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Art. 28 — Casi di conflitto

Art. 28 — Casi di conflitto

1. Vi è conflitto quando in qualsiasi stato e grado del processo:

  1. a] uno o più giudici ordinari e uno o più giudici speciali contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona;
  2. b] due o più giudici ordinari contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona.

2. Le norme sui conflitti si applicano anche nei casi analoghi a quelli previsti dal comma 1. Tuttavia, qualora il contrasto sia tra giudice dell’udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la decisione di quest’ultimo [ 23 ].

3. Nel corso delle indagini preliminari, non può essere proposto conflitto positivo fondato su ragioni di competenza per territorio determinata dalla connessione [ 16 c.p.p.].

  1. a] uno o più giudici ordinari e uno o più giudici speciali contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona;
  2. b] due o più giudici ordinari contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona.
L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 44631/2018

È ammissibile il conflitto negativo di competenza tra tribunale in composizione monocratica e tribunale in composizione collegiale, in quanto anche in tale ipotesi, per effetto di due decisioni contrastanti, si realizza una situazione di stasi processuale riconducibile a uno dei casi “analoghi” previsti dall’art. 28, comma 2, cod. proc. pen., la cui risoluzione è rimessa alla Corte di Cassazione.

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Cass. pen. n. 39605/2018

La Corte di cassazione, investita del conflitto di competenza sollevato, nel corso delle indagini preliminari, dal giudice per le indagini preliminari destinatario di una richiesta cautelare, deve dare avviso dell’udienza, ex art. 127, comma 1, cod. proc. pen., al solo Procuratore generale, nel caso in cui l’autorità che ha sollevato il conflitto abbia proceduto all’oscuramento dei dati personali dell’indagato. [In motivazione la Corte ha precisato che l’indagato non subisce alcun pregiudizio dalla mancata partecipazione all’incidente regolatorio, essendo assicurato il pieno contraddittorio sulla competenza sia nel prosieguo della fase d’indagini, mediante la possibilità di proporre istanza di riesame avverso l’eventuale provvedimento applicativo di misura cautelare, sia nel giudizio a cognizione piena che dovesse seguire].

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Cass. pen. n. 12929/2018

Non è abnorme – a prescindere dalla fondatezza nel merito – il provvedimento del giudice del dibattimento che dichiari, “in limine litis”, la nullità del decreto di rinvio a giudizio, ritenendo ravvisabile una delle cause che, per legge, possono dar luogo a detta nullità, né detto provvedimento, quand’anche il giudice dell’udienza preliminare ritenga la nullità insussistente, è suscettibile di dar luogo ad un conflitto proprio ex art. 28, comma 1, cod. proc. pen., in quanto trova applicazione il comma 2 del medesimo articolo, secondo il quale, nei “casi analoghi”, in caso di contrasto fra giudice dell’udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la decisione di quest’ultimo.

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Cass. pen. n. 7955/2018

Sulla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova ex art. 464-bis cod. proc. pen., avanzata in sede di opposizione a decreto penale di condanna, competente a decidere è il giudice per le indagini preliminari e non il giudice del dibattimento.

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Cass. pen. n. 18621/2017

In sede di risoluzione del conflitto di giurisdizione, la Corte di cassazione, accertata la sussistenza della “medesimezza” del fatto sulla base della piena conoscenza degli atti e delle vicende processuali pendenti innanzi ai giudici in conflitto, è chiamata anche a valutare, discrezionalmente e in piena autonomia, se la qualificazione giuridica del fatto storico [nelle sue componenti di condotta, evento e nesso causale] attribuita dall’uno o dall’altro giudice sia corretta, procedendo – in caso contrario – a delineare essa stessa l’esatta definizione da attribuirgli, con la conseguente designazione dell’organo giudiziario chiamato a giudicare sullo stesso. [Nella fattispecie, la S.C. ha riconosciuto la medesimezza del fatto commesso dall’imputato per il quale era stato condannato in primo grado, rispettivamente, dal giudice ordinario per il reato di cui agli artt. 266 e 336 cod. pen., e dal giudice militare per il reato di cui all’art. 146 cod. pen. mil. pace, risolvendo il conflitto insorto a favore del giudice ordinario in base al disposto dell’art. 13, comma secondo, cod. proc. pen., in ragione della oggettiva maggiore gravità dell’ulteriore reato di cui all’art. 266 cod. pen. contestato dal giudice ordinario, ritenuto astrattamente configurabile nella condotta tenuta dall’imputato].

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Cass. pen. n. 2230/2017

In tema di audizione nel procedimento camerale del detenuto o internato in luogo fuori dalla circoscrizione del giudice, quando procede la corte di appello quale giudice dell’esecuzione la circoscrizione coincide con il territorio circondariale del tribunale del luogo dove la corte ha sede. [In applicazione del principio, la S.C. ha risolto il conflitto negativo di competenza tra corte di appello e magistrato di sorveglianza dichiarando che quest’ultimo fosse competente ad assumere le dichiarazioni dell’interessato detenuto in località ricadente nel distretto della corte di appello ma fuori dalla circoscrizione del tribunale capoluogo del distretto medesimo].

