Art. 593 – Codice di procedura penale – Casi di appello
1.Salvo quanto previsto dagli articoli 443, comma 3, 448, comma 2, 579 e 680, l’imputato può appellare contro le sentenze di condanna mentre il pubblico ministero può appellare contro le medesime sentenze solo quando modificano il titolo del reato o escludono la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato.
2. Il pubblico ministero può appellare contro le sentenze di proscioglimento. L’imputato può appellare contro le sentenze di proscioglimento emesse al termine del dibattimento, salvo che si tratti di sentenze di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso.
3. Sono in ogni caso inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell’ammenda o la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, nonché le sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 7042/2021
È inappellabile da parte del pubblico ministero, ma ricorribile per cassazione - a condizione che sia dedotto uno dei vizi previsti dall'art. 606 cod. proc. pen. - la sentenza di condanna alla pena dell'ammenda anche a seguito di differente qualificazione giuridica del fatto disposta dal giudice di primo grado. (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE L'AQUILA, 24/06/2019).
Cass. civ. n. 10764/2021
E' manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 593, comma 3, cod. proc. pen., per violazione degli artt. 3, in riferimento all'art. 131-bis cod. pen., 24 e 111 Cost. e 6 CEDU, nella parte in cui esclude l'appellabilità delle condanne alla sola pena dell'ammenda a seguito dell'entrata in vigore dell'istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, posto che nessuna delle disposizioni costituzionali o della CEDU richiamate impone al legislatore di prevedere un giudizio di appello avverso le decisioni, di condanna o di proscioglimento, emesse dal giudice di primo grado. (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE FOGGIA, 04/04/2019).
Cass. civ. n. 18154/2021
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 593, comma 3, cod. proc. pen. per violazione degli artt. 3, 24, 111 Cost. e 6 CEDU, nella parte in cui esclude l'appellabilità della sentenza di condanna alla sola pena dell'ammenda, mentre invece sarebbe possibile appellare la sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen., in quanto anche quest'ultima sentenza, ove pronunciata per reati per i quali avrebbe potuto essere inflitta, in concreto, tale sanzione, non è appellabile, sicché non sono configurabili nè la prospettata disparità di trattamento, né la violazione degli ulteriori parametri costituzionali indicati. (Rigetta, TRIBUNALE FOGGIA, 20/07/2020).
Cass. civ. n. 13808/2020
Nel caso di ricorso per cassazione proposto dal procuratore generale presso la corte d'appello che, ai sensi dell'art. 593-bis, comma 2, cod. proc. pen., non abbia legittimazione ad impugnare la sentenza, non ricorre l'ipotesi di ricorso immediato per cassazione (cd. "per saltum") essendo l'impugnazione l'unico rimedio "soggettivamente" esperibile, sicché, in caso di annullamento della sentenza da parte della Corte di cassazione, il rinvio va disposto non al giudice competente per l'appello, come previsto dall'art. 569, comma 4, cod. proc. pen., ma al giudice che ha emesso la sentenza impugnata. (Fattispecie in cui il procuratore generale aveva impugnato la sentenza di condanna di primo grado censurando l'illegalità della pena irrogata). (Annulla con rinvio, TRIBUNALE BRESCIA, 17/05/2018).
Cass. civ. n. 19412/2019
Il mezzo di impugnazione proponibile dall'imputato avverso la sentenza di condanna di primo grado che, previa riqualificazione del reato a lui ascritto, gli abbia irrogato la sola pena dell'ammenda, è l'appello e non il ricorso per cassazione qualora, a seguito di "simultaneus processus", con la medesima pronuncia impugnata sia stata inflitta, seppure per diverso titolo di reato, la pena detentiva nei confronti dei coimputati appellanti, onde la corte di appello non può dichiarare inammissibile l'impugnazione o convertire la medesima in ricorso per cassazione, ma, in virtù del principio espresso dall'art. 580 cod. proc. pen., deve decidere sulla stessa unitamente a quella proposta dai coimputati. (Qualifica appello il ricorso, TRIBUNALE TORRE ANNUNZIATA, 09/07/2015).
