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Articolo 618 Codice di procedura civile — Provvedimenti del giudice dell’esecuzione

Articolo 618 Codice di procedura civile — Provvedimenti del giudice dell’esecuzione

Il giudice dell’esecuzione fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto, e dà, nei casi urgenti, i provvedimenti opportuni.

All’udienza dà con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilazionabili ovvero sospende la procedura. In ogni caso fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’articolo 163-bis, o altri se previsti, ridotti della metà. La causa è decisa con sentenza non impugnabile.

Sono altresì non impugnabili le sentenze pronunciate a norma dell’articolo precedente primo comma.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 9652/2017

In tema di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., è inammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione, rilevato il mancato rispetto del termine perentorio per notificare il ricorso introduttivo, dichiari chiusa la fase sommaria ed inammissibile l’opposizione senza adottare i provvedimenti indilazionabili ai sensi dell’articolo 618 c.p.c., né concedere il termine per instaurare il giudizio di merito o liquidare le spese, atteso che il provvedimento conclusivo della fase sommaria, benchè illegittimamente emesso, è privo del carattere della definitività, la parte ben potendo proporre reclamo al collegio per ottenere le misure cautelari invocate ovvero introdurre autonomamente il giudizio a cognizione piena, all’esito del quale conseguire una pronuncia sull’opposizione e sulle spese.

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Cass. civ. n. 2353/2017

In tema di opposizione agli atti esecutivi, l’ordinanza adottata ai sensi dell’art. 618, comma 2, c.p.c. non è autonomamente impugnabile con opposizione agli atti esecutivi, in quanto contiene provvedimenti indilazionabili o provvedimenti sulla sospensione (a loro volta non impugnabili ai sensi dell’art. 617 c.p.c.), nonché provvedimenti ordinatori per la prosecuzione del giudizio in sede di merito, emessi nell’ambito di un unico procedimento articolato in due fasi, la prima sommaria e la seconda a cognizione piena, qual è il giudizio opposizione ex art. 617 c.p.c. a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 52 del 2006.

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Cass. civ. n. 2333/2017

In tema di espropriazione contro il terzo, nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. instaurato contro gli atti preesecutivi o contro gli atti esecutivi, si configura sempre litisconsorzio necessario iniziale fra il creditore, il debitore diretto ed il terzo proprietario.

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Cass. civ. n. 1919/2017

Il rigetto di una opposizione agli atti esecutivi, proposta avverso un’ordinanza di estinzione della procedura esecutiva assumendone il contrasto con il tenore del titolo esecutivo, è illegittimo, ove motivato sulla base della mancata produzione del titolo stesso e della conseguente impossibilità di scrutinio della doglianza, atteso che la natura a cognizione piena del giudizio di opposizione ed il suo oggetto, diretto a valutare se un segmento del processo esecutivo si sia svolto, o meno, in modo conforme alle norme che lo regolano, comportano che il giudice abbia il potere-dovere di acquisire il fascicolo del processo esecutivo e compulsarne atti e documenti, ivi compreso il titolo che dato ad esso origine.

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Cass. civ. n. 1218/2017

L’opposizione agli atti esecutivi, la cui fase di merito debba essere introdotto con le forme del rito del lavoro, è improcedibile qualora, pur essendo stata tempestivamente proposta con il deposito del ricorso nel termine perentorio assegnato dal giudice dell’esecuzione, sia mancata la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza, non essendo consentito al giudice di assegnare, ex art. 421 c.p.c., all’opponente un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica ex art. 291 c.p.c..

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Cass. civ. n. 18761/2013

Nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi si ha “mutatio libelli” quando si avanzi un motivo di contestazione della regolarità formale di un atto del processo esecutivo diverso da quello posto a fondamento dell’atto introduttivo dell’opposizione, facendo così valere una “causa petendi” fondata su un vizio dell’atto non prospettato prima, con l’effetto di porre un nuovo tema d’indagine e di ampliare i termini della controversia. Ne consegue, pertanto, che il motivo di opposizione agli atti esecutivi proposto nel corso del processo è inammissibile, a prescindere dal fatto che attenga ad un vizio dello stesso atto opposto e che comporti identico “petitum” di annullamento (o revoca o modifica) del medesimo atto, irrilevante essendo, altresì, la presenza – nel ricorso ex art. 617 c.p.c. – di una riserva “di ulteriormente sviluppare i motivi”, la quale non può legittimare la proposizione di motivi nuovi.