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Cass. pen. n. 41715/2015

Il conflitto negativo di competenza presuppone l’identità ontologica del fatto in ordine al quale si procede, con la conseguenza che qualsiasi apprezzabile differenza degli elementi costitutivi delle fattispecie dedotte nei due distinti procedimenti impedisce che possa ipotizzarsi un conflitto ai sensi dell’art. 28 cod. proc. pen. [In applicazione del principio, la Corte ha dichiarato insussistente il conflitto in fattispecie in cui il Tribunale si era dichiarato incompetente per materia in favore del Giudice di pace in ordine al reato di lesioni personali giudicate guaribili in giorni venti, e quest’ultima autorità giudiziaria, a sua volta, avendo rilevato che le lesioni personali cagionate alla vittima erano in realtà con prognosi di giorni novanta, aveva rinviato gli atti al Tribunale].

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Cass. pen. n. 32821/2014

È abnorme, per la sua attitudine a determinare una indebita regressione del procedimento, il provvedimento con cui il tribunale, investito del giudizio in ordine ad un reato rientrante tra quelli di cui all’art. 51, comma 3-bis, cod.proc.pen., declini la propria competenza e trasmetta gli atti, anzichè direttamente all’autorità giudiziaria ritenuta competente, al G.u.p. distrettuale per l’individuazione del giudice del dibattimento territorialmente competente.

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Cass. pen. n. 18796/2014

È inammissibile il conflitto di competenza sollevato dal Giudice per le indagini preliminari nei confronti del Tribunale del riesame che, investito della richiesta di revoca del sequestro preventivo, nel confermare la misura cautelare reale, abbia modificato le modalità esecutive della stessa, pur se esercitando un potere non di sua spettanza. [Nell’affermare il principio, la Corte ha precisato che l’ordinanza del Tribunale del riesame emessa ex art. 324 c.p.p. è ricorribile per cassazione, a cura della parte interessata, anche al fine di denunciare la ritenuta incompetenza dello stesso tribunale in sede incidentale].

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Cass. pen. n. 9605/2014

Il conflitto di competenza è configurabile solo tra organi giurisdizionali e, pertanto, una situazione di conflittualità tra il pubblico ministero, che è una parte anche se pubblica del processo e il giudice, non è inquadrabile neppure sotto il profilo dei “casi analoghi” previsti dall’art. 28 cod. proc. pen. [Fattispecie in cui, per l’inammissibilità del conflitto, la Corte ha trasmesso gli atti per la liquidazione degli onorari professionali al P.M. che aveva nominato il consulente tecnico e non al giudice procedente].

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Cass. pen. n. 5734/2014

Sussiste il conflitto improprio di competenza – rientrante nella previsione del “caso analogo” di cui all’art. 28, comma secondo, cod. proc. pen. – quando due giudici della esecuzione ricusano, contemporaneamente, di provvedere sulla medesima richiesta di condono e la cognizione del procedimento spetta al giudice che ebbe a deliberare la sentenza divenuta irrevocabile per ultima alla data della presentazione della richiesta di condono, essendo irrilevante la sopravvenienza, nelle more di ulteriori condanne irrevocabili.

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Cass. pen. n. 27677/2013

Il conflitto positivo di competenza presuppone l’identità ontologica del fatto in ordine al quale si procede in distinte sedi giudiziarie, anche con qualificazioni giuridiche diverse ed è, quindi, escluso ove tra le fattispecie criminose sussista un rapporto di compatibilità che renda possibile un concorso, formale o materiale, tra i reati. [Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto insussistente il conflitto in relazione alla pendenza, presso sedi giudiziarie diverse,di procedimenti relativi al delitto di riciclaggio ed a quello di intestazione fittizia di denaro].

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Cass. pen. n. 22710/2013

Costituisce caso analogo di conflitto, a norma del secondo comma dell’art. 28 cod. proc. pen., il contrasto che insorge tra il Tribunale in composizione monocratica che ha dichiarato la nullità del decreto penale di condanna e disposto la restituzione degli atti al P.M. ed il G.I.P. ulteriormente investito dall’ufficio requirente per emettere un nuovo decreto penale di condanna. [In applicazione del principio, la Corte ha risolto il conflitto affermando la competenza del giudice del dibattimento, in ragione dell’abnormità del provvedimento di restituzione degli atti].

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Cass. pen. n. 4092/2013

In tema di conflitto di competenza, sussiste per il giudice l’obbligo dell’immediata trasmissione degli atti alla Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 30, comma secondo c.p.p. soltanto qualora l’atto di parte rappresenti una situazione astrattamente configurabile come corrispondente alla previsione di cui all’art. 28 c.p.p. e, cioè, ove vi siano due o più giudici che contemporaneamente prendono o rifiutano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla medesima persona, condizione che non si verifica quando la parte non denunci alcun conflitto ma si limiti a sollecitare il giudice a sollevarlo contestando la competenza di altro organo giudicante.[Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto configurare una mera sollecitazione di parte alla proposizione del conflitto il provvedimento emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Modena – al quale gli atti erano stati trasmessi a seguito della sentenza di incompetenza pronunciata dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Reggio Emilia – impropriamente denominato “denuncia di conflitto”].

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Cass. pen. n. 46673/2012

Il rifiuto del P.M. e del gip di pronunciarsi sulla richiesta di liquidazione dei compensi, avanzata dal consulente tecnico del P.M., integra una situazione di conflitto negativo di competenza, sub specie del caso analogo di cui all’art. 28, comma secondo, c.p.p., perché determina una situazione di stallo eliminabile solo con una decisione della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 32 c.p.p..