Cass. civ. n. 22170/2019
In tema di giudizio di appello instaurato dalla parte civile a seguito di sentenza di proscioglimento emessa in primo grado, il giudice non può pronunciare una declaratoria di nullità in applicazione analogica dell'art. 604 cod. proc. pen. per diversità del fatto e trasmettere gli atti al pubblico ministero perché proceda per il differente reato, atteso che l'oggetto del giudizio incardinato ex art. 576 cod. proc. pen. è la sola eventuale responsabilità civile dell'imputato, mentre del tutto estranea è ogni statuizione relativa all'azione penale, sulla quale si è definitivamente formato il giudicato per assenza di appello del pubblico ministero (Annulla senza rinvio, CORTE APPELLO VENEZIA, 13/07/2017).
Cass. civ. n. 43699/2019
In tema di impugnazioni, la previsione dell'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento relative a contravvenzioni punite con la sola pena dell'ammenda o con pena alternativa, di cui all'art. 593, comma 3, cod. proc. pen., nel testo novellato dall'art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, è applicabile, in assenza di una disciplina intertemporale, alle sole sentenze emesse successivamente all'entrata in vigore della novella medesima (Annulla con rinvio, CORTE APPELLO TRIESTE, 09/07/2018).
Cass. civ. n. 43644/2019
È ammissibile l'appello della parte civile avverso la sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto relativa a un reato già prescritto al momento della pronuncia, essendo in tal caso l'oggetto del giudizio costituito dall'accertamento della condotta illecita ai soli effetti della responsabilità civile e dall'eliminazione degli effetti preclusivi del giudicato di insussistenza del fatto, con possibilità di condanna al risarcimento dei danni, in quanto l'art. 576 cod. proc. pen. conferisce al giudice dell'impugnazione il potere di decidere sul capo della sentenza anche in mancanza di una precedente statuizione sul punto. (Annulla senza rinvio, CORTE APPELLO SALERNO, 09/11/2018).
Cass. civ. n. 46696/2019
L'appello del pubblico ministero avverso sentenza di assoluzione emessa a seguito di rito abbreviato con il quale si chiede una differente qualificazione giuridica del reato contestato è ammissibile e non comporta alcuna violazione del diritto di difesa per l'imputato, potendo quest'ultimo esercitare il proprio diritto di interlocuzione sulla nuova qualificazione in fase di appello. (Fattispecie in cui l'imputato era stato assolto dall'accusa originaria di tentato omicidio ed il pubblico ministero aveva richiesto con l'atto di appello di qualificare il fatto come tentata estorsione). (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO BRESCIA, 26/02/2016).
Cass. civ. n. 673/2019
La sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, resa in udienza pubblica dopo il controllo della costituzione delle parti e prima dell'apertura del dibattimento, non è qualificabile come sentenza predibattimentale ed è, pertanto, appellabile dal pubblico ministero nonchè, ove ricorrano le condizioni di cui all'art. 593 cod. proc. pen., anche dall'imputato; pertanto, in caso di appellabilità della sentenza, il ricorso immediato in cassazione per violazione di legge costituisce ricorso "per saltum", con la conseguenza che, se il suo accoglimento comporta l'annullamento con rinvio, il giudice di rinvio è individuato in quello che sarebbe stato competente per l'appello. (Annulla con rinvio, TRIBUNALE REGGIO CALABRIA, 25/01/2012).
Cass. civ. n. 3165/2019
Nel caso di ricorso per cassazione proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello avverso sentenza astrattamente appellabile, ma per la quale, ai sensi dell'art. 593-bis, comma 2, cod. pen., non sussistono le condizioni legittimanti il diritto da parte dello stesso a proporre appello (avocazione o acquiescenza al provvedimento da parte del procuratore della Repubblica), ricorre l'ipotesi di ricorso immediato per cassazione (ovvero "per saltum"), con conseguente operatività, in caso di accoglimento dell'impugnazione, del meccanismo di rinvio al giudice competente in grado di appello ex art. 569, comma 4, cod. proc. pen. (In motivazione la Corte ha sottolineato che la mancanza delle suddette condizioni legittimanti non incide sull'ontologica esistenza del diritto ad impugnare in capo al Procuratore generale, ma esclusivamente sulla possibilità del suo concreto esercizio). (Annulla in parte con rinvio, TRIBUNALE TRAPANI, 19/12/2018).
