Art. 260 – Codice di procedura penale – Apposizione dei sigilli alle cose sequestrate. Cose deperibili. Distruzione di cose sequestrate
1. Le cose sequestrate si assicurano con il sigillo dell'ufficio giudiziario e con le sottoscrizioni dell'autorità giudiziaria e dell'ausiliario [126] che la assiste ovvero, in relazione alla natura delle cose, con altro mezzo, anche di carattere elettronico o informatico, idoneo a indicare il vincolo imposto a fini di giustizia.
2. L'autorità giudiziaria fa estrarre copia dei documenti e fa eseguire fotografie o altre riproduzioni delle cose sequestrate che possono alterarsi o che sono di difficile custodia, le unisce agli atti e fa custodire in cancelleria o segreteria gli originali dei documenti, disponendo, quanto alle cose, in conformità dell'articolo 259. Quando si tratta di dati, di informazioni o di programmi informatici, la copia deve essere realizzata su adeguati supporti, mediante procedura che assicuri la conformità della copia all’originale e la sua immodificabilità; in tali casi, la custodia degli originali può essere disposta anche in luoghi diversi dalla cancelleria o dalla segreteria.
3. Se si tratta di cose che possono alterarsi, l'autorità giudiziaria ne ordina, secondo i casi, l'alienazione o la distruzione.
3-bis. L'autorità giudiziaria, anche su richiesta dell'organo accertatore o della persona offesa, quando il decreto di sequestro o di convalida del sequestro non è più assoggettabile a riesame, dispone il prelievo di uno o più campioni, con l'osservanza delle formalità di cui all'articolo 364, e ordina la distruzione della merce residua, nel caso di merci di cui sono comunque vietati la fabbricazione, il possesso, la detenzione o la commercializzazione, quando le stesse sono di difficile custodia ovvero quando la custodia risulta particolarmente onerosa o pericolosa per la sicurezza, la salute o l'igiene pubblica ovvero quando risulti evidente la violazione dei predetti divieti, anche in ragione della natura contraffatta o usurpativa delle merci. Se la conservazione della merce è assolutamente necessaria per la prosecuzione delle indagini, l'autorità giudiziaria dispone in tal senso con provvedimento motivato.
3-ter. Nei casi di sequestro nei procedimenti a carico di ignoti, la polizia giudiziaria, decorso il termine di tre mesi dalla data di effettuazione del sequestro, procede alla distruzione delle merci contraffatte o usurpative sequestrate, previa comunicazione all'autorità giudiziaria. La distruzione può avvenire dopo quindici giorni dalla comunicazione, salva diversa decisione dell'autorità giudiziaria, ed è preceduta dal prelievo di uno o più campioni, con l'osservanza delle formalità di cui all'articolo 364.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 1923/2025
In tema di risarcimento del danno da illecito anticoncorrenziale, il termine di prescrizione della relativa azione comincia a decorrere dal momento in cui il titolare sia stato adeguatamente informato o si possa pretendere ragionevolmente e secondo l'ordinaria diligenza che lo sia stato, non solo dell'altrui violazione, ma anche dell'esistenza di un possibile danno ingiusto, il cui accertamento va compiuto senza alcun automatismo, ma sulla base delle condizioni ricavabili dal caso concreto.
Cass. civ. n. 35108/2024
In tema di attività organizzate finalizzate al traffico illecito di rifiuti, di cui all'art. 452-quaterdecies cod. pen., il raddoppio del termine di prescrizione ex art. 157, comma sesto, cod. pen., decorrente dalla cessazione della condotta organizzata, opera in relazione ai fatti illeciti commessi dopo l'entrata in vigore dell'art. 11, comma 1, legge 13 agosto 2010, n. 136, che ha inserito nell'elenco di cui all'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen. il delitto già previsto dall'art. 260 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, rispetto al quale sussiste continuità normativa, a nulla rilevando che l'intero titolo VI-bis, libro secondo, cod. pen. sia stato inserito nell'elenco di cui all'art. 157, comma sesto, cod. pen. solo con l'entrata in vigore dell'art. 1, comma 6, legge 22 maggio 2015, n. 68.
Cass. civ. n. 11390/2024
In tema di gestione dei rifiuti, alla luce di quanto affermato dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea nella sentenza del 29 marzo 2019, il detentore di un rifiuto di cui non sia immediatamente nota la composizione potenzialmente pericolosa ha l'onere di raccogliere informazioni valevoli all'acquisizione di sufficiente conoscenza di tale composizione, così da attribuire al rifiuto il codice appropriato, non essendo consentite scelte arbitrarie circa le modalità di qualificazione del rifiuto e l'accertamento della sua pericolosità. (Fattispecie in cui, per la gestione di materiale abrasivo di scarto - cd. "grit esausto" - costituente rifiuto speciale pericoloso, era stato utilizzato un codice CER relativo a "materiale misto da demolizione", volutamente errato).