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Cass. pen. n. 10540/2012

Dà luogo ad un caso analogo di conflitto negativo di competenza il contrasto che si radica tra il giudice per le indagini preliminari che, delegato al compimento di atti in esecuzione di una rogatoria internazionale, si rifiuti di adempiere contestando i presupposti di ammissibilità della rogatoria e la Corte di appello che non condivida le ragioni del rifiuto.

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Cass. pen. n. 7090/2012

La parte che intenda rilevare l’incompetenza del giudice monocratico, a cui erano stati trasmessi gli atti da quello collegiale, deve sollevare la relativa eccezione, a pena di decadenza, entro il termine previsto dall’art. 33 quinques c.p.p., non essendo sufficiente, per evitare la preclusione, l’impugnazione con l’atto di appello dell’ordinanza trasmissiva degli atti.

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Cass. pen. n. 3919/2012

Non è ricorribile per cassazione l’ordinanza con cui il giudice di pace, fuori dalla ipotesi di concorso formale di reati, rileva la connessione con altro procedimento pendente a carico del medesimo imputato avanti al Tribunale, ordinando conseguentemente la trasmissione degli atti a quest’ultimo. [In motivazione la Corte ha evidenziato come il provvedimento in questione abbia sostanzialmente natura di sentenza sulla competenza, denunciabile esclusivamente attraverso conflitto ai sensi degli artt. 28 e segg. c.p.p., e non possa essere considerato abnorme].

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Cass. pen. n. 15792/2011

I provvedimenti negativi di competenza, in qualunque forma emessi, non sono soggetti ad impugnazione ai sensi dell’art. 568, comma secondo, c.p.p., in quanto, non essendo attributivi di competenza al giudice designato, importano, nel caso che il secondo giudice declini a sua volta la competenza, la elevazione del conflitto ai sensi dell’art. 28 c.p.p.

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Cass. pen. n. 13620/2011

Non sussiste conflitto negativo di competenza qualora il giudice, cui gli atti siano stati trasmessi da altro giudice dichiaratosi incompetente, ritenga a sua volta competente un terzo giudice, non ancora pronunciatosi sulla competenza. [Fattispecie in tema di esecuzione di provvedimenti emessi da giudici diversi, ex art. 665, comma quarto, c.p.p.].

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Cass. pen. n. 17573/2010

In tema di lesioni colpose riconducibili a colpa professionale che, ai sensi dell’art. 4, comma primo lett. a], D.L.vo 28 agosto 2000 n. 274, escludono la competenza del giudice di pace, per “colpa professionale” deve intendersi soltanto quella di chi eserciti una delle professioni “intellettuali”, previste e disciplinate dagli artt. 2229 c.c. e non quella di chiunque eserciti professionalmente una certa attività. [Fattispecie in tema di lesioni colpose causate da mancata manutenzione di una strada dalla ditta appaltatrice dei lavori].

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Cass. pen. n. 16555/2010

In tema di conflitti di competenza, la regola della prevalenza della decisione del giudice del dibattimento su quella del giudice dell’udienza preliminare opera esclusivamente per l’ipotesi in cui ricorra un “caso analogo” e pertanto non è applicabile allorché i giudici in conflitto, appartenenti a diversi uffici, siano stati investiti, mediante esercizio dell’azione penale da parte dei rispettivi organi del pubblico ministero, della cognizione dei medesimi fatti, ricorrendo, in tale ipotesi, un conflitto vero e proprio. [Fattispecie nella quale il giudice di pace, investito della cognizione dei reati di cui agli artt. 594 e 612 c.p. commessi da due imputati in danno reciproco e inoltre del reato di cui agli artt. 582 e 583 stesso codice ascritto a uno solo di essi, aveva declinato la competenza in ordine a tutte le imputazioni in favore del tribunale, disponendo la trasmissione degli atti al P.M. e il G.i.p. aveva sollevato conflitto con riferimento ai primi due reati sul rilievo, condiviso dalla Suprema Corte, della non riconducibilità del caso di specie alle previsioni dell’art. 6 D.L.vo n. 274 del 2000 in tema di competenza per connessione relativa ai reati di competenza del giudice di pace].

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Cass. pen. n. 12636/2010

La violazione della disciplina sulla competenza per materia del giudice di pace [art. 48, D.L.vo 28 agosto 2000, n 274] determina l’annullamento senza rinvio da parte della Corte di Cassazione della sentenza del giudice monocratico, con conseguente restituzione degli atti al Pubblico Ministero procedente. [Fattispecie relativa al reato di cui all’art. 11, D.L.vo n. 313 del 1991 in materia di sicurezza dei giocattoli in cui il giudice, in ulteriore violazione della disciplina dettata dal D.L.vo n. 274 del 2000, aveva erroneamente emesso un decreto penale di condanna].

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Cass. pen. n. 29354/2009

La specifica competenza attribuita all’autorità giudiziaria di Napoli nei procedimenti indicati nell’art. 3, comma 1, del D.L. 23 maggio 2008 n. 90, conv. con modif. in legge 14 luglio 2008 n. 123, e cioè in quelli “relativi ai reati, consumati o tentati, riferiti alla gestione dei rifiuti ed ai reati in materia ambientale nella regione Campania nonché in quelli connessi a norma dell’art. 12 del codice di procedura penale, attinenti alle attribuzioni del sottosegretario di Stato, di cui all’art. 2 del presente decreto”, si estende a tutti i suddetti reati, indipendentemente dalla circostanza che gli stessi siano o meno ricollegabili alla situazione di c.d. “emergenza rifiuti” per fronteggiare la quale è stato emanato il citato D.L.