Cass. civ. n. 1873/2018
È affetta da vizio di motivazione per mancato rispetto del canone di giudizio "al di là di ogni ragionevole dubbio"la sentenza di appello che, in riforma di una sentenza assolutoria, affermi la responsabilità dell'imputato, operando una diversa valutazione del riconoscimento dello stesso - ritenuto decisivo - effettuato dalla persona offesa senza le formalità di cui all'art. 213 cod. proc. pen., durante le indagini preliminari e confermato nel corso dell'esame dibattimentale, senza disporre la rinnovazione dell'esame a norma dell'art. 603, comma 3, cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 924/2018
Nel caso di sentenza relativa a più capi di imputazione, nella quale sia pronunciata condanna alla sola pena dell'ammenda per alcuni di essi e il proscioglimento per altri capi (nella specie, relativi a contravvenzione punita con l'arresto), è esperibile da parte del pubblico ministero, che intenda impugnare entrambe le statuizioni, il rimedio dell'appello, non trovando applicazione la previsione di cui all'art. 593, comma 3, cod. proc. pen. che opera unicamente nell'ipotesi in cui il pubblico ministero si limiti ad impugnare la statuizione di condanna alla pena dell'ammenda. (In applicazione del principio, la Corte ha riqualificato come appello e trasmesso alla Corte competente il ricorso immediato per cassazione proposto dal pubblico ministero). (Qualifica appello il ricorso, TRIBUNALE ASTI, 29/05/2018).
Cass. civ. n. 53355/2018
Non è appellabile, ma solo ricorribile per cassazione per violazione di legge, ai sensi dell'art. 111 Cost., la sentenza con cui venga irrogata la sola pena pecuniaria dell'ammenda per una contravvenzione per la quale è prevista alternativamente la pena detentiva o pecuniaria. (Fattispecie in tema di raccolta e trasporto di rifiuti urbani senza iscrizione nell'apposito albo). (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE ASTI, 18/05/2017).
Cass. civ. n. 11955/2017
È ammissibile l'atto di appello che si sostanzi nella formulazione di una questione di legittimità costituzionale della disposizione applicata dal giudice di primo grado, sempre che sussista la rilevanza della questione per il caso in esame, in quanto essa comporta comunque una censura di violazione di legge riferita alla sentenza impugnata, pienamente deducibile con l'atto di appello attesa la natura piena di "revisio prioris istantiae" propria di detta specifica impugnazione.
Cass. civ. n. 43794/2015
È impugnabile mediante appello il rigetto della richiesta di applicazione della misura patrimoniale della confisca non preceduta da sequestro. (In motivazione, la Corte ha sottolineato, in particolare, che l'appellabilità del provvedimento in questione deve ritenersi discendere, per ragioni di coerenza sistematica, dall'art. 27 del D.Lgs. n. 159 del 2011 laddove questo contempla l'esperibilità di tale mezzo di impugnazione in caso di "revoca del sequestro").
Cass. civ. n. 18654/2013
È inappellabile la sentenza di condanna alla sola pena pecuniaria, anche se erroneamente inflitta. (Fattispecie relativa a condanna erroneamente inflitta alla sola pena pecuniaria per il reato di cui all'art. 186 c.d.s.).
Cass. civ. n. 40968/2008
Nella nozione di «sentenza di proscioglimento » di cui all'art. 10, comma secondo, della L. 20 febbraio 2006, n. 46, non rientra la sentenza di non luogo a procedere pronunciata all'esito dell'udienza preliminare, la quale, pertanto, non è soggetta alla disciplina prevista da tale disposizione. (V. Corte cost. n. 26 del 2007 ; Corte cost., ord. n. 4 del 2008).
Cass. civ. n. 21310/2007
La disciplina transitoria della legge n. 46 del 2006, che ha novellato il codice di rito in tema di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, nel prevedere — all'art. 10, comma 2 — che l'appello contro le sentenze di proscioglimento già proposto deve essere dichiarato inammissibile, fa riferimento anche alle sentenze di non luogo a procedere emesse all'esito dell'udienza preliminare, dovendosi ritenere, in assenza di una plausibile ragione di diversità di disciplina, che sia stata accolta una nozione ampia dell'espressione «sentenze di proscioglimento». (Mass. redaz.).
