Art. 28 – Codice di procedura penale – Casi di conflitto
1. Vi è conflitto quando in qualsiasi stato e grado del processo:
a) uno o più giudici ordinari e uno o più giudici speciali contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona;
b) due o più giudici ordinari contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona.
2. Le norme sui conflitti si applicano anche nei casi analoghi a quelli previsti dal comma 1. Tuttavia, qualora il contrasto sia tra giudice dell'udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la decisione di quest'ultimo [23].
3. Nel corso delle indagini preliminari, non può essere proposto conflitto positivo fondato su ragioni di competenza per territorio determinata dalla connessione [16 c.p.p.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 23472/2019
In tema di misure cautelari, il collocamento della persona offesa in una struttura protetta non preclude l'applicabilità della misura del divieto di avvicinamento alla stessa previsto dall'art. 282-ter cod. proc. pen., non influendo tale ricovero sull'attualità del pericolo di recidiva ed essendo il provvedimento cautelare rivolto a tutelare il diritto della persona offesa ad esplicare la propria personalità e la propria vita di relazione in condizioni di assoluta sicurezza, a prescindere dal luogo in cui essa si trovi. (Rigetta, TRIB. LIBERTA' BRESCIA, 11/12/2018).
Cass. civ. n. 17223/2018
Al fine di accertare la data di un provvedimento non assunto in udienza dal giudice, in mancanza dell'attestazione di cancelleria al momento del deposito, può aversi riguardo ad altre formalità, del pari fidefacienti, contenute in atti connessi senza che venga meno l'efficacia del provvedimento.(Nella fattispecie, relativa a mancanza dell'attestazione di deposito in cancelleria dell'ordinanza cautelare da parte del tribunale del riesame, la Suprema Corte ha ritenuto che il rispetto del termine potesse essere desunto dal contenuto del registro delle impugnazioni che riportava l'esito del gravame, con indicazione della data del deposito della motivazione).
Cass. civ. n. 7955/2018
Sulla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova ex art. 464-bis cod. proc. pen., avanzata in sede di opposizione a decreto penale di condanna, competente a decidere è il giudice per le indagini preliminari e non il giudice del dibattimento.
Cass. civ. n. 12929/2018
Non è abnorme - a prescindere dalla fondatezza nel merito - il provvedimento del giudice del dibattimento che dichiari, "in limine litis", la nullità del decreto di rinvio a giudizio, ritenendo ravvisabile una delle cause che, per legge, possono dar luogo a detta nullità, né detto provvedimento, quand'anche il giudice dell'udienza preliminare ritenga la nullità insussistente, è suscettibile di dar luogo ad un conflitto proprio ex art. 28, comma 1, cod. proc. pen., in quanto trova applicazione il comma 2 del medesimo articolo, secondo il quale, nei "casi analoghi", in caso di contrasto fra giudice dell'udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la decisione di quest'ultimo.
Cass. civ. n. 44631/2018
È ammissibile il conflitto negativo di competenza tra tribunale in composizione monocratica e tribunale in composizione collegiale, in quanto anche in tale ipotesi, per effetto di due decisioni contrastanti, si realizza una situazione di stasi processuale riconducibile a uno dei casi "analoghi" previsti dall'art. 28, comma 2, cod. proc. pen., la cui risoluzione è rimessa alla Corte di Cassazione.
Cass. civ. n. 39605/2018
La Corte di cassazione, investita del conflitto di competenza sollevato, nel corso delle indagini preliminari, dal giudice per le indagini preliminari destinatario di una richiesta cautelare, deve dare avviso dell'udienza, ex art. 127, comma 1, cod. proc. pen., al solo Procuratore generale, nel caso in cui l'autorità che ha sollevato il conflitto abbia proceduto all'oscuramento dei dati personali dell'indagato. (In motivazione la Corte ha precisato che l'indagato non subisce alcun pregiudizio dalla mancata partecipazione all'incidente regolatorio, essendo assicurato il pieno contraddittorio sulla competenza sia nel prosieguo della fase d'indagini, mediante la possibilità di proporre istanza di riesame avverso l'eventuale provvedimento applicativo di misura cautelare, sia nel giudizio a cognizione piena che dovesse seguire).