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Cass. pen. n. 47021/2008

Il giudice dibattimentale, ritualmente investito del giudizio, non può declinare la propria competenza funzionale per la sua celebrazione sul rilievo dell’illegittimità della decisione del G.u.p. di inammissibilità dell’istanza di rito abbreviato, potendo solo, se del caso, applicare la prescritta riduzione di pena all’esito del dibattimento, qualora ritenga che la predetta istanza fosse ammissibile. [La Corte ha osservato che, anche dopo le modificazioni apportate alla disciplina del rito abbreviato dalla legge 16 dicembre 1979 n. 479, nessuna norma gli attribuisce, in tale situazione, il potere di determinare il regresso del procedimento].

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Cass. pen. n. 34655/2005

Ai fini della preclusione connessa al principio ne bis in idem, l’identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi [condotta, evento, nesso causale] e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona. [Nel caso di specie, ove si trattava di merci separatamente rinvenute nella disponibilità di due persone, si è affermata l’identità del fatto di ricettazione perseguito in due distinti giudizi aperti a carico degli interessati, sebbene nel primo fosse configurata una responsabilità concorsuale per la ricezione di tutto quanto sequestrato e nel secondo, invece, fosse contestata a ciascuno la ricettazione della sola merce da lui materialmente detenuta. La Corte ha ritenuto che la sfasatura delle imputazioni dipendesse da una differente qualificazione giuridica del titolo di imputazione della responsabilità, e non dall’individuazione di fattispecie ontologicamente autonome per una diversità delle rispettive componenti strutturali].
Non può essere nuovamente promossa l’azione penale per un fatto e contro una persona per i quali un processo già sia pendente [anche se in fase o grado diversi] nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del P.M., di talché nel procedimento eventualmente duplicato dev’essere disposta l’archiviazione oppure, se l’azione sia stata esercitata, dev’essere rilevata con sentenza la relativa causa di improcedibilità. La non procedibilità consegue alla preclusione determinata dalla consumazione del potere già esercitato dal P.M., ma riguarda solo le situazioni di litispendenza relative a procedimenti pendenti avanti a giudici egualmente competenti e non produttive di una stasi del rapporto processuale, come tali non regolate dalle disposizioni sui conflitti positivi di competenza, che restano invece applicabili alle ipotesi di duplicazione del processo innanzi a giudici di diverse sedi giudiziarie, uno dei quali è incompetente.

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Cass. pen. n. 38595/2003

La richiesta di giudizio abbreviato condizionato formulata con l’atto di opposizione a decreto penale di condanna e rigettata dal Gip conserva i suoi effetti come richiesta di giudizio abbreviato semplice, a nulla rilevando che nell’atto di opposizione quest’ultima non fosse stata avanzata neanche in via subordinata. [Fattispecie relativa a conflitto negativo di competenza tra Gip e Tribunale in composizione monocratica, sollevato prima della sentenza n. 169 del 2003 della Corte costituzionale, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’art. 464, primo comma, c.p.p. nella parte in cui non prevede che in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato l’imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento; in applicazione del dictum la Corte di cassazione, pur enunciando il soprascritto principio, ha ritenuto cessata ogni ragione di conflitto e ha rimesso gli atti al Tribunale per il seguito di competenza].

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Cass. pen. n. 39157/2001

Una volta emesso decreto di giudizio immediato e proposta dall’imputato tempestiva richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad integrazione probatoria, la fissazione, da parte del giudice, della relativa udienza non può essere intesa come atto di per sè introduttivo di quest’ultimo giudizio, ma equivale solo a una decisione positiva sull’ammissibilità del rito [sotto il profilo formale e dell’osservanza dei termini], che non preclude il rigetto dell’istanza, qualora, all’esito dell’udienza, l’integrazione probatoria risulti non necessaria o non compatibile con l’esigenza di semplificazione propria del rito medesimo. [Fattispecie relativa a conflitto tra Gip che, rigettata nel merito l’istanza di giudizio abbreviato, aveva nuovamente disposto il giudizio immediato, e giudice del dibattimento che, ritenendo irreversibilmente ammesso il giudizio abbreviato per effetto della semplice fissazione dell’udienza da parte del primo, gli aveva restituito gli atti; in relazione ad essa, la Corte ha affermato che non spetta al giudice dibattimentale l’annullamento della decisione reiettiva della richiesta di giudizio abbreviato per difetto delle condizioni di legge e che, in caso di restituzione degli atti, il Gip è legittimato a sollevare conflitto].

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Cass. pen. n. 25918/2001

È ammissibile il conflitto di competenza tra il tribunale in composizione monocratica ed il tribunale in composizione collegiale, in quanto anche in tale ipotesi, per effetto di due decisioni contrastanti, si realizza una situazione di stasi processuale riconducibile ad uno dei casi «analoghi» previsti dall’art. 28, comma 2, c.p.p., la cui risoluzione è rimessa alla Corte di cassazione.