Cass. civ. n. 8081/2007
La n. 26 del 6 febbraio 2007 della Corte Costituzionale — con la quale è stata dichiarata l'illegittimità dell'art. 1 L. n. 46 del 2006, nella parte in cui, sostituendo l'art. 593 c.p.p., escludeva che il pubblico ministero potesse appellare contro le sentenze di proscioglimento, e dell'art. 10, comma secondo, stessa legge, nella parte in cui prevedeva l'inammissibilità dell'appello proposto dal pubblico ministero prima della entrata in vigore della legge — ha effetto retroattivo sulle impugnazioni pendenti contro le sentenze pronunciate all'esito del giudizio di primo grado e fa rivivere l'originario atto di appello proposto dal pubblico ministero. Ne consegue che la Corte di cassazione, investita del ricorso del pubblico ministero dopo l'ordinanza d'inammissibilità dell'appello, deve annullare senza rinvio la medesima ordinanza e trasmettere gli atti alla Corte di appello per il giudizio.
Cass. civ. n. 39741/2006
In caso di riforma in appello, su impugnazione del P.M., di una sentenza di assoluzione, l'annullamento della sentenza di condanna solo sul punto della mancata concessione della sospensione condizionale della pena, determina il rinvio al giudice di appello in conformità con la disposizione transitoria di cui all'art. 10, comma 4, legge 20 febbraio 2006, n. 46 secondo cui il divieto della restituzione al giudice di appello opera solo qualora l'annullamento investa punti diversi dalla pena o dalla misura di sicurezza.
Cass. civ. n. 23776/2006
Nell'ambito della recente novella introdotta con la L. n. 46 del 2006, che ha reso inappellabili le sentenze di proscioglimento, la disciplina transitoria della citata legge, che impone la dichiarazione di inammissibilità dell'appello nel caso di annullamento nel giudizio di cassazione, su punti diversi dalla pena o dalla misura di sicurezza, di una sentenza di condanna che in appello abbia riformato una sentenza di assoluzione, preclude l'annullamento con rinvio ed obbliga all'annullamento senza rinvio, con contestuale declaratoria di inammissibilità dell'appello e conseguente notifica della sentenza di annullamento al pubblico ministero competente, affinché valuti l'eventualità di proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado.
Cass. civ. n. 23571/2006
La disciplina transitoria prevista dall'art. 10, comma quarto, L. 20 febbraio 2006 n. 46, secondo cui l'inammissibilità dell'appello del P.M. contro una sentenza di assoluzione opera anche nel caso in cui venga annullata una sentenza di condanna che abbia riformato una sentenza di assoluzione, non è affetta da illegittimità costituzionale rispetto agli artt. 3 e 111 Cost. nella parte in cui non è applicabile ai processi pendenti davanti alla Corte di Cassazione, in quanto la deroga al principio tempus regit actum contenuta in tale regime transitorio trova una sua giustificazione solo per quelle situazioni che regrediscono alla fase dell'impugnazione in conseguenza di un annullamento con rinvio, ma non è applicabile al caso in cui la fase dell'impugnazione del P.M. si è già consumata e la conseguente decisione di condanna pronunciata dal giudice di appello deve essere confermata.
Cass. civ. n. 23525/2006
Nell'ambito della recente novella introdotta con la L. n. 46 del 2006, che ha reso inappellabili le sentenze di proscioglimento, la disciplina transitoria della citata legge, che impone la dichiarazione di inammissibilità dell'appello nel caso di annullamento nel giudizio di cassazione, su punti diversi dalla pena o dalla misura di sicurezza, di una sentenza di condanna che in appello abbia riformato una sentenza di assoluzione, comporta l'annullamento senza rinvio quale che sia il motivo di annullamento, e quindi ancorché la sentenza sia affetta da vizi di motivazione, con la contestuale dichiarazione di inammissibilità dell'appello e conseguente notifica della sentenza di annullamento al pubblico ministero competente ai fini di quanto previsto dall'art. 10, comma terzo, L. n. 46 del 2006.