Cass. civ. n. 12379/2018
In tema di misura cautelare dell'obbligo di dimora di cui all'art. 283 cod. proc. pen., è possibile l'ampliamento dei limiti territoriali della prescrizione per tutelare le necessità lavorative dell'indagato, se tale ampliamento è compatibile con la salvaguardia delle esigenze di cautela.
Cass. civ. n. 24995/2018
Ai fini dell'autorizzazione dell'imputato sottoposto agli arresti domiciliari ad assentarsi per svolgere un'attività lavorativa, la valutazione del giudice in ordine alla situazione di assoluta indigenza dello stesso deve essere improntata, stante l'eccezionalità della previsione, a criteri di particolare rigore, che non possono, però, spingersi fino alla richiesta di dimostrazione di una totale impossidenza tale da non consentire neppure la soddisfazione delle primarie esigenze di vita, essendo sufficiente che le condizioni reddituali del soggetto non gli consentano, in assenza dei proventi dell'attività lavorativa per il cui svolgimento è chiesta l'autorizzazione, di provvedere agli oneri derivanti dalla educazione, istruzione e necessità di cura propria e dei soggetti della famiglia da lui dipendenti.
Cass. civ. n. 16396/2018
In tema di misure interdittive, anche se l'interrogatorio ex art. 289, comma 2, cod. proc. pen. avviene senza il preventivo deposito degli atti - come invece accade per quello ex art. 294 comma 1-bis, cod. proc. pen. - in forza dell'esplicito richiamo agli artt. 64 e 65 cod. proc. pen., il giudice deve rendere noti all'indagato gli elementi di prova a suo carico, salvo che possa derivarne pregiudizio alle indagini, ricorrendo, pertanto, nei due istituti una disciplina analoga, che non giustifica la necessità di duplicare, dopo l'applicazione della misura interdittiva, l'interrogatorio già svoltosi. (In motivazione la Corte ha precisato che la previsione di cui all'art. 289, comma 2, cod. proc. pen. costituisce norma speciale, che consente l'esercizio del diritto di difesa in anticipo rispetto all'applicazione della misura, salvo che la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio sia disposta dal giudice in luogo di una misura coercitiva richiesta dal pubblico ministero, dovendo procedersi, in tale ipotesi, all'interrogatorio nei termini previsti dalla disposizione generale di cui all'art. 294, comma 1-bis, cod. proc. pen.).
Cass. civ. n. 26929/2018
L'interrogatorio preliminare all'emissione della misura dell'interdizione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, previsto dall'art. 289, comma 2, cod. proc. pen., deve essere preceduto dal deposito di tutti gli atti posti a fondamento della richiesta di applicazione della misura al fine consentire all'indagato di estrarne copia e di approntare un'adeguata difesa; ne consegue che, qualora successivamente al suo espletamento, e prima dell'emissione del provvedimento del giudice, il pubblico ministero alleghi ulteriori atti di indagine, siano essi o meno dipendenti dalle dichiarazioni rese dall'indagato, il giudice deve procedere ad un nuovo interrogatorio anch'esso preceduto dalla previa ostensione degli atti all'indagato ed al suo difensore, la cui mancanza determina la nullità per violazione del diritto di difesa.
Cass. civ. n. 10142/2018
La sentenza di non luogo a procedere, ex art. 425 cod. proc. pen., emessa prima dell'entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, modificativa dell'art. 428 cod. proc. pen., è impugnabile mediante ricorso per cassazione secondo il regime previgente, in quanto le nuove disposizioni, in assenza di disciplina transitoria, trovano applicazione solo per i provvedimenti emessi successivamente all'entrata in vigore del nuovo testo normativo, dovendosi far riferimento, in tale ipotesi, alla data di emissione del provvedimento impugnato per stabilire la disciplina applicabile.
Cass. pen. n. 29520 del 28 giugno 2018
Va qualificato come appello il ricorso del pubblico ministero contro la sentenza del G.u.p. di non luogo a procedere ex art. 425 cod. proc. pen., in quanto l'art. 1, comma 38, legge 23 giugno 2017, n. 103, ha modificato l'art. 428, comma primo, cod. proc. pen., nella parte in cui prevedeva la ricorribilità in cassazione contro tale sentenza, prevedendone l'appellabilità.