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Cass. civ. n. 22838/2012

Nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi, ai fini dell’applicazione del termine lungo – ridotto a sei mesi dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 – per l’impugnazione della sentenza che lo ha concluso, non rileva il momento in cui è stata introdotta e si è svolta la fase sommaria del corrispondente procedimento, destinata a concludersi con un provvedimento privo del carattere della definitività e, come tale, non impugnabile neppure con ricorso straordinario ex art. 111 Cost., bensì quello in cui è stato intrapreso il relativo giudizio di merito.

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Cass. civ. n. 1029/2012

È inammissibile per difetto di interesse il ricorso per cassazione proposto avverso una sentenza che abbia rigettato l’opposizione agli atti esecutivi del debitore quando non sia dedotto, nell’atto di impugnazione, l’interesse in concreto leso e non sia indicata quale pronuncia, favorevole all’opponente, avrebbe dovuto rendere il giudice del merito. (Nella specie, la sentenza impugnata era relativa ad una opposizione agli atti esecutivi in relazione ad un pignoramento mobiliare presso terzi che, all’esito di dichiarazione negativa di questi, non era stato mai iscritto a ruolo, e non aveva avuto seguito, stante il mancato deposito del titolo e del precetto).

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Cass. civ. n. 16292/2011

Avverso il provvedimento pronunciato dal giudice dell’esecuzione nell’esercizio dei suoi poteri di gestione dello svolgimento del processo esecutivo, sia esso affermativo o negativo della propria competenza in tale qualità è proponibile solo l’opposizione agli atti esecutivi e non il regolamento di competenza il quale, se proposto, va dichiarato inammissibile.

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Cass. civ. n. 15227/2011

In tema di opposizione agli atti esecutivi, il provvedimento del giudice dell’esecuzione di reiezione dell’istanza di revoca dell’ordinanza di chiusura della fase sommaria,non può essere impugnato con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost., essendo appartenente esclusivamente alla fase sommaria e comunque privo del carattere della definitività anche quando sia stata erroneamente omessa la fissazione del termine perentorio per l’instaurazione del giudizio a cognizione piena, atteso che l’iniziativa dell’iscrizione a ruolo, e la conseguente scelta di intraprendere tale successiva fase, è rimessa esclusivamente all’impulso di parte.

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Cass. civ. n. 4190/2010

In tema di opposizione agli atti esecutivi, qualora l’opponente non compaia all’udienza di comparizione fissata ex art. 618, primo comma, c.p.c., è applicabile l’art. 181, primo comma, c.p.c., e, conseguentemente, il giudice dell’esecuzione deve disporre la cancellazione della causa dal ruolo; pertanto, qualora in detta ipotesi il giudice dell’esecuzione erroneamente dichiari improcedibile il giudizio, il relativo provvedimento, ancorché adottato in forma di ordinanza, va considerato sentenza in senso sostanziale, contro la quale è ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge ai sensi dell’art. 111 Cost.

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Cass. civ. n. 20532/2009

In tema di opposizione agli atti esecutivi, nel regime dell’art. 618, comma secondo, c.p.c., l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione provvede a definire la fase sommaria, concedendo (o meno) i provvedimenti di cui al primo inciso del citato secondo comma, e, senza provvedere sulle spese, ometta di fissare il termine perentorio per l’iscrizione a ruolo della causa di merito, non è impugnabile con il ricorso straordinario previsto dall’art. 111, comma settimo, Cost., essendo priva del carattere della definitività. Infatti, l’iscrizione della causa a ruolo ai fini della prosecuzione dell’opposizione ex art. 617 c.p.c. con la cognizione piena è ammissibile anche a prescindere dalla fissazione del predetto termine e, comunque, di esso può essere chiesta la fissazione al giudice dell’esecuzione, con istanza da proporsi ai sensi dell’art. 289 del codice di rito.