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Cass. pen. n. 24839/2001

La disciplina transitoria del riparto di attribuzione tra giudice collegiale e giudice monocratico contenuta negli artt. 219 e seguenti del D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51, nel testo modificato dal D.L. 24 maggio 1999, n. 145 convertito nella L. 22 luglio 1999, n. 234 determina la immediata applicabilità delle nuove disposizioni sulla cognizione da parte del tribunale in composizione monocratica o collegiale se alla data del 2 gennaio 2000 [stabilita dall’art. 247, comma 2-bis del D.L.vo 51/98] non sia stato compiuto alcuno degli atti introduttivi e si versi ancora nella fase degli atti preliminari al dibattimento. [In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto che la verifica della regolare costituzione delle parti eseguita dal tribunale in composizione collegiale nel corso di udienza successiva al 2 gennaio 2000 non sia idonea a determinare la perpetuatio competentiae ai sensi dell’art. 219 del D.L.vo 51/98].

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Cass. pen. n. 24832/2001

In ordine ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 3 dicembre 1999, n. 491 [recante istituzione di nuovi tribunali e revisione di alcune circoscrizioni], non può verificarsi deroga al principio della perpetuatio iurisdictionis, fissato dalla seconda parte dell’art. 10 del citato decreto legislativo, al di fuori dei casi espressamente disciplinati dalla prima parte del medesimo art. 10; ne consegue che, in caso di reati commessi in territorio che a seguito del citato decreto legislativo è passato dalla competenza di un tribunale ad altro, la competenza del nuovo tribunale opera solo nelle ipotesi in cui l’intera sezione distaccata sia passata a comporre il diverso circondario [e non per quelle in cui il passaggio riguardi un singolo territorio comunale] e limitatamente ai soli procedimenti già radicati per il giudizio avanti la medesima sezione distaccata. Per tutti «gli altri affari» la competenza va attribuita sulla base dei criteri anteriormente vigenti e non delle nuove ripartizioni previste dal citato D.L.vo n. 491/1999. [Fattispecie in cui, a seguito della richiesta di giudizio abbreviato avanti il giudice delle indagini preliminari, l’originaria richiesta di giudizio immediato non aveva avuto corso, così non radicandosi la competenza della sezione distaccata; la Corte ha ritenuto che la competenza a decidere in sede di giudizio abbreviato spettasse al giudice delle indagini preliminari del tribunale originariamente competente].

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Cass. pen. n. 18691/2001

È ammissibile il conflitto di competenza tra il tribunale dei minorenni ed il giudice dell’udienza preliminare presso il medesimo tribunale, allorché dalla definizione del conflitto dipenda l’individuazione del giudice competente per la trattazione del processo dopo l’annullamento da parte della corte di appello della decisione del giudice per l’udienza preliminare di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova. [Fattispecie in cui occorreva stabilire se il processo avesse dovuto proseguire dinanzi al giudice dell’udienza preliminare che aveva pronunciato la sospensione del processo e deciso l’esperimento della prova ovvero dinanzi al tribunale per i minorenni].

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Cass. pen. n. 16668/2001

In tema di riparto delle «attribuzioni» in relazione alla composizione del giudice, il contrasto negativo tra i due giudici del medesimo tribunale nelle due diverse composizioni, collegiale o monocratica, in merito all’ambito delle rispettive attribuzioni deve essere risolto alla stregua delle norme sui conflitti di competenza, applicabili a norma dell’art. 28, comma 2 c.p.p. anche ai casi analoghi di stasi procedurale. [Nella specie, la Corte ha espressamente richiamato la relazione ministeriale al D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51 nella parte in cui evoca la disciplina sui conflitti per la soluzione dei casi analoghi di stasi processuale].

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Cass. pen. n. 2549/2000

Il contrasto negativo che insorga fra tribunale in composizione collegiale e tribunale in composizione monocratica a proposito della competenza a decidere su una determinata questione [nella specie concernente la materia dell’esecuzione], non è inquadrabile in alcuno dei casi di conflitto previsti dall’art. 28 c.p.p. [ivi compresi i c.d. «casi analoghi» di cui al comma 2 di detto articolo]. Infatti la suindicata disposizione normativa trova applicazione soltanto quando, in presenza di una situazione di stallo, l’ordinamento non offra alcuna via per superarla; il che non si verifica nel caso in questione giacché, trattandosi di contrasto fra articolazioni interne di un medesimo ufficio giudiziario [del tutto analogo a quello che poteva verificarsi in passato fra sede centrale e sezioni distaccate della pretura circondariale] esso dev’essere risolto dal dirigente di detto ufficio, avuto anche riguardo a quanto previsto dagli artt. 47 e 47 quater dell’ordinamento giudiziario, i quali attribuiscono, tra l’altro, al presidente del tribunale e al presidente di sezione il compito di provvedere, per quanto di rispettiva competenza, alla distribuzione del lavoro fra le sezioni e fra i singoli giudici.

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Cass. pen. n. 3899/1999

Non è di regola configurabile conflitto positivo di competenza fra tribunale e corte d’appello per l’identità del fatto per il quale entrambi procedono, stante l’autonomia delle reciproche sfere di competenza funzionale. [Fattispecie relativa a rinvio a giudizio dinanzi al tribunale di persona già in precedenza condannata dal medesimo tribunale per lo stesso fatto con sentenza il cui appello ancora non era stato discusso; la S.C., nell’enunciare il principio di cui in massima, ha posto in evidenza come, in un caso del genere, non si abbia quella stasi processuale che sola giustificherebbe il suo intervento e come l’eventuale formazione del giudicato in uno dei due procedimenti potrebbe paralizzare la prosecuzione dell’altro, per il divieto discendente dal principio del ne bis in idem].