Cass. civ. n. 20535/2018
La parte civile non è legittimata a proporre ricorso in cassazione contro la sentenza di non luogo a procedere emessa in relazione al delitto di falsa testimonianza, trattandosi di reato rispetto al quale persona offesa è solo lo Stato.
Cass. civ. n. 27538/2018
La sentenza di non luogo a procedere, ex art. 425 cod. proc. pen., emessa dopo l'entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103, modificativa dell'art. 428 cod. proc. pen., è impugnabile soltanto mediante appello, e avverso la stessa non è ammissibile il ricorso immediato in cassazione ai sensi dell'art. 569 cod. proc. pen. (Nella fattispecie, in applicazione di tale principio, la Corte ha convertito in appello il ricorso per cassazione proposto dal procuratore generale).
Cass. civ. n. 2230/2017
In tema di audizione nel procedimento camerale del detenuto o internato in luogo fuori dalla circoscrizione del giudice, quando procede la corte di appello quale giudice dell'esecuzione la circoscrizione coincide con il territorio circondariale del tribunale del luogo dove la corte ha sede. (In applicazione del principio, la S.C. ha risolto il conflitto negativo di competenza tra corte di appello e magistrato di sorveglianza dichiarando che quest'ultimo fosse competente ad assumere le dichiarazioni dell'interessato detenuto in località ricadente nel distretto della corte di appello ma fuori dalla circoscrizione del tribunale capoluogo del distretto medesimo).
Cass. civ. n. 18621/2017
In sede di risoluzione del conflitto di giurisdizione, la Corte di cassazione, accertata la sussistenza della "medesimezza" del fatto sulla base della piena conoscenza degli atti e delle vicende processuali pendenti innanzi ai giudici in conflitto, è chiamata anche a valutare, discrezionalmente e in piena autonomia, se la qualificazione giuridica del fatto storico (nelle sue componenti di condotta, evento e nesso causale) attribuita dall'uno o dall'altro giudice sia corretta, procedendo - in caso contrario - a delineare essa stessa l'esatta definizione da attribuirgli, con la conseguente designazione dell'organo giudiziario chiamato a giudicare sullo stesso. (Nella fattispecie, la S.C. ha riconosciuto la medesimezza del fatto commesso dall'imputato per il quale era stato condannato in primo grado, rispettivamente, dal giudice ordinario per il reato di cui agli artt. 266 e 336 cod. pen., e dal giudice militare per il reato di cui all'art. 146 cod. pen. mil. pace, risolvendo il conflitto insorto a favore del giudice ordinario in base al disposto dell'art. 13, comma secondo, cod. proc. pen., in ragione della oggettiva maggiore gravità dell'ulteriore reato di cui all'art. 266 cod. pen. contestato dal giudice ordinario, ritenuto astrattamente configurabile nella condotta tenuta dall'imputato).
Cass. civ. n. 16176/2017
In caso di arresto eseguito per un delitto punito nel massimo con pena non superiore a tre anni, l'applicazione di una misura coercitiva al di fuori dei limiti di pena previsti dall'art. 280 cod. proc. pen. è illegittima qualora l'arresto non sia stato poi convalidato, in quanto la possibilità di derogare tale limite prevista dall'art. 391, comma quinto, cod. proc. pen., è subordinata alla condizione che l'arresto sia convalidato. (In applicazione di questo principio la S.C. ha annullato senza rinvio l'ordinanza impugnata relativamente all'applicazione, a seguito di arresto, della misura cautelare coercitiva per i reati di lesioni aggravate, rilevando che non vi era stata la convalida dell'arresto per carenza del requisito della flagranza o quasi flagranza).
Cass. civ. n. 20291/2017
In tema di misure cautelari personali, è illegittima la misura custodiale applicata in relazione al reato di cui all'art. 86, d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (cd. corruzione elettorale), pur quando risulti contestata l'aggravante di cui all'art. 7, l. 12 luglio 1991, n. 203, ostandovi il limite edittale, generale ed inderogabile, di cui all'art. 280 cod. proc. pen., dovendo altresì ritenersi irrilevante il fatto che, per i reati aggravati dal citato art. 7 (perciò riconducibili all'art. 51, comma terzo bis, cod. proc. pen.), l'art. 275, comma terzo cod. proc. pen.dello stesso codice pone una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, in quanto l'applicabilità di tale disposizione soggiace comunque al predetto limite edittale.