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Cass. civ. n. 23847/2008

La competenza a conoscere della opposizione agli atti esecutivi, appartenente, nella disciplina anteriore alla modifica dell’art. 618, secondo comma, cod. proc. civ., da parte dell’art. 15 della legge 24 febbraio 2006, n. 52, al giudice dell’esecuzione, spetta all’ufficio giudiziario come tale, sicché, esaurita la fase di comparizione delle parti finalizzata alla emissione dei provvedimenti indilazionabili, non è individuabile una legittimazione del giudice dell’esecuzione all’istruzione della causa, dovendosi riconoscere per questa parte all’art. 618, secondo comma, cod. proc. civ., la portata di una norma ordinatoria, la cui violazione, con la cognizione di altro magistrato addetto allo stesso ufficio giudiziario, non ridonda né in nullità della sentenza, nè in vizio di incompetenza; lo stesso principio vale con riferimento a tutte le opposizioni esecutive.

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Cass. civ. n. 19693/2008

La sentenza di rigetto dell’opposizione all’esecuzione per essere stata erroneamente proposta in luogo di quella agli atti esecutivi (nella specie per essere l’opposizione fondata su irregolarità formali del precetto), non è appellabile, come previsto dall’art. 618 cod. proc. civ., e nei suoi confronti può essere proposto esclusivamente il ricorso per cassazione “ex” art. 111 Cost. È manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost., dell’art. 618, comma 3, cod. proc. civ in relazione all’art. 323 cod. proc. civ., nella parte in cui il combinato disposto delle due norme non consente il principio di convertibilità dei mezzi d’impugnazione, come invece previsto dall’art. 568, comma 5, cod. proc. civ., atteso che l’impugnabilità della sentenza di primo grado pronunciata sull’opposizione agli atti esecutivi mediante il ricorso per cassazione “ex” art. 111 cod. proc. civ., garantisce sufficientemente il diritto dell’opponente alla sua tutela per via giudiziale anche nel corso del processo esecutivo, in relazione alla regolarità formale e sostanziale degli atti di esecuzione e di quelli preliminari all’esecuzione vera e propria, come l’atto di precetto.

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Cass. civ. n. 19228/2007

Il decreto del giudice dell’esecuzione con il quale, a seguito di opposizione agli atti esecutivi contro il decreto di trasferimento, viene concesso il provvedimento ritenuto opportuno (art. 618, primo comma, c.p.c.) e disposto che il decreto di trasferimento non possa essere eseguito sino all’udienza fissata per la comparizione delle parti, è un provvedimento di sospensione adottato a seguito di impugnazione del titolo esecutivo e dal giudice di tale impugnazione (art. 623 c.p.c.) e non solo un provvedimento di sospensione emesso in dipendenza di opposizione all’esecuzione e dal giudice dell’esecuzione, spiegando, perciò, i suoi effetti sia sul diritto a procedere ad esecuzione forzata, sia sul processo esecutivo dal cui giudice è stato emanato. (Nella specie, la S.C. ha, altresì, affermato che il provvedimento ha la stessa natura di quello adottato, in base all’art. 351, terzo comma, c.p.c., dal giudice dell’appello, che, se ricorrono gravi motivi di urgenza, può disporre provvisoriamente l’immediata sospensione dell’efficacia esecutiva o dell’esecuzione della sentenza).

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Cass. civ. n. 4957/2007

In tema di opposizione agli atti esecutivi, ove il giudice dell’esecuzione abbia fissato l’udienza di comparizione delle parti ai sensi dell’art. 618 c.p.c., la notificazione del ricorso e del relativo decreto avvenuta dopo la scadenza del termine perentorio all’uopo stabilito comporta l’inammissibilità dell’opposizione, rilevabile d’ufficio, dovendo i provvedimenti giurisdizionali adeguarsi agli schemi normativi che li prevedono.