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Cass. pen. n. 4551/1997

Perché si abbia un conflitto di competenza, occorre la coesistenza di volontà contrastanti di due o più giudici di prendere o ricusare la cognizione del medesimo fatto-reato nei confronti della stessa persona, con conseguente paralisi dell’iter processuale. Ed invero, il conflitto si può delineare solo in qualsiasi stato e grado del processo, con esclusione della fase propriamente procedimentale. E poiché l’emissione del decreto di archiviazione non determina il passaggio dalla fase delle indagini a quella propriamente processuale, trattandosi di un atto meramente valutativo della mancanza di elementi per l’esercizio dell’azione penale, che non dà luogo a preclusioni di alcun genere, ne deriva che non può configurarsi un conflitto positivo di competenza allorché una delle due autorità procedenti abbia emesso un decreto di archiviazione e l’altra, invece, abbia proceduto, perché il decreto di archiviazione ha per presupposto la mancanza di un processo ed è, come tale, sempre revocabile.

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Cass. pen. n. 2787/1997

In tema di conflitto di competenza, l’espressione «medesimo fatto» è assunta nel suo significato comune per designare l’elemento materiale del reato, nelle sue tre componenti costituite dalla condotta, dall’evento e dal rapporto di causalità, realizzatosi nelle identiche condizioni di tempo, di luogo e di persona, nel senso che è indispensabile la piena coincidenza degli elementi strutturali e temporali del fatto, sia dal punto di vista soggettivo, sia di quello oggettivo. Ne consegue che qualsiasi apprezzabile differenza degli elementi costitutivi delle fattispecie dedotte nei due distinti procedimenti impedisce che possa considerarsi esistente la condizione dell’identità del fatto e che possa, quindi, ipotizzarsi un conflitto di competenza ai sensi dell’art. 28 c.p.p. [Fattispecie — nella quale la Suprema Corte ha ritenuto insussistente il conflitto — relativa a procedimenti, peraltro pendenti in diverse fasi, aventi ad oggetto l’uno il reato di cui agli artt. 2621 e 2640 c.c. per falsificazione di bilanci di esercizio di una società commerciale, l’altro il reato di fraudolenta falsificazione del bilancio consolidato della società controllante il gruppo al quale il bilancio stesso si riferiva.

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Cass. pen. n. 6459/1997

In tema di conflitto, deve escludersi, alla stregua di quanto disposto dall’art. 28, comma terzo, c.p.p., che possa dar luogo alla configurabilità di un conflitto positivo per ragioni di competenza per territorio, l’intervenuta pronuncia di un decreto di archiviazione relativamente a fatti per i quali, in altra sede, sono tuttora in corso di svolgimento indagini preliminari.

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Cass. pen. n. 5301/1996

Perché si abbia conflitto negativo di competenza, anche in materia di rimessione ai sensi dell’art. 43 comma secondo c.p.p., non basta una mera e reciproca ricusazione di prendere cognizione del medesimo fatto da parte di due giudici, ma è necessaria l’adozione di formali provvedimenti che esprimano la decisione dei giudici confliggenti di non provvedere nel merito sul presupposto della propria incompetenza, e non sulla base di altre ragioni legate a temporanee disfunzioni degli organi giurisdizionali. Non può perciò considerarsi abnorme il provvedimento con cui un tribunale restituisce gli atti a quello che li aveva rimessi asserendo l’impossibilità di formare un collegio a seguito delle numerose astensioni, segnalando i possibili rimedi per addivenire alla sua composizione.

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Cass. pen. n. 4858/1995

In materia di conflitto di competenza [art. 28 c.p.p.] si versa in tale ipotesi allorché, tra l’altro, due o più giudici ordinari contemporaneamente prendano o rifiutino di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona. Ne consegue che — nel caso di denunzia da parte del o delle parti private dell’esistenza di un conflitto — quest’ultimo deve effettivamente sussistere e non soltanto essere possibile. In carenza pertanto di un conflitto attuale la parte può solo stimolare, sul tema della competenza, l’attenzione del giudice attendendone la decisione, e solo successivamente — se del caso — adire la Corte di cassazione.

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Cass. pen. n. 1787/1995

Il conflitto positivo «proprio», nel nuovo come nell’abrogato codice di procedura penale, presuppone ed esige l’assoluta coincidenza tra fattispecie ontologiche, con totale ed integrale sovrapponibilità, per modo che in due o più sedi giudiziarie risultino contemporaneamente pendenti diversi procedimenti penali aventi il medesimo oggetto, ciascuno dei quali integranti la iterazione degli altri. È in tale situazione, infatti, che soccorre la normativa in tema di conflitti, occorrendo, per fini di ordine processuale e di giustizia sostanziale, la reductio ad unum dei processi duplicati, davanti all’unico giudice competente per l’unico fatto-reato oggetto di giudizio. Invece, il carattere meramente omologo di fattispecie ontologicamente e storicamente diversificate dà luogo a distinti reati, per ciascuno dei quali viene legittimamente instaurato autonomo processo davanti al giudice per esso singolarmente competente, senza che ricorra alcuna ipotesi di conflitto positivo e di duplicazione procedimentale «per il medesimo fatto» [art. 54 bis c.p.p.]. Ove ricorrano tali situazioni, in considerazione della unicità di fonte probatoria, può esservi tra le due fattispecie un rapporto di connessione, ma trattandosi di connessione probatoria — l’unica rimasta esclusa dalle previsioni tassative dell’art. 12 c.p.p. — non è configurabile neppure il cosiddetto conflitto positivo per connessione, di cui ai casi analoghi reintrodotti con il comma 5 dell’art. 54 bis c.p.p.