Cass. civ. n. 22924/2006
La novella dell'art. 593 c.p.p. ad opera della legge n. 46 del 2006, con la previsione della inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, non ha fatto venire meno in capo alla parte civile il potere di appello, ai soli effetti della responsabilità civile, delle sentenze di proscioglimento, secondo quanto previsto dall'art. 576 c.p.p.
Cass. civ. n. 18018/2006
Alla luce della novella introdotta con la L. n. 46 del 2006 che ha reso inappellabili le sentenze di proscioglimento, la disciplina transitoria della citata legge, che impone la dichiarazione d'inammissibilità dell'appello nel caso di annullamento nel giudizio di cassazione, su punti diversi dalla pena o dalla misura di sicurezza, di una sentenza di condanna che in appello abbia riformato una sentenza di assoluzione, trova applicazione anche nell'ipotesi di annullamento senza rinvio, per estinzione del reato per prescrizione, della sentenza di condanna in appello, in ragione della prevalenza del principio del favor rei, che induce a preferire il proscioglimento nel merito della sentenza di primo grado alla pronuncia applicativa della causa di estinzione del reato.
Cass. civ. n. 18014/2006
La disciplina transitoria della legge n. 46 del 2006 in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, anche emesse in esito al giudizio abbreviato, che impone la dichiarazione d'inammissibilità dell'appello nel caso di annullamento nel giudizio di cassazione, su punti diversi dalla pena o dalla misura di sicurezza, di una sentenza di condanna che in appello abbia riformato una sentenza di assoluzione, trova applicazione, in base al principio dell'eadem ratio, nel caso non disciplinato dell'annullamento della sentenza di assoluzione resa su appello della sentenza di assoluzione di primo grado.
Cass. civ. n. 36084/2005
In tema di conversione del ricorso per cassazione in appello, il presupposto della conversione è costituito dalla pertinenza dei due mezzi di impugnazione alla «stessa sentenza», da intendersi come unica statuizione del giudice, della stessa natura e sul medesimo oggetto, rispetto alla quale si profili l'eventualità di decisioni incompatibili per il caso di celebrazione dei diversi giudizi di impugnazione. Non è pertanto applicabile la conversione quando ricorso ed appello siano proposti con riferimento ad una decisione unitaria solo dal punto di vista grafico, e perà riguardanti imputati diversi, per taluno dei quali sia stata applicata la pena, in esito al dibattimento e sul presupposto del carattere ingiustificato del dissenso del P.M. o del provvedimento di rigetto della richiesta, mentre per altri sia stata pronunciata condanna.
Cass. civ. n. 33751/2005
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 593 c.p.p., nella parte in cui consente l'impugnazione del pubblico ministero avverso la sentenza di assoluzione dell'imputato di primo grado, sollevata in relazione agli artt. 24, comma 2, e 111, comma 4, della Costituzione. (Mass. redaz.).
Cass. civ. n. 33748/2005
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 570 c.p.p. (rectius art. 593 comma primo), prospettata in riferimento agli artt. 24 comma secondo e 111 Cost., nella parte in cui non prevede che il P.M. non possa proporre appello avverso la sentenza assolutoria di primo grado. Infatti, le garanzie assicurate dalle norme costituzionali, con specifico riguardo ai profili della formazione della prova nel contraddittorio fra le parti e dell'obbligo di valutazione della stessa nel rispetto dei canoni di legalità e razionalità, sono riconosciute ed attuate nel giudizio di impugnazione introdotto dal gravame del P.M. (In motivazione la Corte ha sottolineato che, in virtú del carattere ampiamente devolutivo del giudizio di appello instaurato sull'impugnazione del P.M., l'imputato ha il diritto di riproporre ogni questione sostanziale o processuale già posta e disattesa in primo grado, nonchè di chiedere con memorie o istanze l'acquisizione di altre e diverse prove favorevoli e decisive, pretermesse dal primo giudice, con la conseguenza che il giudice di appello ha l'obbligo di argomentare al riguardo e, in caso di omissione, l'imputato può dedurre con ricorso per cassazione la relativa mancanza di motivazione. La Corte ha infine precisato che il giudice di appello che riformi totalmente la sentenza di primo grado, sostituendo alla pronuncia di assoluzione quella di condanna dell'imputato, è tenuto a dimostrare in modo rigoroso l'incompletezza o l'incoerenza della prima).