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Cass. civ. n. 17452/2006

Anche nel vigore del testo dell’art. 618 c.p.c. anteriore alla novella di cui alla legge n. 52 del 2006, il giudice dell’esecuzione, investito dell’opposizione agli atti esecutivi, aveva il potere, oltre che di emettere i provvedimenti «opportuni» e quelli «indilazionabili» di cui ai primi due commi dello stesso art. 618 c.p.c. (attraverso i quali è differita l’adozione di un provvedimento che gli è stato richiesto, oppure l’attuazione di un provvedimento già adottato, o, ancora, l’inizio del termine entro il quale una delle parti deve compiere un determinato atto), anche il potere (ora formalmente previsto dal novellato secondo comma) di sospensione del processo esecutivo. Mentre in questo secondo caso il processo esecutivo restava e — nel vigore della norma novellata — resta assoggettato al regime delineato dagli artt. 626, 627, 630 e 298 c.p.c., ed in particolare la sua ripresa poteva e può avvenire soltanto con la riassunzione nel termine previsto, a pena di estinzione, viceversa nel primo caso la ripresa del processo non era e non è soggetta ad una riassunzione, bensì ad una mera istanza di parte o all’impulso d’ufficio, essendo quest’ultimo configurabile allorquando il provvedimento emesso a seguito dell’opposizione fosse stato o sia di differimento dell’adozione di un provvedimento di spettanza del giudice dell’esecuzione (nel qual caso la posizione delle parti degrada da onere a facoltà).

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Cass. civ. n. 14258/2004

Qualora una opposizione agli atti esecutivi si fondi sulla deduzione di nullità di un atto del procedimento esecutivo che, benchè effettivamente affetto da nullità, venga dal giudice ritenuto irrilevante in quanto non necessario nell’ambito del procedimento esecutivo in corso, la presenza del vizio è ininfluente ed inidonea a determinare l’accoglimento della opposizione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato non necessario il precetto — affetto da nullità per difetto di procura — per dare esecuzione alla ordinanza di sostituzione del custode emessa nel corso di una esecuzione immobiliare).

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Cass. civ. n. 13080/2004

Anche nel procedimento di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., in cui l’udienza di comparizione delle parti è finalizzata all’emanazione dei provvedimenti indilazionabili indicati nel secondo comma dell’art. 617 c.p.c., nell’ambito dell’udienza di prima comparizione non si provvede alla trattazione della causa ma, come per il rito ordinario, deve essere fissata una successiva, apposita udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c., la cui fissazione è posta a tutela del diritto di difesa delle parti ed ha natura tendenzialmente inderogabile.

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Cass. civ. n. 12793/2004

Nella esecuzione esattoriale, secondo la disciplina stabilita dal D.P.R. n. 602 del 1973, il decreto con il quale il giudice dell’esecuzione rigetta la domanda diretta a ottenere la decadenza dell’aggiudicatario per mancato versamento del prezzo nel termine di tre giorni dalla aggiudicazione ha natura ordinatoria, in quanto adottato su di una istanza volta a provocare da parte dello stesso giudice l’esercizio dei poteri che gli spettano e che sono ordinati a dirigere e far proseguire il processo e, pertanto, non avendo natura di sentenza resa su opposizione agli atti esecutivi, non è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111, Cost., ma può essere impugnato con l’opposizione agli atti esecutivi.

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Cass. civ. n. 7575/2004

I provvedimenti del giudice dell’esecuzione, emessi al di fuori di un procedimento di opposizione agli atti esecutivi, con i quali si dichiari la tardività delle contestazioni svolte dal debitore in ordine all’ammontare dei crediti fatti valere esecutivamente dal creditore non solo non hanno contenuto decisorio, ma sono radicalmente nulli, non essendo riconducibili alla tipologia del giudizio di opposizione agli atti esecutivi che, nel sistema delineato dal codice di rito, deve svolgersi con un procedimento contenzioso e concludersi con un provvedimento che deve presentare i caratteri della sentenza, non solo sotto il profilo formale, ma anche sotto quello strutturale, perchè emessa a conclusione di un procedimento introdotto e svoltosi con le forme del processo contenzioso ordinario.

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Cass. civ. n. 967/2003

La proposizione di un’opposizione agli atti esecutivi apre un procedimento che deve essere necessariamente svolto in forma contenziosa e deve altresì concludersi con sentenza, sicché l’interprete non può mai discostarsi dal modello così delineato, adottando forme ritenute più idonee e convenienti. Ne consegue che, in mancanza dei requisiti formali e sostenziali (quale il rispetto del principio del contraddittorio) richiesti per le sentenze (nonché, come nella specie, in caso di pronenienza da una giudice — quello dell’esecuzione — al quale la legge non conferisce il potere di emettere provvedimenti definitivi di chiusura del procedimento), il provvedimento adottato non può avere portata maggiore di quella propria dell’atto esecutivo, contro il quale non è esperibile, a pena di inammissibilità, il rimedio dell’immediato ricorso per cassazione.