Cass. civ. n. 36070/2023
La delibera dell'assemblea di un consorzio, richiesta dallo statuto affinché il Presidente possa agire o resistere in giudizio, concorre ad integrare la capacità processuale dell'ente, sicché la relativa mancanza comporta l'inefficacia degli atti processuali compiuti attraverso il Presidente stesso, con conseguente inammissibilità del ricorso per Cassazione da quest'ultimo proposto in mancanza della suddetta autorizzazione.
Cass. civ. n. 25594/2023
Il divieto del cd. patto leonino, di cui all'art. 2265 c.c., è estensibile a tutti i tipi sociali e presuppone l'esistenza di una clausola statutaria, frutto della volontà dei soci, che escluda in modo totale e costante uno o alcuni di essi dalla partecipazione al rischio d'impresa e agli utili, sicché non può porsi in conflitto con esso un lodo arbitrale che, regolando gli effetti economici dell'annullamento di delibere consortili, abbia escluso un'impresa consorziata dai risultati della gestione del consorzio solo in relazione a un determinato periodo temporale.
Cass. civ. n. 23739/2023
In tema di risarcimento dei danni cagionati dalla contraffazione di segni distintivi, l'accertamento di concreti fatti materiali di concorrenza sleale di cui all'art. 2598, n. 1), c.c., comporta la presunzione di colpa prevista dall'art. 2600, comma 3, c.c., che onera, pertanto, l'autore degli stessi della dimostrazione dell'assenza dell'elemento soggettivo da valutarsi secondo il canone civilistico 'oggettivato', riferito a un modello standard di comportamento, enucleato dal criterio della diligenza ex art. 1176 c.c. e parametrato sul c.d. agente modello.
Cass. civ. n. 7179/2023
La cancellazione dal registro delle imprese del consorzio con attività esterna produce l'effetto costitutivo dell'estinzione irreversibile dell'ente, anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti di altro tipo non definiti, irrilevante essendo la protrazione di fatto dell'esercizio dell'attività dopo l'annotamento camerale.
Cass. pen. n. 14366/2013
La distruzione delle cose sequestrate di cui sia pericolosa la custodia, secondo il combinato disposto dell'art. 260, comma terzo, c.p.p. e dell'art. 83 del d.l.vo 28 luglio 1989, n. 271 (disp. att. c.p.p.) non costituisce accertamento tecnico non ripetibile, come tale soggetto alla disciplina dell'art. 360 del codice di rito, ma semplice adempimento esecutivo, che può essere attuato senza particolari formalità. (Nella specie la Corte ha ritenuto utilizzabile il verbale relativo alle operazioni di brillamento dell'esplosivo in sequestro).
Cass. pen. n. 19918/2003
L'unico rimedio esperibile contro il provvedimento di cui all'art. 260, comma 3, c.p.p. - con il quale l'autorità giudiziaria abbia disposto l'alienazione o la distruzione di cose sottoposte a sequestro - è l'incidente di esecuzione, trattandosi di questione concernente la fase esecutiva del sequestro, e pertanto la competenza a decidere è demandata allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento con le forme proprie della procedura camerale previste dall'art. 666 c.p.p.
Cass. pen. n. 2967/1997
In base al principio di tassatività delle nullità (art. 177 c.p.p.), la mancata apposizione del sigillo su reperti che la polizia giudiziaria sia autorizzata a trattenere per esaminarli al fine di ricavarne elementi utili per le indagini, non dà luogo ad alcuna nullità, né pregiudica di per sé la utilizzabilità della prova che dai reperti medesimi sia in seguito acquisita.
Cass. pen. n. 6166/1995
Le modalità di custodia delle cose sequestrate indicate dagli artt. 259 e 260 c.p.p. costituiscono prescrizioni meramente indicative che, da un lato, sono derogabili per ragioni di impossibilità o di opportunità e, dall'altro lato, non sono astrattamente contestabili, tranne che dalle modalità di custodia vogliano dedursi inconvenienti sostanziali attinenti a concrete ipotesi di alterazione, modificazione o sostituzione dei reperti. (Applicazione in tema di custodia di sostanze stupefacenti).