Art. 435 – Codice di procedura penale – Richiesta di revoca
1. Nella richiesta di revoca il pubblico ministero indica le nuove fonti di prova, specifica se queste sono già state acquisite o sono ancora da acquisire e richiede, nel primo caso, il rinvio a giudizio [416] e, nel secondo, la riapertura delle indagini [414].
2. Con la richiesta sono trasmessi alla cancelleria del giudice gli atti relativi alle nuove fonti di prova.
3. Il giudice, se non dichiara inammissibile la richiesta, designa un difensore all'imputato che ne sia privo [97], fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso al pubblico ministero, all'imputato, al difensore e alla persona offesa. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall'articolo 127.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 18253/2024
L'istanza ed il pedissequo decreto di anticipazione dell'udienza di discussione ex art. 437 c.p.c.devono essere notificati alla parte non costituita personalmente, poiché la procura conferita per il primo grado non può spiegare effetti ulteriori a quelli previsti dall'art. 330 c.p.c. per la notifica dell'impugnazione, essendo questa l'unica ipotesi di ultrattività prevista dalla citata norma di rito, con la conseguenza che l'omessa o irrituale notifica alla parte non costituita configura una violazione del principio del contraddittorio, da cui deriva la nullità della successiva udienza di discussione e della sentenza resa, che ne comporta l'annullamento con rinvio al giudice d'appello.
Cass. civ. n. 14598/2024
Al fine della tutela degli interessi generali cui è ispirata la l. n. 89 del 2001 è' il momento del deposito del ricorso, nei giudizi che vanno introdotti con tale tipo di atto processuale, quello in cui si considera incardinato il giudizio allo scopo del computo della durata complessiva del processo, da cui detrarre il periodo di durata ragionevole, per desumerne, conseguentemente, quello (eventualmente) irragionevole in funzione del riconoscimento del diritto all'ottenimento dell'equo indennizzo. Ne consegue che il periodo intercorso tra il deposito del ricorso in appello (nella specie in materia previdenziale) e la sua effettiva notifica - la cui dilatazione non sia imputabile alle parti ma alle disfunzioni dell'apparato giudiziario - va in ogni caso computato e non può, quindi, essere detratto ai fini dell'individuazione della durata complessiva del giudizio, non sortendo alcuna rilevanza la scissione degli effetti processuali tra la posizione dell'appellante e quella dell'appellato.
Cass. civ. n. 4902/2024
Nel rito del lavoro, la mancanza del ricorso in appello fra i documenti inviati a mezzo PEC alla parte appellata integra un'ipotesi di nullità sanabile, non già di inesistenza, della notificazione telematica, a condizione che il ricorso sia stato effettivamente depositato nella cancelleria e il messaggio pervenuto al destinatario consenta comunque di comprendere gli estremi essenziali dell'impugnazione (appellante, appellato, pronuncia impugnata).
Cass. civ. n. 3145/2024
Nel rito del lavoro, l'appello, pur tempestivamente proposto nel termine di legge, è improcedibile se è omessa la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza e non è consentita al giudice, in base ad una presunta "interpretazione costituzionalmente orientata", l'assegnazione all'appellante di un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica relativa ad un'altra udienza di discussione, né sull'inerzia della parte può influire, come possibile sanatoria, la precedente esecuzione di una regolare notificazione del provvedimento di fissazione dell'udienza per la decisione sulla richiesta di inibitoria ex art. 283 c.p.c., trattandosi di attività che ha esaurito la propria valenza propulsiva nell'ambito della fase cautelare.
Cass. civ. n. 32502/2023
Nei giudizi di appello soggetti al rito del lavoro, l'omessa notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza, nel caso in cui quest'ultimo non sia stato comunicato all'appellante, non determina l'improcedibilità del gravame, dovendo il giudice fissare una successiva udienza e concedere un nuovo termine per la notifica, sempre che l'appellante medesimo non abbia comunque acquisito conoscenza, attraverso un mezzo idoneo equipollente, della data fissata per la discussione della causa.
Cass. civ. n. 20601/2023
Nel rito del lavoro, qualora l'appellante notifichi il ricorso privo del decreto di fissazione dell'udienza di discussione, il vizio relativo alla "vocatio in ius" è sanato dalla costituzione dell'appellato, che ha diritto alla rimessione in termini per la proposizione dell'appello incidentale dalla quale sia eventualmente decaduto in conseguenza del suddetto vizio.
Cass. civ. n. 15311/2023
Nel giudizio di appello, ove l'udienza destinata alla verifica del contraddittorio sia sostituita con la cd. trattazione scritta - che non consente alle parti il deposito di documenti, ma solo di note contenenti istanze e conclusioni - il giudice, in caso di mancata costituzione dell'appellato, non può dichiarare l'improcedibilità del gravame senza prima verificare l'esistenza e la regolarità della notifica, della quale, conseguentemente dovrà formulare richiesta di esibizione, rinviando a tal uopo ad altra udienza, in presenza o, se del caso, in forma sostitutiva scritta.
Cass. civ. n. 8341/2023
In tema di opposizione a sanzione amministrativa, l'appello avverso la sentenza di primo grado è soggetto al rito del lavoro ai sensi dell'art. 7 del d.lgs. n. 150 del 2011, sicché l'appellante deve notificare, nel termine di 10 giorni dal decreto di fissazione dell'udienza, ricorso e decreto all'appellato, pena l'improcedibilità dell'appello. A tal fine è irrilevante che il decreto di fissazione dell'udienza contenga l'ordine di notifica alla cancelleria.
Cass. civ. n. 7510/2023
in una fattispecie in cui la comunicazione di cancelleria del decreto di fissazione dell'udienza di discussione dell'appello, da notificarsi a pena di decadenza all'appellato unitamente al ricorso, era stato inserito nella cartella "spam" in quanto posta indesiderata).
Cass. pen. n. 31970/2013
La declaratoria di inammissibilità della richiesta di revoca della sentenza di non luogo a procedere può essere adottata anche all'esito dell'udienza fissata a norma dell'art. 435, comma terzo, c.p.p., e non solo in sede di valutazione preliminare "de plano".
Cass. pen. n. 29175/2005
Il procedimento per la revoca della sentenza di non luogo a procedere deve svolgersi non de plano, ma nel rispetto del contraddittorio, nelle forme previste dall'art. 127 c.p.p., con la conseguenza che il provvedimento di revoca adottato non osservando le forme procedimentali prescritte è ricorribile per cassazione da parte dell'imputato, a norma dell'art. 127, comma settimo, richiamato dall'art. 435, comma terzo. (La Corte, in proposito, ha escluso l'applicabilità all'imputato del disposto dell'art. 437, trattandosi di disposizione contenente una limitazione dei motivi di ricorso proponibili dal P.M. avverso l'ordinanza che dichiari inammissibile o rigetti la richiesta di revoca della sentenza di non luogo a procedere).
Cass. pen. n. 7266/2000
Avuto riguardo alla disciplina dettata dall'art. 435, comma 1, c.p.p., secondo la quale, anche sulla base di fonti di prova acquisite dal pubblico ministero in assenza di preventiva autorizzazione alla riapertura delle indagini, può essere disposto, previa revoca della sentenza di non luogo a procedere, il rinvio a giudizio dell'imputato, deve ritenersi che a maggior ragione gli stessi elementi possano essere utilizzati come gravi indizi di colpevolezza per l'applicazione di una misura cautelare.