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Cass. civ. n. 711/2003

In tema di opposizione agli atti esecutivi, qualora l’opponente non compaia all’udienza di comparizione fissata ex art. 618, primo comma, c.p.c., e applicabile l’art. 181, primo comma, c.p.c., e, conseguentemente, il giudice dell’esecuzione deve disporre la cancellazione della causa dal ruolo; pertanto, qualora in detta ipotesi il giudice dell’esecuzione erroneamente dichiari improcedibile il giudizio, il relativo provvedimento, ancorché adottato in forma di ordinanza, va considerato sentenza in senso sostanziale, contro la quale è ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge ai sensi dell’art. 111, Cost.

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Cass. civ. n. 568/2003

Quando contro una sentenza non impugnabile — come quella così definita dall’articolo 618 c.p.c. — è proposto appello, questo è inammissibile e il giudice deve dichiararlo d’ufficio; se peraltro il giudice di appello non definisce il giudizio in base al rilievo di tale questione pregiudiziale e ne esamina altre logicamente successive, che presuppongono l’ammissibilità dell’appello, sulla questione può formarsi il giudicato. Peraltro se la senteza di appello viene impugnata in ogni sua parte la Corte di cassazione deve accertare il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado dato che la proposizione di una impugnazione inammissibile non è idonea a impedire il passaggio in giudicato della senteza impugnata.

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Cass. civ. n. 17636/2002

In tema di esecuzione per il rilascio di cui agli artt. 605 ss. c.p.c., la decisione sull’opposizione agli atti esecutivi (che costituisce il rimedio accordato sia per far valere le irregolarità formali dell’atto di precetto sia per denunciare l’omissione o la nullità della comunicazione del preavviso di rilascio previsto dal primo comma dell’art. 608 c.p.c. — la cui funzione, in quanto atto estraneo all’esecuzione, è quella di consentire al debitore di assistere alle operazioni di rilascio per controllarne la regolarità formale, assicurare l’eventuale adempimento spontaneo dell’obbligazione e permettere all’ufficiale giudiziario di procedere all’immissione del creditore nel possesso, per cui la violazione della suddetta norma dell’art. 608 c.p.c. non può rimanere senza sanzione) — è impugnabile, ai sensi dell’art. 187 att. c.p.c., con il regolamento di competenza, oltre che con il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., ma non con l’appello, la cui inammissibilità può essere se del caso dichiarata anche dalla Suprema Corte di Cassazione, avvalendosi dei suoi poteri officiosi.

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Cass. civ. n. 8597/2001

In materia di esecuzione forzata, la decisione sulla opposizione relativa alla regolarità formale del titolo esecutivo e alla notificazione dello stesso e del precetto (nella specie, nullità del precetto per mancanza, nella copia notificata dell’atto, della sottoscrizione della procura conferita dall’esecutante ai suoi difensori), configurante l’ipotesi di cui all’art. 617 c.p.c., è impugnabile, ai sensi dell’art. 187 disp. att. c.p.c., con il regolamento di competenza, oltre che con il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., ma non con l’appello.

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Cass. civ. n. 12492/2000

È inammissibile il ricorso per cassazione avverso la parte dell’ordinanza di assegnazione delle cose nell’espropriazione presso terzi che costituisce esercizio negativo del potere di differire il processo esecutivo a norma dell’art. 618, primo comma, c.p.c., dovendo tali ragioni essere svolte con l’opposizione agli atti esecutivi. Infatti, se il giudice dell’esecuzione dà corso al processo esecutivo mancando, in presenza dell’istanza della parte, di esercitare il potere previsto dall’art. 618, primo comma, c.p.c., al provvedimento che egli adotta non si può prestare una portata maggiore di quella propria dell’atto esecutivo che segue al provvedimento con cui il giudice ha rifiutato di differire il corso del processo esecutivo.

