accertamento, quanto sull'oggetto della verifica di pericolosità generica, che deve appuntarsi sull'esistenza di elementi di fatto individuabili con adeguata precisione e puntualità).
Cass. civ. n. 937/2012
In base al combinato disposto degli artt. 530, ultimo comma, e 525, terzo comma, c.p.c. (nel testo antecedente le modifiche di cui al d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella legge 14 maggio 2005, n. 80) applicabile "ratione temporis", in caso di pignoramento di beni, o di deposito di somme da parte del debitore, al fine di evitare il pignoramento, di valore non superiore al limite di euro 5.164,57, stabilito dallo stesso art. 525 c.p.c., la vendita o l'assegnazione, in assenza di creditori intervenienti, possono essere disposti con decreto, senza che venga fissata apposita udienza per l'audizione delle parti, a norma del primo comma del citato art. 530 c.p.c..
Cass. civ. n. 13824/2010
La regola contenuta nell'art. 2929 c.c., secondo il quale la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita e l'assegnazione non ha effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario, non trova applicazione quando la nullità riguardi proprio la vendita o l'assegnazione, sia che si tratti di vizi che direttamente la concernano, sia che si tratti di vizi che rappresentino il riflesso della tempestiva e fondata impugnazione di atti del procedimento esecutivo anteriori ma ad essi obbligatoriamente prodromici. (Nella specie, la nullità dell'aggiudicazione e del conseguente decreto di trasferimento sono state dichiarate, in sede di cassazione con rinvio della sentenza di rigetto dell'opposizione agli atti esecutivi, perché l'udienza di vendita, rifissata dopo un rinvio disposto d'ufficio, non era stata preceduta dalle formalità obbligatorie di pubblicità).
Cass. civ. n. 7166/1997
Il provvedimento di assegnazione di una somma depositata su un libretto di risparmio — da considerare titolo di credito, e perciò assegnabile ai sensi del secondo comma dell'art. 529 c.p.c. — ha una rilevanza esclusivamente interna al procedimento esecutivo, si che contro di esso non sono ammessi i rimedi propri del processo di cognizione, né in particolare alcune delle impugnazioni proprie di detto processo, tra cui il ricorso per cassazione.
Cass. civ. n. 1164/1996
L'ordinanza di rigetto dell'istanza di revoca di un provvedimento di assegnazione disposta dal giudice dell'esecuzione ai sensi del secondo comma dell'art. 529 c.p.c., non avendo il carattere della definitività, non è impugnabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., bensì è soggetta all'opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), oppure, ricorrendone i presupposti, all'opposizione in sede di distribuzione del ricavato (art. 512 c.p.c.), ove all'assegnazione si debba attribuire funzione satisfattoria.
Cass. civ. n. 3130/1987
Nel processo di espropriazione forzata - che si articola in una pluralità di fasi, ciascuna delle quali si chiude con un atto esecutivo rispetto al quale gli atti precedenti della medesima fase hanno funzione preparatoria - la fase della vendita, che inizia dopo l'ordinanza che stabilisce le modalità e la data della vendita forzata e si conclude con il provvedimento di trasferimento coattivo del bene che segue l'aggiudicazione, comprende quali atti preparatori le forme della pubblicità legale e di quella aggiuntiva disposta dal giudice dell'esecuzione, la cui mancanza od irregolarità vizia di nullità lo stesso atto esecutivo di vendita, con la conseguenza che in tale ipotesi non è applicabile la norma di cui all'art. 2929 c.c. (secondo la quale la nullità degli atti esecutivi precedenti alla vendita non ha effetto riguardo all'aggiudicatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente) e la nullità è opponibile all'aggiudicatario.
Cass. civ. n. 2880/1979
Non è impugnabile col ricorso per cassazione, a norma dell'art. 111 della Costituzione, il provvedimento con cui il pretore, nella espropriazione forzata mobiliare, a seguito di istanza del creditore pignorante, dichiarata l'urgenza, ai sensi degli artt. 3 della L. 7 ottobre 1969, n. 742 e 92 del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, fissa nel periodo feriale l'udienza per la determinazione della data e delle modalità della vendita, in quanto tale provvedimento non ha natura decisoria, ma solo ordinatoria delle attività processuali, né ha carattere definitivo, essendo esperibile nei suoi confronti il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 617 c.p.c.
Cass. civ. n. 3901/1977
Il provvedimento di assegnazione dei beni espropriati, emesso ai sensi dell'art. 530 c.p.c. è impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 617 dello stesso codice e contro la sentenza emessa a conclusione del relativo procedimento, dichiarata non impugnabile dall'art. 618 c.p.c., è ammissibile il ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 della Costituzione.
Cass. civ. n. 548/1973
La mancata espressa menzione delle istanze di vendita, nella ordinanza con la quale questa viene autorizzata, non vale a porre nel nulla le dette istanze, essendo la loro esistenza ed efficacia condizionate soltanto dai requisiti intrinseci di esse, e non anche da espliciti riconoscimenti del giudice dell'esecuzione. Pertanto, in nessun caso la indicata omissione può equipararsi a mancanza dell'impulso necessario per impedire la cessazione dell'efficacia del pignoramento, così come al mancato riferimento espresso alla pluralità dei pignoramenti non corrisponde la perdita dell'autonomo effetto proprio di ciascuno di essi.