Cass. civ. n. 26526/2017
L'attivazione della procedura per l'esecuzione di una misura cautelare non detentiva in altro Paese dell'Unione - possibilità introdotta dal d. lgs. n. 36 del 2016, che ha conformato il diritto interno alla decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio, del 23 ottobre 2009, sull'applicazione tra gli Stati membri dell'Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare - è provvedimento di natura esecutiva rimesso alla valutazione discrezionale del pubblico ministero, il cui controllo di legittimità è effettuabile attraverso l'attivazione dell'incidente di esecuzione. (In motivazione, la S.C. ha altresì precisato che i parametri che devono guidare il pubblico ministero nell'esercizio di tale potere attengono al bilanciamento tra l'interesse della persona sottoposta a cautela a rientrare presso lo Stato di residenza (o altro indicato) e l'interesse collettivo alla tutela della sicurezza, che informa l'intero sistema cautelare, in coerenza con le indicazioni contenute negli artt. 3 e 5 della decisione quadro 2009829GAI).
Cass. civ. n. 6790/2017
È legittimo il provvedimento del giudice cautelare che, sostituendo la misura degli arresti domiciliari ai sensi dell'art. 299, comma secondo, cod. proc. pen., applichi cumulativamente l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e l'obbligo di dimora nel comune di residenza, purché le misure, congiuntamente applicate, non determinino una condizione di maggiore afflittività per l'imputato ed abbiano un contenuto, coercitivo o interdittivo, conforme a quello previsto dalla legge.
Cass. civ. n. 16117/2017
La misura cautelare dell'obbligo di dimora di cui all'art. 283 cod. proc. pen. prevede il tassativo riferimento al territorio del Comune di dimora abituale o di una frazione del predetto Comune o di un Comune viciniore ovvero di una frazione di quest'ultimo; ne consegue che è illegittimo il provvedimento cautelare che amplia l'unità territoriale ove applicare la misura cautelare oltre all'ambito comunale, anche laddove tale decisione sia posta a tutela delle esigenze di lavoro dell'indagato, evocate dal comma quinto dell'art. 283 cod. proc. pen. (In applicazione di questo principio la S.C., rigettando il ricorso dell'indagato, ha ritenuto corretta l'ordinanza del Tribunale del riesame che aveva annullato il provvedimento del G.I.P. che aveva esteso l'obbligo di dimora ai territori di tre province in ragione delle esigenze lavorative del ricorrente).
Cass. civ. n. 57001/2017
L' autorizzazione ad allontanarsi dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari per lo svolgimento di attività lavorativa ha natura facoltativa ed è sempre adottata allo stato degli atti, di talché il giudice può modificarla o revocarla d'ufficio sulla base della mera segnalazione della polizia giudiziaria.
Cass. civ. n. 20380/2017
In tema di prescrizioni relative all'applicazione degli arresti domiciliari, il divieto di comunicare con persone estranee al nucleo familiare, pur accedendo alla misura coercitiva, ha una sua propria autonomia, trattandosi di una prescrizione dotata di specifica ed aggiuntiva efficacia afflittiva, di talché il giudice è tenuto ad una espressa e motivata statuizione in ordine alla sua adozione o a successive modifiche, che non possono ritenersi implicite in altre statuizioni. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso che l'autorizzazione alla modifica del luogo di esecuzione degli arresti domiciliari avesse determinato l'implicita revoca del divieto di comunicazione con estranei).
Cass. civ. n. 21250/2017
Ai fini del ripristino dell'esecuzione di una misura di prevenzione personale, sospesa per la concomitante carcerazione del sottoposto per espiazione pena, è funzionalmente competente alla rivalutazione dell'attualità della pericolosità il giudice che ha deliberato il provvedimento, da individuarsi nella corte di appello, nel caso in cui la misura sia stata emessa da quest'ultima in riforma del decreto di rigetto del tribunale.