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Cass. civ. n. 6968/1999

La sentenza pronunciata all’esito del giudizio di opposizione agli atti esecutivi (dovendosi qualificare come tale l’opposizione concernente la regolarità formale dei singoli atti di esecuzione) è inappellabile ai sensi dell’art. 618 c.p.c. e pertanto contro la stessa è ammissibile soltanto il ricorso per cassazione per violazione di legge ai sensi dell’art. 111 Cost.

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Cass. civ. n. 4953/1999

L’ultimo inciso dell’art. 618 c.p.c., a termini del quale le cause di opposizione agli atti esecutivi sono decise dal collegio con sentenza non impugnabile, deve, limitatamente alla previsione di collegialità della decisione, ritenersi implicitamente abrogato dall’art. 88 della legge 26 novembre 1990, n. 353 che, sostituendo l’art. 48 del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (sull’ordinamento giudiziario), ha demandato, nella materia civile, la decisione della generalità delle controversie al giudice istruttore e al giudice dell’esecuzione in funzione del giudice unico ed ha conservato la composizione collegiale dell’organo decidente con riguardo esclusivo ad alcune controversie, tassativamente elencate, tra le quali non sono comprese quelle di opposizione agli atti esecutivi.

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Cass. civ. n. 8928/1998

Nelle opposizioni agli atti esecutivi la presenza del debitore è richiesta anche per le irregolarità riguardanti la fase dell’aggiudicazione, perché in essa il debitore, il creditore procedente e creditori intervenuti hanno un comune interesse a che: a) il valore del bene sia correttamente determinato con i criteri indicati dall’art. 584 c.p.c.; b) l’efficacia delle offerte di acquisto sia stabilita secondo le indicazioni contenute nell’art. 571 dello stesso codice; c) il prezzo base dell’asta sia determinato come prescritto dal citato art. 584; d) il versamento del prezzo di aggiudicazione avvenga nei termini indicati dall’art. 585 del codice di rito.

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Cass. civ. n. 2848/1998

Poiché l’ambito di impugnazione in Cassazione della sentenza che decide l’opposizione agli atti esecutivi è definito dall’art. 111 Cost. per il ricorso straordinario, non sono ammissibili motivi che denunciano vizi per omessa o contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia.

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Cass. civ. n. 8765/1997

Il decreto con cui il giudice dell’esecuzione dichiari inaudita altera parte inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi, quand’anche ne rilevi la tardività, deve qualificarsi come provvedimento abnorme, sicché contro di esso deve ritenersi consentito il rimedio del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., ancorché il ricorso sia diretto a far valere non l’abnormità del provvedimento, ma la sua erroneità nel merito.

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Cass. civ. n. 7608/1997

I provvedimenti indilazionabili emessi ex art. 618 c.p.c. in relazione a proposte opposizioni agli atti esecutivi hanno natura incidentale e funzione ordinatoria, con la conseguenza che essi non sono impugnabili con autonomo ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., essendo invece modificabili e revocabili dallo stesso giudice che li ha emessi e, comunque, impugnabili in presenza dei necessari presupposti con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi. (Nella specie la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso l’ordinanza con la quale il pretore, in sede di opposizione ex art. 617 c.p.c. aveva disposto la riduzione della somma assegnata al creditore procedente con precedente provvedimento interinale in sede di esecuzione presso terzi).

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Cass. civ. n. 6665/1997

Il ricorso per cassazione, per violazione di legge, proposto avverso sentenze rese su opposizione agli atti esecutivi deve ritenersi ammissibile, ai sensi dell’art. 111 Cost., per effetto del disposto dell’art. 618 comma secondo e terzo c.p.c. (che riconosce a tali pronunce il carattere della non impugnabilità), ma il sindacato della Corte sarà esercitabile (oltre che per i motivi di cui ai numeri 1 e 4 dell’art. 360 c.p.c.) esclusivamente con riferimento alla ipotesi di mancanza (ovvero di intima contraddittorietà logica) della motivazione, nei limiti in cui vengano in questione accertamenti su fatti rilevanti ai fini dell’applicazione di norme di diritto sostanziale, così che possa dirsi sostanzialmente violata la norma sul contenuto della sentenza che impone al giudice di esporre anche i motivi in fatto della decisione.

