Art. 232 – Codice di procedura penale – Liquidazione del compenso al perito
1. Il compenso al perito è liquidato con decreto del giudice che ha disposto la perizia, secondo le norme delle leggi speciali.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 15999/2024
In tema di accertamento tributario, la sussistenza dei presupposti dell'obbligo di denuncia penale nei confronti degli organi societari di una società in accomandita semplice determina il raddoppio dei termini per l'accertamento, previsto dall'art. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, vigente ratione temporis, anche del reddito imputato "per trasparenza" ai soci accomandanti.
Cass. civ. n. 15887/2024
In caso di accertamento a carico di una società di persone di utili non iscritti in bilancio, la previsione dell'art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, per cui i redditi delle società di persone sono imputati pro quota a ciascun socio indipendentemente dall'effettiva percezione, opera anche per il socio accomandante, il quale è in grado di conoscere i rilievi e gli accertamenti fiscali condotti nei confronti della società e ha diritto alla comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, nonché alla consultazione dei libri e degli altri documenti della società, sicché il reddito di partecipazione costituisce un suo reddito personale, indipendentemente dalla mancata contabilizzazione dei ricavi e dai metodi adoperati dalla società per realizzarli.
Cass. civ. n. 11411/2024
Dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. n. 6 del 2003, qualora all'estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l'obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo. (Nella fattispecie, la S.C. ha statuito che alle socie di una società in nome collettivo, sciolta senza liquidazione e cancellata dal registro delle imprese nel corso del giudizio di primo grado, era stato erroneamente negato il diritto di impugnare la sentenza che aveva riconosciuto l'esistenza di un debito della società, il quale si era trasferito in capo a loro proprio per la menzionata vicenda estintiva).
Cass. civ. n. 5253/2024
L'oggetto e i limiti del giudizio di rinvio impongono di escludere che il giudice, al quale la causa sia rimessa dopo la pronuncia cassatoria, possa sindacare la correttezza in iure del principio stabilito dalla sentenza pronunciata in sede di legittimità. (Nella specie, la S.C. ha escluso che il giudice del rinvio potesse rimettere in discussione l'applicabilità del principio di non contestazione affermata in sede cassatoria, così come la ritualità della notifica dell'atto di deferimento dell'interrogatorio formale, pure affermata in sede di legittimità, essendogli unicamente consentito di valutare le conseguenze probatorie derivanti dalla mancata risposta all'interpello ex art. 232 c.p.c.).
Cass. civ. n. 10715/2023
L'opposizione del socio di società di persone, avverso il precetto notificatogli dal creditore sociale sulla base del titolo esecutivo giudiziale formatosi nei confronti della società, si configura sempre come opposizione all'esecuzione, in quanto attiene a una condizione dell'azione esecutiva nei confronti del socio, e, quindi, al diritto del creditore sociale di agire esecutivamente ai danni di quest'ultimo.
Cass. pen. n. 18356/2009
L'affidamento di un incarico collegiale a periti o consulenti tecnici implica l'esercizio di un potere discrezionale nella liquidazione del compenso soltanto ove a costoro non siano richieste competenze tecniche diversificate, spettando inoltre all'autorità giudiziaria l'obbligo di fornire motivazioni adeguate della nomina plurima e la facoltà di aumentare il compenso in base all'impegno effettivamente richiesto al singolo professionista per l'espletamento dell'incarico. (Annulla con rinvio, Trib. Palmi, 7 Agosto 2008).
Cass. pen. n. 128/2005
In tema di compensi spettanti ai periti o ai consulenti dell'Autorità giudiziaria, con riferimento all'ipotesi di perizia o consulenza in materia di bilanci di società, qualora l'incarico affidato consista nell'esame di più, distinti, bilanci, la norma di cui all'art. 4 del d.P.R. n.352 del 1988 - che stabilisce la misura e le modalità di calcolo dell'onorari - va applicata singolarmente per ogni esame compiuto su ciascun bilancio. (Nella fattispecie la Corte ha accolto il ricorso avverso il provvedimento con cui il P.M., pur in presenza di numerosi bilanci di diverse società, aveva liquidato il compenso del consulente per rapporto ai quattro incarichi conferiti e non al numero dei bilanci esaminati). (Annulla con rinvio, Trib. Napoli, 20 Agosto 2003).
Cass. pen. n. 21288/2005
Il ricorso previsto dall'art. 11 della legge 8 luglio 1980, n. 319 avverso il provvedimento di liquidazione dei compensi spettanti al consulente tecnico d'ufficio può essere proposto dal difensore che assiste la parte nel giudizio nel cui ambito la consulenza è stata disposta, senza necessità di una specifica procura: il mandato "ad litem", infatti, attribuisce al difensore la facoltà di proporre tutte le domande che siano comunque ricollegabili all'originario oggetto della causa, ivi compresa quella di verifica della correttezza della liquidazione, la quale è innegabilmente collegata alla domanda per la cui valutazione è stata disposta la consulenza.
Cass. pen. n. 7671/2004
In tema di consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero, costituisce giudizio di fatto, non sindacabile dal giudice di legittimità, la valutazione se il compito affidato al consulente richieda competenze tecniche o scientifiche diverse da quelle giuridiche proprie dell'inquirente, o se piuttosto si tratti di una delega di attività investigative o valutative tipiche del pubblico ministero e della polizia giudiziaria, come tale non riconducibile alla nozione di consulenza tecnica. (Nella specie la Corte ha respinto il ricorso contro un provvedimento del tribunale che, valutando l'opposizione di alcuni imputati contro decreti di liquidazione dei compensi adottati dal pubblico ministero, aveva deliberato il parziale annullamento di questi ultimi, sul presupposto che si riferissero ad una attività di conduzione congiunta dell'indagine, come tale non remunerabile. In particolare, essendosi richiesta al consulente la creazione di una banca informatica dei dati d'indagine raccolti a proposito di contratti assicurativi e la individuazione di elementi di anomalia per una parte tra essi, il tribunale aveva ritenuto che tale seconda porzione dell'attività non costituisse l'oggetto di una consulenza tecnica).
Cass. pen. n. 5263/1997
In forza del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, contro l'ordinanza emessa dal tribunale a seguito del procedimento di impugnazione del decreto di liquidazione del compenso al perito, promosso ai sensi dell'art. 11, comma quinto, della legge n. 319 del 1980, non è esperibile ricorso per cassazione, ma solo incidente di esecuzione a norma degli artt. 665 ss. c.p.p. (Fattispecie relativa a liquidazione di compenso a perito per il quale la Corte di cassazione, in precedente procedimento, aveva ritenuto sussistente il motivo di ricusazione, dichiarando inefficaci gli atti da lui compiuti).
Cass. pen. n. 4845/1997
Non è ricorribile per cassazione, in sede penale, il provvedimento con il quale il tribunale, in sede civile, ai sensi del combinato disposto dell'art. 11, commi quarto e quinto, della legge 8 luglio 1980 n. 319 e dell'art. 29 della legge 13 giugno 1942 n. 794, abbia deciso sul ricorso proposto avverso il decreto di liquidazione di compensi al perito, consulente tecnico, interprete o traduttore.