Art. 434 – Codice di procedura penale – Casi di revoca
1. Se dopo la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere sopravvengono o si scoprono nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare il rinvio a giudizio, il giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, dispone la revoca della sentenza [649].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 17106/2024
Il direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nel caso di assenza dal cantiere, dovendo esercitare un'oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed adottare, ove necessario, le dovute precauzioni d'ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell'esecutore dei lavori, mediante la rinunzia all'incarico ricevuto. (Fattispecie in tema di disastro colposo, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva affermato la penale responsabilità del direttore dei lavori per aver consentito che la demolizione di un edificio fosse eseguita in assenza di un programma e con modalità divergenti dalle "leges artis" e dalle regole della buona tecnica nella "subiecta materia").
Cass. civ. n. 14598/2024
Al fine della tutela degli interessi generali cui è ispirata la l. n. 89 del 2001 è' il momento del deposito del ricorso, nei giudizi che vanno introdotti con tale tipo di atto processuale, quello in cui si considera incardinato il giudizio allo scopo del computo della durata complessiva del processo, da cui detrarre il periodo di durata ragionevole, per desumerne, conseguentemente, quello (eventualmente) irragionevole in funzione del riconoscimento del diritto all'ottenimento dell'equo indennizzo. Ne consegue che il periodo intercorso tra il deposito del ricorso in appello (nella specie in materia previdenziale) e la sua effettiva notifica - la cui dilatazione non sia imputabile alle parti ma alle disfunzioni dell'apparato giudiziario - va in ogni caso computato e non può, quindi, essere detratto ai fini dell'individuazione della durata complessiva del giudizio, non sortendo alcuna rilevanza la scissione degli effetti processuali tra la posizione dell'appellante e quella dell'appellato.
Cass. civ. n. 13165/2024
Il termine breve d'impugnazione decorre, anche nelle cause soggette al rito del lavoro, dalla notificazione della sentenza effettuata, ex art. 285 c.p.c., al procuratore della parte costituita, nel domicilio (reale od eletto) del medesimo, sicché la notificazione fatta, ai sensi dell'art. 479 c.p.c., alla parte personalmente non è idonea a far decorrere il suddetto termine.
Cass. civ. n. 5212/2024
Ai fini della decorrenza del termine quinquennale di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, nei casi previsti dall'art. 2947, comma 3, secondo periodo, c.c., nella nozione di sentenza penale irrevocabile deve ritenersi compresa anche quella di non luogo a procedere ex art.425 c.p.p., in coerenza con la ratio della disposizione citata di escludere l'effetto - più favorevole per il danneggiato - dell'applicazione del termine prescrizionale più ampio previsto per il reato, nei casi in cui il procedimento penale per gli stessi fatti causativi di responsabilità civile non abbia avuto un esito fausto per il danneggiato.
Cass. civ. n. 3145/2024
Nel rito del lavoro, l'appello, pur tempestivamente proposto nel termine di legge, è improcedibile se è omessa la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza e non è consentita al giudice, in base ad una presunta "interpretazione costituzionalmente orientata", l'assegnazione all'appellante di un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica relativa ad un'altra udienza di discussione, né sull'inerzia della parte può influire, come possibile sanatoria, la precedente esecuzione di una regolare notificazione del provvedimento di fissazione dell'udienza per la decisione sulla richiesta di inibitoria ex art. 283 c.p.c., trattandosi di attività che ha esaurito la propria valenza propulsiva nell'ambito della fase cautelare.
Cass. civ. n. 34243/2023
La dichiarazione del difensore, contenuta nell'atto di appello, circa l'avvenuta notificazione della sentenza impugnata - per il principio di responsabilità che deve accompagnare l'esercizio del diritto di difesa - va assunta come veritiera dovendo, di conseguenza, il giudice parametrare la tempestività dell'impugnazione a quanto indicato, sebbene erroneamente, dalla parte e restando affidato al difensore l'onere di rimediare all'erronea indicazione mediante precisazione anteriore alla decisione, a meno che non emerga dagli atti processuali o da dichiarazione della parte appellata che la notificazione non vi sia stata o non sia stata valida.
Cass. civ. n. 32502/2023
Nei giudizi di appello soggetti al rito del lavoro, l'omessa notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza, nel caso in cui quest'ultimo non sia stato comunicato all'appellante, non determina l'improcedibilità del gravame, dovendo il giudice fissare una successiva udienza e concedere un nuovo termine per la notifica, sempre che l'appellante medesimo non abbia comunque acquisito conoscenza, attraverso un mezzo idoneo equipollente, della data fissata per la discussione della causa.
Cass. civ. n. 31005/2023
Integra il delitto di disastro innominato di cui all'art. 434 cod. pen. ("altro disastro") non solo il macroevento di immediata manifestazione esteriore, che si verifica in un arco di tempo ristretto, ma anche l'evento, non visivamente e immediatamente percepibile, che si realizza in un periodo pluriennale, sempre che produca una compromissione delle caratteristiche di sicurezza, di tutela della salute e di altri valori della persona e della collettività tale da determinare una lesione della pubblica incolumità. (Fattispecie in cui è stato ritenuto che il delitto potesse essere integrato anche nel caso di attività di bonifica errata di un sito già inquinato, laddove si verifichi una imponente contaminazione dei parametri ambientali).
Cass. civ. n. 20601/2023
Nel rito del lavoro, qualora l'appellante notifichi il ricorso privo del decreto di fissazione dell'udienza di discussione, il vizio relativo alla "vocatio in ius" è sanato dalla costituzione dell'appellato, che ha diritto alla rimessione in termini per la proposizione dell'appello incidentale dalla quale sia eventualmente decaduto in conseguenza del suddetto vizio.