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Cass. civ. n. 416/1996

In tema di opposizione a precetto, l’accertamento della regolarità della costituzione in giudizio della parte opposta è preliminare all’esame dell’ammissibilità dell’opposizione, giacché la declaratoria di contumacia della detta parte impedisce, in caso di rigetto dell’opposizione, la condanna dell’opponente alle spese.

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Cass. civ. n. 8451/1995

Qualora il ricorso in opposizione agli atti esecutivi con il pedissequo decreto che fissa l’udienza di comparizione non sia stato notificato nel termine perentorio fissato dal giudice ex art. 618 c.p.c. a tutti i legittimi contraddittori, il giudice non può dichiarare l’estinzione del procedimento, ma deve ordinare l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 102 c.p.c. in un termine perentorio da lui stabilito. (Nella specie, il ricorso con il quale si contestava la validità della vendita ed il decreto di fissazione dell’udienza di comparizione non erano stati notificati all’aggiudicatario).

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Cass. civ. n. 6072/1995

Il provvedimento risolutivo dell’opposizione agli atti esecutivi, ancorché adottato in forma di ordinanza invece che con quella della sentenza, come previsto dall’art. 618 comma secondo, c.p.c., qualora sia stato emesso nel contraddittorio delle parti svoltosi nel corso di regolare istruzione davanti al giudice dell’esecuzione ed abbia risolto in maniera definitiva la relativa controversia, dichiarando inammissibile l’opposizione, va considerato sentenza in senso sostanziale, contro la quale è ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge ai sensi dell’art. 111 Cost.

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Cass. civ. n. 10417/1994

La sentenza che decide sulla opposizione agli atti esecutivi dopo avere rigettato l’eccezione di estinzione del processo per inattività delle parti è impugnabile con l’appello per il capo relativo a questa eccezione, ai sensi degli artt. 630, 631 c.p.c. e 130 att. c.p.c., e non con il ricorso per cassazione, che è, invece, direttamente proponibile, ai sensi dell’art. 111 Cost., contro i capi della sentenza che si riferiscono alla opposizione.

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Cass. civ. n. 9696/1994

L’identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale deve essere fatta in base al principio dell’«apparenza», cioè con riferimento esclusivo alla qualificazione dell’azione data dal giudice nel provvedimento stesso, indipendentemente dalla sua esattezza e dalla qualificazione fornita dall’attore o dalla parte impugnante. Conseguentemente è ammissibile il ricorso per cassazione contro la sentenza con cui il giudice dell’esecuzione abbia qualificato un’opposizione non come opposizione all’esecuzione, ma come opposizione agli atti esecutivi, ancorché il ricorrente basi la sua opposizione sulla contestazione della qualificazione compiuta nella sentenza impugnata. (Nella specie da tale qualificazione derivava l’inammissibilità, per tardività, dell’opposizione stessa; la Suprema Corte, verificata l’esattezza della qualificazione compiuta dal giudice di merito, ha rigettato il ricorso).
La sentenza del giudice dell’esecuzione in materia di opposizione agli atti esecutivi, definita non impugnabile dall’art. 618, comma 2, c.p.c., è ricorribile in cassazione non ai sensi dell’art. 360 c.p.c., ma, solo per violazione di legge, in base all’art. 111 della Costituzione e, conseguentemente, il vizio di motivazione assume rilievo solo sotto il profilo della mancanza assoluta di motivazione (la quale costituisce elemento della sentenza in base all’art. 132 c.p.c.).

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Cass. civ. n. 8523/1993

Il decreto con cui il giudice della esecuzione, in calce al ricorso proposto per l’opposizione agli atti esecutivi, dichiari «non luogo a provvedere», va ritenuto abnorme, non essendo riconducibile alla tipologia degli atti del giudizio di opposizione agli atti esecutivi che, nel sistema delineato dal titolo quinto del libro terzo del codice di rito, deve svolgersi con un procedimento contenzioso e concludersi con un provvedimento che deve presentare i caratteri della sentenza non solo sotto il profilo formale (art. 132 c.p.c.) ma anche sotto quello strumentale, perché emessa a conclusione di un procedimento introdotto e svoltosi con le forme del processo contenzioso ordinario.