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Cass. pen. n. 3253/1995

A norma dell’art. 28 c.p.p. vi è conflitto negativo di competenza quando, in qualsiasi stato e grado del processo, due o più giudici ordinari ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla medesima persona. L’uso del termine «processo» dimostra che, per potersi parlare correttamente di conflitto, è necessario, anzitutto, che il rapporto processuale tipico si sia già costituito e che le parti risultino, quindi individuate, in guisa che, svolgendosi il procedimento di risoluzione nelle forme disciplinate dall’art. 127 c.p.p., esse possano essere messe in condizione di interloquire con l’eventuale presentazione di memorie. Inoltre, l’individuazione delle parti, e specialmente della persona o delle persone cui è mosso l’addebito è un elemento essenziale anche ai fini del giudizio sull’identità del fatto che viene portato a conoscenza dei diversi giudici, fatto che, nell’accezione del legislatore, non si esaurisce nell’evento, ma comprende altre due componenti fondamentali, la condotta e il nesso di causalità, le quali sono suscettibili di variazione proprio in rapporto ai singoli soggetti cui sono riferibili. Ne consegue che, in mancanza dell’individuazione di una persona alla quale ascrivere il fatto di reato, non è configurabile alcuna ipotesi di conflitto. [Nella specie, il P.M. presso il tribunale, informato del crollo del muro di cinta di un cimitero e di lesioni riportate da un passante, all’esito delle indagini ritenute opportune, aveva chiesto al Gip l’archiviazione in ordine all’ipotesi delittuosa di disastro colposo e la trasmissione degli atti al P.M. presso la pretura circondariale per l’esercizio dell’azione penale in ordine al reato di cui agli artt. 590 e 582 c.p.; a seguito di provvedimento, emesso in conformità dal Gip presso il tribunale, il P.M. presso la pretura aveva sollecitato il corrispondente Gip a sollevare conflitto di competenza nei confronti del primo giudice, sull’assunto che nei fatti fosse da ravvisare l’ipotesi di reato di cui agli artt. 434 e 449 c.p.p., e il Gip aveva disposto in conformità].

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Cass. pen. n. 1482/1995

L’art. 28 comma 1 c.p.p. subordina l’insorgenza di un conflitto di competenza a che il fatto di cui diversi giudici prendano o ricusino di prendere conoscenza non solo sia il medesimo, ma venga attribuito alla stessa persona: tale situazione non si verifica quando il giudice superiore, dopo avere escluso la sussistenza nei confronti di certe persone di un fatto costituente reato di sua competenza, ne ravvisi un altro del tutto distinto nelle sue connotazioni strutturali, oggettive e soggettive, costituenti reato rientrante nella competenza di un giudice inferiore, al quale trasmette gli atti. [Affermando siffatto principio la Cassazione ha dichiarato insussistente un conflitto di competenza denunciato dal P.M. presso la pretura con riferimento a fattispecie nella quale il giudice dell’udienza preliminare presso il tribunale aveva prosciolto determinati imputati dal reato di abuso di ufficio, trasmettendo gli atti al suddetto P.M. per eventuali abusi edilizi commessi da altre persone. La Corte Suprema, ha altresì rilevato che in tale situazione mancava pure l’attualità di un conflitto].

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Cass. pen. n. 5447/1995

Nel codice vigente la connessione non rappresenta mera deroga degli ordinari criteri di determinazione della competenza ma costituisce essa stessa un originario ed autonomo criterio di attribuzione della competenza, concorrente col criterio per materia e con quello territoriale, operante per il solo fatto della relazione obiettiva tra reati indicata dalla legge. Ne consegue che la sussistenza di un caso di connessione costituisce idonea causa, ai sensi dell’art. 28, comma 2, c.p.p. di conflitti di competenza tra i giudici che procedono per reati connessi; ciò lo si evince dal disposto dell’ultimo comma dell’art. 28 c.p.p. che, col dichiarare non proponibile, nel corso delle indagini preliminari [e, quindi, anche durante l’udienza preliminare], i conflitti positivi fondati su ragioni di competenza per territorio determinata dalla connessione, inequivocabilmente statuisce l’ammissibilità degli altri tipi di conflitto fondati sulla connessione. [Nella fattispecie trattavasi di conflitto tra Gip presso il tribunale ed il collegio competente per i reati ministeriali].