Cass. civ. n. 10126/2023
In materia di giudizio di cassazione, la discordanza, per mero errore materiale, tra i dati identificativi della sentenza impugnata indicati nell'atto d'impugnazione e quelli risultanti dalla sentenza prodotta in copia autentica dall'impugnante, non determina l'inammissibilità del ricorso, ove la corrispondenza tra la sentenza depositata e quella nei cui confronti è rivolta l'impugnazione risulti comunque dalla congruenza tra i motivi di gravame ed il contenuto della sentenza in atti, consentendo di individuare univocamente quest'ultima come oggetto effettivo del ricorso.
Cass. pen. n. 47755/2014
Ai fini della revoca della sentenza di non luogo a procedere, il giudice deve verificare se le fonti di prova sopraggiunte giustifichino la riapertura delle indagini, compiendo una valutazione diversa ed in nulla assimilabile rispetto a quella propria dei giudizi di impugnazione.
Cass. pen. n. 33300/2001
Per effetto della preclusione derivante dalla pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere, non può essere applicata una misura cautelare, per lo stesso fatto, nei confronti dell'imputato prosciolto prima che, emerse nuove fonti di prova, sia pronunciata dal giudice per le indagini preliminari la revoca della sentenza medesima. Ne consegue che non sussiste alcuna preclusione se si procede per fatto diverso da quello per cui è intervenuta la sentenza di non luogo a procedere, dovendosi valutare l'identità del fatto in relazione agli elementi costitutivi del reato (condotta, evento e nesso causale), in applicazione analogica dei criteri elaborati per l'applicazione del principio ne bis in idem di cui all'art. 649 c.p.p.
Cass. pen. n. 8/2000
I nuovi elementi di prova acquisiti dal pubblico ministero successivamente alla pronuncia della sentenza di non luogo a procedere possono essere utilizzati ai fini della revoca della sentenza e della successiva applicazione di una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato prosciolto, a condizione che essi siano stati aquisiti aliunde nel corso di indagini estranee al procedimento già definito o siano provenienti da altri procedimenti, ovvero reperiti in modo casuale o spontaneamente offerti, e comunque non siano il risultato di indagini finalizzate alla verifica ed all'approfondimento degli elementi emersi.
Cass. pen. n. 2970/1999
I casi di revoca della sentenza di non luogo a procedere sono subordinati alla sopravvenienza o alla scoperta di nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già esistenti, possono determinare il rinvio a giudizio. Il che comporta che la fonte di prova deve avere idoneità ad essere valutata positivamente ai fini di un'ipotesi di affermazione di responsabilità dell'eventualmente rinviato a giudizio e che, a tal fine, occorre, da parte del giudice per le indagini preliminari, un esame nel merito di quella idoneità.
Cass. pen. n. 3734/1996
Fonte di prova nuova è quella che, ancorché preesistente alla sentenza di non luogo a procedere di cui si chiede la revoca, non è stata mai portata a conoscenza del giudice, perché non acquisita agli atti.
Cass. pen. n. 4332/1996
Devono ritenersi legittimamente acquisiti, e quindi pienamente utilizzabili ai fini cautelari, gli elementi raccolti dal pubblico ministero al fine di presentare al giudice per le indagini preliminari la richiesta di revoca della sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell'art. 435 primo comma c.p.p.; e ciò sia nell'ipotesi che i predetti elementi rappresentino quelle «nuove fonti di prova» che, ove già acquisite, consentono di formulare immediatamente, insieme a quella di revoca, la richiesta di rinvio a giudizio, sia nel caso che essi integrino quegli altri elementi, dai quali sia desumibile la possibilità di rinvenire le «nuove fonti di prova», sui quali deve fondarsi il provvedimento del giudice che ordina la riapertura delle indagini.
Cass. pen. n. 3855/1992
I casi di revoca della sentenza di non luogo a procedere sono subordinati alla sopravvenienza o alla scoperta di nuove fonti di prova che da sole o unitamente a quelle già esistenti, possono determinare il rinvio a giudizio. Il che comporta che la fonte di prova deve avere idoneità ad essere valutata positivamente ai fini di un'ipotesi di affermazione di responsabilità dell'eventualmente rinviato a giudizio e che, a tal fine, occorre, da parte del giudice per le indagini preliminari, un esame nel merito di quella idoneità. (Nella specie è stato ritenuto corretto l'operato del giudice di merito che aveva rigettato la richiesta di revoca di sentenza di proscioglimento, avanzata dal P.M. con l'allegazione della ritrattazione fornita dalla parte offesa — la quale aveva dichiarato di essere stata costretta a non riconoscere il suo feritore a cagione delle minacce subite dalla sua famiglia — sul rilievo che questa sola circostanza non era sufficiente, nel generale contesto di scarsa credibilità del teste, a far ritenere verosimili le ultime dichiarazioni da lui fornite rispetto a quelle più risalenti).
Cass. pen. n. 998/1992
In tema di revoca della sentenza ai sensi dell'art. 434 c.p.p., la novità della prova può riguardare modalità della condotta dell'agente diverse da quelle originariamente contestate e che avevano indotto il giudice al proscioglimento dell'imputato. L'unica condizione posta dalla surricordata norma è che la nuova fonte di prova, da sola o unitamente a quelle già acquisite, possa determinare il rinvio a giudizio. (Fattispecie relativa alla revoca di una sentenza istruttoria di proscioglimento).