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Cass. civ. n. 6934/1993

Poiché la proposizione di opposizione agli atti esecutivi, che comporta l’instaurazione del processo di cognizione di cui agli artt. 617 e ss. c.p.c., richiede la decisione con sentenza, deve ritenersi nulla l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione abbia respinto un ricorso per opposizione agli atti esecutivi senza istruttoria e senza le garanzie processuali del procedimento di opposizione.

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Cass. civ. n. 4278/1991

Il provvedimento indilazionabile che il giudice dell’esecuzione in sede di opposizione agli atti esecutivi può emettere in base all’art. 618, secondo comma, c.p.c. può assumere il contenuto di un ordine di sospensione del processo esecutivo, determinandosi in tal caso una situazione analoga, in ordine agli effetti ed alla durata degli stessi, a quella prodotta dall’ordinanza di sospensione di cui all’art. 624 c.p.c., con conseguente applicabilità, quanto alla prosecuzione del processo, dell’art. 627 c.p.c. e, all’incidenza e durata dell’effetto sospensivo, dell’art. 298, secondo comma, c.p.c.

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Cass. civ. n. 2685/1991

La sentenza con la quale il tribunale rigetti l’opposizione agli atti esecutivi proposta contro il provvedimento del giudice dell’esecuzione, di rigetto dell’istanza di conversione del pignoramento proposta dal debitore esecutato, che sia già decaduto dal pregresso beneficio accordatogli, è impugnabile con appello non con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost.

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Cass. civ. n. 4472/1984

Il termine stabilito dal giudice dell’esecuzione per la notifica del ricorso, proposto ai sensi dell’art. 617 c.p.c., e del decreto di comparizione delle parti, essendo espressamente dichiarato perentorio dall’art. 618 c.p.c., non è prorogabile e la sua inosservanza comporta — senza possibilità di sanatoria per la costituzione della controparte — l’inammissibilità dell’opposizione, rilevabile d’ufficio, anche se la suddetta perentorietà non è enunciata nel decreto stesso, dovendo i provvedimenti giurisdizionali adeguarsi agli schemi normativi che li prevedono.

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Cass. civ. n. 4107/1980

Il provvedimento con cui il presidente del tribunale dichiara «non luogo a procedere» in ordine ad un ricorso per opposizione agli atti esecutivi diretto al giudice dell’esecuzione, con la considerazione della necessità di un previo normale processo di cognizione, costituisce un provvedimento anomalo, in violazione dell’art. 618 c.p.c. e del rito dell’opposizione agli atti esecutivi, sia sotto il profilo soggettivo, in quanto non pronunciato dal giudice dell’esecuzione, sia sotto il profilo oggettivo, per la mancata osservanza della procedura prevista dalla disposizione suddetta.

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Cass. civ. n. 2643/1978

Il giudice dell’esecuzione immobiliare al quale venga rivolta istanza di revoca di una sua precedente ordinanza, con la quale aveva disatteso taluni rilievi mossi contro il progetto di distribuzione della somma ricavata dalla vendita dell’immobile pignorato, non può rigettare con ordinanza l’istanza stessa, dopo averla qualificata come opposizione agli atti esecutivi, senza istruire la causa e poi rimetterla per la decisione al collegio, seguendo la procedura prevista dall’art. 618 c.p.c.

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Cass. civ. n. 4578/1976

Il provvedimento, con il quale il giudice dell’esecuzione immobiliare statuisce definitivamente sulla spettanza di somme acquisite nel corso della procedura, è un atto esecutivo decisorio. Pertanto, il ricorso con cui la parte interessata chieda la rimozione di detto provvedimento, perché illegittimo, comporta la necessità di instaurare il procedimento di cognizione previsto dagli artt. 617 e ss. c.p.c., e di decidere il ricorso medesimo con sentenza. Ove a ciò non si provveda, in quanto il ricorso venga erroneamente qualificato come «reclamo» avverso provvedimento ordinatorio e deciso con ordinanza del collegio, va affermata la nullità della relativa statuizione, siccome emessa senza alcuna attività istruttoria e senza le garanzie processuali del procedimento di opposizione agli atti esecutivi. Tale nullità, attesa l’indicata natura e definitiva della decisione, può essere fatta valere con ricorso per cassazione, a norma dell’art. 111 della Costituzione.

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