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Cass. pen. n. 4090/1994

Per l’instaurazione di un conflitto di competenza la conflittualità tra giudici deve essere attuale e non meramente potenziale o strumentale creata a fini di ovviare a presunte imprecisioni di qualificazione giuridica che, nella fase delle indagini preliminari, di cui è titolare esclusivo il P.M., possono essere altrimenti ovviate [ad esempio ricorrendo alle modalità di cui agli artt. 54 ss. c.p.p., in tema di contrasti tra pubblici ministeri]. [Fattispecie nella quale il Gip presso il tribunale aveva disposto l’archiviazione degli atti concernenti il reato di rapina ed il P.M. presso la pretura, cui quello presso il tribunale aveva trasmesso gli atti per il residuo reato di lesioni personali e di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, nel richiedere al Gip presso la pretura l’archiviazione per mancanza di querela per tale ultimo reato e la restituzione degli atti per lesioni, aveva prospettato la possibilità di sollevare conflitto di competenza in ordine al fatto oggetto del decreto di archiviazione del Gip del tribunale; affermando il principio di cui sopra la Cassazione ha dichiarato inesistente il conflitto così elevato dal Gip pretorile].

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Cass. pen. n. 2040/1993

Quando la risoluzione di un conflitto di competenza dipende dalla determinazione del titolo del reato o dalla sussistenza di una circostanza aggravante e non possa essere esclusa, allo stato degli atti, in base alla valutazione sommaria delle risultanze probatorie acquisite, la più grave delle ipotesi prospettate dai giudici in conflitto, questo va risolto ritenendo la competenza del giudice superiore, il quale è in grado di decidere definitivamente sulla gravità e sull’esatta configurazione giuridica del fatto, con il sussidio che può essere offerto dall’acquisizione e dal vaglio di ulteriori elementi di giudizio, pronunciandosi, ove occorra, anche sul reato meno grave.

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Cass. pen. n. 3930/1992

Nel vigore del codice abrogato quando la risoluzione di un conflitto dipendeva dalla determinazione del titolo del reato o dalla sussistenza di circostanze aggravanti e non poteva essere esclusa allo stato, in base ad una delibazione sommaria delle risultanze probatorie acquisite, la più grave delle prospettate ipotesi, il conflitto doveva essere risolto con la dichiarazione di competenza del giudice superiore, il quale era in grado di decidere definitivamente sulla gravità e sulla esatta configurazione giuridica del fatto. Il medesimo principio va riconfermato nel vigore dell’attuale codice di rito avendo l’art. 521 al primo comma riprodotto sostanzialmente la disposizione del primo comma dell’art. 477 del codice abrogato. Il giudice nella sentenza anche ora può dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione, purchè il reato non ecceda la sua competenza. Così pure l’art. 517 stabilisce che la contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante, emersi nel corso dell’istruzione dibattimentale, può essere effettuata dal P.M. «purchè la cognizione non appartenga alla competenza di un giudice superiore», disposizione questa del tutto analoga a quella contenuta nell’art. 445 del codice abrogato.

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Cass. pen. n. 3610/1992

Presupposto indefettibile per la denuncia del conflitto di competenza è il verificarsi di una situazione di stasi del procedimento a causa del contrasto insorto tra due organi giurisdizionali che contemporaneamente rifiutino il riconoscimento della competenza. Tale situazione di stasi non è ravvisabile quando il giudice al quale gli atti sono stati trasmessi dal primo giudice dichiaratosi incompetente, ritenga a sua volta, la competenza di un terzo giudice.

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Cass. pen. n. 1957/1992

Il conflitto negativo di competenza connotato da due formali provvedimenti con cui due giudici negano di prendere cognizione dello stesso procedimento, reciprocamente indicando la competenza dell’altro giudice, sorge soltanto nel caso in cui dall’insanabile contrasto fra i detti giudici derivi il blocco dell’iter processuale, irrisolvibile senza l’intervento della corte regolatrice. Ne consegue che allorquando l’indicazione di competenza non è reciproca, ma il secondo giudice ritiene che del procedimento debba prendere cognizione un terzo giudice, non sorge, sino ad allora, ipotesi conflittuale in quanto basterà trasmettere gli atti a tale altro giudice il quale ben potrebbe riconoscere la propria competenza o indicare quella di un quarto.

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Cass. pen. n. 1746/1990

Non sono impugnabili tutti i provvedimenti negativi di competenza, abbiano essi la forma di sentenza o quella di ordinanza, in quanto, a norma dell’art. 28 del nuovo c.p.p. — come, del resto, anche a norma dell’art. 51 del codice abrogato — tali provvedimenti, anche in sede di esecuzione, importano esclusivamente l’elevazione del conflitto di competenza.

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Cass. pen. n. 131/1990

La denuncia di conflitto è inammissibile quando uno dei due giudici in potenziale conflitto la elevi non già per un diverso apprezzamento di un medesimo fatto, ma sulla base di nuovi elementi tratti da successive acquisizioni probatorie, rimaste estranee alla valutazione dell’altro giudice il quale, in ipotesi, presane visione, può anche riconoscere la propria competenza. Tra le acquisizioni probatorie rientra la perizia che è un mezzo di prova, tanto che l’art. 402 c.p.p. [R.D. 19 ottobre 1930, n. 1399] nel prevedere i casi di riapertura dell’istruzione espressamente annovera al terzo comma, fra le «nuove prove» anche «i nuovi accertamenti tecnici» e tale natura di fonte di prova la perizia conserva anche nel nuovo c.p.p. come risulta evidente dall’art. 220 e segg. e dall’art. 434, stante anche la sua collocazione nel libro terzo titolato «Prove» e nel titolo secondo «Mezzi di prova».

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