Cass. civ. n. 10940/2017
È illegittima l'applicazione della misura cautelare interdittiva della sospensione dall'esercizio di pubblico ufficio o servizio nei confronti di persona che ricopre un ufficio elettivo per diretta investitura popolare, stante il divieto previsto dall'art. 289, comma terzo, cod. proc. pen. (Nella specie, la S.C. ha annullato senza rinvio l'ordinanza che aveva applicato la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio dell'ufficio nei confronti di un sindaco, precisando che il divieto opera sia nella fase genetica, sia in caso di sostituzione di una misura coercitiva in precedenza adottata).
Cass. civ. n. 13222/2017
Nei procedimenti per i delitti indicati nell'art. 51, comma terzo-bis, cod. proc. pen., la competenza funzionale del giudice per le indagini preliminari del capoluogo del distretto va individuata esclusivamente sulla base della notizia di reato iscritta nell'apposito registro previsto dall'art. 335 cod. proc. pen., non potendo attribuirsi rilievo - in difetto di iscrizione di uno di tali delitti - ad eventuali prospettazioni accusatorie circa il contesto di criminalità organizzata in cui sarebbero state commesse le condotte contestate. (Fattispecie in cui la S.C. ha confermato l'ordinanza del tribunale del riesame di rigetto dell'eccezione di incompetenza territoriale del G.i.p. circondariale in favore di quello distrettuale, in un procedimento rubricato per reati comuni, con riferimento al quale il P.M., in una memoria depositata dinanzi al tribunale, aveva prospettato che la commissione dei fatti era maturata in un contesto di criminalità organizzata).
Cass. civ. n. 16614/2017
L'inammissibilità del ricorso avverso la sentenza di non luogo a procedere proposto dalla persona offesa costituita parte civile comporta la condanna di quest'ultima a rifondere all'imputato, che ne abbia fatto richiesta, le spese sostenute nel giudizio di legittimità; detta statuizione, ancorché non prevista espressamente dal codice di rito penale, deve essere adottata in base al principio generale di causalità e di soccombenza, di cui sono espressione non solo gli artt. 541 comma secondo e 592, comma quarto cod. proc. pen., ma, più in generale, l'art. 91 cod. proc. civ., che viene in causa trattandosi di un giudizio di impugnazione che, pur se ispirato da finalità anche di ordine penale, è stato comunque promosso ad iniziativa di una parte privata rimasta soccombente nei confronti di un'altra.
Cass. civ. n. 21185/2016
Le informazioni fornite dall'imputato al perito sono inutilizzabili per fini diversi da quelli dell'accertamento peritale e tale inutilizzabilità, avendo natura patologica, opera anche con riferimento al giudizio abbreviato. (In motivazione la Corte ha precisato che nel caso, invece, di dichiarazioni della persona offesa o di altri testimoni al perito, l'inutilizzabilità ha natura fisiologica, per cui in questo secondo caso le informazioni possono essere legittimamente utilizzate nel rito abbreviato, ai fini di prova della responsabilità dell'imputato).
Cass. civ. n. 53646/2016
In tema di autorizzazione dell'imputato sottoposto agli arresti domiciliari ad assentarsi per svolgere un'attività lavorativa, la situazione di assoluta indigenza deve essere valutata, stante l'eccezionalità della previsione, secondo criteri di particolare rigore, che non possono però spingersi sino a pretendere una sorta di prova legale della condizione di impossidenza del nucleo familiare dell'indagato, pur essendo legittimo rifiutare l'autorizzazione in assenza di qualsiasi documentazione che dimostri lo stato economico prospettato. (Fattispecie in cui non era stata prodotta alcuna certificazione tale da dimostrare l'assenza di familiari conviventi con disponibilità finanziarie, nè si era ritenuta rilevante l'ammissione dell'indagato al gratuito patrocinio).
Cass. civ. n. 16964/2016
In tema di autorizzazione ad assentarsi dal luogo degli arresti domiciliari, la nozione di "indispensabili esigenze di vita" deve essere intesa non in senso meramente materiale o economico, bensì tenendo conto della necessità di tutelare i diritti inviolabili della persona individuati dall'art. 2 Cost. (Fattispecie in cui la S.C. ha annullato l'ordinanza del Tribunale del riesame che aveva rigettato la richiesta dell'imputato, finalizzata a garantire il rapporto genitoriale, di poter incontrare la propria figlia minore fuori dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari, nei tempi prescritti nel provvedimento di separazione legale).